Nel tratto di pianura padana che da Piacenza va lungo il Po fino a Comacchio, trovano spazio una miriade di piccole città e paesi, sorti a pochi chilometri gli uni dagli altri vicino agli argini del fiume. Fra queste città c’è anche quella in cui sono nata e vivo.La gente da queste parti è gente buona, tranquilla, dedita al lavoro e da sempre radicata alla campagna e al suo fiume. Anche da queste parti il benessere economico e il consumismo hanno portato nuovi modelli di vita, ma non hanno cambiato lo spirito. Qui le persone, anche le più benestanti, continuano a preferire la bicicletta come mezzo di locomozione per muoversi all’interno delle città. La bicicletta non è un mezzo di distinzione sociale ma accomuna tutti, sia il professionista che l’adopera per andare al lavoro, sia lo studente che se ne serve per andare a scuola, e anche la massaia che l’utilizza per andare al mercato.Adoro, nelle giornate estive, girare in bicicletta per il centro della città, attraversarne gli stretti vicoli, le piccole corti e le piazze, fermarmi davanti ai negozi per fare spese, e poi concludere il pomeriggi seduta ai tavoli del Caffè Centrale, sorseggiando un tc ed osservando la gente che passeggia prima dell’ora cena.Mi piace girare in bici con indosso una mini strettissima, che ad ogni pedalata s’arriccia lungo le cosce fino a lasciare intravedere il biancore delle mutande. Mi compiaccio quando riesco a provocare una sensazione di desiderio negli uomini che mi osservano. La percepisco dalle loro occhiate smaniose, che a quella vista girano la testa perdendosi con gli occhi sulle mie cosce. A volte penso che dovrei trovare il coraggio d’essere ancora più smaliziata e provocante, magari uscendo da casa senza indossare le mutandine. Mi piacerebbe constatare quale altro tipo di reazione potrei suscitare, un giorno forse lo farò. Per ora mia accontento di apprezzare la reazione del ‘mio’ muratore.Tutte le mattine, infatti, mentre vado in bicicletta al lavoro in ospedale, mi capita di passare dinanzi ad un cantiere di un edificio in costruzione, dove questo muratore lavora. Sembra sempre attendere il mio arrivo. Lo vedo da lontano affacciarsi ad una balconata o sporgersi da un’impalcatura. Lui,al mio passaggio, richiama la mia attenzione con tre fischi, e mette in mostra l’uccello, sempre dritto e turgido.Sono trascorsi ormai sei mesi dal momento in cui è iniziato il cantiere, e quella scena si ripete quasi quotidianamente. Quello che mi stupisce, e che non riesco ancora a capire, è come faccia ad averlo sempre in erezione! Naturalmente potrei cambiare percorso, ma quel triplice fischio è diventato un richiamo a cui non posso sottrarmi. E’ come un saluto, un gioco e niente di più. Oggi però in reparto è successa una cosa strana, senza precedenti. Un paziente, questa notte, è stato ricoverato e registrato con le sole iniziali del nome e del cognome. Da quel che sono riuscita ad intuire, deve trattarsi di una persona molto importante, probabilmente appartiene ad una delle famiglie più altolocate della città. Una di quelle potenti famiglie potenti, che gestiscono il potere politico ed economico ed alle quali tutto è concesso, anche l’anonimato.Il signor G.G., questa è la sua sigla, è stato operato d’urgenza stanotte dal nostro Primario, il Prof. Conconi, che a quanto si sussurra è stato chiamato a casa dal medico di guardia, per effettuare personalmente l’intervento.Subito dopo l’operazione il paziente è stato trasferito in terapia post-intensiva e successivamente in una delle suite a pagamento della clinica, che il nostro ospedale pubblico ha da poco attivato.La cartella medica parlava d’intervento al retto per È.E., abbreviazione che presumibilmente, stava a significare "Corpo Estraneo".Nessuna delle mie colleghe infermiere conosceva la natura di quel corpo estraneo che aveva reso necessario l’intervento chirurgico, forse si trattava di un tumore, chissà! Gli stessi medici, in risposta alle nostre domande, erano stati elusivi preferendo tergiversare. Ero intenta a riporre le lenzuola della biancheria pulita nell’armadio, quando squillò il campanello di chiamata. Il quadro elettrico s’illuminò. Era il numero 22, quello della stanza del signor G.G. Misi da parte il carrello con le lenzuola e mi avviai verso la sua stanza.- In cosa posso esserle utile- gli dissi, appena entrata.- Signorina, dovrebbe essere cose gentile da portarci una tazzina di tè. Mio marito è da ieri che non mangia, e il professore, quando è passato in visita, ha affermato che può iniziare ad alimentarsi gradualmente con cibi liquidi. La voce che aveva proferito cose perentoriamente quella frase, che per la determinazione sembrava più un ordine che non un invito, era di una piacevole donna sulla trentina, molto alta, magra, con i capelli biondi che le scendevano sulle spalle. Il suo aspetto era elegante. Indossava un finissimo tailleur nero con giacca blu e una camicetta con pizzo volant di colore rosa. I suoi modi signorili evidenziavano l’agiatezza del mondo cui apparteneva, che appariva evidente dai suoi gesti e dall’accento della voce.Sul letto stava coricato un uomo dall’aspetto non più giovanile, sulla cinquantina, con la testa pelata e gli occhiali.- Ora vado in cucina e glielo preparo subito – dissi, rivolgendomi a lei conun sorriso. – La prego faccia alla svelta! -Oltreché l’agiatezza, il suo modo di parlare e l’accento, lasciavano trasparire una provenienza straniera, probabilmente nordica, chissà forse svedese o danese.Tornai nella stanza dopo una decina di minuti ed appoggiai il vassoio con il tè e lo zucchero sul comodino.- Sia gentile signorina, mi dia una mano a mettere più comodo sul letto mio marito -Lo aiutai a sollevarsi e gli misi una ciambella di gomma sotto il sedere, in modo da non appoggiare la parte operata direttamente sul materasso, poi gli diedi il bicchiere di tè caldo, che lui sorseggiò a fatica per poi sdraiarsi ancora una volta sul fianco.Stavo uscendo dalla stanza quando la donna mi si avvicinò e m’infilò nell’incavo della mia scollatura una banconota da centomila lire.- Tenga, per il suo disturbo!-Se da un lato mi aveva fatto piacere ricevere quel regalo, non è cosa da tutti i giorni ricevere una mancia di quell’entità, dall’altro mi aveva infastidita la maniera oltremodo volgare con cui mi aveva consegnato la banconota, oltretutto in contrasto coi suoi modi ostentatamente raffinati..Fu solo più tardi, parlando con una strumentista della sala operatoria, che appresi la natura del corpo estraneo che avevano estratto dal retto del signor G.G.: una zucchina!Spettegolando fra noi infermiere, c’era chi diceva che durante la pratica di una insolita tecnica erotica, la moglie, per l’imperizia, si sia lasciata prendere la mano, nel vero senso della parola, e il prezioso ortaggio si erainfilato fin troppo in alto lungo il retto, rendendo necessario un intervento chirurgico per estrarlo.Durante tutta la mattinata mi recai altre volte nella stanza di G.G.. Dovevo contraccambiare in qualche modo, con maggiori premure, quelle dannate centomila lire di mancia. Fu cose che iniziai ad entrare in confidenza con la moglie.Si chiamava Helga ed era danese. Aveva lasciato il suo paese una decina di anni prima essendo stata assunta da un’azienda italiana che commercializzava prodotti agro-alimentari dell’area della nostra provincia.Helga mi confidò che parlava perfettamente cinque lingue e questo a suo dire le permise, anche grazie alla sua avvenenza, di scalare in pochi anni tutti i gradini della carriera fino a diventare responsabile per l’estero della parte commerciale dell’azienda. Non contenta, aggiungo io, ne sposò il proprietario.Mentre io ed Helga conversavamo, il marito, ancora dolorante, se ne stava a sonnecchiare nel suo letto senza dare a vedere di seguire i nostri discorsi, o almeno questo io supponevo.A fine mattinata, dal momento che avevamo la stessa età, prese a darmi del tu e m’invitò a fare lo stesso.Nei giorni successivi diventammo buone amiche. Mi affascinava questa donna nordica cose diversa da noi mediterranee. Aveva una disinvoltura ed una padronanza di se fuori del comune, e riusciva a metterla in evidenza in ogni situazione. Era proprio quella che la gente definisce: una donna affascinante.Ogni giorno si cambiava d’abito, non l’avevo mai vista indossarne uno uguale. Mi succedeva d’incontrarla al mattino vestita seriosa con tailleur e giacca, e poi di rivederla di pomeriggio con indosso un paio di jeans e la maglietta. Qualsiasi tipo d’abito indossasse, riusciva sempre a sfoggiare classe e signorilità, ed io le facevo sempre molti complimenti per quegli abiti.Nel frattempo il marito aveva dovuto prolungare la degenza a causa di un’infezione chirurgica Accadde cose che un pomeriggio, mentre ero nella loro camera, lei, in risposta ai miei ennesimi complimenti, si rivolse a me dicendo:- Anche tu Erika hai un bellissimo corpo, staresti proprio bene con un abito come il mio. Anzi ora mi fai il piacere, se non ti dispiace, di provarlo, cose potrai costatare di persona che non ti ho mentito.– Ma no dai, sarei imbarazzata e poi questo non è il luogo più adatto –Ma che dici, non devi sentirti imbarazzata e poi mio marito è le che dorme e, se anche si dovesse svegliare, non ci farebbe nemmeno caso -In un attimo, si abbassò dietro la schiena la cerniera lampo, e l’abito, come per incanto, le scivolò lungo il corpo fino a cadere per terra.Il suo corpo nudo mi apparve nella perfezione delle forme. Aveva indosso solo un perizoma nero cose esigue che a stento le copriva l’incavo della passerina. Il suo corpo, di un colore bianco latte pareva scolpito da un artista tanto era aggraziato nelle forme e nelle rotondità. Le gambe lunghe si allargavano sul bacino slanciando il suo addome. Sul petto, i seni minuti si confondevano con le areole di colore rosa dei capezzoli, stranamente appuntiti e turgidi.- Dai! Spogliati, non fare storie, non vorrai che stia cose ancora per moltotempo -Colpita da tanta insistenza, mi tolsi il camice ed il grembiule e mi avvicinai a lei. I nostri corpi, ora vicinissimi, lasciavano trasparire le loro differenze. La mia pelle abbronzata accanto alla sua pareva brillare d’un colore ancora più bruno, tanta era la differenza col candore della sua. Fu lei ad infilarmi quell’abito, lo fece partendo dal basso verso l’alto, seguendo minuziosamente con le mani ogni passaggio. Sentivo le sue mani scivolare insieme alla seta sulla mia pelle, sfiorare i miei fianchi per poi soffermarsi sui seni, nell’intento di correggere, cose mi diceva, le pieghe dell’abito.Ero eccitata da quella situazione, potevo sentire la freschezza di quel vestito, cose leggero, e impregnato del profumo della sua padrona.- Mamma mia com’è bello, chissà quanto costa, non potrei mai permettermi un abito come questo, mi ci vorrebbero dieci stipendi!- Se vuoi è tuo, te lo regalo, tanto io ne ho altri simili a questo. Anzi, dal momento che nell’armadietto tengo sempre un paio di jeans e una maglietta di ricambio, tienilo pure fin da ora, te lo ordino! -Cose facendo mi si avvicinò e accarezzandomi delicatamente la guancia, mi diede un bacio sulla piega della bocca. — No! Ti ringrazio non posso accettarlo, è un regalo troppo costoso, non saprei mai come sdebitarmi — Non ti preoccupare, siamo amiche no? E allora!-Girandomi vidi che G.G. aveva cambiato posizione sul letto. Ora si trovavacol corpo riverso sul fianco con il viso rivolto dalla nostra parte. Gli occhi parevano socchiusi, chissà se aveva assistito a quella prova d’abito.- Se è cose allora ti ringrazio – Cose dicendo le diedi anch’io un bacio sulla guancia contraccambiando il suo.Ormai eravamo diventate molto amiche, mi piaceva la sua compagnia e forse. anche lei.Era trascorsa circa una settimana dal giorno del ricovero del marito, che ormai si stava avviando alla completa guarigione e ben presto sarebbe stato dimesso.Giovedì pomeriggio me ne stavo seduta in guardiola a riassestare il carrello delle medicazioni, quando improvvisamente il citofono che collega le stanze dei pensionanti si mise a suonare.- Sono G.G.- disse una voce concitata – Corra qui da noi, signorina Erika, è ‘è mia moglie che non si sente molto bene-Lasciai in sospeso il mio lavoro e mi precipitai lungo il corridoio fino alle stanze dei pensionanti, in soccorso della mia cara amica.G.G. era sdraiato di fianco sul letto, sul momento non ci feci caso, solo successivamente a mente serena mi ricordai di quel particolare. Di Helga non c’era presenza visibile.- E’ di lr in bagno, sotto la doccia, credo che stia poco bene, l’aiuti! -Dal suo letto potevo vedere chiaramente la porta del bagno aperta, fu allora che vidi Helga seduta sul pavimento con l’acqua della doccia che le scorreva sul corpo nudo. In un attimo mi precipitai dentro in suo soccorso.Il corpo nudo di Helga era ancora avvolto dalla schiuma da bagno e brillava d’infiniti riflessi colorati.- Ehi! Ma che scherzo è questo, cosa ti è successo? Cosa hai? Cosa ti senti? – le chiesi bonariamente, per non spaventarla.- Sto male, molto male, e la causa sei tu, Erika. Io ti desidero. Dal momento che ti ho incontrata non faccio che pensare a te. Sei tu la padrona dei miei pensieri, non so più stare lontana da te. -Mentre diceva queste parole l’acqua continuava a scendere dal bulbo forato della doccia bagnandomi da capo a piedi.Sorpresa da quell’inaspettata dichiarazione non sapevo cosa rispondere, anche se in verità quelle parole mi avevano fatto immensamente piacere: anch’io subivo la stessa attrazione. Non ebbi il tempo di trovare una risposta adeguata. Lei si alzò in piedi e infilò una mano dentro la scollatura del mio camice afferrandomi il seno. Quel tocco inaspettato e tanto deciso, ma in cuor mio tanto desiderato, lasciò cadere tutte le mie difese, se mai c’erano state. Con decisione mi sbottonò il camice, ormai inzuppato d’acqua, facendolo cadere ai miei piedi. Le sue mani, insinuanti ed esperte, presero a frugare dentro le mie mutandine fino ad arrivare, decise, alla mia passerina.Non ero abituata ad un approccio di questo tipo, di solito erano gli uomini a comportarsi cose, con le donne ero abituata ad un inizio più dolce e delicato, con lei no!Con lei fu come scoprire un mondo nuovo, sconosciuto. Il contatto delle sue dita con le mie grandi labbra mi provocò un sussulto immediato. Sapeva come prendermi, la gattina! L’acqua, intanto, continuava a scendere riscaldando ancor più i nostri corpi. Me ne stavo in piedi appoggiata con la schiena al muro, con il suo corpo che aderiva al mio appoggiandomi il capo sulla mia guancia. Potevo sentire il suo respiro affannoso ed eccitato, il mio orecchio sfiorava la sua bocca, mentre la sua mano continuava imperterrita a frugarmi nella vulva. Era evidente che questo l’eccitava più d’ogni altra cosa. Dopo essere rimasta impalata, prigioniera delle sue attenzioni, mi tolsi mutande e reggiseno, rimanendo completamente nuda. I nostri corpi scivolavano l’uno sull’altro, dolce preliminare alle future emozioni. Desideravo anch’io toccarle la passerina e lo feci, infilando due dita in quella fessura impertinente. Le sue pareti erano morbide come quelle dei petali di una rosa e lubrificate come mai mi era capitato di gustare. Le sue dimensioni ristrette, sapendo che aveva partorito, mi avevano sorpreso. Mai avrei potuto immaginare una simile morbidezza e tantomeno quelle toniche contrazioni della sua parete, che aderivano alle mie dita mentre la frugavano. Una cosa fuori del comune! Potevo sentire lo spessore del suo clitoride ergersi dritto fra le mie dita,che lo sfregavano con passaggi delicati e sfuggenti.Eravamo cose impegnate nella conoscenza dei nostri due corpi, che mi scordai completamente della presenza in camera di G.G. che dal suo lettoprobabilmente ci stava ad osservare.Le sue tettine minute s’infossarono nelle mie. Sentivo la punta dei suoi capezzoli pungere la mia pelle. La cosa mi eccitò a tal punto che non poteifare a meno di toglierle le dita dalla vulva per afferrarle i seni. Mi piaceva accarezzarle le tette, lo facevo anche con gli uomini mentre mi scopavano, solo che con loro dovevo toccare le mie, ora invece avevo fra le dita quelle di una donna, e godevo di piacere al loro contatto.Non avevo mai toccato delle tette con i capezzoli rosa, quella fu la prima volta. Fu un piacere inaudito leccarli tutt’intorno, e succhiarne la punta, straordinariamente estesa, fino a farla urlare, non so se dal piacere o dal dolore, per l’impeto che avevo messo in quell’atto.Anche lei iniziò ad accarezzare i miei seni che al confronto dei suoi le dovevano sembrare due meloni. Il contatto delle sue mani mi provocò in tutto il corpo fremiti di piacere. Non so se ebbi un orgasmo, ricordo soltanto che aveva scoperto il punto più erogeno del mio corpo: i seni.Eravamo cose intente a esplorare le nostre intimità che neanche ci accorgevamo dell’acqua della doccia che continuava a scendere imperterrita dai fori del bulbo della doccia.Se i nostri due corpi avevano ormai fatto conoscenza, i visi, fino allora si erano solo sfiorati. Fu lei ad interrompere ogni evoluzione. Allontanatasi per un attimo, cinse il mio capo con le mani e mi afferrò da dietro i capelli tirandoli verso il basso, estendendo la mia mandibola verso l’alto.Potevo specchiarmi nei suoi occhi azzurri e cose lei nei miei. Dopo alcuni secondi di silenzio le nostre labbra si avvicinarono, mentre rivoli d’acqua scendevano sulle nostre bocche infuocate da tanto ardore. L’incontro dei bordi delle nostre labbra fu cose dolce che mi pareva d’essere tutt’uno con la mia amata. Se le punte delle nostre lingue si cercavano, le mani non erano da meno. Invitata dalla sua mano che aveva portato la mia sul suo clitoride, presi a scivolare su di lui con movimenti lenti per poi accelerare man mano. Subito dopo la sua mano andò a posarsi sulla mia passerina e cominciò a masturbarmi, eravamo in perfetto sincronismo L’orgasmo che ne segue ci trovn concordi, venimmo insieme, trattenendo le nostre urla nella bocca dell’altra. Sentivo il liquido del suo umore appiccicarsi alle dita delle mie mani e scivolare via a contatto con l’acqua, poi non ancora paga, s’inginocchiò ai miei piedi e prese a leccarmela.Durante tutto quel tempo non avevamo scambiato alcuna parola, non ce n’era bisogno, tutto era avvenuto in modo incredibilmente naturale.Le sue origini nordiche e la sua spregiudicatezza, avevano contribuito a liberarmi da ogni paura, fu cose che divaricai ancor di più le gambe per ricevere la sua lingua. Mentre mi incalzava furiosa penetrandomi sempre più violentemente, allargando le pareti esterne della mia vagina con le ditadelle mani, presi ad assecondarla nei movimenti afferrandole il capo, spingendolo sul mio pube. Non ci volle molto tempo prima di raggiungere un orgasmo vaginale.Urlai di piacere, contraendo in mille spasmi le pareti della mia povera passerina Fu subito dopo che, improvvisamente, mi resi conto della strana situazione in cui mi trovavo. Ritornata in me, l’allontanai. Chiusi il rubinetto della doccia e la pregai di procurarmi un accappatoio. Guardando fuori della porta vidi il marito che sul letto che si stava pulendo l’uccello con un fazzoletto, probabilmente aveva goduto per tutto il tempo di quell’avventura.Corsi fuori della stanza, con indosso l’accappatoio che nel frattempo Helga mi aveva consegnato, e mi precipitai in corridoio e poi giu negli spogliatoi per mettermi indosso un camice asciutto . Il giorno dopo il signor G.G. fu dimesso, perfettamente guarito. Accadde che poco prima della sua partenza che il citofono suonò.- Parlo con la signorina Erika – disse la voce all’altro capo del telefono- Si! Sono io, dica pure — Sono Helga. Signorina può venire nella nostra camera? — Un attimo e sono le -Mi colpe quello strano tono di voce, autoritario, molto simile a quello del giorno in cui feci la sua conoscenza.- Senta signorina – mi disse appena entrata in camera – io e mio marito vorremmo ringraziarla per quanto si è data da fare con noi in tutti questi giorni e vorremmo contraccambiare la sua disponibilità con un regalo – Cose dicendo mi porse una mazzetta di soldi. Ad occhio e croce erano due o tre milioni.- Perché questo regalo? Io non merito una cifra di questo genere– Non si preoccupi signorina – fece G.G. – Lei ha fatto molto felice sia me sia mia moglie. Avevamo fatto una scommessa, lei affermava che sarebberiuscita a fare all’amore con lei, io invece ero convinto del contrario. Ho perso la scommessa e quindi pago. -Disse queste ultime parole porgendomi la mazzetta di banconote.Presa dall’ira le afferrai e guardando la moglie, che se ne stava in piedi vicino a lui, soddisfatta e sorridente, gliele gettai addosso gridandole:- Maledetta troia. Ecco quello che sei, una troia. -Dopodiché girai sui tacchi ed uscii dalla stanza.Ho rivisto parecchia altre volte Helga e G.G.. Apparivano spesso in televisione sugli schermi delle emittenti locali, specie nei servizi dedicati agli avvenimenti mondani. A quella vista ogni volta cambiavo canale.Questa mattina mentre in bicicletta venivo al lavoro, sono passata ancora una volta dinanzi al cantiere del mio amico muratore. Come il solito il suo triplice fischio ha richiamato la mia attenzione, mi sono girata e lui era lr come sempre con il suo bell’uccello in mostra. Oggi però, per la prima volta, l’ho salutato con un cenno della mano, facendogli segno di seguirmi.Non so cosa sia successo, avrà messo male un piede o forse non si aspettava il mio invito, sta di fatto che è precipitato dal secondo piano, atterrando su una montagna di sabbia. Subito soccorso, è stato ricoverato d’urgenza in ospedale. Ora si trova, guarda il caso, proprio nel mio reparto, fortunatamente non s’è procurato nessuna danno grave, solo una gamba fratturata. Vorrò dire che dovrò prendermi cura anche di lui?Sono nata farfallina e vado là dove mi porta il cuore.
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