Due giorni, erano passati appena due giorni ed era già arrivato il fatidico venerdì.Presi il pomeriggio libero, ero troppo agitata per concentrarmi sul lavoro e poi avevo bisogno di tempo per prepararmi a dovere.Alberto mi irritava ma avevo comunque pensato a lui continuamente nei giorni trascorsi dal nostro primo incontro, mi ossessionava il suo rifiuto, il suo disprezzo, cercavo di architettare un piano concreto per cambiare la sua opinione nei miei confronti ma le sue erano state parole chiare: “non sei il mio tipo…” ed era veramente difficile trasformarsi nel “tipo” che non si è.Non sarebbe certo bastato cambiare look o atteggiamento, ripassavo mentalmente tutti i miei propositi con la convinzione interiore di sprecare solo energie.Passai gran parte del pomeriggio a fare le solite cose che fanno le donne quando hanno un appuntamento con un uomo, bagno, depilazione, trucco e scelta dell’abbigliamento.Avevo già deciso che a casa del professore ci sarei andata da sola, ad Eugenio avevo detto di aspettarmi lì, avevo anche deciso che mi sarei vestita a mio gusto, senza assecondare le manie del mio uomo, quindi decisi per un completo nero, gonna e giacca, camicia in seta bianca e calze a guepiere bianche, intimo in voille nero minimalista e le solite scarpe nere coi tacchi, nessun gioiello.Arrivai a casa di Alberto con una manciata di minuti di anticipo, parcheggiai e occupai il tempo che rimaneva per il controllo finale del trucco e dei capelli, vidi dallo specchietto che Eugenio era già arrivato, la sua auto era parcheggiata poco dietro la mia, chissà di cosa stavano parlando, forse stavano accordandosi per i limiti, o forse nessuno dei due aveva intenzione di prestabilirli.Scesi, cercavo di trovare il giusto controllo, mi ripetevo continuamente di stare calma, di rilassarmi, d’altronde nessuno mi obbligava veramente, ero io che volevo incontrarlo, mi avevano lanciato una sfida e non intendevo tirarmi indietro, forse sarei anche riuscita a far perdere al professore quel suo odioso autocontrollo.Salendo le scale trovai una domestica ad attendermi sulla porta, cazzo, anche un’estranea in casa, speriamo che se ne vada subito dopo cena, ma avendo già inquadrato Alberto, ero sicura che avesse una colf.Seria, senza guardarmi in faccia mi accompagnò nel soggiorno: “I signori sono nello studio del professore, vado ad avvisarli, intanto si accomodi pure”. Il classico ambiente maschile, divani e poltrone di cuoio scuro, libreria a vetri in stile e tappeti orientali, in un angolo, un tavolo tondo apparecchiato per due, perché per due? Era chiaro che il posto mancante era il mio, che bastardo, ero eccitata da morire ma il mio amor proprio si ribellava ad un trattamento del genere, ed Eugenio? Che parte aveva Eugenio, quella del muto testimone o aveva voce in capitolo? Ero la sua donna, possibile che non prendesse le mie parti neanche un poco? Era comunque il professore ad interessarmi, avrei analizzato il comportamento di Eugenio in un’altra occasione.Eccoli, entrarono chiaccherando e ridendo ma il loro atteggiamento aveva qualcosa di falsato, si vedeva benissimo che non erano amici, che la loro cordialità reciproca era dettata solo dalle circostanze.Eugenio si avvicinò baciandomi sulla guancia, perché non sulla bocca come avveniva da due anni a questa parte? Era strano, freddo, anzioso: “Ti sei vestita da educatrice inglese?” Ero sicura che non avrebbe approvato il mio look, ma l’avevo fatto apposta, per fargli capire che non mi ero vestita per lui.Il professore mi salutò baciandomi la mano; “ben arrivata Lorenza, spero che tu non abbia fame, sei stata invitata per ben altro”.- “Non si preoccupi professore, sono troppo agitata per mangiare”- “Non sono affatto preoccupato”- “Meglio così, non vorrei mai essere un pensiero per lei”- “Non lo sei!”Dopo quest’ultima odiosa affermazione, mi prese per il braccio e mi spinse nell’angolo opposto del soggiorno, estrasse dalla tasca della giacca, una coppia di manette: “spogliati, come l’altra volta tieni solo l’intimo, inginocchiati, la testa verso il muro, le natiche aperte ed esposte, non fiatare, non ti è permesso” Mi assicurò i polsi con le manette ad un elemento del calorifero, e si allontanò lasciandomi inginocchiata ed esposta vergognosamente.La rabbia, la vergogna mi stringevano lo stomaco in una morsa micidiale, che stronzo, e della peggior specie, inoltre, da dove ero posizionata non vedevo più niente se non un angolo di muro insignificante, ma le voci, i rumori mi arrivavano distintissime, li sentivo mentre si accomodavano al tavolo per la cena, sentii anche la domestica che trafficava con le stoviglie e le varie portate, che angoscia, pensavo continuamente a cosa potesse pensare di me quella donna, ma forse era abituata a scene simili, notai infatti che il tubo metallico a cui era fissata la catena delle manette, aveva lo smalto scrostato in vari punti, quindi non ero ne la prima ne l’ultima che subiva quel trattamento… una delle tante, ecco come mi sarei definita in quel momento.Come immaginavo la cena durò pochissimo, i due uomini avevano conversato di vari argomenti ma quello che li animò di più, fu la descrizione da parte di Alberto del suo dungeon, spiegò ad Eugenio quanto tempo ci aveva impiegato ad organizzarlo, dove aveva comprato l’attrezzatura e quanto fosse fiero di se stesso, Eugenio, non faceva che stupirsi e chiedere dettagli, che cretino, era un uomo intelligentissimo che si abbassava a gratificare un esaltato come Alberto, ma dove era finita tutta la sua ironia e il suo senso critico? Che strano, ero irritata per l’atteggiamento di Alberto e non ero affatto preoccupata della presenza, in quella casa estranea, di una “prigione sadomaso”, quanto tempo sarebbe passato ancora, prima di vederla?Si alzarono da tavola e si accomodarono a fumare nelle poltrone proprio dietro me, ecco, due spettatori attenti per quello spettacolo riprovevole, ma come l’altra volta decisi di lasciarmi andare a dimostrazione della mia superiorità, non mi avrebbero certo sentito lamentare o piagnucolare, almeno fino a quando non fosse stato il dolore a prendere il sopravvento.Accucciata in quel modo umiliante, ascoltai i loro commenti osceni, era soprattutto Eugenio a sottolineare le mie qualità e i miei difetti, il professore si limitava a qualche battuta ogni tanto, ma sentivo il suo sguardo penetrarmi oscenamente.La conversazione scemò all’improvviso, sentii Alberto alzarsi e venire proprio dietro le mie spalle: “Lorenza ascolta attentamente, tu sai perché sei qui, tra poco inizierà la nostra avventura… ti condurrò nel mio salottino privato, avrai sentito sicuramente i discorsi di prima, ma forse non sai ancora una cosa, il tuo padrone non sarà presente, sta per lasciarci, siamo d’accordo che questa sarà la mia e la tua serata, quindi se è vero che sei devota ad Eugenio come sostieni, sappi che lui ti ha prestata completamente a me, stasera sarò io il tuo padrone ed ubbidire a me, sarà come ubbidire indirettamente a lui” .Silenzio, silenzio di tomba, a parte il martellare del mio battito cardiaco, forse erano in attesa di un mio commento, ma perché sprecare energie? Era già stato tutto pianificato, ecco perché Eugenio non mi aveva baciato sulla bocca, non ero sua quella sera! Udii rumori e movimenti vari poi Alberto accompagnò alla porta Eugenio congedandolo cordialmente, e lui uscì senza neanche salutarmi, l’avrebbe pagata, l’avrebbe pagata cara, forse a peso d’oro.Il professore tornò, mi liberò dalle manette e mi aiutò ad alzarmi: “Stasera sei particolarmente bella, quel senso di angoscia dipinta sul tuo volto mi fa impazzire, stai tranquilla non ti succederà niente che non ti faccia bagnare”. Ero già bagnata, da prima, da quando mi aveva ammanettato, sentivo il perizoma appiccicato alla pelle leggermente arrossata dalla recente depilazione, se ne sarebbe accorto anche lui molto presto.Mi spinse verso il corridoio, una porta pannellata con decorazioni in stile, introduceva in quel suo famoso daungeon, l’ambiente era comunque piacevole e rilassante, al centro della stanza si trovava un lettino imbottito e rivestito di cuoio scuro, lungo la parete di destra si trovava un mobile a vetri che conteneva vari oggetti, alcuni familiari tipo vibratori e cunei di lattice altri di strana fattura, dall’uso assolutamente sconosciuto per me, cominciai a tremare, mi ero cacciata in un’avventura pericolosa, ne ero certa.Alberto sembrava calmo, sorrideva fissandomi ironico.- “Sei agitata? Hai paura?- “Si, la prego professore…- “Stai tranquilla, come prima volta, ho in mente di lavorare solo su un certo tipo di addestramento, è una tecnica orientale, importante per il controllo dello sfintere anale. Ho avuto l’impressione che il tuo padrone non sia molto esigente su questo argomento”. – “Non è colpa sua, a lui piacerebbe, sono io che sono refrattaria a tutte le pratiche anali”.- ” Bene, molto bene, perché qui tu non potrai essere refrattaria a niente, e questa sera lavoreremo sodo sulle tue paure”.Prese una corda di canapa che teneva arrotolata a portata di mano, mi fece inginocchiare su un tavolo basso di fattura etnica, e prese a legarmi strettamente, le corde passavano su tutto il corpo togliendomi il respiro, poi fece alcuni giri in modo da stringere le cosce contro i polpacci e mi ritrovai prestissimo accovacciata con la faccia verso il piano del tavolo e le natiche esposte verso di lui.Mentre lavorava concentrato sui nodi, mi parlava lentamente in modo suadente:- “Ti avevo già detto di essere un appassionato di bondage giapponese vero? Veramente adoro tutte le pratiche di sottomissione e disciplina orientali e questa, è una tra le più raffinate”.Era chiaro che non si aspettava nessuna risposta da me ed infatti rimasi in silenzio cercando di mantenere il controllo anche se ero eccitatissima e sentivo la mia figa bagnarsi sempre più, Eugenio non era mai riuscito a controllare la sua eccitazione durante le nostre pratiche, questa nuova atmosfera mi stava facendo impazzire. Lo sentii trafficare con la sua attrezzatura, senza fretta, gratificato del suo potere.- “Sei una splendida donna, se non fossi così ambiziosa, se riuscissi a tenere basso lo sguardo sempre, saresti il mio ideale, ma in fondo è questo che mi attira di più, distruggere il tuo orgoglio, e questa è la pratica più adatta, vediamo quanto tempo riesci a trattenere un clistere di glicerina calda”.Senza smettere di spiegarmi bene tutte le sue mosse,introdusse una cannula sotile nel mio retto e cominciai a sentire il caldo liquido che si espandeva nelle mie viscere, cercavo di contrarre la muscolatura sperando di non emettere rumori imbarazzanti ma scoprii presto che il fastidio così diventava dolore, provai quindi a rilassarmi ma cominciavo ad avere crampi forti ed insistenti:- “Non resisto più, la prego mi consenta di andarmi a svuotare”- “Andarti a svuotare dove? Non penserai di alzarti da qui così presto vero? Il gioco è proprio questo, continue introduzioni di liquido e svuotamento solo al mio comando, rimanendo in posizione, così piegata non riuscirai a controllare niente mia dolce Lorenza, ad ogni fuoriuscita non autorizzata, riceverai cinque frustate, vediamo chi si stanca prima”.Era chiaro, trattenersi non serviva a niente, lui voleva umiliarmi e punirmi, non avevo più alcun potere e forse, a questo punto non ne volevo.Il gioco continuò per parecchio tempo, ogni introduzione sostituiva la cannula con una più grande, ogni tanto mi autorizzava a liberarmi posizionando sotto le mie natiche esposte, un contenitore di ceramica finemente decorato, ricevetti per tre o quattro volte le cinque frustate punitive che mi aveva promesso, non riuscivo a trattenere la glicerina, anche perché continuava a introdurre e togliere il beccuccio ritmicamente dopo ogni clistere, ero sfinita, sudata ma soprattutto eccitata. Speravo che anche la sua eccitazione fosse diventata incontrollabile, chissà forse avrebbe deciso di scoparmi questa volta.- “Professore” dissi con un filo di voce “penso di essere più pulita di bicchiere di cristallo”- “Cara mia, dobbiamo ancora sperimentare insieme, il clistere punitivo,questi erano solo di pulizia, tra poco ti riempirò l’intestino con due litri di liquido tiepido, stai calma, a parte la cannula, che sarà di dimensioni significative sia in lunghezza che di diametro,diciamo che è più una sonda intestinale che un beccuccio, il liquido, a questa temperatura è facilmente trattenibile e comunque ti aiuterò con l’inserimento nel tuo bel culetto di un cuneo che fungerà da tappo”.- “La prego, mi dia il tempo di riprendermi, lo faccia dopo avermi slegato”- “Stai scherzando, il bello viene adesso, adoro le donne altezzose come te che strisciano supplicando perdono, ed ancora non ti ho sentito supplicare”.- “Rilassati dolcezza, ecco la punizione che aspettavi, e non dirmi che non vedi l’ora, la tua figa sta colando vergognosamente, forza, un bel colpo di tosse, un bel respiro e…”Il dolore era lancinante, stava cercando di infilarmi con forza una lunga sonda di gomma, nonostante la lubrificazione il mio ano faceva resistenza, lo sentii più volte imprecare, infine arrivò il colpo secco che aspettavo, un urlo mi uscì dal cuore, provai la sensazione di essere impalata, violata, la pancia si stava gonfiando a vista d’occhio e le corde stringevano maledettamente, una sensazione assoluta, non avevo mai provato nulla di simile, fece il giro del tavolo venne davanti a me, si accucciò alla mia altezza guardandomi negli occhi:- “Allora Lorenza cosa si prova ad essere in balia delle proprie perversioni?”- “Pensavo di essere in balia delle sue di perversioni professore”- “Dai tuoi umori non si direbbe, e comunque la tua irriverenza non mi pare ti stia aiutando, o forse stai puntando al rialzo? Io non ho problemi ad andare oltre, sei tu che mi sembri in difficoltà”.- “Come immaginavo il tuo uomo si vanta tanto ma non ti aveva mai allargato a dovere il culo, a pensare che in un rapporto di dominazione è la prima cosa da fare, tutte le schiave devono averlo ben allenato.Cominciai a piangere, non mi vergognavo più, stavo male, e cominciai a supplicare, cominciò a slegarmi lentamente tenendomi al corrente del livello di liquido che mancava, un litro, mezzo litro…- “Ecco è finita, adesso tolgo la cannula, trattieni il respiro, ora ti infilo il tappo e potrai alzarti”Se possibile, il cuneo fu la prova più dura della serata, dovetti aiutarlo spingendo il più possibile per farlo entrare tutto, quando finalmente mi alzai ebbi un capogiro, forse la debolezza stava facendo la sua parte, mi aiutò, mi fece sedere sul tavolo basso e cominciò a masturbarmi con un fallo nella figa, l’orgasmo che provai fu esplosivo, credetti addirittura di aver perso i sensi, fu un’esperienza sublime, poi mi infilo il cazzo eretto e bagnato in bocca, continuò a farsi spompinare nonostante i crampi mi impedissero di stare dritta, durò poco per fortuna, venne quasi subito, mi costrinse ad ingoiare strattonandomi per i capelli, poi mi lasciò correre in bagno.Quando uscii lo trovai sulla porta con i miei vestiti in mano:- “Vestiti, puoi andare, sei stata brava nonostante tutto ma non illuderti, continuerò a servirmi di te e, ho il permesso di Eugenio di invitarti quando voglio”.
Aggiungi ai Preferiti