I pesci sono muti perché, fondamentalmente, non hanno nulla di importante da dirsi.I pesci sono muti perché hanno visto molta acqua passare sotto i ponti. Quindi i pesci sono muti perché sono molto scafati. Solo un pesce non è propriamente muto: il pesce palla; quando lo tiri fuori dall’acqua si gonfia e fa versi tipo “Brop, burp”. Tutto sommato, è un po’ palloso da ascoltare…. Sedevo al solito bancone del solito bar sotto alla solita ferrovia sopralevata. Una sirena ruppe il silenzio, alcuni spari ruppero il silenzio, il solito inseguimento delle 11.15, la solita rottura del silenzio.* Gangster poliziotti uno a zero – fece Joe, il barman – Te la do a tre.* Andata – risposi io, posando un dollaro sul banco. Era una puntata sicura. Non ne beccavano mai uno che fosse uno, ma in definitiva non mi importava molto. Uno schianto poco fuori dal locale mi fece ruotare il collo quel tanto che bastava per vedere la macchina sfasciata contro un pilastro.I cattivi. Merda.* Avevo visto che erano i pusher di Jack lo sfigato – fece Joe con un sorrisino – Quelli si fanno beccare sempre – sollevò il mio dollaro dal banco e lo mise nella solita cassa. Io scossi la solita testa: la mia. Poi dissi* Dammi il solito, Joe. Il problema era semplice: avevo bisogno di un cliente. Non ne passavano molti nel bar di Joe, e nel mio ufficio la donna delle pulizie aveva smesso di venire dal giorno che aveva trovato un nido di topi in un mio vecchio calzino. Dentro alla mia macchina per scrivere.Stavo compiangendomi al punto di pensare di comperare una scopa. Sentivo che era ora di fare un po’ di pulizia nella mia vita, ma di scopare non si parlava da un pezzo.Ero immerso in questi pensieri cupi quando la porta si aprì. Vidi la faccia di Joe diventare paonazza, la sua bocca spalancarsi fino a mostrare la faringe (un po’ ingrossata: Joe cantava da tenore in parrocchia: era uno dei ragazzi del coro) e lo sguardo diventargli vitreo. Poi il profumo mi raggiunse, ricordandomi di qualcosa che mi dicevano le suore dell’orfanotrofio, molto tempo fa, sulla vita dopo la morte. Spiacente, sorelle, mai stato così buono da meritarmelo.* Sto cercando il signor Philips, l’investigatore privato.A quel punto ritenni di potermi girare. Due gambe chilometriche fasciate di scuro, una gonna scura che copriva a mala pena due cosce da esposizione e una giacca stretta in vita che pareva dover esplodere da un momento all’altro, il tutto completato da una morbida cascata di capelli scuri a incorniciare il volto di uno di quegli angeli che, giocando coi trucchi di Dio, si sono messi troppo rossetto. Scuro.* Perché lo cerchi, sorella? – chiesi col mio tono più disinvolto. Non funzionò: mi uscì una specie di gemito strozzato. Strinsi più forte il bicchiere di whiskey aspettando di ricominciare a respirare. Quando ci riuscii, tirai un uppercut a Joe per svegliarlo e, mentre cadeva all’ indietro, gli sfilai il mio dollaro dalla cassa. Soldi mal guadagnati, comunque.* E’ lei il signor Philips? – domandò lei senza smettere di fissarmi.Cristo, non avevo un’erezione così dolorosa da quando beccai la piccola Polly Patton senza mutandine nel bagno dei maschietti in prima liceo. Subito dopo avevo visto Jack Daniels, il figlio del macellaio del quartiere, cercare di sistemarsi i pantaloni ancora seduto sulla tazza del cesso. Fine dell’erezione. E, poche ore più tardi, fine del mio primo gallone di Jack Daniels. Una lunga serie di omicidi per interposta bottiglia, che continuava ancora oggi.* Può darsi, bambola. – Dissi movendomi piano sullo sgabello per non combinare un disastro* Ho bisogno di lei. Mi hanno detto che lei è un duro-Non hai idea di quanto, sorella, pensai.* La posso pagare.* Non mi sembri una che ha bisogno di pagare, sorella – dissi per mostrarmi disinvolto.* Come? – Rispose lei. Cazzo, dovevo controllarmi…* Nulla, pensavo ad alta voce. La mia tariffa è cinquanta al giorno più le spese. Prenditi un whiskey e dimmi tutto.* Un ginger ale – disse lei rivolta a Joe, che si stava rialzando in quel momento. Tipico di una femmina, pensai. Poi continuò rivolta a me: – Mi chiamo Rolata Ferguson. Sono la figlia di Angus “T-Boone” Ferguson, il re della carne ai ferri. Qualcuno sta cercando di ricattarmi. Conoscevo “T-Boone” Ferguson. Tutti in città lo conoscevano. E tutti, almeno una volta, avevano mangiato una delle sue bistecche. Girava in città con la Cadillac che aveva fatto venire dal Texas, con le corna sul cofano e il clacson che muggiva. Sua moglie era una nota vacca: quello che si chiama essere coerenti. Cosa aveva potuto combinare questo zuccherino per farsi ricattare? Me lo disse subito:* Ci sono delle fotografie. E nelle foto ci sono io con Angiolino.* E allora? – La interruppi – Siamo un paese libero. Il tuo fidanzato avrà tutti i diritti di prendersi qualche libertà, tanto immagino che vi sposerete. Poi si sa che gli italiani sono passionali…* Angiolino è… è…- Non ce la faceva, povera stella.* Coraggio- dissi io con fare paterno.* E’… un toro* Appunto! Passionale, che dicevo? Siete giovani, è normale.* E’ un toro Miura! Un bovino dei nostri allevamenti – scolò il suo ginger ale in un unico sorso. Joe si precipitò a riempirle il bicchiere. Non aveva perso una parola. Aspettai che avesse fatto poi lo rimandai K.O. con una rapida sequenza gancio, montante, sinistro. Aveva la mascella di vetro, e lo spedii a tenere compagnia ai bicchieri nello scaffale.* Prego? – le orecchie avevano iniziato a ronzarmi.* Era nel suo stabbio, in attesa che gli portassero le fattrici. Era già in tiro, mi guardò con quegli occhi dolci, bovini, non so come mi sia successo ma mi eccitai come… beh, sì, come una vacca. Sembrava che non ci fosse nessuno, pensavo di farmi una sveltina, tanto per provare. Ero nuda e a quattro zampe, Angiolino lanciò un muggito struggente, le assicuro…- Il respiro le si era fatto più frequente al ricordo, gli occhi si erano chiusi. Una mano passò sul seno e cominciò a stringere la stoffa della giacca. Le mollai uno schiaffo, non sopporto di vedere rovinata la roba di sartoria. Si riscosse all’improvviso e disse* Grazie. Ne avevo bisogno, il dolore mi eccita – La mano si spostò in mezzo alle gambe e cominciò a sollevare l’orlo della gonna. Potevo vedere le mutandine bianche macchiate di umidità in mezzo alle cosce.* Signorina, lei è una ninfomane? – Chiesi imbarazzato.* Come lo ha capito? – rispose lei.* Mah, intuito… – feci io. Stavo per perdere il controllo. Anzi, lo persi. Le presi la mano e me la misi sui pantaloni. Lei cominciò a mugolare e strinse la mia fedele compagna con forza. Dannazione, mi ero dimenticato della pistola. Spostai la mano un po’ più a destra, e finalmente sentii la sua stretta su ciò che doveva stringere. Si inginocchiò davanti a me trafficando per aprirmi i pantaloni e appena ebbe portato alla luce la mia statua della libertà, la prese in bocca cominciando a succhiare come una forsennata. La mano le era sparita tra le cosce, la bocca stava facendo un lavoro da professionista. Non resistetti molto. Venni urlando e spruzzandole la faccia del mio seme, lei godette a ruota tremando come l’empire state building quando c’è troppo vento. Mi riscossi quando sentii una voce che diceva* Un sorriso, prego! – Ci voltammo entrambi proprio mentre un flash illuminava i nostri volti sconvolti (il suo anche un po’ gocciolante di sperma). Danny “Click” Paparazzo, il fotografo dell’alta società. L’aveva seguita fino al bar di Joe, ed ora stava fuggendo con una foto molto compromettente per la mia nuova cliente. Non potevo permetterglielo.Riuscii a beccarlo in testa con un posacenere di cristallo proprio mentre stava abbassando la maniglia. Gli presi la macchina, estrassi il rullino e lo sbattei fuori, in tempo per sentirgli dire: – Il pubblico ha diritto di sapere.* Allora dì a tua madre che vuoti il sacco – risposi chiudendogli la porta sul muso. Mi voltai verso il bancone, dove Rolata si era ricomposta e stava pulendosi la faccia con un tovagliolino. Mi sembrò indifesa e sperduta. Bene, un nuovo caso per Marlo Philips.* Oddio, è successo di nuovo – mi disse lei.* Non ti preoccupare, zucchero. Scampato pericolo. E ora dimmi chi ti sta ricattando.* Si tratta di Billy Pesce. Ha detto che parlerà se non gli consegno diciottomilaquattrocentotrentadue dollari e tredici cents in biglietti di piccolo taglio. Entro domani a mezzogiorno.* Perché proprio diciottomilaquattrocentotrentadue e tredici?* Deve finire di pagare il mutuo della casa. La prego signor Philips, mi aiuti. Non so a chi altro rivolgermi.* Tranquilla, bambola. Stasera avrai i negativi.- La lasciai sullo sgabello.Joe si stava tirando su massaggiandosi il mento. Lei gli tirò un altro uppercut e lo rimandò a nanna. Bella mossa, pensai soddisfatto.Uscii. Billy Pesce lavorava al mercato della carne. Quello che si dice un mestiere su misura. Parcheggiai la mia Morgan davanti al magazzino. Un gruppetto di inservienti col grembiule sporco di sangue attendeva che i tagli fossero stoccati nei furgoni per andare a distribuirli alle macellerie. Mi avvicinai e dissi:* Sto cercando Billy Pesce. Qualcuno di voi ragazzi sa dirmi dove trovarlo?Uno degli inservienti mi si parò davanti. Era alto, grosso e con l’ intelligenza di una sardina. Tanto per stare in tema.* Qui non c’è – disse con aria ottusa.* Lo vedo – risposi – E dov’è, se è lecito? Dovevo averlo detto col tono sbagliato, perché la sardina si irrigidì come uno stoccafisso e si girò verso gli altri, che intanto stavano cominciando a incuriosirsi. Erano tutti della sua stazza, maledizione. Qualcuno tirò fuori un gancio da macellaio.* Sono attrezzi pericolosi, se non li si sa usare bene – dissi rivolto al gruppetto.* Lo sappiamo – rispose qualcuno – ma noi li usiamo bene. Vuoi vedere, fottuto irlandese?Non amo che si sfottano le mie origini. Specie da parte di un sfottuto guappo, pensai.* A chi, fottuto guappo? – dovevo aver pensato ad alta voce. Schivai il primo colpo di un gancio che andò a conficcarsi proprio nel contatore della luce. Il bovino che lo manovrava andò arrosto in un lampo, ma questo ebbe l’effetto di fare incazzare gli altri come tori. La situazione stava andando in vacca. Tirai fuori la pistola, ma nella fretta sbagliai tasca e mi trovai col piffero di fuori. Cazzo!La vista del mio cannone li bloccò all’istante.* Dovevi dircelo che cercavi compagnia, bello – disse uno, facendomi gli occhi dolci. Cazzo, erano tutti dei fottuti finocchi. * Ma perché cerchi proprio Billy? Noi non ti piacciamo?* Anzi, siete proprio il mio tipo… Tutti – aggiunsi lanciando uno sguardo lascivo al gruppo. Funzionò. Si misero a picchiarsi tra loro per avere la precedenza. Io accesi una sigaretta e mi appoggiai a un pilastro a guardarli. Riuscirono a mettersi tutti K.O. prima che una tizia uscisse urlando dal magazzino.* Che state facendo?… Che state facendo?… Oh, salve. – Mi aveva notato.* Ciao, piccola – ammiccai. Era proprio un bel bocconcino: gli occhiali di strass coprivano due fanali truccati da finta ingenua, due labbra rosse e carnose spiccavano sul volto affilato, da lupa. Mi sentii improvvisamente Cappuccetto Rosso quando mi rivolse la parola:* Sono Ciornia Spanatsky, la segretaria del signor Ferguson. Posso aiutarla?* Puoi aiutarmi in molti modi, piccola – dissi guardandola con un sorriso pieno di sottintesi – ma per ora mi serve sapere dove trovo Billy Pesce. -La presi tra le braccia e la baciai per chiarirle meglio il concetto. Mi schiaffeggiò, dicendomi – Come si permette?La schiaffeggiai anche io, fino a che gli occhiali non volarono in mille frantumi brillanti di strass. Il suo volto, un po’ gonfio, era ancora più invitante.* Non scherzare con me, pupa – dissi con durezza – Dov’è Billy?Mi guardò con intensità, o forse era solo miope. Senza parlare si tolse la camicetta e la gonna, rimanendo in giarrettiere davanti a me. Non portava altra biancheria, ma questo l’avevo già capito a prima vista. Mi sbottonò la patta. Non riuscì a trovare la pistola (l’avevo spostata) e si rassegnò a usare l’unico cannone disponibile. Quando la penetrai mi sembrò di entrare in un vulcano in bollore, le sue gambe mi circondarono la schiena e il seno mi si incollò alla camicia. Cominciò ad ansimare, mentre la sbattevo con la schiena contro un pilastro e le davo due o tre colpi di assaggio. Poi, tenendola per le braccia, la disarcionai lasciandola in stato confusionale.* Dov’è Billy? – Tornai a chiederle* Non… Non lo so… Ti prego… Non ti fermare…La penetrai nuovamente. Quando stava quasi per venire mi bloccai e uscii da lei, fissandola negli occhi.* Allora, dov’è Billy?* Magazzino C, capocollo e bollito duro (hard boiled). – Aveva ceduto. Le inondai le salpingi del mio seme. Lei lo accolse urlando ed emettendo spropositate secrezioni ghiandolari. Mi guardai le scarpe bagnate dai suoi succhi. Cazzo, erano di Ferragamo. La mollai tra le braccia di uno degli inservienti che si stava rialzando. Questo, terrorizzato, la lasciò cadere per terra e corse a nascondersi nella cella frigorifera. Finocchi… bah! Il magazzino C era in fondo alla strada. Entrai guardandomi attorno, la mano sulla mia cara compagna. Billy Pesce mi girava la schiena, appoggiato davanti a un tavolo, immobile.* Billy – chiamai. Nessuna risposta.* Billy! – ripetei più forte. Non si mosse né mi rispose. Gli afferrai la spalla e lo voltai. Mi fissò con occhi spiritati. Dalla bocca usciva la coda di un pesce. A parte questo, era morto. * Ihihihihihihihihihih!Mi girai con la pistola in mano. Una sola persona in città rideva in quel modo.* Ihihihihihihihihihi! – riprese la risata.* Ciao Omar, che mi dici? – urlai al pilastro alla sinistra. Dal buio uscì la sagoma di Omar la iena, uno scagnozzo di Tony Santagata, un ex cantante di night club che aveva svoltato sulla strada del crimine. Omar mi fissò, poi indicò il corpo di Billy Pesce e disse:* I pesci sono muti, non ti pare? Ihihihihihihihihihih – veramente snervante. – Adesso non parlerà più. Ihihihihihihihihi.Gli puntai la pistola addosso. – Dove sono i negativi, Omar? – chiesi.Prima che finissi di parlare era già scomparso. Sentii i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio, gli corsi dietro e gli urlai di fermarsi. Ad una svolta mi bloccai. L’avevo perduto. Sentivo degli scricchiolii dietro la parete. Appoggiai l’orecchio al muro, in tempo per sentire – …cinque, sei, sette, otto. Và all’inferno, poliziotto! – Prima che potessi capirci qualcosa, dal muro uscirono due mani che si strinsero al mio collo. Fui proiettato dentro alla parete e rotolai sul pavimento. Davanti a me un tizio dai capelli bianchi mi osservava stupito.* Ma lei non è Deckard! – Mi disse.* Eh, no, temo proprio di no – risposi.* Ahhhh, mi scusi… Sa, io ho visto cose che voi umani non potreste mai immaginare* Ma dai?* Eh, già. Ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser.* Ma non mi dica – L’uomo sembrava piuttosto imbarazzato. Si chinò a raccogliere il mio cappello e me lo porse. Poi disse -Eh, già.Mi avviai verso la porta. – Arrivederci – dissi al tizio.* Non credo proprio. Sa, è tempo di morire.* Tanti auguri. Senta, non è che ha visto Omar la iena, alle volte?* No, ma può chiedere a Pris, qui fuori.* Va bene, grazie ancora e la saluto – Gli strinsi la mano. A momenti mi spezzò il polso. Chissà che voleva dire. Aprii la porta e uscii. Davanti a me un fior di zuccherino dagli occhi bistrati osservava la scena, immobile.* Buongiorno – dissi. Non riuscii a capire come, ma in un attimo me la ritrovai addosso, urlante. Le sue cosce mi stringevano il collo fin quasi a spezzarmelo. Il cavallo delle sue mutandine premeva sul mio mento. Non vidi che una soluzione. Scostai l’elastico con un dito e cominciai a leccare come un forsennato. La stretta si allentò e contemporaneamente un liquido caldo e vischioso cominciò a colare dal buchino. Sapeva di olio da macchina, ma c’era un nonsochè di lampone di cui non mi spiegavo il motivo. Alzai gli occhi e lei mi disse: – E’ l’antigelo – Confortato ripresi a leccare, fino al momento in cui la sentii vibrare più forte e il flusso del liquido mi riempì la bocca. La stretta delle gambe diminuì e io potei ricominciare a respirare. Mi alzai e mi accarezzai la mascella, era indolenzita. Imprevisti del mestiere.* Bella mossa, bambola – dissi al fiorellino. Il trucco le era colato rigandole il volto. Le porsi il fazzoletto, poi le chiesi * Hai per caso visto Omar la iena?* E’ andato di là. Ma non seguirlo, è una trappola. Quello che cerchi sta in alto. * Tony Santagata, lo sapevo. Adesso la mia povera cliente era in guai seri. Mi restituì il fazzoletto sporco, ridotto da fare pietà.* Smacchialo con la trielina – mi disse.* Certo. Addio bambola – Girai lungo il corridoio, poi mi voltai indietro e guardai. Non c’era più nessuno. Strano. Tornai in macchina al bar di Joe, Rolata Ferguson se ne era andata da un pezzo, ma sul mio sgabello era seduto un tizio che beveva un frullato di latte e menta con aria innocente. Gli battei una mano sulla spalla.* Questo posto è mio – dissi freddamente.* Certo, c’è scritto il tuo nome sopra – rispose lui senza voltarsi.* Ehi… – cominciai a dire. Il foro della canna di una pistola spuntò da sotto la sua giacca gessata. Poi l’uomo si girò e lo riconobbi. Sam l’albino. Una volta era un giocatore di pallacanestro, poi aveva smesso perché tutti lo prendevano in giro per il colore della pelle. Un negro bianco. Si era fatto rimuovere un pezzo di femore e adesso era alto circa novanta centimetri. Da seduto non lo avevo riconosciuto, ma quando scese dallo sgabello notai gli orli della giacca consumati dallo strisciare per terra. * Come stai fottuto irlandese? – mi chiese* Bene, fottuto negro e tu?* Non c’è male, se non fosse per quei fottuti wopos (guappi) che infestano il quartiere.* Sempre meglio dei fottuti ebrei – dissi io.* Già. Abbiamo dimenticato qualche fottuta razza?* Ci sarebbe il fottuto greco del ristorante all’angolo.* Perché. Che ha fatto?* Lui niente, ma quella fottuta francese di sua moglie ha nostalgia del paese e aggiunge il Pernod all’Ouzo. Una vera schifezza, te lo dico io.* Fottuta!* Già!* Ascolta Philips… – Cominciò Sam. Non fece in tempo a continuare. Una raffica di mitra fece esplodere la vetrina del bar. Io mi buttai a terra, Sam non fece una piega. Stava già in basso. Sentii una macchina svoltare l’angolo con uno stridio di gomme. Joe continuava imperterrito a pulire il bancone. * E’ il solito racket delle 16.30 – disse tranquillo. – Strano, oggi sono in anticipo…* Ascolta Philips – riprese Sam – Questa volta ne hai pestata una puzzolente. La tua amichetta che ama gli animali non è l’innocentina che pensi. Se vuoi uscirne devi guardare in alto. – Di nuovo questa parola.* Che vuol dire, Sam? – Dissi sedendomi sullo sgabello e raccogliendo le gambe. È una posizione che mi aiuta a pensare… Dall’angolo sentii stridere altre gomme, e una nuova raffica venne sparata nel locale. Schegge di legno si staccarono dal bancone. Il povero Sam si mosse a scatti come un fantoccio. L’avevano colpito.* Sam! – dissi rovesciando il suo corpo martoriato.* In altoooh, Philips… guarda in altoooh…. – E morì.Guardai in alto. Joe stava pulendo ancora il bancone.* Strano, adesso sono in ritardo. – disse.Gli mollai due ganci allo stomaco, poi un jab al basso ventre. Un tizio con una camicia bianca e il farfallino uscì dall’ombra e disse: – Colpo sotto alla cintura. Vince Joe per squalifica dell’avversario! – Pazienza, mi sarei rifatto in seguito. Il pubblico cominciò ad applaudire. Gli sparring partner invasero il quadrato. Vidi Joe in piedi che alzava la cintura e lo sentii urlare in un microfono: – Adrianaaaaaa….Uscii dal bar. Una macchina si stava avvicinando facendo stridere le gomme.Quando fu davanti alla vetrina in frantumi si fermò, ne scese un tizio con un mitra, poi si voltò verso l’interno e disse: – Ve l’avevo detto di non prendere la quinta strada. Ci hanno preceduti, maledizione.* Scusi, siete quelli del racket delle 16.30? – chiesi stupito.* Sì, ma questo cretino ha voluto prendere la quinta. Lo sanno tutti che c’è traffico. Oh, bè, adesso potremmo essere quelli del racket delle 16.48. -Risalì in macchina e ripartì. No, stavolta non fecero stridere le gomme.Molto strano, pensai. Era una bella giornata di sole. Alzai gli occhi al cielo per vedere il tramonto e improvvisamente capii tutto. La villa di Angus “T-Boone” Ferguson spiccava tra le altre per il cappello texano che indossavano i nani sui pilastri del cancello. Arrivai davanti all’ingresso dove un maggiordomo vestito da cow boy mi stava aspettando. Mi scortò fino a un salottino e mi disse di attendere. Si aprì una porta, e Rolata, vestita solo di una pelle di bufalo dai cui spacchi balenavano scorci di pelle nuda, entrò nella stanza. Una fascia in cui erano infilate due penne colorate le circondava la fronte.* Non avresti dovuto venire qui.- Mi disse. La sua voce era solo un sussurro.* Non potevo farne a meno – risposi con durezza. La mia mano era scattata priva di volontà ad accarezzare un seno intrappolato nel vestito. Rolata si mise a mugolare e ad ansimare, la bocca le si era dischiusa in modo invitante. Mi ritrovai la sua mano dentro ai pantaloni, la pelle di bufalo cadde al suolo. Rolata si ergeva nuda davanti a me, le sue cosce dischiuse erano umide di eccitazione, il suo respiro si faceva sempre più pesante. Imiei pantaloni fecero la fine della pelle di bufalo, Rolata si mise a quattro zampe e mi disse: * Prendimi adesso, ti prego. – Non mi feci pregare. Affondai in lei come un coltello rovente nel burro. Sentii perfino lo sfrigolio al contatto. Cominciai a pompare, ma in quel momento la porta si aprì e “T-Boone” Ferguson fece il suo ingresso. Era vestito anche lui da cow boy, ma sotto il paracosce di pelle era completamente nudo. Al suo braccio, Ciornia Spanatsky, nuda anche lei a parte gli occhiali argentati, mi guardò beffarda.* Può rompere anche questi, se vuole, detective. Ho rilevato il guardaroba di Elton John. – mi disse sorridendo.Lanciai un’occhiata disgustata a “T-Boone” – Vedo. – Dissi. Da vicino le frange del paracosce balenavano di riflessi arcobaleno. Erano di lamè. E rosa.”T-Boone” guardò la figlia (ancora attaccata a me) con un’espressione estasiata. Si avvicinò a lei e le accarezzò le spalle. Poi le si inginocchiò davanti. Il suo cazzo sparì tra le labbra di lei. Io lo guardai in faccia, e ricominciai a pompare con ostentazione. Ciornia Spanatsky si sdraiò sotto di noi. Sentii la sua lingua solleticarmi le palle. Di tanto in tanto mi mollava e leccava il clitoride di Rolata. Il corpo della ragazza vibrava di lussuria ad ogni passata.* Così siamo alla fine, detective. – Disse “T-Boone” guardandomi fisso. La testa di Rolata andava su e giù ritmicamente.* Già. Mi spiace per il povero Billy Pesce. – risposi io.* Era un debole. Stava per parlare, e i pesci dovrebbero essere muti.* Ma perché mi avete messo in mezzo? – Chiesi.* E’ stata Rolata. Non voleva che Billy venisse tolto di mezzo. E’ una stupidina sentimentale, Billy è stato il suo primo uomo. Nelle orecchie. Ce l’aveva piccolo. Anche Omar la iena è uno stupido, ma l’ha già pagata. Il suo vero nome è Omar Deckard. Può immaginare che fine abbia fatto.Potevo immaginarlo. Diedi un paio di colpi robusti alle anche di Rolata. “T-Boone” accusò il colpo, Rolata aveva aumentato il ritmo in sintonia con me. La lingua di Ciornia Spanatsky si mosse più in fretta. Mi sembrava di avere le palle in un frullino, ma non smisi di pompare.* Così, – ripresi – Il toro non ce la può fare. Rolata era un test, vero?* La prova del fuoco – rispose lui dopo un attimo di esitazione. Ancora pochi colpi e ce l’avrei fatta. – Lo ha visto anche lei – Continuò “T-Boone” – Non c’è maschio che resista alla mia bambina. Neanche io, come vede. Quel toro era la mia ultima carta, dovevo venderlo a tutti i costi. E’ pluripremiato. Ha idea di quanto valga un toro da monta? Ne avei ricavato almeno un milione di dollari. Però quel maledetto non ce la faceva più.Voleva mettersi a riposo. Ho pensato di svegliarlo con Rolata, poi ne avrei preso lo sperma e lo avrei conservato congelato. Vale più della bestia. Così, se anche il compratore non fosse stato soddisfatto, avrei potuto lo stesso guadagnarci su. Ma quel maledetto non l’ha nemmeno guardata.* Così non c’è nessuna fotografia. Ma perché? Lei è ricco. – dissi infilando un dito nel culo a Rolata. Il mugolio che ne seguì mi confermò che avevo raggiunto il mio scopo.* Non ho più un dollaro. Ciornia mi ha prosciugato in tutti i sensi. Usa solo preservativi di Hermes, profumati al segugio inglese. Molto eccitanti, ma costano una schioppettata.Mi aveva stufato. Aumentai il ritmo tra le gambe di Rolata. Ciornia non ce la faceva più, leccava ogni tanto senza voglia, ma ormai le palle mi erano diventate insensibili. Con un ultimo colpo eruttai il mio seme bollente nella fica della ragazza, che colta di sorpresa inghiottì il cazzo del padre fino all’esofago. Una scarica di succhi gastrici si riversò sulla cappella dell’uomo cominciando piano a digerirne la punta. “T-Boone” era in trappola.Uscii da quel viluppo di cosce colando i miei succhi sul volto di Ciornia.Gli occhiali le si erano spostati, e una goccia la prese in mezzo all’iride.* Aaaaagghhhhhh! Oddio, come brucia! – esclamò lei contorcendosi. Ecco perché portava sempre gli occhiali.Mi avvicinai al telefono per chiamare la polizia. Il maggiordomo tentò di impedirmelo, ma lo stesi con un preciso montante, seguito da due jab e una piroetta. Poi lo guardai meglio. Era Joe. Prima di cadere svenuto, fece in tempo a dirmi * Ridammi il mio dollaro! – Lo ignorai. Telefonai al tenente Branningan, che mi doveva un favore, e gli spiegai tutta la storia. Mi rivestii e uscii dalla villa. Le sirene si stavano avvicinando.Scossi la testa. Un altro caso risolto, e nessun onorario. Pazienza. Alzai gli occhi al cielo. Davanti a me, lo striscione appeso al lampione annunciava la vendita alla fiera del bestiame del famoso toro da monta Angiolino degli allevamenti Ferguson.Speravo che Rolata se la sarebbe cavata con poco. In fondo era una brava ragazza, pensai.
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