Quando mi rialzai, il bagno era deserto. Sfruttai la doccia per ripulirmi: mi sentivo sporca, ma soprattutto dentro, visto che il disgusto, il quale, in un momento simile, sarebbe dovuto essere la più logica reazione, aveva lasciato ormai definitivamente il posto a un’eccitazione pressoché costante. Restando nuda (e come avrei potuto rivestirmi, senza abiti?), mi avviai nel lungo corridoio. Dalle altre stanze da letto provenivano gemiti e grida inequivocabili. Ma, ad attirare la mia attenzione, furono alcune battute che riuscii a udire da una camera. Cristina, l’altra donna adulta della festa, stava urlando di godimento, e una voce maschile, ansimante per il piacere, disse che, prossimamente, il mio culetto sarebbe stato trasformato in un vaso di sborra! Me ne scappai lungo le scale, inorridita ma anche eccitata da quel programma. Mi rannicchiai su una poltrona con la faccia in lacrime stretta tra le mani. E fu lì che mi trovò il ragazzino che mi aveva scopata davanti a tutti durante il gioco della bottiglia. – Credo che, ormai, ti sia ben chiaro che ci devi stare! – mi disse con aria cattiva. – Adesso, dunque, ti alzerai e ti piegherai sullo schienale della poltrona tenendoti le chiappe spalancate con le mani! Lo guardai allibita. Aveva l’uccello durissimo. Cercai di farfugliare una protesta, ma lui mi colpì in viso con un ceffone tanto violento da farmi ricadere sulla poltrona. – Obbedisci subito, se non vuoi che certe videocassette…! – mi gridò addosso lasciando la frase a metà come segno di minaccia. Piangendo calde lacrime, mi alzai e mi piazzai dietro alla poltrona come aveva chiesto lui. Poi, allungai di dietro le mani tremanti e, con un senso di vergogna che mi dava quasi la nausea, dilatai le mie natiche al massimo. – Hai un buco di culo che è un fiore! – commentò volgarmente il ragazzino. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro in attesa di sentirmi scanalare in figa o nel culetto dal suo uccello forte e duro. Invece, fu la sua lingua a percorrere il solco mediano e a incunearsi lì dove stavo attendendo un glande bollente. Dire che quel contatto mi dispiacque sarebbe una grossa bugia. Con la punta della lingua, il ragazzino spingeva ondate di saliva nel mio culetto e, poi, percorreva in su e in giù tutto il solco sospirando di piacere. E io rispondevo a quelle sollecitazioni tenendo sempre ben aperto il culo e muovendo lentamente i fianchi, mentre le tettine, compresse contro lo schienale della poltrona, mi dolevano per la tensione. Avevo gli occhi chiusi per la concentrazione, ma li riaprii quando il ragazzino mi penetrò l’ano con due dita, come avvenuto in cucina. E, riaprendoli, vidi Luca che stava riprendendo con la telecamera anche quello spettacolo. Cercai di rialzarmi per protestare, ma una mano del ragazzino mi spinse contro lo schienale. – Stattene buona, troietta! – mi disse con malvagità eccitata. – Tanto, con le video che ci sono già, una in più o in meno non fa molta differenza! Aveva ragione! Mi ripiegai in avanti lasciando che le sue dita continuassero a frugarmi nel retto senza delicatezza ma, per fortuna, nemmeno dolore, grazie a tutta la saliva con cui mi aveva riempita poco prima. L’unico istante di bruciore fu quando le dita divennero quattro e, soprattutto, quando cominciò ad aprirmele dentro: il mio anello muscolare veniva letteralmente dilatato oltre ogni limite. Luca, intanto, faceva lunghe zoomate su ogni particolare, mentre il mio senso di umiliazione cresceva secondo dopo secondo. Non c’era parte del mio corpo che non venisse immortalato da quella maledetta telecamera, nemmeno il mio viso sfigurato dal dolore misto a piacere che mi stava travolgendo tutta quanta. Finalmente, l’ispezione rettale finì, ma solo per fare posto all’uccello del ragazzino. Non fu per niente delicato: si limitò ad appoggiare la cappella gonfia al mio buchetto rimasto semiaperto e a spingervela dentro in un colpo solo fino a quando i testicoli vennero a sbattere contro la vulva fradicia. E, nonostante la dilatazione manuale di poco prima, gridai di dolore con tutte le mie forze, un grido che venne accuratamente registrato su videonastro dal mio ex fidanzato. Così come vennero registrate le grida di piacere che seguirono, provocate da quella sodomizzazione selvaggia che nemmeno pensavo potesse portarmi a una cascata tanto interminabile di orgasmi! Sì, perché venni almeno cinque o sei volte, prima che il ragazzino svuotasse i propri coglioni nel più profondo del mio retto. Venni agitandomi tutta, tremando, mentre il giovanissimo, che mi tratteneva ora per i fianchi e ora per le tettine, descriveva a Luca il piacere che gli veniva dal mio anello che si contraeva ritmicamente intorno alla sua verga. – La tua ragazza è fatta apposta per essere inculata! – gli diceva ansimando. – E guarda come ci si aggrappa bene alle sue tette! Quando quel palo di carne si sfilò dal mio culetto, mi accasciai sullo schienale della poltrona completamente distrutta. Ormai, mi stavo trasformando davvero in un vaso di sperma, ed era veramente un fiume di sborra, quello che usciva dal mio retto sfiancato. Luca, naturalmente, non perdeva un solo particolare nemmeno del mio riposo. – Sei davvero splendida, amore mio! – mi diceva con un tono tra lo scherno e l’affezionato. – Tu non ci crederai, ma ti amo ancora di più, quando ti vedo godere come una troia con qualunque cazzo! Dunque, era questo, il mio Luca: un pervertito che godeva a cedere la propria donna agli altri! Eppure mi aveva parlato d’amore: ma come potevano coesistere quella perversione e un sentimento così alto? E come potevo, io, godere follemente sentendomi penetrata da cazzi estranei, riempita di sperma, usata, derisa, trattata come un autentico oggetto sessuale? – Ma sia ben chiaro! – riprese Luca interrompendo le mie riflessioni. – Tu andrai solo con chi e quando te lo dirò io! Guai a te se cercherai gente per conto tuo! Non ti farò mai mancare il cazzo, ma sarò solo io a decidere chi saranno quelli che ti fotteranno. Altrimenti, le tue videocassette…! Dunque, Luca era persino geloso! Ormai, non ci capivo più niente! Ero conscia solo del fatto che, in quella villa, chiunque mi avrebbe potuto fare o far fare qualunque cosa. Mi sollevai dallo schienale, mentre i miei piedi scivolavano sulla sborra che era colata fino a terra dal mio povero culo. Luca posò la telecamera e mi abbracciò baciandomi con autentica passione. Ed io, nonostante quello che mi aveva programmato, ricambiai con amore quel bacio. Fu come se avesse annullato ogni mia riflessione, come se qualunque traccia del mio pudore e delle mie resistenze si fosse dissolta sulle sue labbra. Quando mi lasciò, sola e stordita, il resto della compagnia si stava alzando, e io ero lì nuda, con la parte inferiore del mio giovane corpo da gazzella tutta bagnata di sperma, ben conscia del fatto che le mie prodezze mattutine non sarebbero state un segreto per nessuno di quanti popolavano in quel momento la villa. I primi a raggiungermi furono due amici di Dario che non vollero perdere l’occasione per accarezzarrni dappertutto. – Sei proprio la prima colazione ideale! – mi disse uno di loro infilandomi due dita nel retto e ritraendole fradice di sborra. Quel gesto, naturalmente, alzò subito la temperatura generale, e fioccarono le pretese: uno dei due volle essere succhiato a fondo, mentre l’altro partì alla ricerca di Luca per chiedergli il permesso di incularmi. Quando trovò il mio fidanzato, le mani del primo mi stavano trattenendo sul suo cazzo in modo che fossi costretta a bere la lunga sborrata che stava riversandomi in gola. Gemevo per la fatica di ingoiare da quanto abbondante era l’eiaculazione, ma sentii chiaramente Luca che parlava con l’altro ragazzo. – Vai a chiamare anche gli altri: mentre la inculi, le faranno una doccia di sperma! Quando mi risollevai dal pube di quello che avevo appena succhiato, mi ritrovai in mezzo all’intero gruppo della festa. Restando in ginocchio per terra, venni sospinta a quattro zampe, e mani forti quanto ignote mi spalancarono le ginocchia in modo da essere pronta a offrire di nuovo il mio splendido e piccolo culetto ad un cazzo duro e pieno di desiderio. Un glande si appoggiò alla mia rosetta e non dovette fare nemmeno troppa forza, per sprofondare nel mio retto: le sborrate precedenti mi avevano lubrificata abbondantemente e, quindi, ormai non offrivo più molta resistenza. In compenso, però, il mio ano restava ancora ben elastico ed estremamente piacevole. – Anche se ci passa un treno, questo culo resta stretto come la prima volta! – disse quello che mi stava possedendo. – Hai mai pensato a farglielo vendere, Luca? C’è da tirar su una fortuna, con un culo così! – esclamò un altro che si stava masturbando vigorosamente. Insomma, mi volevano far fare la puttana! Intanto, tutt’intorno a me era un susseguirsi di mani che accarezzavano uccelli pulsanti, e quando dalla cappella rigonfia piantata nel mio culo cominciò a eruttare lo sperma rovente, da ogni lato abbondanti getti di semenza volarono verso il mio corpo ricoprendomi di uno strato biancastro tiepido. Infine, ecco di nuovo l’onda del piacere salirmi dal sedere e irraggiarsi per tutto il corpo. Erano vibrazioni violentissime che mi scuotevano tutta e che aumentarono d’intensità quando percepii delle mani che mi spalmavano quella crema oscena su ogni centimetro della mia pelle. Me ne stavo con gli occhi chiusi, anch’essi ricoperti di sborra e, dunque, non potevo sapere chi mi stava accarezzando; ma dai commenti dei presenti capii che Luca non aveva mancato di videoriprendere anche quell’ennesima mia umiliazione. Quando, finalmente, l’uccello si sfilò lentamente dal mio retto, me ne rimasi a quattro zampe senza fiato, in una sorta di piacevolissimo torpore che veniva mantenuto anche da quelle mani deliziose. Ogni tanto, scendevano verso le mie tettine stringendole delicatamente, le dita ne pizzicavano le punte con la giusta forza per farmi rabbrividire ancora e, poi, disegnavano cerchii sul mio ventre per finire sul pube. E quando raggiungevano il clitoride, i brividi aumentavano portandomi sull’orlo di un nuovo orgasmo, sapientemente interrotto. Labbra morbide si posarono sui miei occhi, e percepii una lingua passarmi sulle palpebre per liberarle dallo sperma che le ricopriva. Finalmente il mio sguardo poté spaziare, e mi accorsi che la persona che si stava dedicando a me con tanta delicatezza era Cristina, l’altra delle due donne adulte. Ebbi appena il tempo di rendermene conto, che la sua bocca s’incollò alla mia e le nostre lingue s’intrecciarono in un lunghissimo bacio forse persino più sensuale di quelli di Luca. Socchiusi gli occhi per godermi quell’istante lesbico con tutto il piacere che mi procurava, e lentamente ricaddi sulla moquette, mentre la donna mi abbracciava con autentica passione. Le sue mani non si facevano sfuggire un solo particolare del mio corpicino; poi le nostre labbra si staccarono. – Adesso ti pulirò del succo che quei maiali ti hanno versato addosso! – mi sussurrò in un orecchio con un tono quasi innamorato. Nella stanza c’era un silenzio irreale, nonostante nessuno avesse abbandonato il locale. Luca continuava a videoriprendere quanto mi stava accadendo, e doveva essere uno spettacolo straordinario: la lingua di Cristina percorreva lunghi sentieri dalle mie spalle fino ai miei piedi asportando ogni traccia delle sborrate precedenti. E, in questi percorsi, si avvicinava sempre più alla mia vulva palpitante. Fino a quando la bocca della donna non si appoggiò direttamente alle mie labbra più intime e la sua lingua non prese a penetrarmi come se fosse stata un minuscolo pene. Il mio bacino prese letteralmente a saltare, ma non potei gridare apertamente il piacere violentissimo che stavo provando perché mi ritrovai sul volto il pube della donna fradicio di umori e di sperma. E mi venne spontaneo – lo ammetto! – ricambiare il bacio voluttuoso che lei mi stava regalando, mentre le mani, indipendenti dalla volontà, afferravano le sue mammelle sode ed elastiche strattonandole in ogni direzione ma soprattutto in basso, come in una sorta di oscena mungitura. Non durammo troppo tempo: gemendo e vibrando tutte, godemmo all’unisono mentre nuovi getti di sperma vennero a spiaccicarsi sui nostri corpi uniti in quel sessantanove praticamente pubblico Cristina, alla fine, si distese su di me priva di forze, mentre il resto dei presenti si allontanò dal salone lasciandoci sole. Dopo qualche istante, lei si risollevò liberando il mio viso, bagnato fradicio sia dei suoi umori sia della sborra che mi era colata addosso dalla sua figa, penetrata, poco prima della lesbicata, da uno dei ragazzi. – Grazie, piccola! – mi disse la donna alzandosi da terra. – Poche volte ho goduto così tanto con una troietta della tua età! Sei una lesbica perfetta, ma ti piace ancora troppo il cazzo per fare il grande salto! Poi mi aiutò a sollevarmi e mi rivelò dove erano stati nascosti i miei indumenti; ed io, ringraziandola a mia volta, corsi a recuperarli. Entrai in una stanza da letto che, però, trovai occupata da una ragazza impegnata con due giovani. Lei era distesa su uno di loro mentre l’altro la stava sodomizzando. La scena, che avevo già visto in una videocassetta pomo, adesso mi affascinava in maniera perversa, forse perché quelle grida, quei gemiti, non erano una recita. Rimasi imbambolata a guardare il terzetto fino a quando il ragazzo con il cazzo piantato nel retto della giovane non si sfilò da quello stretto buco per scendere dal letto ed avvicinarsi a me. – Adesso mi fai sborrare nella tua bocca! – mi disse brandendo l’uccello con una mano. Mi ripresi dal torpore erotico suscitato dalla scena di un attimo prima e cercai di scappare, ma il ragazzo fu più veloce e, afferratami per un braccio, mi costrinse a terra. Poi prese a schiaffeggiarmi con la cappella fradicia fino a quando non potei fare altro che aprire la bocca e cominciare a succhiarla. Quello che stava facendo alla ragazza lo aveva eccitato oltre ogni misura, e, quindi, la sua resistenza durò poco. Ma da quella grossa prugna violacea di desiderio iniziò a sgorgare la più incredibile sborrata che avessi mai visto fino ad allora. Decine di getti mi colarono sul fondo della gola, ed io, prima un po’ per forza e, poi, soprattutto per piacere, presi a ingerirli con cura senza perderne nemmeno una goccia. Quando, finalmente, la sborrata fu terminata, mi sentii letteralmente sazia di sperma, con lo stomaco pieno di quel liquido osceno, mentre l’uccello, tuttavia, rimasto ben duro nonostante l’orgasmo, venne ripiantato nel sedere della ragazza ancora dilatato. Mi rialzai con una naturalezza che non pensavo possibile, proprio in me che, fino a ventiquattr’ore prima, non avevo mai succhiato un cazzo, e ritrovai i miei vestiti in un armadietto dietro a una poltrona. Raggiunsi un bagno dove, finalmente chiusa a chiave in solitudine, potei lavarmi anche intimamente per liberarmi dalla sborra che mi era stata riversata nel corpo fino a quel momento. Mi rivestii e, tornata al mio solito aspetto innocente, rientrai in salone. Luca mi stava aspettando per riaccompagnarmi a casa. Il viaggio avvenne in un silenzio carico di tensione, uno stato che esplose poco prima di entrare in città. – Non penserai che ti baci dopo che hai bevuto quel ragazzino, vero? – mi disse in tono cattivo. Gli risposi che, in fondo, vedermi fare certe cose lo aveva eccitato tantissimo, ma lui mi ricordò che sarei dovuta andare solo con quelli che mi avesse indicato, cioè, almeno per quel l’occasione, solo quelli con i quali mi aveva ripreso. – Ma io non potevo saperlo! – ribattei con gli occhi velati di lacrime. – Beh, dovevi immaginarlo! – aggiunse lui. – Comunque, la punizione per questa tua mancanza sarà più dura di quanto tu stessa possa immaginare. Da domani verrai sempre in ufficio senza mutandine e farai tutto quello che ti dirò. Altrimenti, tra noi due sarà tutto finito, e le tue videocassette faranno il giro della città! Prima di scendere dall’auto, Luca mi chiese di nuovo se i prossimi giorni non mi fossi messa le mutandine; una domanda del tutto inutile, vista la formidabile arma di ricatto che possedeva. Ma, sinceramente, non volevo perderlo: in fondo, le sensazioni provate fino a poche ore prima erano nate proprio dal mio legame con lui, anche se il senso di vergogna, l’essere usata nei modi più volgari, la distruzione della mia reputazione avevano scatenato in me piaceri veramente perversi, contrari a tutta l’educazione che avevo ricevuto fino a quel momento. Dunque, annuii in silenzio: sì, non avrei più messo le mutande. E Luca volle rassicurarmi sul nostro legame con un bacio a fior di labbra che, invece di suonarmi come un bacio di Giuda, come sarebbe stato logico, mi apparve come il più bel dono del mondo! Passai il resto della giornata a riflettere su ciò che era accaduto. Quando mia madre mi chiese com’era andato il weekend, non so se le mentii veramente, dicendole che mi ero divertita: in fondo, anche se per costrizione, fare certe cose mi aveva regalato piaceri profondi. Ma rimaneva il fatto che tutto, proprio tutto, di quel fine settimana, era andato contro alle mie convinzioni, alla mia educazione, alle mie intenzioni. Il mio corpo aveva deciso per me costringendomi a comportarmi come se avessi una decina d’anni di più. E quando, finito di riflettere su ciascuno degli episodi vissuti, mi ritrovai completamente fradicia tra le cosce, compresi che Luca aveva aperto dentro di me una porta che portava alla lussuria più sfrenata, a volte oscena, ma eroticamente travolgente.

