da Aaron Travis (Originalmente ha pubblicato da Periodico del Tamburino) Ero nuovo in città, non conoscevo nessuno, avevo bisogno di una casa; il mio vecchio appartamento mi aveva fatto venire i crampi da quanto era piccolo; avevo bisogno di spazio. Non avevo intenzione di finire in un complesso con piscina e senza contati con gli altri, volevo qualche cosa di diverso. Una stanza in una casa con gente con cui parlare, come mi era già capitato nei miei giorni studenteschi. Era quello di cui avevo bisogno in quella fottuta città; la grande città da cui provenivo era detta impersonale; mio dio, quelle orde nei sottopassaggi pedonali tutti i giorni, gli automi umani in moduli d’acciaio che si muovono da un capo all’altro. Dimenticare il calore soffocante di quella città tutta freddo calcestruzzo e vetro. Sabato mattina ho cercato una bacheca dove si affiggono gli avvisi. Uno di loro sembrava essere proprio quello che volevo. “Persona libera desidera condividere appartamento di tre locali. Si richiede aiuto in casa ed in giardino, massimo riserbo, verdura fresca. €90/mese.”Ho preso nota dell’indirizzo e ho chiesto ad un barista se sapeva dove fosse. Mi ha detto che si trovava a nord, era un quartiere che stavano restaurando; un suo amico viveva là. C’erano molti alberi e grandi case vecchie. Un quartiere misto, extracomunitari, vecchie coppie, studenti, segretarie.La casa era d’angolo e dominava i dintorni, stile vittoriano, con muri gialli ed un tetto verde, era decorata con legno intagliato ed una serie di frontoni ha diretto i miei occhi fino alla stanza ottagonale che stava in cima dove il tetto a cupola finiva a punta. Sembrava appollaiata sulla casa come il nido di un’aquila, alta sopra le cime delle querce.Il giardino era folto e verde; alberi ombrosi, piante secolari, cespugli di bambù selvatico; per il momento sembrava un affare.Due donne erano sedute sotto il portico; quando mi sono avvicinato hanno smesso di parlare e mi hanno guardato, mentre io facevo lo stesso con loro.Sembravano ben in carne, vicine alla trentina o l’avevano appena passata, larghi vestiti di cotone e sandali, stile 1968.Ho imparato i loro nomi erano Caterina e Sara. Caterina portava spessi occhiali, Sara lenti a contatto. Caterina fumava molto e leggeva riviste di fantascienza. Sara fumava molto e cavalcava un Harley che ci ha dato un argomento di conversazione. Guadagnavano bene ed erano vecchie amiche.Sara doveva dare un’occhiata alla sua moto , così Caterina mi ha accompagnato. I soffitti del primo piano erano alti sei metri, tutta la carta da parati si era staccata; i muri erano in legno scuro. Le donne avevano stanze separate al primo piano. C’era anche un grande bagno, un soggiorno, biblioteca ed una cucina intonacata di giallo. Sulla porta del frigorifero c’era un manifesto.Una porta posteriore dalla cucina si apriva sopra un piccolo portico di legno, le ragazze avevano trasformato il cortile in un giardino impressionante.”Ora ti mostrerò la tua stanza” ha detto.La scala era stretta e scivolosa, il primo piano era molto più piccolo. Un atrio scuro, un bagno a un capo, una stanza vuota all’altro.La stanza aveva un soffitto basso e stretto, il buio la faceva sembrare ancora più piccola. Le tende erano grigie per l’età e la sporcizia. I mobili erano pochi: il letto era un materasso sul pavimento. Ho detto a Caterina che mi piaceva.Quando siamo tornati nell’atrio, ho guardato verso l’alto della scala che finiva con una porta.”Vuoi vedere il resto della casa,” ha offerto Caterina. “Penso che Michele fuori, ma sono sicura che non avrebbe problemi.” L’ho seguita, ha spinto la porta aprendola per alcuni centimetri e ha sbirciato dentro fissando il pavimento.”Voglio solo essere sicura che non ci siano brucia offerte o viscere sparse sul pavimento,” ha detto.”Huh?”Caterina ha riso. “Sto solo scherzando. In parte. Michele in certe cose è strano.” Ha spinto la porta. “Sembra tutto a posto, entra.”Eravamo nella stanza ottagonale in cima alla casa; quattro muri e quattro finestre. Le finestre erano coperte da pesanti drappi neri che non facevano filtrare la luce, facendo sembrare la stanza come una camera sigillata. Ho pensato da dove provenisse la debole luce, poi mi sono accorto che era concentrata al centro della stanza, ho guardato in su, un piccolo lucernario di vetro macchiato a forma di stella a otto punte era al centro dell’alto soffitto.”Michele abita qui ma non lo potrai incontrare per un po’. Fa ore strane e mangia nella sua stanza.”Come parlava mi sono guardato intorno, un grande letto era appoggiato ad un muro, antichi cofanetti di legno con cardini di bronzo, una enorme sedia di legno che sembrava un trono medievale. Pentangoli ed altri simboli, indistinti nell’oscurità, erano dipinto in bianco sui muri rossi e sull’alto soffitto a cupola.Mi sono avvicinato ad una libreria, alcuni degli autori mi erano familiari.”E’ un satanista?” Ho domandato, un po’ curioso, avevo conosciuto dei tipi strani.”Michele? Oh no! Voglio dire, non tiene messe nere o cose del genere. Almeno penso di no. Non so cosa faccia qui su. Sara ed io stiamo sempre a pianterreno.”Mi sono trasferito quel pomeriggio.Quella sera ho mangiato in cucina; Sara e Caterina erano una buona compagnia, speravo di vedere il mio terzo coinquilino, ma non si è mostrato.Ero stanco e nervoso dopo un giorno di fatica e ho deciso che avevo bisogno di una serata fuori. Sono stato in paio di bar e ho gironzolato fino alle quattro di mattina, era difficile non fare rumore sui gradini cigolanti. Ho notato che c’era una sottile striscia di luce sotto la porta della stanza ottagonale.Mi sono risvegliato tardi quella mattina, la luce del sole inondava la stanza. Mi sono alzato mezzo addormentato a chiudere le tende; una delle finestre guardavo in giardino. Ho visto un uomo che spalava.Non riuscivo a vedere molto di più della testa e delle spalle, portava una tuta bianca sporca; aveva capelli lunghi sino quasi alla vita e neri, raccolti in una coda di cavallo. Le spalle erano larghe e solide, era bello vedere come vangava la terra e l’ammucchiava.Improvvisamente si è alzato, si è girato verso la casa e ha alzato lo sguardo verso di me.Era molto alto, probabilmente un metro e novanta, la tuta gli era stretta intorno alla vita, enfatizzando l’ampiezza incredibile del torace e delle spalle. Il sudore luccicava debolmente alla luce del sole nella fessura profonda tra i pettorali. Il viso era giovane e chiazzato di fango, sono rimasto impressionato da quanto era bianca e liscia la sua pelle, come avorio.Ha posato una mano sulla pala al suo fianco, ha alzato l’altra ad asciugare il sudore dalla fronte.Ero nudo davanti alla finestra e ci guardavamo l’un all’altro, nudo a parte il la striscia di cuoio sul braccio che non mi tolgo mai. Ho cercato di sorridere, malgrado il dolore che mi spaccava la testa. Perché non l’ho incontrato la notte scorsa, ho pensato, poi ho chiuso le tende e sono ritornato a letto.Ho pensato che avrei potuto vederlo più tardi; ho domandato a Caterina se era lì intorno e lei mi ha detto che era nella sua stanza a lavorare.”Che cosa fa?””Non lo so, dico ‘lavorare’ perché non gli piace che qualcuno lo disturbi quando è di sopra.”Ho accettato il consiglio.Non c’è stata traccia di lui per molti giorni, io volevo dare un’altra occhiata a quelle spalle e quelle braccia, era diventata quasi un’ossessione.Avevo messo il letto sul lato opposto alla porta e ho cominciato a lasciare la porta aperta quando ero dentro. Stavo sdraiato sul letto, senza camicia, leggendo e fumando, un occhio all’atrio. Prima o poi lo avrei visto passare.Così ho passato le mie sere della prima settimana in quella casa, leggendo a letto ed attendendo di incontrare Michele. In qualche modo mi ha eluso, ma io mi sono fatto una cultura leggendo.Era diventato un gioco, ed era la mia natura vincere ai giochi.Venerdì sera ero eccitato, pronto a tirarlo giù per i gradini e trascinarlo nella mia stanza. Alle nove ho sentito dei passi sulla scala bassa.Ho abbassato la rivista che avevo in mano per poterlo vedere e ho visto un uomo apparire a capofitto nell’atrio. Non era Michele ma l’ossessione della lunga settimana col pensiero del mio padrone di casa mi opprimeva.Era biondo, capelli corti, caratteristiche molto mascoline, baffi. Indossava una t-shirt senza maniche che esibiva un torso ben fatto. Pelle dorata dal sole.Era alto, più alto di me; forse più alto di Michele. Automaticamente ho gettato uno sguardo al suo inguine. Nessuno indizio: i pantaloni erano troppo larghi per mostrare qualche cosa. Così ho concentrato il mio sguardo ai capezzoli che erano eretti sotto quella camicia stretta. Avrei voluto morderli.E’ evidentemente gay. O così ho pensato; quando i suoi occhi hanno incontrato i miei ho cercato di guardarlo con un sguardo fisso e freddo. Gli ho detto ciao e non ho ottenuto risposta, salvo un borbottio. Si è diretto alla porta in cima alla scala, io ho alzato il collo e l’ho visto sparire in un arco di morbida luce gialla. I pantaloni non avevano rivelato il suo inguine, ma non avevano potuto nascondere il suo culo.Mi sono alzato dal letto e ho attraversato lentamente la camera, ho guardato in su verso la porta chiusa. C’è stata quiete per un po’, poi ho sentito voci più alte del normale, un diverbio. Le voci degli uomini erano distinte; una era molto più bassa dell’altra.Poi passi pesanti in alto, sono rientrato nella mia stanza pensando che stessero per uscire. Poi il litigio è ripreso. Un silenzio, e le loro voci sono ritornate, più piano. Un altro silenzio, poi grida. Poi una quiete così lunga che ho pensato avessero fatto la pace e fossero andati a letto.Sono ritornato nella mia stanza e mi ero appena seduto sul letto, pensando a dove avevo messo la mia rivista; c’era una luce fioca nell’atrio e ho sentito dei passi sulla scala. Era il biondo che se ne andava. Ho cercato di attirare la sua attenzione ma teneva gli occhi diritti davanti a se.Poco dopo che il biondo se n’era andato, la porta sulla scala si è aperta di nuovo; il gioco pagava.Il mio cazzo era duro e sembrava una grossa cresta nei miei jeans. Il mio torso aveva una sottile lucentezza di sudore per l’eccitazione; mi sono alzato dal letto e sono entrato nell’atrio proprio mentre anche Michele lo faceva.I suoi capelli neri erano slegati e pendevano diritti, divisi in cima alla testa. Erano belli, lucente e spesso come seta pettinata.Aveva uno di quei visi paradossali, quegli aspetti più maschile con capelli lungo che corti. Il viso era leggermente stretto, delicato, perfettamente equilibrato e reso perfetto dalla pelle color crema. Gli occhi erano marrone scuro, ciglia lunghe, sopracciglia diritte e neri. Aveva una bocca larga e labbra piene. Avevano un aspetto rosso ed umido in confronto alle guance pallide. Sembravo avere 23 anni o poco di più.Il suo corpo era anche meglio di quanto avevo pensato. Spalle muscolose enormi e quadrate. I suoi bicipiti sembravano voler far esplodere le maniche, una pallida vena blu correva lungo il muscolo e divideva la parte anteriore del braccio in ben definiti pendii scuri e chiari. I pettorali erano due ben distinte lastre che si sollevavano dal torace. I capezzoli scuri, situati nell’angolo più basso di ciascuna lastra, erano delle dimensioni di una grossa moneta ed erano perfettamente piatti. La parte bassa del torace e lo stomaco erano una distesa di piccole creste, la V del torace si stringeva sulle muscolose anche piatte. Gli archi gemelli del suo bacino erano profonde e definite come nel David di Michelangelo.Non indossava nient’altro che un paio di minuscole mutandine di nailon bianco, così trasparenti che il suo grosso cazzo flaccido e la sacca delle palle erano ben visibili. Sotto, le sue gambe erano pilastri di muscoli guizzanti e sopra tutto c’era la sua pelle, ambra ardente pallida nella luce riflessa dal bosco, praticamente senza peli, morbida e soda, che tratteneva i muscoli dimostrando solo enormità e bellezza.Ha sorriso debolmente. “Devi essere il nuovo inquilino.” La sua voce era quasi artificialmente profonda.Ci siamo dati la mano.”Sì. Mi chiamo Giorgio Verdi””Io sono Michele Neri. Verde e Nero, huh? Bello.” Non c’era traccia di umorismo nella sua voce.Le nostre mani erano bloccate una nell’altra e ho guardato in quegli occhi profondi marroni; ho capito che stavo ricevendo tutto il suo corpo e lui stava facendo lo stesso col mio. Ero pronto.Poi ha interrotto la stretta di mano e si è girato per andarsene. “Ci vediamo” ha detto semplicemente e si è diretto verso il bagno. I lunghi capelli neri sventolavano sulla sua larga schiena e quasi nascondevano la strettezza mozzafiato della sua vita. Il suo culo, piccolo, rotondo e muscoloso, sembrava brillare dentro il nailon delle mutandine. Ho osservato per la prima volta quanto fossero grosse le sue gambe, le mie due mani non sarebbero riuscite a circondargli i polpacci.La mattina seguente ho domandato a Caterina del visitatore biondo. “Oh, sarà stato Carlo” ha detto. “Sì, abitava qui, nella tua stanza.”Quel week end non ho rivisto Michele e dopo quella volta, di tanto in tanto, ma solo brevemente e solo da distante.Sentivo che era gay. Il fusto biondo di nome Carlo doveva essere un visitatore regolare, qualche volta arrivava tre volte alla settimana. Carlo non si interessava di me e della mia fascia intorno al braccio sinistro. Sapevo che facevano sesso violento, li sentivo sopra di me di notte. Carne contro carne in maniera impressionante in una fessura sudata. Colpi più pesanti, un uooosc distinto e lo scatto di una frusta, ginocchia che picchiavano sul pavimento di legno, che strisciavano, il tonfo di un corpo che picchiava contro un muro, che crollava sul pavimento. Raramente parlavano, sentivo solo dei lamenti occasionali in un brontolio di tono basso che qualche volta si alzava ad un ruggito, la voce di Michele.Fantasticavo su di lui, quando vedo un bel uomo voglio possederlo. Michele era la cosa più eccitante che avessi visto da mesi. C’erano altri uomini con corpi altrettanto belli, ma era la pelle pallida ed i capelli lunghi che lo rendevano un’altra cosa, l’espressione di innocenza naturale.Anche in questo gioco avrei vinto, sapevo quello che volevo: vedere quel bel viso, quelle turgide labbra rosse contorte intorno ai miei venti centimetri. Sentirlo soffocarci sopra e geme con quella profonda voce maschile. Lo immaginavo nudo, eretto, sulle ginocchia, a braccia piegate, vulnerabile, coi capelli che aggiungevano un tocco selvaggio; sapevo come trattare quei grandi capezzoli piatti ritti, rossi ed affilati.Il suo culo aveva possibilità illimitate, ogni gioco sarebbe stato possibile su quella carne pallida.I capelli avrebbero potuto avere vari usi, infliggere dolore, essere strappati, torti intorno al suo collo per soffocarlo, usarli come redini quando lo avrei cavalcato usando il suo viso come una sella. Più tardi avrebbero potuto avere un uso più importante, come finale atto di umiliazione, forzarlo a raderli. Sarebbe stato spogliato della sua ultima resistenza, come Sansone; avrebbe segnalato la sua degradazione a schiavitù.Avevo ottenuto quello che avevo voluto da altri uomini, avrei ottenuto quello che volevo anche da lui, avevo dei progetti per per Michele Neri.L’opportunità mi si è presentata il sabato seguente. Mi sono alzato intorno a mezzogiorno con la sensazione di essere riposato e pronto per qualche cosa. Mi sono messo un paio di jeans e sono sceso in cucina per farmi un panino.La porta posteriore che dava sul portico era aperta, Michele era seduto sui gradini e guardava il giardino. Il mio cuore è andato a tutta velocità, sono uscito e mi sono seduto accanto a lui.”Ti dispiace se mi unisco a te?””No.” Ha gettato uno sguardo su di me poi è tornato a guardare il giardino. Portava un paio di jeans che lo abbracciavano dall’inguine ai polpacci come un guanto ed una maglietta bianca che sembrava di una taglia troppo piccola per le sue spalle ma pendeva larga sotto i pettorali. La sua vita doveva essere di circa 70 centimetri ed il torace di 120.”Devi allenarti molto” ho detto, mi sembrava un approccio naturale.”Sì, almeno un paio di ore al giorno, e faccio Lan-Tzu tre volte la settimana.” Ha gettato uno sguardo al mio torace nudo. “Anche tu?”Ho scrollato le spalle “Prima, qui non ho ancora trovato una palestra.””Potresti venire alla mia.”L’ho accettato come un complimento, sapevo che frequentava una palestra importante, la cosa mi eccitava.”Mi pare che tu non prenda molto sole. Pelle sensibile?””No” ha detto. “La luce del sole mi fa impazzire, sono fondamentalmente un animale notturno.” Ha preso una canna ed una scatola di fiammiferi sul gradino più basso; l’ha accesa, ha inalato e me l’ha offerta senza parlare. Ho scosso la testa.”Ho smesso un anno fa, quando ho cominciato fare viaggi strani nella mia testa. Grazie comunque.””Peccato, Sara coltiva dell’ottima erba in giardino.” Ha esalato attraverso i denti stretti. “Mi aiuta a focalizzare la mia potenza.”Qualcosa lo eccita, ho pensato.”Non sei di qui?” Ho domandato.”No. Del sud.””Perché hai lasciato il tuo paese?””C’era troppo sole.” E ha sorriso. “Si trova più facilmente lavoro qui.””Oh? Non pensato che tu lavorassi.””Lavoro,” ha detto freddamente, mi ha dato l’idea di non volerne parlare, ma dopo un altro tiro… “Procuro esperienze speciali alla gente che può pagare. Esperienze che non possono ottenere da nessun altro. Mi piace questa città perché la gente qui ha molti soldi e non molta immaginazione. Domandano cose facili, non come dove stavo prima; là veramente mi spremevano tutta l’energia.La canna lo faceva diventare ciarliero. Non era chiaro ma mi stava venendo un’idea: Era un imbroglione. Aveva un fascino molto speciale; il mercato di quel genere poteva essere piccolo, ma lui aveva la sua nicchia; in quella città ci dovevano essere molti omosessuali ricchi che erano disponibili a pagare per ficcarlo dentro un giovane muscoloso con lunghi capelli.Ho deciso giocare il tutto per tutto. “Cazzo, ragazzo, vuoi dire sesso?”Ha guardato fisso davanti a se, le mascelle contratte e ha inspirato ancora. “Qualche volta. Ma non sempre faccio pagare per quello, mi piace farlo per il piacere di farlo.” Ha dato lanciandomi un sorriso da Monna Lisa.Questo era un sollievo non avevo mai pagato per chiavare un uomo e non intendevo cominciare ora, neppure con Michele.Siamo rimasti seduti in silenzio finché non ha finito di fumare; ha girato il viso verso di me. I suoi occhi marroni sembravano scintillare, le mascelle erano un po’ più allentate. Un vero coniglietto di pietra, ho pensato, nel palmo della mia mano. Ho fatto scivolare una mano sopra la sua coscia e sopra il suo cazzo, duro come una roccia e grosso dentro i jeans stretti.”Vogliamo andare di sopra?” Ho detto.Ha fatto una pausa fissandomi, anch’io l’ho fissato e gli ho stretto il cazzo, finché non ho ottenuto la risposta che volevo.”Sicuro.””Nella mia stanza” ha detto quando siamo arrivati sul primo pianerottolo ed io l’ho seguito su per le scale.Ho girato lo sguardo per la stanza, le candele spandevano un’ambrata luce morbida come in una cappella di una cattedrale. Ha tirato una corda che ha fatto scivolare una tenda sopra il piccolo lucernario, lasciando solo la luce delle candele. Fuori era mezzogiorno, ma lì dentro era mezzanotte; poi ha fatto un altro giro della stanza, tirando per aprire i drappi di velluto neri.Le quattro finestre erano state chiuse ed al loro posto vi erano degli specchi.L’oscurità, la luce fioca, gli specchi che ci circondavano, rendevano impossibile valutare le vere dimensioni della stanza e sembravano espandere all’infinito quelle immagini sugli specchi opposti. Ora ero nel suo mondo privato, un luogo fuori del tempo e dello spazio.L’effetto era molto speciale, segreto ed ipnotico… e promettente. Michele aveva immaginazione.Mi sono spostato al centro della stanza e ho preso una posizione coi pugni sulle anche. Sentivo il mio cazzo pulsare a metà della mia gamba sinistra. Michele ha finito i preparativi e si è messo davanti a me, le mani sui fianchi.”Spogliati” ho detto. La parola è suonata affilato nel silenzio smorzato.Mi ha guardato per un momento, inespressivo, poi ha afferrato il bordo della maglietta e se l’è tirata sulle spalle. Improvvisamente ho capito chi mi ricordava: L’il Abner. Le spalle ed il torace esagerati, la vita di vespa, le cosce ed polpacci incurvati.”Sì” ho respirato. “Ora i pantaloni.”Erano così stretti che ha dovuti sbucciarli girando l’interno verso l’esterno, non ha mai perso l’equilibrio mentre si piegava ed alzava i piedi. Era aggraziato come un ballerino.Ora era in piedi e ha fatto scivolare le dita sotto la cintura delle mutande aderenti.”Quelle lasciale” ho detto lentamente. Volevo riservare a più tardi la vista del suo culo nudo. Il suo cazzo era duro e provocava una protuberanza che sollevava di due centimetri la cintura dalla sua pancia piatta.Ha allontanato le mani lentamente e ha aspettato per il comando seguente.Ho preso tempo, ci fissavamo, Michele non ha mai chinato gli occhi. Non riuscivo a leggervi alcuna espressione.”Vieni qui” ho detto; mi si è avvicinato lentamente. Era bello guardarlo muoversi, anche il semplice atto di camminare lo compiva con grazia animale, fluida e sensuale.Si è fermato a mezzo metro da me, ha alzato la destra a toccare la striscia di pelle sul mio bicipite sinistro. “Hai un bel corpo” ha detto sottovoce: ha portato le mani al mio torace, ha pettinato con le dita la spessa coltre di peli biondi. “Sembri Carlo” ha bisbigliato.Gli ho afferrato i polsi e ho spinto le sue mani al mio inguine.”Tiralo fuori.”Ha guardato in basso mentre mi sbottonava i jeans, ha aperto le falde e ha circondato con le dita la base del mio grosso cazzo. Ha dovuto usare ambedue le mani per tirarlo fuori.L’ha serrato ermeticamente. Ho visto un sorriso strano sul suo viso, pesava nelle sue mani.”Sì. Grosso e pesante. Proprio come Carlo.”Non mi sono sentito irritato per il paragone, dovevano essere amanti dopo tutto.”Inginocchiati e succhialo, proprio come succhi il cazzo di Carlo.”Michele si è inginocchiato, negli specchi alla mia sinistra ed alla destra ho visto il suo corpo, magro e lucente. Ho visto la testa del cazzo scivolare tra le sue labbra. Nello specchio davanti me vedevo il suo culo dentro le mutande translucide. Gli ho torto il capelli sulla nuca in una treccia e li ho tirati usandoli per tenere a posto la sua testa. Le sue natiche finivano nella schiena e finivano all’ombra scura della spina dorsale arcuato dividendosi in due triangoli invertiti di soli muscoli.La schiena era senza segni; forse Carlo non aveva voluto vedere quella perfezione d’avorio danneggiata da cinghie. Michele si sarebbe accorto presto dove finiva il paragone tra Carlo e me. Ho dato uno strattone in avanti alla sua testa e ho dato una spinta improvvisa con le anche, cercando di trovarlo con la guardia abbassata. Cominciavo a soffocarlo, gli usciva saliva dalla bocca.Tuttavia gli sono scivolato in gola senza intoppi; ho guardato in giù al suo viso alzato. Aveva gli occhi chiusi; le lunghe ciglia scintillavano; le sue gote erano teso; le sue tumide labbra rossi circondavano la base della mia asta. La sua mascella era spinta con forza sulle mie palle; la mia carne soda era nella sua gola.Ho guardato le nostre immagini nello specchio; il suo corpo inginocchiato era teso come un arco. La protuberanza nei suoi pantaloncini sembrava un pugno intrappolato. La sua gola era dilatata innaturalmente, infarcita da venti centimetri di grossa carne.Gli chiavavo il viso non ritirandomi mai più di sei centimetri, vedevo la sua gola espandersi e contrarsi. La luce della candela balenava sulla saliva che gocciolava dagli angoli della sua bocca, sopra il suo collo teso. Non capivo come potesse respirare.Gli ho tirato i capelli facendogli indietreggiare la testa e gli ho vuotato la gola con un sobbalzo. Era affamato di cazzo. Si è chinato indietro rantolante. La sua bocca ed il mento erano bagnati di saliva. La luce la colpiva in pieno facendo brillare oscenamente le sue labbra.Ho appoggiato la cappella al suo labbro inferiore mentre riprendeva fiato.Michele ha deglutito e poi ha parlato, muovendo le labbra bagnate sopra la protuberanza della testa del cazzo. “Devi avere dei giocattoli giù nella tua stanza.” Ed i suoi occhi si sono incollati ai miei.Ho sorriso, le cose andavano magnificamente. “Sì… in un armadietto di legno vicino al mio letto.” E gli ho stretto delicatamente il capezzolo destro. “Vai a prenderli.”Mi ha obbedito immediatamente.Quando se n’è andato mi sono tolto i jeans, mi sono piegato e ho guardato la mia immagine riflessa negli specchi. Michele aveva detto che avevo un bel corpo, un vero complimento da un uomo con un fisico così integro, e perché no? Non ero alto quanto lui o grosso come lui, ma più grosso di torace, più compatto. Gli anni che avevo speso ad allenarmi avevano dato i loro frutti.Mi piaceva la differenza dei nostri corpi. Io abbronzatissimo e con la riga dell’abbronzatura confrontato con la sua carne pallida, i folti peli d’oro sul mio torace a confronto col suo glabro. I ventidue centimetri di colonna di carne che spuntavano dal mio inguine, e quel suo culo duro e rotondo pronto ad aprirsi. Ho pompato il braccio sinistro e ha guardato lo sforzo del bicipite contro la striscia che lo copriva.Michele è ritornato, si è inginocchiato e ha messo la scatola ai miei piedi.”Prosegui” ho detto. “Aprila. Se vede qualche cosa che ti piace, chiedimela.”Ha alzato il coperchio e ha guardato la confusione di acciaio e cuoio, ha osservato la varietà della dozzina di morsetti per le tette. Ha preso un paio di catene collegate e le ha fissate.”Ti piace provocare dolore” ha mormorato innocentemente, metà domanda e metà asserzione. “come mettere questi sui capezzoli di altri uomini; torcerli; tirarli. Un sistema per farli soffrire, farli implorare.”Ho risposto all’innocente ragazzo con un sorriso furbesco. “Uh [huh],” ho detto apatico. “Hai delle tette grandi, probabilmente si riuscirà a metterci due morsetti su ognuna.”Michele ha messo i morsetti nella scatola. Gli facevano paura, ho pensato. Bene.Ha preso un paio di manette. “Per legarli, tenerli alla tua mercè, non permettere che reagiscano, per poterli usare come vuoi.””Uh huh.” Mi sono accarezzato il cazzo con due dita; era duro al massimo.Ha messo da parte le manette, sul pavimento; quindi è passato a quello che era il mio orgoglio, dopo il mio cazzo. La mia attrezzatura da equitazione, un manico a cui erano attorcigliate due sottili lingue di pelle; me lo aveva regalato un mio timido amante “È tuo, Giorgio,” aveva detto “se l’userai su di me.” Ed io l’avevo fatto. Sarei stato contento se Michele avesse avuto il fegato di sceglierlo.”E usare questo sulla loro pelle nuda, come se fossero animali.” Il suo tono era affascinato ma distaccato, come se fosse un osservatore, come facesse un inventario. Ragazzi, sapeva veramente come chiedere le cose.Ha alzato lo sguardo verso di me con quei profondi occhi marroni. “È ciò che stai per fare a me, Giorgio? Legarmi le mani dietro la schiena, mettermi morsetti ai capezzoli? Farmi strisciare dopo che il tuo grosso cazzo mi ha fottuto il culo?”La sua voce profonda, bassa e morbida, riverberava nella mia testa. Sentivo l’impeto di un momento perfetto. “Proprio così, signore, dammi le mani.”Ha teso le mani orizzontalmente e me le ha offerte; le ho afferrate e ho cominciato ad armeggiare con l’equipaggiamento, l’ho imbragato , l’ho fatto passare sulla mia coscia per poi farlo indietreggiare.Ma non è indietreggiato.Invece il suo viso è sembrato indurirsi, diventare fisso e deciso.Si è alzato in piedi e mi ha fissato. Improvvisamente il mio braccio è diventato molle, come se i nervi avessero ceduto e l’attrezzatura mi è scivolata dalla mano. Non l’ho sentita cadere sul pavimento. Ho cercato di guardare altrove e mi sono accorto che non potevo togliere gli occhi dai suoi.”Fermo.” La sua voce quieta ha rimbombato profondamente nel silenzio.E sono rimasto fermo, il corpo rilassato ma paralizzato mentre lui attraversava la stanza dirigendosi verso un cofanetto. Non potevo girare la testa per guardarlo. Ero forzato a fissare diritto davanti a me nello specchio che rifletteva la paura e lo stupore congelati sul mio viso.Michele è ritornato con molti tratti di catenella avvolti sull’avambraccio destro.Lentamente mi è girato intorno, ha esaminato il mio corpo nudo. Mi sentivo come un insetto paralizzato nella tela di un ragno, in attesa di essere mangiato vivo. Ma non ero colto dal panico. La mia mente sembrava aver rallentato, aver perso contatto con la realtà. Non avrei dovuto fumare quella canna, ho pensato. Poi mi sono ricordato di non averlo fatto.Ho cercato di aprire la bocca per domandargli cosa diavolo mi aveva fatto. Ma non riuscivo a parlare, la mia mascella era come gelata.Mi aveva detto che praticava una sorta di arte marziale; mi aveva paralizzato con un colpo? Ma ero stato io a toccarlo. C’era stata alcuna possibilità che mi avesse drogato.Ha fatto correre le mani sopra il mio corpo, mi ha esplorato la schiena e le braccia, mi ha coperto con le mani i pettorali e le natiche. Ha inserito il medio nella mia bocca per bagnarlo e me l’ha fatto scivolare nel culo. La mia bocca era rimasta aperta quando il suo dito l’aveva lasciata.Mi era vicino e mi parlava nell’orecchio. Teneva il dito dentro di me e delicatamente scandagliava. Ha bagnato l’altra mano nella mia bocca e mi ha accarezzato il cazzo. Ho guardato nello specchio. La sua figura magra, i muscoli delle sue braccia, la mia bocca aperta come quella di un idiota.”Sono stato pagato due milioni per quello che sto per farti, Giorgio.” Accarezzava e scandagliava. “Ma era per un uomo che lo voleva. O almeno penso che lo volesse. E non era molto attraente. Ma tu sei Giorgio, cazzo grosso, culo duro.” Ha aggrottato le ciglia guardandomi il torace. “Tutti quei peli non vanno bene, ti nascondono i muscoli. Dopo sarà meglio.”Ha fatto scivolare fuori il dito dal mio culo, ha lasciato il mio cazzo dopo una forte stretta. Era in piedi davanti a me e ha fatto scivolato le catene dall’avambraccio. Erano due, una lunga, l’altra della lunghezza di un braccialetto. Erano stati costruite a cappio con la possibilità di controllare la pressione.Ha messo la catena più grande sopra la mia testa e l’ha stretta. Il metallo era freddo come ghiaccio, innaturalmente freddo, me l’ha messa intorno al collo. L’estremità libera pendeva tra i pettorali. Poi ha fatto scivolare la catena piccola sopra il mio cazzo e le palle, le ha circondate ambedue con la terminazione che pendeva a lato dei miei testicoli.Ha recuperato le manette, mi ha un braccio dietro la schiena e mi ha bloccato i polsi nelle manette. Mi si è messo di fronte e ha sorriso ferocemente.”E ora questo” ha detto “perché i simboli sono importanti per noi due.” Mi ha slacciato la striscia di cuoio dal braccio sinistro. Mi sono sentito come se la mia ultima protezione mi fosse spogliata. Ha cercato di mettersela sul suo bicipite sinistro, ma il muscolo era troppo grande, allora me l’ha messo sul braccio destro giusto e l’ha stretto con forza.Si è spostato per guardarmi nello stesso specchio; nudo, col cazzo duro e circondato da freddo acciaio; un cappio intorno al collo. La striscia di cuoio sul braccio destro mi marcava come un schiavo. Ho gemuto dentro di me, ero confuso ed indifeso. In cinque minuti, contro la mia volontà, aveva invertito completamente i nostri ruoli… ed ora avevo un’idea di come aveva fatto.Poi, con la mente annebbiata come era, ho notato qualche cosa. Non potevo esserne certo nella luce fioca, ma la catena argentea intorno al mio collo ed al mio cazzo sembrava ardere debolmente, ero circondato da una luce spettrale blu, come ciuffi di nebbia blu fosforescente intorno al mio collo e tra le mie gambe.Non avevo paura… non proprio… non ancora. Un intorpidimento mi colava nella testa, un senso di distacco. Ma sapevo che, in qualche modo, l’intorpidimento irradiava da quelle fredde catene blu.Michele è ritornato ed in mano teneva quello che sembrava un cerchio in tubo di vetro di sessanta centimetri di diametro. Il cerchio era illuminato da neon azzurro.Silenziosamente ha alzato l’anello sopra la mia testa e l’ha abbassato lentamente al pavimento. Mentre passava intorno al mio corpo è sembrato lasciare dietro di se un bozzolo di luce. Mi sono visto nello specchio dentro un cilindro di nebbia blu.”Ora aspettiamo” ha detto “lasciamo che l’energia penetri.” Ha alzato la testa, mi ha guardato su e giù mentre si toccava dentro le mutande di nailon. Il suo bel viso scuro si era rilassato, le labbra erano aperti, gli occhi stretti; il sesso irto.Ho sentito i peli sul mio corpo rizzarsi come se fossero carichi di elettricità statica. Nello specchio stava accadendo qualche cosa di misterioso. Ho visto una massa di particelle passare nello spazio tra il mio corpo ed il bozzolo di luce blu. Nello specchio non si vedeva bene, ho cercato di guardare in giù. Il mio collo era paralizzato. Michele ha visto i miei occhi tentare di abbassarsi, è entrato nella luce e ha spinto il mio viso in giù.Il mio corpo era stato depilato, il processo era stato silenzioso, indolore; magico, suppongo. I peli si erano liberati dalla mia pelle e volavano via nella luce soffusa scomparendo.Dapprima l’operazione è avvenuta dove erano più folti, torace, braccia e gambe, poi dall’inguine; quindi la migrazione è aumentata finché non ho visto l’ultimo ricciolo alzarsi dal mio capezzolo sinistro, ergersi e poi librarsi. È sceso dolcemente come non avesse peso, si è diretto verso la barriera di luce ed è svanito.Ero stato rasato precedentemente, parecchio tempo prima, quando ero un altro uomo. Il lavoro era durato ore ed aveva lasciato cespugli intorno alla base del cazzo ed alle tette. Il padrone non era stato soddisfatto dell’effetto, diceva che la mia pelle sembrava carta vetrata. La rasatura era stata una mia idea, non sua, e mi aveva punito con una cinghiata.Allora la mia pelle era da cittadino pallido, il mio corpo non ancora sviluppato; non mi era piaciuto l’aspetto ne di una cosa ne dell’altra; l’essere depilato era sembrato esporre ogni crepa del mio corpo. Ora, guardandomi nella luce blu, ero affascinato dall’aria liscia del mio torace, tutto carne abbronzata e muscolo increspati, più chiaro di quanto non lo avessi mai visto. I miei capezzoli sembravano nudi, in qualche modo vulnerabili]. Il mio cazzo, ancora duro da quando era stato seppellito nella gola di Michele, si rizzava grosso e rigido dal mio inguine denudato, la catena stretta intorno alla base completamente esposta. Non c’era peluria, il mio corpo era lucente come quello di Michele.”Torneranno a crescere” ha detto. Mi ha afferrato per i capelli, ringraziando Dio avevo almeno quelli, e mi ha tirato su il viso.Era come se vedessi un altro uomo nello specchio… uno schiavo biondo tutto levigato, totalmente senza peli, la bocca aperta come un cane, il cazzo duro per il suo padrone.Michele mi si è messo di fronte bloccando la mia riflessione. Ha parlato e quella voce profonda mi faceva male come se mi toccasse.”Devi avere fiducia in me, rilassati. Arrenditi, ti ricordi come si fa ad arrendersi?. Coopera, fai la tua parte e non succederà niente di male. Capisci?”No, non avevo capito, niente aveva senso. Tutto ciò che sapevo era che ero in suo potere, letteralmente, completamente. Sono stato pagato due milioni per quello che sto per farti. Ma era per un uomo che lo voleva.Ha fatto scivolare un dito attraverso il cerchio d’acciaio al termine della catena appesa al mio collo, si è leccato l’altra mano e l’ha messa sulla mia gola, impastando ed esplorando con le dita bagnate. Il collare è diventato più stretto e ho sentito la mia trachea appiattirsi.”Non essere spaventato,” ha bisbigliato. Come potevo non essere spaventato, mi strangolava. La catena è diventata sempre più stretta, la mia gola era intirizzita sotto la punta delle sue dito. Non potevo respirare. Il mio corpo paralizzato si è agitato.Allora ho sentito un frastuono di metallo e ho visto la sua mano destra tirarsi via. L’anello penzolava libero dai suoi indici. Mi sono sentito alzare, una sensazione mancanza di peso e vertigine, la stanza cadeva e girava intorno a me. Ho cercato di gridare spaventato e non riuscivo. Ho dato un’occhiata di sfuggita ad uno degli specchi, il mio corpo levitava nel campo della luce blu; Michele si è fatto da parte trattenendo qualche cosa nelle mani… trattenendo la mia testa.Sono svenuto. Solo per un istante, penso. Poi ho guardato verso Michele. Teneva il mio viso tra le sue mani; era seduto su una sedia che sembrava un trono, le spalle contro lo schienale, il culo sull’orlo, la mia testa tra le sue cosce.Le sue mutande erano sparite, il suo cazzo appariva in lontananza sopra il mio viso. Più in la il suo muscoloso stomaco piatto aveva una piega di carne sotto le cupole scolpite dei suoi pettorali. I suoi occhi erano nei miei. L’espressione del suo viso mi ha spaventato, un’espressione di disprezzo.”Smetti di torcere in su il viso, ti rende brutto. Il cazzo, Giorgio. Il mio cazzo. Guardalo.”Si librava su di me, bianco e grosso. Era perfetto, come il resto del suo dannato corpo. Non lungo come il mio ma grosso, enormemente grosso, leggermente affusolato alla base. La testa era enorme, un quarto dell’intera asta. La pelle era bianca perlaceo e traslucida, liscia come vetro, mostrava profonde vene blu. L’anello della circoncisione era quasi invisibile, color crema. L’asta sembrava dura come alabastro, ma spugnosa e grasso, come se fosse coperta da un fodero di carne gommosa. Ne sentivo il calore sul mio viso.”Il mio cazzo, Giorgio. Assaggialo.” Ha strofinato la sua carne sul mio viso, l’ho sentito colpirmi le guance ed il naso.”Leccalo. Leccami il cazzo, Giorgio.” Ed io ho aperto la bocca, sì, ora ero in grado di muovermi e tirar fuori la lingua. Ho fatto scivolare la mio bocca sbavante sopra la sua carne. Ho appiattito la lingua contro l’asta, ve l’ho fatta incurvare intorno, l’ho fatta correre intorno all’orlo smussato della sua cappella, sono riuscito a sondargli profondamente la fessura in punta.Ha spinto il mio viso sopra la sua asta e ha fatto alzare la mia bocca insieme con la cappella. E sono ritornato ai vecchi giorni da schiavo, quando questo era quello che chiedevo insistentemente ad altri uomini, il privilegio di sentire la loro carne calda e solida nella mia bocca. Ho compreso che cercava di pacificarsi con me, mi voleva dare qualche cosa di eccezionale da succhiare per farmi dimenticare lo spavento per quello che era appena accaduto.Ho alzato gli occhi e ho visto la bellezza massiccia del suo torace e delle braccia mentre mia bocca si occupava del suo cazzo massiccio. Nella mia gola era aumentata la saliva, cercavo di ingoiare, ma mi sono accorto di non potere, proprio come non potevo parlare, potevo a mala pena respirare. La saliva accumulata fluiva intorno alle mie labbra e correva come lava sulla sua asta.Ha spinto il mio viso completamente sul suo cazzo, mi ha provocato dolo quando mi è entrato in gola, come se spingesse una bottiglia di birra giù nella mia gola. Ho avuto conati di vomito e gli ho spruzzato le palle e le cosce con la saliva. Però non soffocavo, come potevo soffocare quando la mia respirazione si era fermata?Le sue anche non si sono mai mosse. Mi ha forzato la testa su e giù, guidando la mia gola sopra la sua asta e tirando indietro fino a quando le mie labbra non afferravano la cresta della sua testa.Mi ha fottuto il viso in quella maniera per un periodo che è sembrato di ore. L’ha fatto piano, prendendo piacere, come se fosse solo nella sua stanza a masturbarsi. Dentro e fuori la mia gola, con lenta lussuriosa carezza. Poi, in scoppi di violenza, spingeva il mio viso verso il suo inguine, appiattendo il mio naso contro la sua pancia dura come acciaio, facendo agitare la mia gola e facendola increspare intorno alla sua asta.Nella mia mente si era stabilita una calma profonda; ero consapevole, vigile. Ma c’era una sensazione di essere fuori dal tempo, di dissolvimento. Ero uscito dalla mia dimensione, come se mi fossi liberato del fiato, mi fossi liberato del mio corpo, ero panico oltre che dolore.Mi incitava a denti stretti, a voce bassa e sollevando il torace da mammut. “È bello nella tua gola, non è vero Giorgio? Il mio cazzo nella tua bocca. Proprio quello che volevi da me. Quello che desideravi. Avere la gola riempita di carne. Sei un succhia cazzi nato, Giorgio.” Era così dentro che sentivo il suo cazzo sprizzare liquido preseminale, poi mi allontanava sino a che non avevo dentro solo la testa, mi tratteneva, riprendeva fiato, poi cominciava di nuovo. Fino a che la mia mascella non pendeva aperta come su un cardine rotto. Fino a che il suo tubo di carne non sembrava diventato una parte di me, e non ero in grado di dire dove la finiva la mia gola e dove cominciava la sua grossa asta.Ha tirato via la mia bocca dal suo cazzo e mi tratteneva la testa per i capelli mentre l’altro pugno si è spostato intorno al cazzo provocando rumori di risucchio. L’asta brillava alla luce della candela, coperta di uno spesso strato di saliva. L’ha accarezzato debolmente. Le sue anche si sono mosse dolcemente. Era al limite.I suoi occhi erano quasi chiusi, le pupille balenavano come scintille tra le ciglia strette.”Vengo, Giorgio. Sì.” Ha sibilato di piacere. “Il mio cazzo sta per sparare, lo vuoi in bocca? Dovresti farlo, il ragazzo con la striscia di cuoio vuole la mia sborra nella sua bocca. Allora chiedimelo, Giorgio. Implorami di sborrare nella tua gola.”Ho provato; le mie labbra non potevano profferire parole. Ho mosso la mascella, ho torto la lingua e ho arricciato le labbra come uno spastico. Non usciva alcun suono eccetto il gorgoglio della mucosa nella mia gola.Michele ha gridato e ha spinto il mio viso, giù sino alla base. Ha dato una scossa nella mia gola come un serpente spaventato. Le sue dita alla base del mio cranio sembravano pinze. Un ruggito da animale selvatico ha riempito l’oscurità. Istintivamente ho cercato di ingoiare mentre lui cominciava a pompare. Il suo seme mi ha allagato la gola rifluendo nella bocca. Era amaro e forte.Mi ha tenuto giù a lungo sulla sua carne pulsante.Ho guardato in su al suo torace che si sollevava, coperto di sudore, ed il suo viso, bello e composto a parte i momenti in cui improvvisamente le sue sopracciglia si arcuavano e si lamentava come un cucciolo che fa un brutto sogno. In quei momenti il suo cazzo dava un piccolo sobbalzo.Finalmente mi ha spostato. La mia bocca e la mia gola erano così pieno di saliva e sperma amaro che mi correva giù per il mento. Grossi fili di mucosa univano le mie labbra al suo grosso cazzo ormai molle.Ho messo la testa sulla sua spalla e l’ho tenuta là mentre lui recuperava. Lo sperma correva dall’angolo della mia bocca al suo torace e giù al suo inguine.Con la coda dell’occhio ho visto il mio corpo riflesso in uno degli specchi, ancora nel bozzolo di luce. Dove c’era la mia testa, solo oscurità. Mi sono sentito vertigini di paura, ma tutto è stato messo a tacere dalla luce fioca; dalla sensazione inesplicabile di libertà e dal ricordo del suo cazzo. Vagamente capivo che la paura non serviva a nulla. Mia unica speranza era avere fiducia in lui.Finalmente ha aperto gli occhi e ha visto che guardavo il mio corpo abbandonato.”È vero” ha detto sottovoce. “Non sei pazzo e non c’è alcuna illusione. Sei qui ed il tuo corpo è là. È una delle cose che faccio.” Ha respirato profondamente; la mia testa si alzava ed abbassava sul suo torace come un tappo di sughero su un’onda.”Ora lo sai, Giorgio. L’ho capito la prima volta che ti ho visto. Malgrado il bracciale sul braccio. Sai come dare ad un uomo quello che vuole, come arrenderti, anche se ciò ti da’ dolore, ti degrada il tuo ego. Bene, è questo quello che voglio, Giorgio. Questo è quello che mi eccita. Fare quello che voglio con te, non hai alcuna alternativa.”La stanza girava intorno a me, ero di nuovo senza peso, poi tutto si è fermato. Michele stava in piedi sopra di me, il grosso cazzo scivoloso e semi duro sopra il mio viso. Mi aveva messo la testa sulla sedia, potevo sentire l’odore di sudore dove il suo culo e le sue cosce erano state posate sul legno.”Ti sarà d’aiuto pensare ad esso come al corpo di un altro uomo.” È andato al centro della stanza e ha circondato il corpo senza testa immobilizzandolo. Mi sono guardato intorno; la sedia era messa in maniera che non potevo vedere il mio viso riflesso, ma vedevo il mio corpo in tutti e quattro gli specchi, tutt’intorno. Non c’era alcun ceppo insanguinato dove la mia testa potesse essere, solo la depressione naturale sotto la mia clavicola.Era un bel corpo, dovevo ammetterlo. Suppongo che chiunque abbia visto il suo corpo indurirsi e riempirsi per il duro allenamento, divenga un narcisista. Ero pazzo, qualche cosa non andava nella mia testa che poteva guardare il mio corpo staccato. In quel momento non l’ho compreso: ero dove Michele mi aveva messo, in una strana zona psichica.Quel corpo mi eccitava. La mancanza di peli metteva in risalto i miei muscoli, come aveva detto Michele. Sembrava più massiccio, più robusto; specialmente i miei pettorali, grosse colline di muscoli lucenti. I capezzoli, normalmente sepolti in un turbine di peli, si ergevano fuori dagli orli come coni, imploranti di essere toccati. Ed il mio cazzo e le palle, senza peli ed incatenati, sembravano incredibilmente enormi, ma non imponenti; esposti e vulnerabili. Fallo, ho implorato silenziosamente; voglio vederlo strisciare, lo voglio.Michele si è chinato e ha afferrato il cerchio ardente che era sul pavimento. Non l’ha alzato sopra le mie spalle, ma lateralmente, attraverso le gambe, come se il cerchio fosse nient’altro che luce.”Sì, uomo, un altro corpo” ha cantilenato. “Senza peli e nudo.” Ha colpito leggermente uno dei capezzoli eretti. Il corpo si è ritirato. Ha fatto passare dietro le mani. “Culo fantastico. Mi piaccio la linea di abbronzatura di queste natiche.” Ha fatto scivolare la punta di un dito sopra la fessura. Ho visto le mie natiche stringersi e l’ho sentito. Una sensazione da fantasma, la stessa maniera in cui un mutilato potrebbe sentire un lembo perduto. Come essere in due luoghi contemporaneamente.Era fermo accanto al corpo ammanettato e mi guardava dentro gli occhi. Ha alzato un braccio al gomito, gli occhi erano bloccati nei miei, e ha afferrato uno dei capezzoli senza peli tra indice e pollice, ha tirato verso il basso sino a che il corpo prigioniero non è stato forzato a piegarsi sulla vita.”Il corpo di uno schiavo, Giorgio. Un grande stallone in manette. Come l’usiamo? Possiamo fare tutto quello che vogliamo, qualsiasi cosa tu abbia sognato di fare.”Michele ha preso due morsetti dalla scatola sul pavimento, io mi sono lamentato dentro di me quando li ho visti. Aveva scelto quelli grossi di metallo con potenti e denti come morsetti elettrici; quelli che usavo solo sui miei partner più affiatati e resistenti, ed anche allora come punizione. Michele si è avvicinato al mio corpo; mi ha spremuto i pettorali e mi ha massaggiato i capezzoli, finché non ho visto il mio stomaco contrarsi ed il mio torace sporgersi in silenziosa offerta.Michele ha sorriso; ha messo uno morsetto aperto su capezzolo destro dopo di che ha lasciato che i denti si chiudessero.Da lontano potevo sentire i denti affilati penetrare nella carne, ho visto il mio corpo scuotersi selvaggiamente, tentare di togliersi le manette. Ma Michele ha fatto scivolare un dito nella catena che penzolava dalle mie palle e ha tenuto il mio corpo sotto controlla. Ha guardato lo spasimare ed il contorcersi del mio torace, toccato i suoi dita al hanno annodato muscoli nel mio braccio e pancia. Allora ha attaccato il secondo morsetto.Il mio corpo si è contorto così violentemente da strappare la catena del cazzo dalle dita di Michele, l’ho visto, in uno degli specchi, cadere sulle ginocchia, sussultare e barcollare, pazzo di dolore.Michele ha preso l’attrezzatura da cavalcare e si è diretto a lunghi passi verso il mio corpo acquattato e tremante. Ha alzato il cuoio sopra la sua testa e l’ha messo sulle mie spalle.Il mio corpo si è scosso ed è rotolato ai suoi piedi, è inciampato nei pantaloni che erano sul pavimento, si è alzato disperatamente, è corso verso un muro, si è girato e ha preso una posizione difensiva, spalle al muro. Le tette erano strette nei morsetti ed il cazzo era duro. Non riuscivo a capire cosa stava succedendo… non ancora.Michele l’ha seguito lentamente e si è fermato a qualche metro dalla sua vittima accovacciata. Ha guardato il frustino. Ha guardato il mio torace, i muscoli in rilievo, tesi per il dolore. Ha toccato con il frustino la mia asta. Il mio corpo si è ritirato. Michele si è stretto il cazzo che stava sorgendo, poi ha alzato il frustino e l’ha posato sul mio stomaco.Ho visto il mio corpo alzarsi e correre, annaspando di dolore, cercare di scappare. Michele l’ha seguito pazientemente per la stanza, senza fretta, accarezzandosi il grosso cazzo bianco e maneggiando il frustino. Come un cacciatore intrappolava la preda. Giocava con me.Alla fine il corpo torturato dal dolore è crollato in ginocchio al centro della stanza, le spalle al pavimento, il culo che spingeva in aria.Michele era sopra il mio corpo di schiavo, lentamente si masturbava mentre mi colpiva il culo con quel dannato frustino, colpo dopo colpo, fino a che le natiche pallide non sono diventate rosse e con vesciche.Michele buttato il frustino, ha afferrato il mio corpo per i morsetti e mi ha forzato ad alzarmi. Nelle immagini riflesse potevo vedere ogni segno, le lunghe strisce rosse sulle mie spalle, sul retro delle mie gambe; vedevo il mio stomaco, il mio cazzo… il cazzo di uno schiavo, duro come roccia dopo i suoi colpi. Le vene martellanti, il fluido che gocciolava dalla fessura. Improvvisamente ho capito il perché… il corpo lo richiedeva insistentemente… ma altrettanto faceva la mia testa, mentre osservavo, pazzo di eccitazione, lo spettacolo. Due cose in una: la vittima masochista ed il sadico osservatore della mia umiliazione, e tutti e due volevano di più.Michele ha giocato coi morsetti, li ha torti, ha tirato i duri muscoli piatti alzandoli in montagne precipitanti, e guardava il mio corpo contorcersi. Ha tirato via i morsetti, uno alla volta, e li ha lanciati via. Ha carezzato il mio corpo, osservando la pelle contorcersi quando la punta di un dito strisciava sopra le delicate piste delle frustate.Ha alzato la testa e ha fatto balenare un sorriso misterioso. “Bel corpo da schiavo. Resiste bene, è pronto per qualsiasi altra cosa. Lo fotterò?”Ha strofinato il suo cazzo duro contro il mio. “Sicuro; gli darò quello che vuole, ma alla mia maniera.”Ha agganciato un dito alla catena del mio cazzo e ha tirato per tenderla; sempre più stretta. La catena affondava nella carne, il mio cazzo si è incurvato finché ho pensato che la pelle scoppiasse. Ho capito quello che stava per accadere e la mia mente è caduta nel più profondo stordimento, unica sua protezione.Michele si è leccato la mano libera, la sua saliva sembrava ardente alla luce blu. Ha mosso misteriosamente il dito bagnato intorno al mio cazzo ed alle palle. Ho visto le sue labbra muoversi, come se bisbigliasse parole non udibili. La sottile catena balenava alla fiamma bluPoi la catena è scivolata da parte, l’ha lasciata cadere rapidamente e ha alzato la mano per prendere i miei genitali staccandoli dal corpo. Ha tenuto i ventidue centimetri dell’asta per lo scroto nella mano destra. Sembrava una palla di carne depilata tra le mie gambe.Di nuovo ho cercato di gridare, tuttavia sapevo di non avere speranza. “Ti ho detto di non torce il viso in quella maniera” ha ringhiato. Ha fatto dondolare il cazzo e mi ci ha schiaffeggiato il viso; mi ha fatto male. Dagli occhi mi sono zampillate le lacrime che scintillavano al lume delle candele.La mia mente si perdeva, era un desiderio di oblio. Ma la sua voce mi ha riportato alla realtà.”Sarà duro” ha detto. Strofinava lubrificante sopra il mio cazzo. Una fioca sensazione di piacere si è stabilita da qualche parte sotto di me. “Tutta l’energia dell’incantesimo si è focalizzata nel tuo cazzo, come un potente conduttore. Ma ho un avvertimento per te. Quando verrai, quando il tuo cazzo esploderà, si romperà l’incantesimo. Starai nella stessa condizione in cui sei in questo istante. Così a meno che tu non voglia restare in tre pezzi, ti conviene rinviare.” Ha sorriso e ha fatto scivolare il mio cazzo nel suo pugno. “Naturalmente non avrai molto controllo.”È ritornato al mio corpo e gli ha dato un colpo col cazzo, l’ha maneggiato come un dildo sulla coscia. Il corpo è saltato come un animale spaventato.Ha conficcato le unghie della sua mano sinistra nel mio capezzolo destro, ha alzato il corpo, senza testa, asessuato, sulla punta dei piedi. Ha fatto un passo avanti e ha strofinato la sua cappella contro il moncherino denudato dove era stato il mio cazzo. Il mio corpo ha risposto immediatamente, le cosce si sono aperte, ho cominciato a dondolare avanti ed indietro. Il corpo ha strofinato l’inguine contro la punta del cazzo di Michele.Ha curvato le ginocchia, ha abbassato il cazzo e ha interrotto il contatto; il mio corpo ha seguito ciecamente. L’inguine depilato affondava e cercava il cazzo di Michele, lo ha trovato, ha strofinato sulla protuberanza di seta. Scopava come una cagna in calore.Michele si è piegato agevolmente sulle ginocchia, appoggiando il culo sulle caviglie. Il suo cazzo duro sporgeva come un missile. Il corpo ammanettato ha aperto le ginocchia e si è accosciato profondamente, cercando maggior contatto.Michele si è leccato il medio e ha strofinato la punta sopra la piccola macchia lucente tra le mie gambe. Il mio corpo, accosciato, ha ondeggiato indietro ed avanti, riuscendo appena a tenere l’equilibrio. Ancora una volta ho capito quello che stava per accadere. L’incredibile. L’impensabile.Non c’era alcun segno di un’apertura nel punto dove erano stati i miei genitali. Solo un gonfiore senza peli, come una palla. Ma quando ho guardato, Michele lentamente, gradualmente, ha introdotto il dito nella carne. Ha cominciato a farlo scivolare dentro e fuori. Il mio corpo voleva ancora di più.Ha girato la testa e mi ha dato un rapido sguardo; il suo viso raggiante e le labbra aperte. Gli occhi lampeggiavano trionfanti, come se volesse dire: Vede che posso fare quello che voglio? Vedi quanto lo vuoi?Mentre mi faceva il ditalino, mi ha circondato con un braccio e ha cominciato a spingere il cazzo, il mio cazzo, nel mio culo. Ha spinto con un colpo solo i ventidue centimetri sino alle palle. Ha pigiato il palmo della mano sopra la fessura per tenerlo dentro.Le mie anche si sono contorte sul suo dito ed hanno spinto indietro contro il mio cazzo. Michele ha tolto il dito ed il mio inguine ha cercato di seguirlo, pronto ad abbandonare il cazzo nel culo per non perdere la sua mano. Ancora una volta non riuscivo a distinguere alcuna fessura.Ma quando mi ha afferrato una tetta per tirare il mio corpo in avanti e giù, la sua cappella è scivolata dentro. E il mio corpo si è accosciato più profondamente, volendolo disperatamente, fino a che la grossa asta di Michele non è stata ingoiata completamente.Michele ha ansimato e ha scosso le grandi spalle per il piacere, ha chiuso gli occhi e ha sibilato oscenità impercettibili… o incantesimi?E il mio corpo, il corpo che aveva ammanettato, battuto, stretto con morsetti, decapitato, evirato, era sottoposto a qualche cosa di indicibile ed inumano, cavalcava il suo grosso cazzo, cavalcava l’asta che aveva nel culo. Irragionevole ma affamato, più una puttana che uno schiavo. Più animale che umano. Una creatura di magia nera. Una sua creazione.Mi faceva piacere che quel corpo non avesse testa, mi dava la possibilità di farmi gioco di me stesso dicendo che non ero io.C’è stata un’improvvisa sensazione più vivida delle altre, un bagliore, come se sentissi la mia cappella strofinare profondamente dentro le mie budella. Ho sobbalzato come se due fili si fossero toccati. Mi sentivo la febbre. Le luci si sono spente.La mia coscienza ha vacillato a lungo, i miei occhi si aprivano e chiudevano ed avevano brevi visioni dei corpi, sentivo Michele grugnire. Scene negli specchi: il bel culo di Michele, un fottere selvaggio, le mie gambe avvolte strettamente intorno alle sue anche, Michele sulla schiena sul letto, il mio corpo inginocchiato su di lui, fottersi col suo cazzo mentre lui mi tirava le tette; il mio corpo spalle sul letto, Michele posizionato tra le mie gambe aperte fotte con lunghi colpi mentre usa il mio cazzo duro come un bastone sul mio stomaco ed il mio torace.Dopo un lungo buio ho sentito la mano di Michele svegliarmi. Ho aperto gli occhi e ho visto un cazzo davanti al mio viso. Ma non era il cazzo di Michele. Un strumento più grosso, con grosse vene e striato di mucosa rettale. La mia gola era piena di saliva fresca. Ho aperto la bocca, poi ho capito che si trattava del mio cazzo quello che teneva davanti a me. Ho chiuso la bocca riprendendomi dalla pazzia.”Prosegui.” Ho sentito la voce di Michele sopra di me. “Non è bello come il mio, ma ti darà quello che desideri. Vai avanti. Cosa c’è che non va? Non ti piace il sapore]? Su, l’hai fatto succhiare a molti individui dopo averli chiavati; oltre a tutto si tratta di roba tua, uomo.”Ho guardato il cazzo duro, l’avevo visto nello specchio, naturalmente, ed anche in fotografia. Ma ora lo vedevano come lo vedevano i miei schiavi: enorme e pulsante, a pochi pollici dalle mie labbra e capivo perché quegli uomini si umiliavano per lui, comprendevo qual’era la potenza che li costringeva a domandare di lui insistentemente. Ho aperto la bocca e mi sono lamentato silenziosamente.Michele ha riso e l’ha spinto nella mia gola; l’ha sbattuto dentro e fuori, proprio come volevo. Mi è venuto in mente di quel caldo pomeriggio in cui ho allacciato il viso del mio schiavo al mio inguine e ho tenuto il mio cazzo nella sua gola per quattro ore, venivo, pisciavo, venivo, piscia. Ora capivo perché quattro ore non erano state abbastanza per quel succhia cazzi.Sentivo il piacere nel mio cazzo mentre succhiavo, era quasi un 69, succhiare ed essere succhiato, due cose in una.Ho spremuto la gola intorno al cazzo enorme, lo mungevo, assaporavo il piacere che davo e ricevevo. Poi Michele ha parlato.”Ricordati, Giorgio. Quando sborrerai interromperai l’incantesimo. E se accadrà mentre sei ancora diviso in pezzi, non potrò fare nulla per rimetterti insieme.” E continuava a farlo scivolare dentro e fuori della mia gola.Mi si è gelato il sangue, ho interrotto le vibrazioni nella mia gola, mi sono irrigidito.”Continua, Giorgio.” La sua voce era bassa e cattiva. “Il tuo cazzo è eccitato, lo è da ore. Le palle sono su nel sacco. Continua” mi ha stuzzicato sbattendolo con forza e velocemente “fallo venire. Lavoralo con la tua gola come un bravo succhia cazzi. Non vuoi sapere come ci si sente quando qualcuno ti sborra in bocca? Deve essere bello, scommetto che tornano sempre a farlo. Non vuoi sentire il sapore del tuo sperma?”L’ho guardato implorandolo con gli occhi. Ha continuato a far scivolare dentro e fuori la grossa verga, mi sono sentito dilatare, come mi capita sempre quando sono al limite.Ho stretto i denti con forza per interrompere il pompino.Michele ha riso. “OK, ti credo.” Ha lanciato il bastone sul pavimento; l’ho sentito atterrare con un tonfo pesante e ho sentito un dolore alle palle.Ha preso la mia testa e l’ha portato al centro della stanza; il mio corpo era sdraiato su di un fianco, esausto. Michele si è accosciato, ha messo la mia testa sulle mie spalle. Ha bagnato le dita con la saliva illuminata di blu e ha accarezzato la linea di giunzione. Ho sentito il calore fluire dal mio collo al mio torace, alle mie anche, alle mie gambe. Ringraziando dio tutto era di nuovo a posto, o quasi.Ho passato alcuni minuti tossendo ed ingoiando convulsamente per liberarmi dei succhi che mi riempivano la gola. Michele ha aperto le manette e mi ha tirato in piedi. Le mie gambe tremavano, sentivo dolore dappertutto. Ma era meraviglioso sentire qualche cosa sotto il mio collo.Michele si è stirato e ha sbadigliato. “Cazzo, sono tutto pesto” ha detto. “ti ho fottuto per ore, baby.” Ha pizzicato uno dei miei capezzoli facendomi girare indietro la testa per il dolore. “Ti sono venuto dentro due volte mentre eri svenuto, una volta nel culo, ed una volta.. beh l’hai visto. Penso che farò la doccia ed andrò a letto.””Ma…” ho guardato il mio cazzo sul pavimento e ho spostato subito lo sguardo.”Oh sì” ha detto Michele. “Quello… vai a prenderlo, è tuo.”Il mio torace si è contorto d’orrore. “Per favore” ho bisbigliato.”Cosa dici? Non ti sento.”Ho abbassato gli occhi, ho dato un’occhiata di sfuggita alla carne nuda, ho chiuso gli occhi con forza.”Oh per favore Michele, fammi tornare normale. Oh per favore, per l’amor di Dio.”Ho sentito un pesante schiaffo sul viso, ho capito che non era la sua mano. La sua voce profonda era su di me. “Non si implora così.”Continuavo a tenere gli occhi chiusi.”Inginocchiati ed implora con la bocca.”Mi sono inginocchiato e ho preso la sua carne molle tra le labbra. Il mio viso era bagnato di lacrime.”Fammi venire di nuovo; non sarà facile; tre volte è di solito il mio limite. Fammi vedere come sei bravo, fammi vedere come succhi bene il cazzo. Fammi venire ed io ti lascerò tornare come prima. Sarà così… se tu non vieni prima.”Ho succhiato e ho cercato di non pensare a nient’altro che il suo cazzo. Sono tornato ai miei giorni da novizio, prima che i miei muscoli diventassero d’acciaio e stavo prendendo confidenza a dare ordini… sono tornato ai giorni quando il mio ruolo era dare piacere ad altri uomini. Quando una notte di sesso voleva dire succhiare, strisciare e dire grazie dopo essere stato punito. Non avevo pensato che un uomo sarebbe riuscito a ridurmi di nuovo così.Lentamente, lentamente si è indurito, fino alle dimensioni di una bottiglia di birra infilata nella mia gola. Non era così facile questa volta. Soffocavo, mi veniva da vomitare, sentivo i miei polmoni cedere, sollevarsi pesantemente… ma non cedevo. Forzavo la mia gola sopra lui sempre di più, mi strangolavo.”È meglio del tuo cazzo, non è vero Giorgio?”Sì, era vero. Il suo cazzo, così grosso, così compatto, era migliore.Ha cominciato a lamentarsi e contorcersi; c’era, ci stavo riuscendo.Allora l’ha tolto, ha allontanato il mio viso, ha lottato contro il suo orgasmo. “Non ancora” ha bisbigliato “non ancora.”Mi torturava, l’ho portato al limite più e più volte, succhiando disperatamente, usando ogni trucco che potevo ricordare. Ma lui mi toglieva; mi faceva cominciare da capo. E per tutto il tempo lavorava sul mio cazzo.”Pensaci” cantilenava “a quello che accadrà se ti farò venire per primo. Resterai così, per sempre. Non essere così triste.” Ha abbassato una mano e ha accarezzato con un dito il mio inguine asessuato. C7è stato un bagliore incredibile di piacere, non terreno. Mi sono scosso e mi sono lamentato intorno alla sua asta.”Saresti il mio schiavo, Giorgio, veramente il mio schiavo. Hai giocato quel gioco per anni, ma questa è realtà. Ti possederei… o il tuo cazzo, che è la stessa cosa. Saresti mio. Non potresti mai più mostrarti ad un altro uomo così conciato. Dovrai venire strisciando da me per fare sesso. Forse sarei nell’umore giusto. Forse no. E hai visto il genere di giochi che mi piace giocare.”Con quell’incubo nella mia testa ho succhiato il cazzo come non avevo mai succhiato prima. Gli ho dato il mio ultimo grammo di energia. L’ho adorato per quella forza primitiva che era. Ho succhiato e ho succhiato e ho succhiato.E finalmente l’ho sentito ruggire sopra di me, ho sentito la sua carne irrigidirsi e pompare. Ho sentito il sapore amaro dello sperma… e nello stesso istante le mie anche hanno cominciato a scuotersi. Venivo in risposta a lui… ma più tardi.Allora ho sentito le sue mani sul mio inguine… fuoco blu.E quando ha finito, ero tutto come prima. Michele ha tolto la sua asta con un schiocco ed è crollato sopra il suo trono, col torace che si alzava ed abbassava ansante, lo sguardo soddisfatto. Io ero troppo prosciugato per odiarlo. Mi ha fatto rimanere in ginocchio, come prima. Ero troppo esausto per alzarmi. Mi ha forzato a leccare la mia sborra sul pavimento, mi ha costretto a baciargli i piedi.L’ho guardato, dopo molti minuti ho ripreso fiato. Il mio cervello era intirizzito ma anche distrutto come ero, era necessario che gli domandassi qualche cosa.”Michele, quello che hai fatto, quello che fai, non so come si chiamati, non so se ha un nome, ma quello… che cos’è””Qualche cosa che ho dalla nascita, ce ne sono altri. Ne ho incontrati tre nella mia vita, ho sentito di altri. Ci teniamo distanti l’uno dall’altro. Non ottenga idee di cultura esso. Ho studiato, letto antichi documenti, cercato di mettere a fuoco il mio potere… ma niente.”Ha spinto l’alluce nella mia bocca. “Così se mai vorrai farlo ancora, sai dove venire. Tuttavia saresti pazzo a chiedermelo ancora, sarebbe pericoloso. Ma le possibilità, i giochi, sono illimitati. Prima o poi…”Ha tolto il dito dalla mia bocca e mi ha spinto il viso al pavimento col piede. “Ora vattene, sono stanco di te.”Ho barcollato nudo sino alla mia stanza, fuori era scuro, dovevo aver passato otto ore nella sua stanza. Ho chiuso la porta e sono strisciato a letto. Ho visto la striscia di cuoio sul mio braccio destro. Avrei voluto rimetterla sul sinistro, ma avevo paura che se ne sarebbe accorto.Ho sentito Michele nell’atrio, poi nella doccia. Cantava felice, con la sua profonda voce da basso, ed io mi sono addormentato.La mattina della domenica mi sono svegliato rigido ed indolenzito. Mi faceva male il culo e c’era del fuoco nel mio inguine. Speravo che non mi avesse danneggiato dentro; ero coperto di segni, le mie tette erano intoccabili ed il braccio doleva come le mascelle.Ho fissato il soffitto e ho pensato a quella notte; perseverante il mio cazzo ha cominciato ad indurirsi.Hanno bussato alla porta, mi sono irrigidito per la paura. “Chi è?””Sara.””Oh, entra.” Ho tirato su il lenzuolo a nascondere il torace. È entrata con un carrello di cibo. “Michele ha detto che non stavi bene oggi, così ho pensato di portarti da mangiare.””Grazie, appoggialo sul mobile, mangerò più tardi.””Ok. Sei pallido,” ha detto maternamente. Poi mi ha fissato e ha aggrottato le sopraciglia. Ho visto che guardava il mio bracciale, che ora era sul destro. O stava guardando il mio braccio senza peli?”Verrò a vederti più tardi. Chiamami se hai bisogno di qualche cosa.” La sua voce era strana.Ho mangiato il le uova affogate e la zuppa che aveva portato. Ho visto che i miei pantaloni e la cassetta di legno erano vicino al letto, Michele doveva averli riportati, forse era entrato nella mia stanza mentre dormivo.Sono andato in punta di piedi in bagno a mettere dell’unguento sulle parti dolenti. Ho defecato dolorosamente, c’era anche del sangue, ma non tanto da preoccuparmi. Sono ritornato nella mia stanza e ha dormito come un morto fino al tramonto.Più tardi di sera sono andato di nuovo in bagno. Mentre stavo per uscire ho sentito qualcuno nell’atrio. Non volevo vedere Michele di nuovo, ho spiato dalla porta semi chiusa.Era Carlo, l’amico biondo di Michele, quello che aveva abitato la mia stanza. Portava una canottiera e le braccia abbronzate ed il torace erano lisci e senza peli.Sono ritornato nella mia stanza e ho cercato di starci, ma dovevo sapere.Silenziosamente ho salito la scala col cuore che martellava, ho aperto la porta per alcuni centimetri e ho sbirciato dentro.Michele era seduto sul suo trono, portava solo la canottiera bianca tesa sui pettorali e penzolante sullo stomaco piatto. Il suo cazzo semi rigido era posato come un bastone sulla sedia tra le sue cosce.Il biondo era inginocchiato nudo davanti a lui con la schiena verso di me.”Non stasera.””Per favore Michele, lo voglio. Ora. Lo desidero troppo.” E strofinava le mani tra le sue gambe svergognatamente.”Ho detto no stasera.” La voce di Michele era dura.L’uomo si è sporto in avanti e ha leccato il cazzo di Michele con una lunga carezza. Singhiozzava.”Dannazione, va bene” Michele ha borbottato. Si è alzato ed è andato ad un armadio, il suo grosso cazzo ondeggiava. Ha aperto un cassetto e ha tirato fuori qualche cosa avvolto in seta blu. “Solo una volta stasera” ha detto.Si è girato verso il biondo inginocchiato e ha svolto l’oggetto. Sembrava un grosso, liscio dildo, ma sapevo che non lo era.”Alzati, stupido.”Carlo si è alzato e si è girato. Ora lo vedevo girato verso di me. Ho visto la liscia carne asessuata tra le sue gambe.Ho chiuso la porta lentamente, il sangue mi martellava nella testa come un tuono.Quella notte, coperto dall’oscurità, ho raccolto le mie cose, mi sono allontanato da quella casa e sono andato in un motel. Di tanto in tanto ho sentito il desiderio di vedere Michele, un’occhiata di sfuggita alle sue larghe spalle, da una distanza di sicurezza; ma non sono ritornato mai più.
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