Era il 4 Aprile 1980, la primavera stava sbocciando ed io attraversavo la mia città in bicicletta. Nello zaino i libri di "latino 2", cose si chiamava l’esame che stavo preparando in quei giorni fatti di esercizi, letture, lezioni. Avevo vent’anni e da quasi due frequentavo l’Università. Ad essere sinceri la frequentavo quando potevo perché dovevo aiutarmi con qualche lavoretto saltuario, visto che i miei non navigavano proprio in buone acque. Per un po’ avevo aiutato mio zio che gestiva una pompa di benzina, poi, d’estate, avevo trovato lavoro come barista in una piscina con annessa discoteca appena fuori paese. Fu le che conobbi Simona: lei ci veniva spesso, sempre in compagnia di ragazzi diversi. Un giorno chiacchierando distrattamente scoprimmo di frequentare la stessa facoltà.Strano, non l’avevo mai notata, eppure eravamo allo stesso anno e …eh se che qualcosa da notare c’era davvero. Simona era una bella biondina dal visetto un po’ imbronciato con un corpo veramente niente male. All’inizio dell’Anno Accademico la cercai più volte nelle aule, senza riuscire atrovarla. Chiesi pure al mio amico Luigi, che conosceva molta più gente di me.- Ah, se quella…. ho capito di chi parli; beh direi che ti conviene lasciar perdere — Perché? — Quella ha altro per la testa… non certo i tipi romantici come te! – disse LuigiFu cose che scoprii che io e Simona, in un certo senso, qualcosa in comune ce l’avevamo:in fatto di rapporti amorosi eravamo fuori dalla media, nel senso che io ero pesantemente indietro e lei fortemente avanti. Lei passava per essere una mangiatrice d’uomini, una vera furia scatenata; io invece, nei miei primi vent’anni non ero andato oltre qualche piccolo flirt, fugaci carezze e toccamenti adolescenziali.Il 3 aprile, dunque, ero appena rientrato a casa. Mia madre mi venne incontro porgendomi un biglietto:- Gino, ti ha chiamato una ragazza; ha lasciato detto se la richiami. – disse mia madre -Ma chi era? – Non so; ha detto che è una tua amica – rispose la mammaGuardai il biglietto: nulla oltre un numero telefonico. Così provai a telefonare.- Ehm, pronto? Sono…. sono Gino – dissi un po’ tentennando- Ciao, Gino! Sono Simona, ti ricordi di me? -Certo che mi ricordavo, ma come aveva fatto a trovare il mio telefono? Non glielo chiesi; poi, più tardi, pensai che forse aveva telefonato alla piscina dove ci eravamo conosciuti….- Senti, la scorsa settimana ti ho visto a Latino 2 e cose oggi ho pensato….. chissà se Gino ha gli appunti delle ultime lezioni da prestarmi?Aveva l’influenza ed era a casa, a letto. Il suo tono mi dava sui nervi, sembrava che stesse parlando ad un bambino…. e poi, cazzo, non l’aveva una amica a cui rompere le palle per gli appunti?Cose il giorno dopo, di mattina, sacrificando la presenza alle lezioni, me ne andai a casa sua a portarle i miei scritti. Simona era ricca di famiglia: i suoi avevano una casa, o meglio un palazzo, proprio in centro. Suo padre faceva l’avvocato, ma aveva anche una attività di commercio all’ingrosso di salumi che la sua famiglia possedeva da più generazioni. Il negozio era al piano terra, al primo piano era l’abitazione e lo studio professionale.Mi venne ad aprire alla porta la domestica filippina, che, dopo avermi ben squadrato con aria interrogativa, mi condusse alla stanza di Simona. Bussai.- Entra pure – disse Simona facendo ciao con la mano da sotto le coperte – Ti stavo aspettando. Allora me li hai portati i tuoi appunti? -Ancora quel tono insopportabile. Mi avvicinai al letto e tirai fuori dallo zaino un quaderno.- Ecco qua. Senti, cerca di ridarmeli velocemente perché mi servono, sono l’unica copia che ho.Mentre parlavo, piuttosto irritato, lei mi guardava con aria furbetta, con un mezzo sorriso che mi fece ancora più incazzare.- Potresti anche ringraziarmi per il disturbo, invece di prendermi per il culo! – le dissi allora- Io pensavo veramente di fare qualcosina di più di un semplice ringraziamento….- mi risposeNel dire questo Simona fece scivolare le lenzuola al bordo del letto. Indossava solo un piccolo corpetto di pizzo bianco ed un paio di calze autoreggenti, anch’esse bordate di pizzo. Il suo corpo era lievemente abbronzato e delicatamente profumato. Le tette, non ne avevo mai viste due cose belle, fuoriuscivano sode dai pizzi: aveva due capezzoli grandi, di un rosa tenuissimo che si distinguevano appena dal colore lievemente più chiaro della sua carnagione. Più in basso la sua morbida patatina occhieggiava sotto ad un impertinente ciuffetto di peli biondi.Rimasi letteralmente a bocca aperta.- Simona,….io ….io! — Insomma, non mi dire che non hai mai visto una donna nuda…. – disse lei allargando le gambe e stropicciandosi la fica con le mani.Io stavo incerto sul da farsi: se scappare o gettarmi su di lei. Devo dire però che cominciava a farsi insistentemente strada una voce che diceva "Ma sei scemo? Vuoi lasciare a qualcun altro tutto questo ben di Dio? Fatti sotto!" Nel frattempo il mio cazzo si stava visibilmente gonfiando. Stavo veramente per gettarmi su Simona, ma lei fu più veloce di me. – Va’ bene, ho capito. Mi tocca fare tutto quanto! – disse cose mentre si metteva in ginocchio sul letto e cominciava a sbottonare i miei jeans. Il mio cazzo era ormai durissimo e spuntava dal bordo degli slip.- Guarda un po’, sei tutto bagnato! – disse Simona con aria di rimprovero. Intanto aveva cominciato a baciare con delicatezza la mia cappella da cui fuoriusciva un tenue filo di sperma.A partire da quella mattina appresi cosa vuol dire fare sesso con una donna: Simona mi condusse alla scoperta del suo corpo e mi insegnò tutta la sua arte scopatoria. Le "lezioni" mi furono impartite nei posti più diversi, oltre che a casa sua: nel cesso di un cinema, dentro il palchetto del teatro dell’opera che la sua famiglia affittava per la stagione, il un’aula vuota all’Università, nella sua casa di campagna.Però c’era un problema; mentre Simona frequentava me, continuava a vedere e naturalmente a scopare diversi altri uomini. Me lo diceva sempre molto francamente.- A me piace divertirmi. A bowling non si gioca mica con un solo birillo!Io un po’ accettavo la cosa, un po’ mi ci incazzavo. Cose una volta, dopo aver fatto l’amore, le chiesi di smetterla di fare la troia e di stare solo con me.- Chi sarebbe la troia!?? – mi disse lei incazzata – Io sono come sono, se ti piace è così, se no puoi andartene a fare in culo! I maschietti come te, che se la spassano con le ragazze come me e si fidanzano poi con le santerelline, io li tengo tutti presi per il collo, anzi per i coglioni! -Dicendo ciò con la mano strinse in effetti le mie palle fino a farmi male; poi aggiunse: – Se voglio io mi prendo due di voi e me li faccio contemporaneamente e all’insaputa uno dell’altro!La cosa era francamente ridicola: cosa voleva fare? Un’orgia a mosca cieca? Simona mi guardò seria, in tono di sfida.- Ascolta allora, brutto segaiolo, ti sfido: se vinci tu potrai pretendere il mio amore in esclusiva ma se vinco io ti farò qualcosa di cui non ti dimenticherai cose facilmente!- disse.Io accettai la sfida: ero troppo innamorato di lei e giudicai che forse lei stessacercava, con questa pazza gara che io giudicavo persa in partenza, di trovare un modo per sfuggire al suo orgoglio, per accettare di essere, dopotutto, anche lei innamorata di me.Dopo alcuni giorni di silenzio Simona mi telefonò.- Vieni stasera a casa mia – disseQuando arrivai, Simona mi portò al piano ammezzato del suo palazzo: entrammo quindi dentro un buio stanzino illuminato con una lampadina fioca. – Ecco vedi qui? – mi disse – questa è la stanza che il nonno di mio nonno aveva attrezzato per tenere la contabilità in "nero" del negozio. E’ quella che in famiglia chiamiamo "la tana dell’evasore". Ecco, tramite due fori che il nonno ha fatto nel muro, puoi osservare quello che succede al piano di sotto, sia nel negozio che nel locale dove una volta era la cassa. Adesso tu stai qui e potrai sentire e vedere chi vincerà o perderà la nostra scommessa…Allungai il collo per guardare i due buchi: nella penombra si vedevano in effetti le due stanze. Hai capito il bisnonno! Quello stronzo aveva fatto i miliardi fregando il fisco agli albori dell’unità d’Italia. Se avesse mai immaginato a cosa servivano oggi i suoi marchingegni….Per un po’ non accadde nulla; poi nel negozio, da una porta lasciata aperta entrò un uomo sulla quarantina. Simona gli si fece incontro.- Sei arrivato finalmente! – disse lei- Ho dovuto raccontare una storia a mia moglie, per venire…cosa c’è?- Come cosa c’è? Ho una gran voglia di scoparti ecco cosa! – rispose SimonaCose dicendo cominciò a sbottonare la patta dell’uomo, gli tirò fuori il cazzo ed iniziò con foga a ciucciarlo.- Si…… si…… voglio scoparti tutta! – cominciò a mugolare lui- Si ma non subito – disse lei staccandosi dal cazzo- mio padre è di là, potrebbe insospettirsi se tardo molto e venire a vedere cosa sto facendo. E cosa gli dico, che sto tirando un pompino? — Allora vai, ma fa presto!Simona si allontanò dal negozio. Dopo un po’ la vidi entrare nella stanza della cassa ….insieme ad un altro uomo. Questo era molto più anziano del primo.- Tesoro – disse lei – dobbiamo stare molto attenti….. in negozio stanno scaricando della merce e papà mi ha chiesto di fare attenzione a che la mettessero nel posto giusto. ….lo sai lui com’è preciso!Anche gli amici di suo padre si faceva! Ero veramente sbigottito. Simona si stava strusciando contro quest’uomo alzando la corta gonna e mostrandogli la fica.- Adesso aspetta amore – disse lei – devo vedere cosa stanno combinando in negozio!Si diresse verso il muro che divideva il vecchio ufficio cassa dal negozio. E…. finalmente capii. I due locali erano separati da uno stretto sportello che non era mai stato eliminato benchè non fosse più in uso da tempo. Simona sollevò lo sportello e si sporse con metà del corpo verso il negozio. Fu allora che le sentii dire:- Ehi, vieni …..il salame mettilo qui!L’uomo sulla quarantina, con il cazzo ancora in bando, si avvicinò titubante a Simona.Lei lo prese, lo maneggiò con una mano per un po’ e poi se lo mise in bocca cominciando a succhiarlo lentamente.L’altra mano di Simona era rimasta nell’ufficio cassa. Con quella prese a sollevare la gonna , fino a scoprire tutto il suo bel culetto e nello stesso tempo fece segno all’amico di papà di avvicinarsi. Questi non se lo fece ripetere: tirò fuori un cazzetto avvizzito che Simona abilmente, lavorando di mano, portò dopo un po’ a dimensioni accettabili, dopo di chè lo introdusse nella fica con sommo godimento dell’anziano. Insomma eccola le con un cazzo nella fica ed un altro in bocca di due tipi che se la stavano facendo l’uno all’insaputa dell’altro! Il primo a venirsene, con qualche gemito di piacere, fu il vecchietto.Simona si staccò dal cazzo che stava ciucciando.- Un momento! – disse ad alta voce e rientrò dallo sportello.- Ti è piaciuto tesoro? – disse al vecchio baciandolo- Se, ma che strano gusto hai in bocca…. – rispose lui- Oh, prima che tu venissi ho mangiato l’aringa affumicata che papà importa dalla Danimarca! Sai, quella che piace tanto anche a te!Con poche parole liquidò il vecchio che si accomiatò uscendo dal retro della casa, poi apre lo sportello:- Vieni qui alla svelta! – disse all’altro uomo- Prima ho sentito qualcuno che si lamentava – disse lui- Se, è papà…. poverino soffre tanto di artrosi!Dicendo cose prese velocemente in bocca il cazzone dell’uomo e con pochi colpi lo fece venire. Con altrettanta rapidità lo cacciò fuori dal negozio facendogli credere che papà stava entrando. Il poveraccio tutto bagnato, uscì di corsa tirando su alla meglio i pantaloni calati.Io aspettavo ormai il momento della verità: avevo perso. Dopo qualche minuto sentii Simona salire, la vidi aprire la porta: in mano aveva un bel bastone nodoso ed un vasetto di crema.- Ora vediamo quanto si allarga il tuo culetto! – disse e aggiunse – e ringrazia che ci metto un po’ di cremina perché non si infierisce sui perdenti…. -Mi preparai al peggio. Simona mi obbligò a tirare giù le braghe: stavo con il culo all’aria in attesa. Chiusi gli occhi.Poco dopo senti il calore della sua lingua che leccava il buchetto del mio sederino e si spingeva oltre a leccarmi le palle ed il cazzo.- Vedi che poi non sono cose cattiva….. – disse guardandomi, mentre continuava con la bocca socchiusa a lavorarmi la punta del glande- Ora voglio che tu mi prenda dove non è entrato ancora nessuno stasera ….. – aggiunseContemporaneamente si sollevò, mostrandomi il buchino del suo bel culetto. Cominciai a leccarlo con avidità, non trascurando la sua dolce patatina che spuntava più sotto. Quando fu morbido ed elastico lo massaggiai con un po’ della crema che Simona aveva portato nella "tana dell’evasore": infine vi immersi profondamente i miei 20 centimetri di nerchia bollente. Simona sussultò con un gemito, poi prese a masturbarsi il clitoride con una mano, mentre io la stantuffavo sempre più velocemente. La sua fica si allagò di umore ed infine, se ne venne beata. Io stantuffai ancora per un po’ poi le scaricai tutto lo sperma di cui il mio cazzo fu capace……Qualche anno dopo questi avvenimenti, quando ormai la nostra storia era finita da un pezzo ed io mi ero già trasferito nella città in cui vivo oggi, sfogliando dal barbiere una rivistina porno, scoprii tra tette esibite e cazzi arrapati la mia Simona, se proprio lei, sempre languida e bella. Una pornostar!- Eh – disse il barbiere che mi conosceva bene – quella le è di una razza diversa, non fa’ mica per un romantico come te!
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