Il raggio di sole che filtrava da una fessura della persiana svegliò me per primo. Nonostante il caldo della stagione eravamo rimasti nella stessa posizione in cui evidentemente la sera prima ci eravamo addormentati. Guardai il viso di Claudia, gli occhi chiusi ancora immersi nel sonno, e ciò che poteva apparire come una fantasia prese subito il giusto aspetto della realtà. La sera prima avevo fatto sesso con mia sorella! Era inutile girarci intorno e far finta che si era trattato di qualcosa di diverso, tentare di sminuire l’accaduto, a questo punto non aveva senso mentire a se stessi o cercare una giustificazione che placasse la moralità che dal profondo faceva capolino e mi puntava il dito contro. Ma una cosa andava precisata, sebbene ancora non avessi l’esperienza per diversificare adeguatamente le due cose, non avevamo fatto sesso; io e Claudia avevamo fatto l’amore, era un’emozione particolare che aveva coinvolto entrambi e la cosa mi aveva dato una sensazione che mai avevo provato fino ad allora. Il pensiero successivo sarebbe stato naturalmente interrogarsi su come sarebbe stato da oggi in poi il nostro rapporto, ma tutto sfumò bruscamente non appena sentii la sua voce che ancora ostacolata dal sonno mi disse“buongiorno”. – Buongiorno. – le risposi, e una mano andò a sfiorarle i capelli per poi proseguire sulla guancia. – Come hai dormito? – mi chiese. – Benissimo e tu? – sembrava una conversazione formale, e di questo ce ne rendemmo conto entrambi. – Mai dormito meglio. – – Senti Claudia, credo che ne dovremmo parlare…si insomma, non possiamo far finta di niente. – ero impaziente di vedere qual’era la situazione, e cosa avrei dovuto aspettarmi. – E chi vuol far finta di niente? Io no di certo. – era adorabile alla luce del mattino e dalla sua voce, che improvvisamente aveva acquistato il tono forzatamente sveglio dato il problema che sembrava affliggermi, traspariva comunque la necessità di più tempo per connettere bene. – Sono stata splendidamente ieri sera e non intendo certo ignorare la cosa solo perché tu sei mio fratello. Voglio dire, sei stato l’unico capace di farmi sentire in quel modo, è una cosa difficile da gestire, la affronteremo insieme, ma questo non vuol dire che dobbiamo accantonarla e far finta che non sia successa. Ha significato molto… – fece una pausa e si incupì leggermente – …almeno per me. – Era di una tenerezza disarmante. Forse le sembravo distaccato? Poteva forse sembrare che la notte prima la ricordassi solo come uno svuotamento di coglioni? Le avevo dato quell’impressione? Niente era più lontano dalla verità. Mi aveva sconvolto quello che ci era successo ma il lato positivo superava di gran lunga il suo opposto, dovevo farglielo capire e il modo in cui provai a farlo, mi sembrò il più naturale. La baciai. Posai le mie labbra dolcemente sulle sue e il gesto fu talmente spontaneo da non chiedermi neppure per un attimo se fosse il più opportuno. Claudia non se lo aspettava e all’inizio lasciò che fossi solo io a baciare lei, subiva quel contatto, ma non ebbi neppure per un secondo l’impressione che ne fosse disturbata. La mia bocca sfiorò le sue labbra serrate poi si aprì leggermente per richiudersi subito, nel più classico dei movimenti. Pian piano si lasciò andare e mi rispose aprendo a propria volta la bocca che pur senza parlare mi confessò i propri pensieri. Quasi a volersi scusare per l’apparente impassibilità iniziale, fu proprio Claudia la prima a muovere la sua lingua e mandarla come un ambasciatore dei sentimenti a cercare la mia; si trovarono, si abbracciarono, e come in un tango fecero si che le due bocche, premute l’una contro l’altra, rendessero superflua qualsiasi parola. Ci staccammo, i nostri occhi lessero tutto ciò che avevamo dentro, lo assimilarono, provai a sorridere e Claudia fece scivolare via una lacrima da quel mare verde nel quale avrei voluto tuffarmi. Ci baciammo di nuovo, e questa volta fu ancora più coinvolgente. – E adesso…? – le chiesi, come se lei avesse tutte le risposte. – Vedremo, intanto voglio godermi questi momenti. – – Sono le nove e mezza, tra un ora smettono di servire la colazione, hai fame? – – Eccome, ma ho paura che tutto si perda se adesso mi stacco da te. – sembrava smarrita. – Perché non ci diamo una rinfrescata? Poi decidiamo se salire oppure no, che ne dici? – tentavo di essere rassicurante e forse ci riuscii. – Va bene, ma…senti perché non ci infiliamo nella vasca e facciamo le cose con calma, male che vada faremo colazione al bar. – l’audacia della sera prima stava tornando. – Direi che è un ottima idea, vieni. – era fatta! Pur senza dircelo apertamente volevamo entrambi conoscere le sensazioni che i nostri corpi ci procuravano e del quale avevamo avuto solo un fugace accenno, era inutile rimandare o pensare ad altro. Quando ci alzammo, vidi Claudia come non l’avevo mai vista prima, con gli occhi di un ammaliato contemplatore, anziché di un fratello. I suoi passi incerti, ancora bloccati dal recente risveglio, andavano verso la porta del bagno, ed io la seguii. – Io…dovrei fare pipì. – mi disse con un leggero imbarazzo – Vuoi che aspetti fuori? – lo dissi con una punta di delusione, la possibilità di vederla in un gesto così intimo adesso che l’avevo scoperta in tutta la sua provocante sensualità era troppo invitante. Non con la bramosia di un assatanato voyeur, ma con la complicità di un amante. Claudia dovette percepirlo e se coltivava un minimo di titubanza a farlo davanti a me, il mio tono quasi deluso e il pensiero di quello che avevamo fatto solo poche ore prima rendeva impossibile far prevalere il suo senso del pudore. – Io intanto preparo la vasca. – le dissi, e così feci mentre mia sorella, non in completa disinvoltura abbassò le sue mutandine facendole scivolare fino alle caviglie. Nell’attimo che passò prima che si sedesse intravidi il suo inguine, coperto da una peluria corvina. Se ne accorse e mi rivolse un timido sorriso, prima di abbassare lo sguardo a terra e concentrarsi in quello che doveva fare. Senza distogliere la vista da lei aprii il rubinetto dell’acqua e sentii la sua vescica che si liberava. Era così eccitante, poteva sembrare una cosa sporca, da pervertiti, ma in quel momento non avrei esitato a precipitarmi tra le sue gambe per ricevere quella pioggia dorata direttamente sul mio viso. Scacciai il pensiero e cercai di rifiutarlo ma senza riuscirci. Cosa mi stava succedendo? Appena ebbe terminato, Claudia si alzò e accennò a tirarsi di nuovo su le mutandine, poi ci ripensò – Che stupida, mica devo indossarle per fare il bagno. – la voce tremava per l’imbarazzo. Altre volte era capitato di entrare in bagno mentre l’altro stava facendo i propri bisogni, non c’era mai stato nessun tipo di problema, ma ormai era tutto diverso. Noi eravamo diversi. La sera prima sembrava un sogno, adesso con la luce del mattino e la freschezza della ragione sembravamo aver fatto un passo indietro. Ma questo non ci scoraggiò. – Allora sarà meglio che le tolga anch’io. – mi tolsi gli slip e vidi che anche mia sorella contemplava il mio sesso con lo stesso sguardo che io avevo riservato a lei. Io comunque fui meno pudico e lasciai che mi vedesse in tutta la mia nudità. Claudia si avvicinò alla vasca che ormai si era riempita. – Prego. – e con un gesto galante le offrii il privilegio di immergersi per prima. Il suo corpo, adesso che si era tolta anche il reggiseno, era nudo davanti a me e non era possibile restarne indifferenti. Anche se provai ad essere disinvolto, la mia erezione sempre crescente era eloquente. Raggiunsi Claudia in acqua, mentre lei cominciava a versare il bagnoschiuma per creare la soffice spuma bianca che avrebbe celato in parte i nostri corpi. Ci rendemmo subito conto che la cosa che desideravamo entrambi non erano le parole, o chiarire quello che provavamo, eravamo troppo eccitati e volevamo sentire il contatto dei nostri corpi. Il pretesto di un casto bagno in comune si infranse nel momento stesso in cui ci spogliammo. Come svegliato da un coma, mi accorsi solo in quel momento di quanto meravigliosi e attraenti fossero i piedi di Claudia, un brivido mi scosse, come potevo averli ignorati per tutto questo tempo? Li fissavo e in un attimo il mio fallo si fece di marmo. – Ti piacciono i miei piedini? – mi disse mia sorella facendo muovere le dita. – Sono bellissimi… e irresistibili. – le risposi e presi a massaggiarli entrambi con le mani. Eravamo uno di fronte all’altra, io avevo divaricato e allungato le mie gambe, i miei piedi poggiavano sul bordo opposto della vasca e sfioravano i sui suoi fianchi. Claudia aveva adagiato le gambe sul mio addome, sentivo i suoi polpacci sul membro e certamente lei percepiva tutta la mie eccitazione. Non ebbi neanche modo di accorgermene che mi ritrovai a baciarli. Quando con stupore realizzai di avere il suo alluce in bocca e di succhiarlo come un neonato farebbe con il capezzolo della madre, alzai gli occhi pronto a trovare uno sguardo stupito che si chiedeva se fossi un pervertito. Ma con maggiore stupore vidi che Claudia era completamente abbandonata alle mie attenzioni, gli occhi chiusi, la testa leggermente abbandonata all’indietro e il respiro più affannato. Continuai con più convinzione, le leccavo i polpastrelli, passavo la lingua tra un dito e l’altro, finalmente stavo coronando la mia fantasia, e la realtà era più appagante di qualsiasi immaginazione. – Vuoi che ti faccia venire con i piedi? – mi chiese ad un tratto, con la voce roca. – Si…ti prego. – ero quasi supplichevole. Claudia abbassò i piedi che andarono ad abbracciare il mio membro ormai prossimo alla goduta. Prima mise a contatto con il mio ventre il destro, lasciando che la pianta diventasse un morbido giaciglio sul quale appoggiare il mio fallo poi con l’altro piede cominciò a carezzarlo, lo faceva andare su e giù, soffermandosi quando sulla cappella, che tormentava con l’alluce, quando sui testicoli. Quando le dissi che ero vicino a godere imprigionò il fallo tra le sue abili estremità e cominciò un ritmico scorrimento, i talloni che colpivamo lievemente i testicoli e le dita di entrambi i piedi intorno alla mia cappella come una collana di perle furono irresistibili e di li a poco esplosi in quello che fu l’orgasmo più appagante della mia vita fino ad allora. Claudia mi guardava, compiacendosi dell’immenso piacere che mi aveva regalato. – Non pensavo che i miei piedini potessero fare un simile effetto, non avevo mai fatto una cosa del genere, sai? – Ero ancora stordito, e il grande desiderio che quella situazione mi aveva provocato faceva si che la mia erezione non accennasse a diminuire nonostante fossi appena venuto. – Io…anche per me era la prima volta, anche se lo desideravo da un sacco di tempo. – riuscii a dirle. – Era tanto che desideravi i miei piedi? – chiese Claudia stupita. – Beh, non proprio i tuoi, a dire il vero, però ho sempre avuto un’attrazione per questa parte del corpo senza mai poter soddisfare questo desiderio… – Sembrava delusa. – …ma sono felice di aver aspettato tanto e averlo fatto con te! – Ora la delusione era sparita. – E a te è piaciuto? – aggiunsi. – Tantissimo, voglio dire, non avevo mai pensato che farmi leccare i piedi e usarli…al posto delle mani potesse essere così eccitante, ma tutti i ragazzi hanno questa attrazione? – – Non credo, anche se non ne ho mai parlato con nessuno, anche perché le volte che ho provato a chiederlo alle mie ragazze la reazione è stata ben diversa dalla tua! – mi stavo intristendo ricordando le volte precedenti. – Ora ci sono io, non ti dovrai più preoccupare di confessare le tue fantasie. – Claudia si spostò dal bordo opposto della vasca e venne sopra di me. Ora la mia erezione era a contatto con il suo ventre, mentre ci scambiavamo dei baci pieni di desiderio. Sentivo il suo corpo scivoloso su di me e il cuore mi andava a mille. – Lo faremo di nuovo! Tutte le volte che vorrai. – mi disse tra un bacio e l’altro – Anzi, voglio che tu riprenda a leccarmi i piedini, era come se tu avessi in bocca il mio clitoride tanto era il piacere che provavo! Com’è possibile? – – Non lo so, ma non chiedo altro. – tutto questo era meglio di un sogno, stentavo a crederci. Ripresi a succhiare e baciare quegli splendidi oggetti del desiderio, e man mano mi feci più audace andando a cercare con la mano il clitoride che carezzavo senza smettere il mio compito orale. In breve tempo la sentii scuotersi e abbandonarsi al più travolgente orgasmi che avessi mai visto. – Oddio! Mamma mia, non mi era mai successo di averne uno così forte. Sei straordinario. – ammiravo gli scatti che faceva durante l’orgasmo, mi sembrava impossibile riuscire a sortire un tale effetto su di lei. Passata la scarica venne più vicina, girandosi e mettendo le sue spalle a contatto con il mio petto. La abbracciai, lisciando il suo corpo come se fosse una statua d’argilla da modellare, conoscendo per la prima volta a fondo il corpo di colei che aveva condiviso con me la vita, prima di ogni altro. Perdemmo il senso del tempo, ancora oggi non so quanto restammo in quella vasca completamente isolati dal resto del mondo, perché in quel momento esistevamo solo io e lei, immersi nel tepore di un liquido caldo, come diciassette anni prima, sconvolti per quello che avevamo scoperto di provare l’uno per l’altra ma desiderosi di non lasciarlo svanire per nessuna ragione al mondo. Quello fu solo l’inizio del nuovo aspetto delle nostre vite; prima che nostra madre ci partorisse eravamo convinti, anche se era una convinzione immacolata, priva di ragionamento e dettata dalle sole intuizioni primordiali, che il ventre materno fosse l’intero mondo e noi due i soli ad abitarlo. Ora in quella vasca la sensazione era molto simile, ci sentivamo così diversi, così uniti, e nessun altro avrebbe potuto entrare a far parte di quello spicchio d’eternità. Anche se fu solo l’inizio di un rapporto i cui giudizi morali spesso tendono a far sembrare squallido e perverso, sapevamo entrambi che ciò che rappresentava andava ben oltre il superficiale aspetto dell’appagamento fisico. C’era qualcosa, un ingrediente che è posto all’origine della vita e che non si deve cercare di identificare, di spiegare, poiché ce lo lasceremmo sfuggire. La sola cosa che deve essere fatta è abbracciare quella sensazione e lasciare che ci porti dovunque desidera; lontano o vicino che sia, sarà pur sempre il luogo nel quale tutto ha avuto inizio. Potrei dire adesso cosa accadde dopo, come si evolse il nostro rapporto dopo quella magnifica estate, e forse varrebbe la pena di raccontarlo, ma un aspetto della storia merita di essere spiegato prima di ogni altro; c’è un piccolo anello che lega ogni cosa e il mio morboso desiderio nei confronti delle estremità femminili, così come l’appagamento che Claudia prova nel farseli baciare, non fa eccezione. La risposta è un gesto, comune a tutti i neonati, un azione istintiva, quella di mettersi il pollice in bocca e succhiare. Basta questo semplice atto che si manifesta fin da prima di lasciare il corpo della madre, per riportare l’ordine in una mente ancora troppo vulnerabile al caos e trasmetterle un senso di benessere e tranquillità. E capita che se a condividere il ventre materno ci sia qualcun altro, per un semplice fatto di posizioni inverse, sia più facile portarsi alla bocca il dito del suo piedino, piuttosto che quello della propria mano, creando forse delle radici emotive che prima o poi escono allo scoperto. Estasi, benessere. Sicuramente con il passare del tempo queste due parole assumono un significato diverso e dentro di noi, forse celato nell’inconscio, quel gesto che impariamo prima di ogni altro, capace di adattarsi al mutare dei nostri desideri, è l’ancora di salvezza, un piccolo dono regalatoci dalla natura per ricordarci in ogni momento della nostra vita l’aspetto più bello della vita stessa.
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