13 Aprile. Era una mattina insolitamente calda per quell’inizio di primavera. Il traffico nella piccola Mantova non si era ancora del tutto risvegliato e nelle strade rari passanti assonnati si affrettavano per il primo caffè della giornata. Per un attimo avevi quasi avuto la tentazione di non indossare le calze. Amavi sentire la brezza dell’aria infilarsi sotto la gonna, il suo vortice leggero che ti accarezzava le gambe arrivando a pizzicare con dolcezza i folti riccioli neri del pube, vogliosi di emergere dallo stretto fazzoletto che portavi di solito. Finalmente un anziano dipendente dello studio era andato in pensione, un vecchio rompiballe ereditato dalla gestione precedente, e così quel giorno, dopo svariati annunci sui giornali locali, avevi fissato alcuni incontri per assumere un nuovo collaboratore. Aria fresca, gente giovane e motivata, ecco cosa ci voleva per lo studio, una bella svecchiata dal torpore in cui fino ad ora si era barcamenato. Le prime a presentarsi quella mattina furono due giovani ragazze, niente di speciale, le solite secchione del tipo so tutto io, quelle che a scuola non sono mai in via di estinzione e di cui si arriva sempre a pensare che nella vita, chissà perché, faranno carriera. Via di corsa, ci mancano solo delle perfette future zitelle, gran muli per carità, ma fantasia zero. 11:13. E la prima metà della mattinata è scivolata via, andata senza aver concluso nulla. Oggi non riesci proprio a concentrarti e il soffio d’aria che entra dalla finestra aperta non serve a mitigare quella calura improvvisa. Cifre, conti, pagamenti, scadenze, tutto si accavalla e ti si confonde davanti agli occhi e tra poco arriverà il prossimo candidato da esaminare. Ci vuole un attimo di pausa e cosi ne approfitti per darti una rinfrescata, mentre ti sistemi i capelli davanti allo specchio ti ritorna in mente la scena di quella mattina. Sei in bagno, con indosso solo quel nuovo mini slip che hai acquistato il giorno prima in centro. Eri rimasta indecisa a lungo ammirandolo più volte fuori dalla quella vetrina luccicante. Indossato da uno di quei manichini perfetti, senza mai un grammo fuori posto, quelli che sembrano messi li apposta solo per eccitare la fantasia degli uomini, più che a render giustizia su come il capo di biancheria intima si adatterebbe sul corpo di una donna normale. Certo non c’era un gran dispendio di stoffa per le tue forme generose, ma era cosi di un carino che non avevi saputo resistere. Di seta color fucsia, con una trama trasparente che lasciava appena intravedere il candore della pelle che risaltava in un fantastico effetto chiaro scuro. Era formato da una sottile striscia di seta lucida che si adagiava nell’incavo nascosto delle gambe, riuscendo a malapena a contenerne le parti più intime, e che poi risalendo sul davanti si apriva armoniosamente assumendo la delicata figura di una rosa appena dischiusa. Quest’ultima era poi unita con due sottili elastici che giravano intorno ai fianchi ad una rosa più piccola, come un delicato bocciolo ancora chiuso, posta proprio al culmine della flessuosa schiena. L’immaginario stelo che da quella se ne dipartiva attraversava poi tutto il solco delle natiche, perfetta separazione di due cosce ben tornite, andando infine a raccordarsi sotto. Protesa in avanti, intenta a rifinire il contorno labbra con un tocco appena più deciso di rosso vermiglio, ti compiaci dell’effetto mentre il tuo sguardo indugia sulla tua figura riflessa nello specchio che hai davanti. Senti il morbido contatto della seta accarezzarti la pelle nuda e ti vedi cosi sexy e desiderabile come non ti eri mai immaginata prima. Tuo marito, mentre finisce di annodarsi la cravatta, ti guarda perplesso attraverso la porta della stanza aperta, scotendo leggermente il capo e farfugliando il solito commento banale “..ma lo sai che sembri proprio una …” fornendo cosi di una forma concreta i suoi pensieri, “….puttana?” ti venne subito da aggiungere, completando la sua frase con una punta di orgoglio, rivolgendogli nel mentre un’occhiata maliziosa attraverso lo specchio. Povero ragazzo, così dolce e ingenuo come tutti gli uomini sposati. Avevate fatto l’amore la sera prima, e anche se non ne avevi troppa voglia avevi accettato passivamente le sue timide avance temendo di offenderlo. Lo sentivi crescere dentro di te, mentre il tuo bacino si protendeva proditoriamente in avanti per meglio accogliere i suoi movimenti. Tutto si svolgeva nella più assoluta mancanza di dialogo, in un silenzio interrotto a tratti solo dal suo ansare sincopato, sembrava quasi che l’atto d’amore che in quel momento vi univa fosse solo una banale formalità da assolvere il più in fretta possibile, e a nulla valevano le tue disperate carezze alla ricerca di una complicità del tutto assente. Si era sbrigato più in fretta del solito, piombando subito dopo in un sonno profondo dal suo lato del letto. Era riuscito a malapena a scaldarti e ora ti lasciava così, con quella voglia risvegliata e insoddisfatta, a masturbarti lentamente, come quando da adolescente avevi scoperto quanto poteva essere piacevole, immersa in un bagno caldo e profumato, lasciarsi andare ad una carezza più profonda di un’altra. Non era mai stato un grande esperto, ma negli ultimi tempi l’ansia e le preoccupazioni per il suo lavoro avevano degradato alquanto le sue prestazioni portandole ad una soglia appena meno che decente, e così avevi riscoperto quel piacere solitario che pensavi ormai sopito da tanto. Era stato un pomeriggio inoltrato che sola in casa, lui e il bambino fuori al parco a giocare, stanca di una giornata di lavoro più stressante del solito avevi deciso di concederti una lunga doccia rilassante. Quante volte hai rivissuto quella scena, quante volte con la mente hai ripercorso quegli incredibili momenti in cui hai riscoperto il gusto di riappropriarti della tua sessualità. Sei con le mani tese verso l’alto ad incontrare dove nasce quel getto caldo, offri tutto il tuo corpo al suo delicato massaggio, mentre ti senti trasportare da un leggero stordimento avvolta in un turbinio di vapore profumato con l’acqua che ti scorre addosso in mille rivoli leggeri. Era stato come se all’improvviso potessi percepire mille mani sfiorarti, frugare in ogni centimetro della tua pelle accarezzandoti dappertutto con il loro tocco lieve, fino a che ad un certo punto era stato inevitabile che anche le tue si unissero in quel amplesso giocoso. Massaggiavi le tue generose mammelle, palpeggiandole, alzandole quasi fino all’altezza del viso per sfiorarle con un leggero bacio, spremendole perfino, fino a tirarne i capezzoli in un misto di dolore e piacere. E cosi con altrettanto ardore scendevi poi lentamente ad accarezzarti il ventre che si contraeva in lunghi singulti di piacere, lasciando le dita scorrere libere tra i folti riccioli neri del pube proteso in avanti. Ora le tue mani si erano fatte più audaci aprendosi con forza la strada verso l’interno della vagina, scostando delicatamente le grandi labbra per meglio stimolare il clitoride con i polpastrelli delle dita uniti. Lo scroscio dell’acqua riusciva a malapena a coprire i tuoi mugolii di piacere, mentre stavi sprofondando in un abisso di libidine di cui avevi perso la memoria. Ora tutto il tuo corpo si muoveva sapiente, memore di un’arte antica, mentre la tua mente sgombra da altri pensieri poteva finalmente inseguire quel desidero di appagamento che non provava ormai più da tempo. Lentamente stavi scivolando sempre di più verso il basso trascinando con te ogni residua forma di inibizione, sentendoti di nuovo solo un essere creato solo per godere. E cosi, con la schiena mollemente abbandonata alla parete e le cosce spalancate ben appoggiate sui talloni sollevati, mentre quel getto caldo continuava a stordirti con il suo delicato massaggio, con le dita di una mano chiuse, come un piccolo bocciolo appena nato, iniziasti a penetrarti dentro via via sempre più freneticamente , continuando con l’altra a masturbarti il clitoride ormai in piena erezione. Al colmo dell’eccitazione, nell’attimo più violento dell’orgasmo, tutt’e due le mani unite si ritrovarono a spingere con forza dentro la vagina, scavando al suo interno come alla ricerca di un estasi senza fine, mentre l’umore del tuo piacere fluiva denso trasportato via dallo scorrere dell’acqua. Da quella volta non avevi più potuto farne a meno e quando le circostanze o l’insoddisfazione lo richiedevano ecco che arrivava quel piacere solitario, gentile come un cavaliere, a placare l’ansia del tuo ardore. “…Chiara,…Chiara…”, la voce della tua collega che ti riportava bruscamente alla realtà ti sorprese per un attimo con gli occhi socchiusi mentre con le mani ti regalavi un abbraccio da sopra il vestito. Il sovrapporsi di tutti quei ricordi ti aveva risvegliato il fuoco dentro e così oltre ai capelli ora avevi dovuto dare una sistema anche al viso, aspergendolo con abbondanti getti di acqua fredda per calmare il rossore che stava montando. In un attimo ti eri liberata della calze, la cui morsa ti era divenuta ormai insopportabile, facendole sparire in una tasca. Finalmente le gambe erano libere di tornare a respirare, assaporando così il leggero tocco umido dell’aria che saliva da sotto. Un’ultima sistema alla gonna e avevi ripreso il tuo posto dietro alla scrivania, giusto un attimo prima che aprendo la porta ti annunciassero l’arrivo del nuovo candidato da esaminare. Avevi percepito il suo ingresso nella stanza preceduto dal suo profumo, con quel bouquet intenso di ambra e muschio, e ora sollevando gli occhi da una pratica gli avevi buttato una prima occhiata di traverso. Era in piedi al centro della stanza , 1,85 circa , capelli neri ed occhi di un intenso verde smeraldo. Il tuo sguardo alzandosi dal foglio aveva iniziato a percorre tutta la sua figura partendo dal basso verso l’alto. Mocassini neri dalla linea moderna, gambe snelle e lunghe, avvolte in un jeans così aderente che metteva maliziosamente in risalto le sue forme decisamente maschili, giacca di velluto blu a coste sottili, una camicia di flanella in tinta, forse già troppo pesante per quel caldo inizio di primavera. Il ragazzo parve accorgersi del tuo sguardo femminile soffermarsi compiaciuto un attimo più del dovuto, e inizio a tormentarsi nervosamente il colletto della camicia. Finalmente i tuoi occhi si alzarono sul suo viso riuscendo a distaccarsi da quella visione di pura virilità. Avrà avuto si e no 25 anni, lineamenti volitivi e sfuggenti, una leggera barba incolta più accentuata sul mento, portava un paio di occhiali con una montatura leggera che gli conferivano un’aria vagamente intellettuale, con un’espressione che si intuiva intensa, ma che in quel momento sembrava decisamente a disagio, preso forse dall’ansia che gli procuravano il colloquio e il tuo sguardo indagatore insieme. Ti ricordava vagamente un attore americano, quello che faceva sempre le parti da bel tenebroso, come si chiamava….il gitano che faceva innamorare quella donna che sapeva preparare quelle deliziose bevande al cioccolato,…Depp…ecco a chi assomigliava ! a Johnny Depp, una perfetta miscela esplosiva delle due cose che ti eccitavano di più la cioccolata e gli uomini tenebrosi. “…Bene, perché non ci accomodiamo un attimo. Sig. …?”, e cosi dicendo ti alzasti dalla scrivania indicandogli una poltrona del tuo salottino, proprio di fronte al divanetto dove ti stavi sistemando. Quel giorno avevi indossato il tuo nuovo tailleur leggero, quello color panna che ti piaceva così tanto, un gentile omaggio a quel primo ed inaspettato caldo primaverile, ma ora la gonna, dopo qualche stravizio di troppo che non avevi ancora smaltito dalle ultime festività, ti stava leggermente stretta tirandoti maledettamente sui fianchi. Mentre l’accompagnavi, nell’atto di sederti, non aveva voluto sentire ragioni e caparbiamente era rimasta in parte sollevata lasciando scoperto più bianco del dovuto delle tue cosce tornite. “…Luca Maltolti….”, disse il ragazzo, accomodandosi in bilico sulla punta della poltrona e deglutendo a fatica di fronte a quella vista sconveniente. Un attimo di imbarazzante silenzio era sceso nella stanza, mentre gli occhi del ragazzo vagavano alla disperata ricerca di qualcosa da fissare, con l’ansia di riuscire cosi a darsi un minimo di contegno, ma si vedeva chiaramente che faceva una fatica del diavolo a distogliere lo sguardo e non poteva poi sperare di portare avanti una conversazione senza guardarti direttamente, la sua posizione di esaminato non glielo consentiva di certo. Dopo vari tentativi non eri riuscita a far scendere di molto la gonna del blazer e la porzione di cosce che rimaneva scoperta era a dir poco molto generosa, per giunta tutte quelle manovre avevano avuto l’effetto di destabilizzare l’equilibrio precario in cui si trovava il nuovo slip ed ora, sotto l’azione congiunta degli elastici che si era tirati fino all’inverosimile, la striscia di seta si era fatta ancora più sottile iniziando ad insinuarsi pericolosamente all’interno delle gambe. Era bastato un attimo e le grandi labbra della vagina avevano delicatamente ceduto aprendosi al contatto morbido della seta, mentre sul tuo viso si accendeva un delicato rossore che si integrava perfettamente con il tono vermiglio delle tue labbra. Ora lo slip si era ridotto ad una dimensione tale che poteva essere assimilata comodamente ad un sottilissimo cordoncino di tessuto che premendo direttamente sulle piccole labbra esercitava un’energica pressione sul clitoride, a dire il vero non troppo disturbato dalla cosa. Sembrava non esserci rimedio a questa situazione paradossale ed ogni possibile movimento in più avrebbe potuto irrimediabilmente pregiudicare il precario equilibrio fino ad allora raggiunto. Toccava a te riprendere il filo del discorso e così cercasti di rimettere a suo agio il ragazzo, “.allora mi racconti un po’ delle sue precedenti esperienze di lavoro…” , ma era evidente che in quel momento di tutto il discorso non riuscivi a percepire nulla e mentre il ragazzo parlava facendo del suo meglio per mettersi in buona luce nella tua testa iniziavano a farsi strada altri pensieri. E cosi dopo un primo momento di smarrimento avevi percepito che la situazione poteva essere sfruttata a tuo vantaggio, “…ma la prego continui pure la cosa mi interessa molto…”, eri o non eri tu il Boss. Il viso del ragazzo si stava facendo sempre più paonazzo, mentre i suoi occhi ti scrutavano ansiosi in un misto di desiderio e paura, si era messo a giocare nervosamente con una penna che aveva tirato fuori dal taschino della giacca facendo scattare freneticamente il pulsante a molla, come se quel movimento potesse servigli a trovare uno sfogo all’evidente gonfiore dei pantaloni che sembravano sul punto di scoppiare da un momento all’altro. Non ti eri mai trovata in una situazione cosi imbarazzante ed eccitante allo stesso tempo, mentre ti sentivi gli occhi del ragazzo frugarti addosso dappertutto con quella voglia repressa che portava stampata in viso, era una cosa nuova che ti dava un’eccitazione da mandarti in estasi. Avevi scoperto che aprendo leggermente le gambe lo slip poteva insinuarsi comodamente ancora più a fondo, aumentando cosi la tua sensazione di piacere e permettendo insieme al ragazzo di dare una sbirciatina più approfondita al tocco di fucsia che risaltava sul candore delle tue cosce. I suoi occhi non riuscivano più a staccarsi dalle tue gambe ipnotizzati da quella scena sconvolgente, mentre ormai le sue parole si erano ridotte a dei deboli farfugliamenti strozzati. Sentivi che aveva bisogno di un incoraggiamento, la sua voce era il tema principale dell’armonia che guidava i tuoi sensi, se si fosse fermata si sarebbe rotto l’incanto, “….allora mi dica,…cosa si aspetta dal lavoro che posso offrirgli…”, tanto bastò a ridestarlo, perché sentendosi colto sul fatto, come un bambino con le mani nel barattolo della marmellata, riprese il discorso con maggior enfasi. “…opportunità…crescita…formazione…”, brandelli di parole che avevi sentito tante volte e che non significavano nulla al contrario della realtà che era una soltanto “..farsi un mazzo cosi…!”, ma in quel momento erano altre le cose su cui eri concentrata. Stavi sperimentando che impercettibili movimenti del bacino avanti ed indietro riuscivano a stimolare meglio il clitoride, che ormai in piena erezione sembrava quasi voler fare concorrenza alla patta dei pantaloni del ragazzo sempre in procinto di scoppiare, o che invece piccoli movimenti rotatori permettevano alla sottile striscia di seta di entrare ed uscire dalla vagina, stimolando cosi contemporaneamente tutto l’apparato genitale. Lo slip incastrato tra le tue cosce era ormai divenuto un delicato strumento di tortura e piacere insieme e il caso, che aveva saputo cosi magistralmente trasformare quella situazione imbarazzante in qualcosa di straordinariamente eccitante, ti riportava alla mente il commento di tuo marito, facendoti sentire veramente una gran porca. La situazione stava ormai precipitando verso un irrefrenabile orgasmo e occorreva trovare in tutta fretta una via d’uscita. Congedare il ragazzo ?…, sul cui viso si potevano ora leggere tutte le sfumature del viola…, non sarebbe stato onesto nei suoi confronti, anche lui aveva recitato un suo ruolo principale. Scappare in bagno ?…. l’orgasmo non avrebbe avuto certo la stessa intensità che viverlo li dove era nato, quando “…e cosi spero che lei…” ecco l’aggancio giusto. “…Assunto…”, la tua voce proruppe in un grido sommesso, mentre alzandoti in piedi di scatto, con la gonna ancora mezza sollevata, stavi avendo l’orgasmo più sconvolgente e violento di tutta la tua vita. Le vostre mani si strinsero per un attimo e quel fugace contatto bastò a prolungare l’estasi del tuo piacere per qualche istante ancora. Ora in piedi con il viso contratto in una smorfia di assoluto godimento e con le gambe tremanti sembravi quasi sul punto di crollare a terra, “…si sente male signora…devo chiamare qualcuno…”, “…no nulla grazie, è un malore passeggero…dev’essere questo primo caldo…”, riuscisti appena a mormorare alla sua offerta di aiuto sedendoti poi di nuovo sul divano e permettendo cosi allo slip si insinuarsi di nuovo imperterrito tra le tue cosce, ormai umide del piacere consumato. Era arrivato il momento di congedare il ragazzo, “..vada, vada pure …e di nuovo congratulazioni, l’aspettiamo domani per il suo primo giorno di lavoro…”. e cosi dicendo, mentre lo sentivi uscire e richiudersi la porta alle spalle con un evidente imbarazzo dipinto in volto, ti raggiunse una nuova e più violenta ondata di piacere che ti costrinse ad inginocchiarti sul pavimento appoggiando il bacino sui talloni sollevati, facendoti serrare forte la vita con tutti e due le braccia unite. Rimanesti cosi a lungo, dolcemente abbandonata e sconvolta da quello che eri riuscita a provare, per fortuna nessuno dei tuoi collaboratori si era accorto di nulla e del ragazzo non c’era paura di dubitare che avrebbe tenuto la cosa per se, magari arrivando perfino a pensare di essersi immaginato tutto, ma avevi già in mente, che se il caso avesse voluto e le circostanze permesso, saresti stata direttamente tu a risvegliargli con calma qualche idea in merito. L’ora di pranzo era ormai arrivata e un sano appetito, come non provavi da tempo, si era risvegliato d’incanto. La giornata si era poi protratta più del solito, e dopo quell’intermezzo gustoso, la tua concentrazione era ritorna d’incanto a dei livelli impensabili, cosi avevi sbrigato parecchie pratiche prima di staccare la spina. Quella sera a casa tuo marito aveva preparato la cena, che caro ragazzo, e mentre ti raccontava dei suoi problemi di lavoro ti osservava in un modo strano, come se sul tuo viso brillasse una luce nuova. “..Allora hai trovato quel nuovo collaboratore che cercavi…”, buttò li mentre ti passava il pane, “…si è un ragazzo giovane…molto dotato…un po’ timido,…ma credo che con il tempo si farà…si farà molto bene!”, replicasti pronta, con un sorriso malizioso più smagliante del solito alla sua domanda,….povero caro.
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