La giornata era stata di quelle generalmente positive, senza grossi problemi, ero quindi di buonumore tanto che in ascensore mentre rientravo in casa mi ero ritrovata a canticchiare una canzone che mi ronzava in testa dalla mattina.Appena varcata la soglia del mio appartamento invece il mio umore cambiò improvvisamente, la spia della segreteria lampeggiava, e sinceramente dall’avvento dei cellulari non è che trovassi poi tanti messaggi al mio rientro, solo lui, solo il mio padrone continuava saltuariamente a lasciare ordini con questo sistema.Ero sicura che era lui, ma mi mancava il coraggio di ascoltarlo, avevo programmato una serata tranquilla in casa, dedicandomi solo a me stessa.Il ronzio del nastro introduceva la sua voce, come avevo immaginato: “vieni alle 21 a casa mia, vestiti da troia come piace a me, un’altra cosa, ci sarà anche un mio amico, vuole conoscerti, ti aspetto”.La solita agitazione prese il posto del buonumore e in pochi minuti mi ritrovai a preparami eccitata e spaventata, era la prima volta che venivo invitata a casa sua con intenti “particolari” e alla presenza di una terza persona.Alle nove esatte ero al cancello della sua villetta, Eugenio abitava in centro ma in un complesso leggermente isolato dalle altre palazzine, dal garage si poteva accedere direttamente all’interno della casa, e questo mi dava la possibilità di sistemare gli ultimi dettagli dell’abbigliamento, coglievo di solito l’occasione per sfilare le mutandine e mettere il collare di cuoio sicura che nessuno potesse più vedermi.Conoscevo ormai perfettamente i gusti di Eugenio sull’abbigliamento: gonna a portafoglio, camicia di seta, scarpe col tacco e intimo studiato nel dettaglio, calze e reggicalze a contrasto con reggiseno e eventuale perizoma, colori forti sgargianti, volgari.Mi attendeva sulla porta con un caldo sorriso, era ancora fortunatamente solo.Un bacio, due chiacchere sulla giornata lavorativa, controllo dell’abbigliamento e subito su due piedi la rivelazione: “viene a cena quel professore di cui ti parlavo, Alberto è un uomo coltissimo, intrigante carismatico, e poi lo sai quanto lo stimo, voglio stupirlo devi essere brava”.Come faceva a sapere di noi? Dei nostri giochi, della mia sottomissione? Non osai chiedere altro, stava già salendo le scale.Eugenio lo aspettava sulla porta con il bicchiere in mano ed un sorriso eccessivo stampato in faccia, io ero seduta sul divano fumavo distrattamente cercando di celare la curiosità e l’agitazione.Era veramente un bellissimo uomo, 10/15 anni più dei nostri, capelli e barba folti sale e pepe, bel vestito, chic informale.Entrò e mi venne subito incontro senza sorridere: “Ciao Lorenza, Eugenio mi ha confidato di essere come me, un Master, un uomo che pretende dalla sua donna la devozione totale, il suo errore però è stato parlare di te come di una schiava portata, una Geisha, da qui la mia richiesta senza scrupoli di incontrarti, sei pronta? Sai già quanto sono odioso, severo, esigente? spero te ne abbia parlato”.No, non lo sapevo, quel vigliacco di Eugenio non mi aveva parlato di lui se non dell’aspetto professionale.Avevo notato il suo darmi del tu spontaneamente e sapevo perfettamente che non mi era permesso altrettanto quindi abbassando lo sguardo cercai di rispondere:“Mi scusi professore, ma non ero stata avvisata di questo incontro, ed il mio padrone non mi aveva mai presentato nessun altro master, perdoni quindi la mia insicurezza, ma questa è per me una novità”.“Non preoccuparti, lasciati guidare, se è vero quello che mi ha detto Eugenio, sarà anche per te una piacevole esperienza”.Non era certo riuscito a tranquillizzarmi, anzi la sua sfrontatagine mi imbarazzava, ma era soprattutto Eugenio ad essere nervoso, si capiva che subiva la sua presenza e leggevo nei suoi occhi l’imbarazzo nei miei riguardi.La nostra non era un’avventura era una storia d’amore, erano più di due anni che stavamo insieme, e non avrei mai immaginato che avesse il coraggio di farmi una cosa simile senza parlarmene, la mia completa sottomissione riguardava solo la sfera sessuale, nella vita normale eravamo molto leali l’uno verso l’altra.La cena si concluse comunque in armonia, ero intervenuta pochissimo, solo per rispondere a qualche domanda, non era nel mio carattere ma non ero dell’umore giusto e comunque non riuscivo a rilassarmi, neanche il vino mi stava aiutando.Ad un tratto Alberto si alzò, di scatto, venne dietro di me allungò una mano verso i miei capelli, ma non erano quelli a interessargli infilò un dito all’interno del collare e si rivolse verso Eugenio: “è largo, deve essere più stretto, non dirmi che glielo lasci così comodo?”“di solito non controllo, fai quello che credi”.Che vigliacco! Non era vero, era sempre lui ad allacciarlo a quel buco, era stato un suo acquisto, un collare bellissimo di pelle nera finemente intrecciata con un grosso anello cromato sul davanti, niente di volgare, un oggetto esteticamente bello.Purtroppo, per il professore, era solo un mezzo di costrizione ed infatti si preoccupò subito di stringerlo, fece in modo di farmi male, di aggravare la mia agitazione, lo detestavo, evitavo di guardarlo, non per rispetto ma perché temevo che trasparisse il mio astio.Agganciò l’indice all’anello centrale e mi sollevò di peso, era forte e determinato non mi diede la possibilità di scegliere, mi alzai in piedi e rimasi a testa bassa davanti a lui: “non sei il mio tipo, non penso che ti scoperò, ti userò solo per divertirmi, spogliati, non completamente lascia l’intimo, inginocchiati sul tappeto con la testa sul divano e le braccia dietro la schiena, non fiatare, non muoverti se non ti viene ordinato”.Eseguii il comando alla lettera, ma di intimo indossavo ben poco, quindi rimasi a terra a pecorina con le chiappe ben sollevate e nude, non dovetti attendere molto per i commenti di Alberto: “ha un bel culo, la depili tu, o lo fa da sola? Com’è il buco comodo? Te l’avevo detto che è un mio debole, mi piacciono le schiave col culo sfondato”. Si rivolgeva chiaramente solo ad Eugenio, io ero li solo in mostra, venivo considerata un oggetto privo di reazioni umane, e decisi di adeguarmi, mi sforzai di non dare peso a quelle dichiarazioni, espresse più per provocare una mia reazione che per altro.Eugenio rimaneva sulle sue, era ancora seduto al tavolo mentre il professore aveva preso posto sul divano poco distante da me, fumava guardando insistentemente verso di me, sentivo i suoi occhi che mi attraversavano pesanti come due macigni.Dalla mia posizione vedevo ben poco, ma gli altri sensi erano tutti più acuti ed infatti non mi sfuggì il rumore della cinta di Alberto che scorreva attraverso i passanti, si stava sfilando la cintura, sapevo già cosa sarebbe accaduto da li a poco ed infatti un istante dopo cominciò a colpirmi sulle natiche, forte sempre più forte, soffocavo i lamenti nel cuscino per non dargli soddisfazione ma durai solo qualche secondo, era veramente impossibile non urlare, Eugenio mi frustava spesso, anche forte ma senza lasciarmi mai segni permanenti, ero sicura che questa volta sarebbe stato diverso, le zone colpite mi bruciavano da morire ma contemporaneamente mi stavo bagnando in maniera incontrollabile, trattenevo il respiro in attesa del colpo successivo sollevando però le natiche verso l’alto.Eugenio si alzò, si avvicinò per godersi lo spettacolo, era la prima volta che vedeva la sua donna frustata da un’altra mano, e forse ne traeva un godimento maggiore.Il mio aguzzino si rivolse a lui chiedendo se ero mai stata battuta duramente e che resistenza avevo, Eugenio rispose distrattamente: “sei libero di fare quello che vuoi, regolati in base ai tuoi gusti, non mi sembra che stia soffrendo troppo da come tiene alto il culo”.Che stronzo, non mi sembrava possibile che fosse proprio lui a parlare così, decisi di vendicarmi di lui, del mio uomo, mi sarei lasciata andare nelle mani del professore lasciandogli tutte le possibilità.“Lorenza, ascoltami bene, contrariamente alla mia etica, non ti darò la possibilità di smettere quando vuoi attraverso un codice, o una parola, Eugenio mi ha lasciato carta bianca e sono deciso a continuare, sono un appassionato di bondage giapponese, ho portato le mie corde, sono di canapa, ruvide e rigide, alzati in piedi senza fiatare, allarga le gambe e lasciati fare”.Dopo circa un quarto d’ora il mio corpo si presentava attraversato da un disegno fittissimo di corde, come una grande carta geografica attraversata da linee pesanti color ecrù, erano strette, collegate tra loro, tiravano sempre di più ad ogni movimento togliendomi il respiro, era come un forte abbraccio, un amante che ti tiene stretta in una morsa, la corda passava anche in mezzo alle piccole labbra, interrota da due nodi, uno grande sul clitoride ed uno più piccolo sull’ano, veramente insopportabile procurava un continuo dolore e piacere senza mai farti raggiungere l’apice dell’orgasmo, Il capo della fune venne fissato alla trave centrale del salone in modo che potessi restare appena sulle punte dei piedi, di solito quando venivo legata così non portavo le scarpe e le braccia erano legate in alto, era sicuramente più facile rimanere stabili ma così con le braccia legate dietro la schiena e le scarpe col tacco, perdevo continuamente di stabilità irritando il professore.Subii ancora per un tempo che mi sembrò interminabile, delle sferzate potenti, precise, mirate, poi la corda fissata al soffitto venne allentata e riuscii finalmente a mettermi sulle ginocchia ritrovando un filo di fiato, alcune lacrime bagnavano le mie guance ed anche l’interno delle cosce era bagnato ma di altri umori… Alberto appoggiò la cinta sul divano, si abbassò accanto a me e slegate le corde che coprivano i genitali, comincio a stringere tra l’indice ed il pollice il mio clitoride gonfio, raggiunsi immediatamente l’orgasmo perdendo anche qualche goccia di pipì, continuò a masturbarmi infilando due dita nella mia figa, ed ecco il commento che stavo aspettando: “Avevi ragione Eugenio, ha la figa bagnatissima, le piace si è eccitata con la frusta, è proprio una troia”, poi si rivolse a me duramente sollevandomi la testa per i capelli: “ti piace? Ti piace farti frustare dagli sconosciuti? Non hai pudore a mostrarti così puttana? Possibile? Ho avuto molte schiave ma poche di loro subivano sinceramente, molte fingevano e si sottomettevano solo per non perdermi, ma evidentemente erano donne serie con una morale, non cagne in calore come te, che fai comunque la sostenuta, la professionista seria, mi disgusti! Se non fosse presente il tuo uomo ti farei supplicare pietà” .Mentre parlava continuava a masturbarmi, passando le dita dalla figa al buco del culo, all’inizio due, poi tre e sempre più in fondo, ogni tanto allargava le dita in modo da dilatarmi l’ano, fino a quando non mi sentì gemere di piacere, a quel punto si alzò si slacciò la patta e sfoderò un grosso pene eretto, era circonciso, la cappella rosso scuro umida di umori, me lo infilò in bocca arrivandomi in gola: “ingoialo schiava, fino in fondo, spompinami per bene, con calma, tanto non ti regalerò nessuna sborrata, per ora non la meriti, ci vuole ben altro per farmi godere e poi te l’ho già detto, non sei il mio tipo, vai bene solo per essere maltrattata, schiavizzata, Eugenio, voglio rivederla, a casa mia stavolta, sono più attrezzato voglio dedicarle qualche ora pesante”.Si alzò senza attendere nessuna risposta, la sua era un’affermazione, sapeva che Eugenio non gli avrebbe negato niente, si ricompose, e rivolgendosi al suo amico si congedò: “Vi lascio, fottila ne ha bisogno, ci vediamo venerdì sera a casa mia”.Non una parola per me, neanche uno sguardo, l’odio che provavo per lui era al colmo, ma non potevo nascondere che quell’uomo mi piaceva, mi umiliava il suo rifiuto nei miei confronti, avrei voluto che si perdesse nella mia bocca o magari che mi scopasse ma aveva apertamente mostrato disprezzo nei miei confronti e questo mi feriva mortalmente.Non ebbi molto tempo per riflettere su quella personalità, mi aveva raggiunto Eugenio che baciandomi sulla bocca percorreva ogni centimetro di pelle libera dalle corde con una carezza continua, mi sussurrava parole all’orecchio: “sei stupenda, se potessi ti lascerei per sempre così, legata, esposta, disponibile, ma ho voglia di scoparti e mi sembra che anche tu non resisti più”.
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