Ho capito che è proprio ora di rifarmi un po’ di guardaroba e, sia pure controvoglia perché è una cosa che odio, vado a cercare nelle vetrine qualcosa che possa andar bene senza mandarmi in rovina. Dopo un paio d’ore di vetrine e chilometri di strada mi rendo conto che o vado in giro nudo o vado in rovina. Sono nello sconforto più profondo quando vedo un cartello sovrastare un piccolo negozio di abbigliamento maschile: “DISCOUNT UOMO”. Va beh, magari hanno stracci ma tant’è provare, ormai non ho tante alternative, così entro perché in vetrina c’è poco o niente da vedere. Il negozio è piccolo ma non c’è proprio nessuno, non capisco; faccio per andarmene ma prima tento un timido: “Ma c’è qualcuno?”. Una voce proveniente da dietro una porticina mi dice: “Un attimo, arrivo”; dopo poco la porta si apre e ne esce una donna sui trenta-trentacinque anni, non appariscente ma ben messa, con un panino in mano e un bicchiere nell’altra. “Guardi che siamo in orario di chiusura, non ha visto il cartello sulla porta?” mi dice comunque con cortesia. “Oh, mi scusi” rispondo, dando un’occhiata all’orologio (sono quasi le 13.30), “è tanto che giro senza trovar nulla che non mi sono accorto dell’ora, la lascio al suo pranzo” e faccio per uscire. O la mia dichiarazione la muove a compassione o l’attaccamento al lavoro la inducono però a fermarmi: “No, aspetti, ormai è qui, e poi questo panino non mi va né su né giu, resti pure”. La sua disponibilità mi spinge ad un gesto carino perché, dato uno sguardo al cartello degli orari e visto che la riapertura è alle 16.30 le propongo: “Senta, non voglio sentirmi responsabile della sua morte per inedia, mi permetta di offrirle qualcosa di mangiabile e poi torniamo qui per vedere se trovo qualcosa che mi vada bene.”. Ride per la battutina e mostra una dentatura da reclame di dentifricio per quanto ha i denti bianchi e regolari; il sorriso poi le arriccia qualche inizio di ruga ai lati degli occhi che, pur denotandone l’età, le giovano perché le conferiscono un aspetto accattivante e simpatico. “Va bene, se è per rassicurarla sulla mia sorte, accetto, andiamo!”. Usciamo e troviamo nelle vicinanze un ristorantino tipico, semplice ma curato e ci rifocilliamo con un pasto leggero annaffiato da un buon bianchetto frizzantino servito alla giusta temperatura. Mangiando parliamo del più e del meno e così vengo a sapere che è poco che ha iniziato quest’attività che ha intrapreso più per fare qualcosa che per necessità: il marito è uno di quelli che si butta sul lavoro anima e corpo e la trascura in tutto e per tutto; praticamente vivono insieme ma non si vedono quasi mai e quando si vedono lui non fa che parlarle dei suoi obiettivi e dei suoi progetti. L’ascolto volentieri perché ha una bella voce ed è molto aggraziata nell’esposizione; quando è il caso interloquisco per esprimere qualche giudizio o per chiedere qualche particolare. Arrivati al caffè so tutto di lei e lei niente di me, così mi chiede: “E lei?, anche lei è un arrampicatore sociale?, mi dica qualcosa di se, adesso.” Con fare annoiato rispondo: “Mah, guardi, si fa molto presto, la mia vita è molto banale e bastano poche parole per descriverla: sono sposato, ho due figli e, al contrario di suo marito, come scatta l’orario di fine lavoro, torno a casa e riesco l’indomani mattina; vede, molto banale e monotono, forse un po’ troppo monotono, ma che ci vuol fare!” . “Eh, è sempre così, non abbiamo mai quello che vorremmo, mah!; a proposito, torniamo al negozio, vediamo se almeno riesce a trovare quello che cercava!”. Rientrati mi fa: “Senta, se non ha niente in contrario abbasso la serranda, se no entra qualcun altro come lei che non vede l’orario di apertura e sinceramente non mi va di tirare tutto il giorno senza interruzione!”, e procede senza attendere la mia risposta. Replico premuroso: “Ma certo, ci mancherebbe, già è così gentile con me!”. Lei si schermisce di rimando: “Si figuri, e poi lei se l’è anche guadagnato offrendomi il pranzo, no? Anzi, ormai lasci stare quel lei e diamoci del tu, OK?, ed ora vediamo un po, giacca, pantaloni o camicia?” . Rispondo un po’ dubbioso; “Mah, guarda, mi serve un po’ di tutto perché è tanto che non rinfresco il guardaroba, comunque quello che mi preme di più è qualche paio di pantaloni perché veramente sono rimasto quasi in mutande!”. Lei ride apertamente e scherza di rimando: “Beh, comunque potresti essere ancora da guardare in brachette!”. Io arrossisco di colpo perché dopo il primo colpo d’occhio ho avuto tutto il tempo di valutare le sue fattezze e non mi è assolutamente indifferente, anzi!. Lei se ne accorge e, un po’ più seriamente ma sempre sorridendo aggiunge: “Ma guarda che non lo dico solo per scherzare, non sei mica da buttar via, non te l’hanno mai detto?” . La dichiarazione mi trafigge come un dardo e replico, sempre più rosso: “Forse, ma sono passati tanti di quegli anni che non lo ricordo più”. Sgrana due occhi così e mi chiede: “Scusa, ma quanti anni hai?, così a occhio non te ne do più di 50 e se avessi più capelli addirittura cinque di meno!”. “Veramente ne ho cinquantacinque”, replico un po’ tronfio per il complimento, “Ma il fatto è che mi sono sposato molto giovane e da allora non ho più avuto modo di ……….. essere oggetto di apprezzamenti; così per me ormai è acqua passata e non ci penso più.” Lei mi guarda in modo un po’ strano ma non replica e passa a scegliere qualche pantalone: “Vediamo allora, direi che sei una taglia cinquanta, prova questi, questi e questi, vediamo come ti stanno, ti piacciono come colori?” . Io veramente ormai non è che sto pensando più tanto al vestiario ma piuttosto alle sue parole e poi mi sto letteralmente perdendo seguendo l’incavo del suo seno generosamente mostrato dalla scollatura della sua camicetta, sbottonata per i primi tre bottoni. Comunque prendo i pantaloni che mi sta porgendo ed entro nel camerino dove indosso il primo paio; riapro la porta per farle vedere che ne pensa ma lei scuote la testa: “No, troppo rigidi, penso ti stia meglio qualcosa di più morbido, prova quelli di lino, sì quelli color ghiaccio”. Eseguo e riapro nuovamente la porta dicendole: “Che ne dici, questi me li sento addosso molto bene e comodi, pensi possano andare?”. Lei mi squadra con aria critica e: “Si, non c’è male, aspetta che ti metto qualche spilla sull’orlo così vediamo meglio come buttano”. Prende un portaspilli e si mette in ginocchio eseguendo l’operazione, poi si rialza per vedere l’effetto e commenta: “Direi che la gamba butta bene e spiomba senza difetti, però qui sul davanti fanno un po’ difetto, non so se è la vita un po’ larga che te li fa scendere o il cavallo troppo ampio, aspetta, vediamo……”. Così dicendo si rimette in ginocchio davanti a me e comincia a provare a tirare di qua, lisciare di là, scuotendo la testa non convinta. Quei tocchi leggeri delle sue mani e la visione delle sue tette ancora più in mostra data la posizione mi provocano una reazione che cerco disperatamente di controllare; ci riesco a malapena ma quando infila la mano tra le gambe per sistemare il cavallo non posso più far niente e sento l’erezione che monta imperiosa. Lei è assorta nel suo lavoro e non se ne accorge subito, però rialzando la testa per controllare come va non può non vedere la grossa rigidità che riempie il pantalone vanificando tutti i suoi tentativi di sistemarli a dovere. Sgrana gli occhi a fissare quella collina, arrossisce repentinamente ed esclama con voce crinata :”Oh no! ………. Questo no, ………….. e adesso? ………..come……….?”. Io, rosso di vergogna, fraintendo il suo imbarazzo e balbetto: “Scusami, ………..non volevo, ……….. dai, tirati su e lascia perdere!”. Ma proprio non ho capito niente perché lei, passando dall’espressione di sgomento ad una di avidità esclama: “Ma chi se ne importa………… dopo tanta astinenza……………. come faccio a resistere?”. Ed afferra l’oggetto del suo desiderio attraverso la stoffa, mugolando di gioia. Guardandomi poi negli occhi aggiunge: “Senti, non prendermi per una donnaccia, ma sono mesi che non faccio sesso e non posso resistere a tutto questo!” e prende a slacciare furiosamente i pantaloni che cadono a terra, quindi mi tira giù gli slip e mi afferra il pene con entrambe le mani esclamando: “Bello, com’è bello……. e grande…. e duro!…………. quanto tempo senza!”. E senza aspettare oltre tira indietro la pelle scoprendo il glande e se lo infila in bocca succhiandolo con ardore. Il trattamento inaspettato esalta la già notevole erezione e il membro diviene un sasso nella sua bocca; lei lo estrae per rimirarselo ancora estasiata e, strappata via la camicetta, se lo infila tra i seni facendoselo strusciare su e giù. E’ ansante e un po’ sudata ed il pene, già umido per la sua saliva, scivola a meraviglia lungo quel meraviglioso canale; ne vedo la punta emergere tra le due rosee colline e poi sprofondarvi di nuovo mentre sensazioni di estasi mi riempiono le viscere e mi risalgono lungo la spina dorsale. Dopo un po’, soddisfatte le zone erogene del suo seno si tira su e, sfilatesi rapidamente gonna e slip si getta a capofitto in un vorticoso petting stringendomelo tra le cosce morbide. Si gira di spalle infine e, chinatasi in avanti divarica le gambe arretrando fino a far coincidere la mia punta con le sue labbra aperte e frementi di voglia; un piccolo aggiustamento e si fa indietro facendosi penetrare la spada fino all’elsa emettendo un lungo sospiro di piacere che termina in un gorgoglio tra cui mormora: “Finalmente! Quanto tempo! …….. è………… meraviglioso! ” Dallo specchio del camerino vedo il suo volto in estasi contrarsi di piacere ad ogni movimento che fa; io resto immobile lasciandola gustarsi quello che così a lungo le è mancato come più le aggrada; è bellissima, così eccitata e temo di aver ancora poca autonomia, anche mettendocela tutta. La vedo ad un tratto infilarsi il medio in bocca e poi, bagnato di saliva, infilarselo tra le gambe, a sfregarsi energicamente il clitoride. Ansa sempre più in fretta e comincia ad emettere gemiti e rantoli e l’azione combinata del mio pene nella vagina e del suo dito sul clitoride la fanno arrivare finalmente al culmine; rovescia all’indietro gli occhi e si abbandona ad un violento orgasmo liberatorio, piuttosto breve ma molto intenso, a giudicare dalla smorfia quasi di dolore che le contrae il viso. Questa visione mi fa perdere del tutto la testa e, abbandonati tutti i freni mi lascio trascinare a mia volta nel mio orgasmo che si rovescia nelle sue profondità come un caldo ciclone. Vedo i suoi occhi spalancarsi sorpresi per l’impatto improvviso ma la sorpresa si traduce immediatamente in un’espressione di nuovo godimento prodottole dal getto del mio sperma. Si contorce in tondo come a volermi risucchiare tutto dentro di se e rimane poi lì a lungo, i muscoli della vagina serrati a trattenervi dentro il mio pene che si comincia a rilassare. Solo quando non riesce più a trattenermi dentro si rialza finalmente con un lungo sospiro, mormorando “Grazie, ………………..è stato bellissimo……………….. ho goduto come non ricordavo più…………… alla faccia di mio marito e dei suoi grandi obiettivi!”, e si rigira schiacciandosi contro di me abbracciandomi stretto e mi bacia appassionatamente risucchiandomi letteralmente la lingua dentro la sua bocca. Mi lascia andare con riluttanza e si stira soddisfatta. Prima di lasciarmi andar via mi ricorda: “I pantaloni saranno pronti per venerdì; normalmente li consegniamo nel pomeriggio, dopo le 18………, però i tuoi…. saranno qui già dalle 13…………. se trovi chiuso bussa alla vetrina, io sono dentro e ricordati ……………… non riapriamo che alle 16.30 perciò…………… beh…………. riguardati in questi giorni……………., mi raccomando!”
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