La storia che mi accingo a raccontare è una storia vera, che mi ha cambiato la vita in maniera radicale. Non voglio rischiare di essere scambiata per una troia senza scrupoli, percui cercherò di spiegare ciò che mi ha portato a fare le cose che ho fatto. Semplicemente voglio raccontare una storia che può sembrare squallida, ma che a me sembra troppo bella per non essere conosciuta almeno da qualcuno.Da diversi anni, ormai, vivo una storia d’amore dolcissima: il mio ragazzo, un bel trentenne sveglio e intelligente, mi ha sempre fatta sentire come la donna più importante del mondo, dandomi tanto amore quanto pochi al mondo, forse, riescono a dare. Abbiamo condiviso tutto negli anni in cui siamo stati assieme, riuscendo a capirci anche senza parlare. L’unico problema che avevamo era una certa incompatibilità per quanto riguarda il sesso: lui avrebbe sempre voluto vedermi sveglia, vivace e fantasiosa, ma io non ho mai sentito quella passione travolgente che ti fa perdere ogni inibizione, concedendo al tuo partner tutta te stessa, in quel gioco che ti trasforma nell’incarnazione delle sue fantasie erotiche. Forse perché era stato l’unico uomo della mia vita. Ad ogni buon conto, da qualche tempo, ero diventata un po’ irrequieta, e sentivo una barriera crescere lentamente ma inesorabilmente tra noi due; avevo bisogno di guardarmi attorno, di capire cosa mi mancava per potermi sentire definitivamente donna. Cominciai a uscire con le amiche più spesso di quanto non facessi con lui, ma la cosa, tutto sommato non lo indispettiva più di tanto. Certo, lui è un tipo geloso, ma si fidava di me, sapendo quanto grande fosse tutto ciò che ho sempre provato per lui. Però io mi sentivo veramente bene solo uscendo con le amiche, e soprattutto con quelle non fidanzate, ed in particolar modo con Letty (il cui vero nome non voglio rivelare, per ovvi motivi), la quale era praticamente diventata la mia migliore amica: da quando si è lasciata con il suo ragazzo, quasi due anni fa, lei ha cominciato una vita povera di sentimenti e ricca di divertimento, affrontando con totale spensieratezza i propri istinti e facendo della libertà la propria bandiera. E’ una ragazza carina, anche se non bellissima, ma ha un fascino aggressivo, ed è piuttosto sfacciata sia di carattere che di comportamenti, quindi la compagna ideale per delle scorribande in caccia di “botte di vita”. Andavamo spesso nei pub o a ballare, e io ero contenta nel vedere che ogni sera c’era qualcuno che voleva conoscerci: i ragazzi in discoteca ci fermavano spesso, e quando eravamo a bere, ci mettevamo apposta nei tavoli grandi, aspettando ben poco tempo prima che qualcuno ci si mettesse accanto con il solo scopo di conoscerci. Ma, mentre lei fissava appuntamenti praticamente una sera si e una sera no, lasciando il proprio numero di telefono a tutti quelli che le piacevano, io sentivo una voglia spropositata di essere come lei, ma non ci riuscivo, non trovavo il coraggio. Certo, in quelle sere mi sentivo totalmente single, il mio ragazzo era come se non esistesse; ma quando arrivavo al dunque, i miei sentimenti riaffioravano, facendomi sentire in colpa nei suoi confronti e bloccandomi. Più di una volta mi ritrovai a tornare a casa da sola perché la mia amica aveva rimorchiato, e allora affiorava qualcosa di diverso: un senso di colpa nei miei confronti! “Perché deve essere così, mi chiedevo, perché devo sentire tutta questa voglia di conoscere gente e non riuscire a spingermi oltre? Mi sto negando qualcosa, qualcosa di grosso, e non è giusto. Non fa bene né a me né al mio ragazzo, tutto questo!” E non ostante tutto, non riuscivo a smuovermi, creando anche situazioni piuttosto scomode e imbarazzanti. Una volta, addirittura, rischiai di avere una brutta avventura:avevo bevuto più del solito ed ero ben più che alticcia, e a me, di solito, l’alcool mette allegria, anche se non lo reggo. Due ragazzi, uno biondo, alto e molto bello, e l’altro un po’ più basso e dal viso non particolarmente interessante, ma dall’aspetto sicuro e estremamente virile, si misero a chiacchierare con me, e probabilmente capirono che ero mezza ubriaca, dato che non ci misero molto ad invitarmi ad andare a prendere una boccata d’aria fresca. Io accettai, ed uscii con loro dalla discoteca, inoltrandomi nel parcheggio ricavato in un ampio piazzale alberato. Camminammo fino alla loro auto, un grosso Land Rover nero, e io mi appoggiai con la schiena ad esso. I due ragazzi mi si fecero vicini, e il biondo si chinò, baciandomi sul collo. La mia eccitazione salì di colpo alle stelle, facendo scorrere la mia fantasia insieme alla mano dell’altro, che stava salendo su per la mia gamba destra, entrandomi sotto la minigonna. Ma quando arrivò in cima, mi bloccai di colpo, sentendo improvvisamente l’ormai consueto senso di colpa frustarmi la schiena. “No, fermi…. Aspettate un’attimo….” mormorai mentre il biondo mi raccoglieva a coppa il seno, stringendomelo; “E dai, bella! Si vede, che ne hai voglia!” mi fece l’altro. Io feci per svincolarmi, ma i due mi tennero ferma; il biondo si frugò in tasca, e mentre sentii il bip della chiusura centralizzata del Land Rover che scattava, mi disse in tono piuttosto duro: “Eh no, biondina, non vorrai mica farci rizzare il cazzo e poi mandarci a fare in culo, eh? Coraggio, che adesso ci divertiamo un po’!”. Ero terrorizzata: i due riuscirono a spingermi sul sedile posteriore dell’auto, iniziando a strapparmi le calze. Ma con la forza della disperazione riuscii a colpire il biondo con un la pianta del piede proprio in faccia, liberandomi e mettendomi a correre (per quanto potevo, con i tacchi alti) verso l’ingresso della discoteca, in lacrime. Il buttafuori mi vide arrivare e mi venne subito incontro, ma i due, fortunatamente, non avevano nemmeno provato ad inseguirmi. Quando trovai la mia amica le chiesi subito di andarcene, spiegandole l’accaduto. Lei mi accompagnò in bagno, aiutandomi a togliere le calze lacerate, dopodichè, prima di andare dal buttafuori e chiedergli di scortarci alla nostra macchina, per evitare brutti incontri. “Sei tutta scema!- mi disse, in macchina, -Non puoi fare queste cazzate. Se te ne vai fuori con qualcuno, devi essere sicura di quello che stai facendo. Non puoi fare le cose così, a caso, stando a vedere cosa succede. Non sai mai con chi puoi avere a che fare, percui, se accetti un’invito, devi accettarlo, e basta. Sei sempre a tempo a pentirti, ma prima devi arrivare in fondo. Se non avevi voglia di fare quello che stavi per fare, non dovevi andare con loro!”.”Ma io, lì per lì ne avevo voglia. E’ solo che dopo…..””E’ solo che dopo è troppo tardi, cara mia! Dai retta a me, lasciati andare! Altrimenti finirai per fare più danni di una grandinata!!”Aveva ragione! Io non volli neppure denunciare il tentativo di stupro, perché era stata tutta colpa mia, anche se niente può giustificare il comportamento di quei figli di puttana. Eppure, tornata a casa, mi ritrovai a desiderare di essere arrivata in fondo, con quei due, di aver finalmente potuto provare il sesso per puro divertimento, per semplice piacere personale, e non per dimostrazione d’amore. Chiaramente non ne parlai col mio ragazzo, ma la cosa cominciava a pesare su di me come un macigno, e non riuscivo a sfogarmi. I rapporti tra noi due si fecero un po’ tesi, perché se fino ad allora il sesso tra di noi non era mai stato un grosso problema, io cominciavo a sentirmi un po’ in imbarazzo, provando un senso di insoddisfazione che non avevo mai provato, e lui se ne rendeva conto ogni volta di più. Ne parlai con le mie amiche, ma nessuna mi diceva qualcosa che per me risultasse utile, forse perché non riuscivo a vedere in nessuna di loro un minimo di affinità di pensiero con la mia strana situazione. Non riuscivo a capire se il mio era un vuoto di esperienze o di sentimenti. Una sera il mio ragazzo mi telefonò, invitandomi ad uscire, ma io gli dissi che ero stanca, e che sarei rimasta a casa. La verità era che avevo voglia di vederlo, ma che sapevo che se lo avessi visto, mi sarei trovata senza parole e in totale imbarazzo. Telefonai a Letty, e lei, da buona amica, venne subito in mio soccorso, uscendo con me. Andammo in un pub a bere insieme, ed io riuscii ad aprirmi con lei come mai avevo fatto prima, spiegandole la situazione e srotolandole davanti tutte le mie contraddizioni.”Non hai molte possibilità di scelta, davanti- mi disse lei, con franchezza – Devi accettare le cose così come stanno! A te manca la vita che non hai vissuto e che non hai mai pensato di voler vivere, e questo ti mina inevitabilmente la solidità dei sentimenti. Mollalo!! Mollalo perché gli vuoi bene, e lo stai prendendo in giro, così come stai prendendo in giro te stessa!! Fatti le tue esperienze, prova sensazioni nuove, prova persone nuove! E se poi ti renderai conto di aver fatto una stupidaggine, potrai provare a tornare da lui. Non è detto che lui stia lì ad aspettarti, ma se vuoi realmente capire come stanno le cose dentro di te, credo che non ci sia altro da fare che correre il rischio.””Ma io non voglio perderlo. Lui è la persona più dolce che abbia mai conosciuto, mi ha sempre dato tutto ciò che poteva, e forse anche di più. Mi sembra impossibile poter rinunciare a una persona come lui!””E allora deciditi a tradirlo! Trovati uno che ti piace e fatti scopare, e se non basta fatti una storiellina, senza dirgli niente! Fattene una, due, tre, ma fa qualcosa!! Tu hai voglia di scoprire il sesso, secondo me. E vuoi capire se la tua voglia di “vita” è più importante dell’amore e dell’affetto che porti dentro. Devi avere una riprova tangibile, per questo, e non c’è niente altro da fare. Sei sicura di non volerlo lasciare, così, su due piedi? Bene, abbi il coraggio di tradirlo! Non esiste niente senza rischio: se lo lasci, rischi di perderlo per sempre, e se lo tradisci rischi di vivere per sempre con un rimorso. Hai una sola certezza: se vai avanti così fai del male a te e a lui!!””Hai ragione….. Non posso continuare a girare intorno alla questione. E lui non merita di essere preso in giro. No, non è giusto che lo tradisca, non si merita di essere pugnalato alle spalle. Domani gli parlerò, sperando che capisca le mie ragioni, e che ne soffra in maniera almeno sopportabile.” Venti minuti dopo, quando due bei ragazzi chiesero se potevano mettersi al nostro tavolo, la mia malinconia passò in un attimo, e questo diede spazio dentro di me ad un sacco di pensieri, mentre la mia amica mi guardava con aria un po’ accusatoria.Il giorno dopo chiesi al mio ragazzo se potevamo vederci, e lui ne fu felice. Il fatto è che avevo davvero voglia di vederlo, e passammo una serata in allegria, scherzando e ridendo. Non ebbi il coraggio di dirgli niente….Quando riferii l’accaduto alla mia amica, lei non ebbe molte parole di conforto: “Sei una povera scema!! So io di cosa hai bisogno, tu….. Vedrai che te le faccio passare io, le tue menate!!”. Non capii quello che intendeva, ma aveva un tono tanto minaccioso quanto divertito. Io e lei non ci vedemmo per un paio di settimane, fino al giorno del mio compleanno: il mio ragazzo era impegnato a causa del suo lavoro, così io chiamai le mie amiche, invitandole a cena fuori. Letty mi disse che dopo voleva portarmi a ballare, ma le altre non volevano venire, dato che il giorno dopo tutte quante dovevano lavorare. Dopo la cena in pizzeria. Durante la quale le ragazze mi regalarono un bellissimo body di pizzo grigio, se ne andarono tutte, lasciandoci sole. “Meno male che quelle ziacce se ne sono andate- disse con mia sorpresa Letty, – Adesso possiamo andare a ballare al Dee Bee!” “Perché meno male? Poverine, non ti staranno mica antipatiche?””No…… Ma sono troppo……. Calme, e io ti devo ancora dare il mio regalo di compleanno!”.Io non riuscivo a capire, ma lei era molto allegra, e io mi lasciai contagiare. Facemmo una trentina di chilometri di autostrada per arrivare al Dee Bee, un bel Discobar pieno di gente dove non ero mai stata. Una volta entrate, lei mi portò da Franco, il proprietario: un bel ragazzo con un gran fisico, due occhi verdi profondi e arzilli, e dei modi di fare molto affabili, con il quale lei mi aveva raccontato di aver avuto una storia molto “divertente”. Dopo averci presentati, lei mi chiese di aspettarla, perché doveva parlare un’attimo con lui; io mi feci da parte, notando che ad un certo punto lui annuì ridendo verso di me. Non ci feci caso più di tanto, credendo che lei gli stesse chiedendo i soliti auguri tramite Dee Jay. Finalmente ci dirigemmo in pista, fermandoci prima al bar; lei ordinò due intrugli piuttosto forti, ma dall’ottimo sapore, e anche lì si mise a parlare con i tre Barman, lontana dalle mie orecchie e annuendo nei miei confronti. Andammo a ballare, e non passò molto tempo prima che qualcuno ci notasse. Scambiammo qualche parola con questo e quello, accettando battute e rispondendo amichevolmente a chi ci chiedeva i nostri nomi. Ogni tanto lei prendeva sottobraccio qualcuno di quelli che si presentavano, se lo portava qualche metro più in là e gli parlava guardando verso di me. Stava complottando qualcosa, ma non riuscivo ad immaginare cosa. Quando finimmo i nostri due drinks, andai verso il bar, per ordinarne altri due; feci per pagare, ma il barman mi fermò, sorridendo: “Non ti preoccupare, bella! Offre la ditta!” Pensai che la mia amica si fosse accordata con loro per regolare lei i conti, a fine serata, così tornai in pista. Passammo il tempo divertendoci, ballando e conoscendo gente; le una, le due, cominciava a farsi tardi, e il locale si stava lentamente svuotando. Io ero già un po’ alticcia ed estremamente contenta della serata, così le chiesi se voleva andarsene: “Non ancora, non ancora! C’è tempo…..!” Così rimanemmo a ballare finchè le luci accese non diedero il segnale di chiusura della serata. La gente cominciò a sfollare, e anch’io feci per dirigermi verso l’uscita, ma lei mi fermò: “Non aver furia, beviamo qualcos’altro!”. “Ma se sono mezza ubriaca!” le risposi. “E che ti frega? Tanto domani non devi mica lavorare, no?”. Così tornammo al bar, dove ci riempirono altri due bicchieri. Arrivò Franco, che ci venne incontro sorridendo: “Allora ragazze, vi siete divertite? Aspettate qui che vi offro da bere!”. Prima ancora che potessi replicare, lui si girò, dirigendosi verso le cameriere che stavano cominciando a spazzare e dicendo loro che potevano andare. Solo allora mi resi conto che, sparsi qua e là, c’erano diversi ragazzi ancora seduti sui divanetti o in piedi ai bordi della pista, e nessuno accennava ad andarsene. Molti guardavano nella nostra direzione. Franco tornò da noi, chiamando uno dei barman: “Simone, prepara qualcosa per queste amiche!”. Io avevo appena finito il mio terzo drink, ed ero pressochè sbronza, mi girava la testa e ridevo per niente: “No, grazie- borbottai, – Ho già bevuto abbastanza!”. “Non si direbbe – fece lui, ridendo, – Sei ancora in piedi….!” E mi mise in mano qualcosa che doveva essere un Long Island, o roba del genere. Si mise a chiacchierare con noi, mentre l’alcool mi saliva alla testa annebbiandomi i pensieri e facendomi ridere per qualsiasi stupidaggine egli dicesse; mi accorsi a malapena dei quattro buttafuori che ci avevano raggiunto e si erano uniti alla conversazione. Ad un tratto Franco mi si mise davanti, posandomi la mano su un fianco dicendomi: “Certo che sei proprio carina, sai?” o qualcosa del genere; “Fatti vedere bene!”. Tenendomi per i fianchi mi sollevò, mettendomi a sedere sul bancone del bar; io sorridevo, e non riuscivo a fare altro, dato che mi girava la testa, mi ronzavano le orecchie ed ero allegrissima. Smisi di ridere solo quando sentii le mani di qualcuno cingermi da dietro, e la punta di una lingua stuzzicarmi improvvisamente il lobo dell’orecchio destro. Ebbi la tentazione di ritrarmi, ma le mani mi tennero bloccata, e dopo il primo attimo di sbigottimento, il lavoro della lingua, che stava scendendo lentamente sul mio collo, cominciò a stuzzicarmi. Notai del movimento dietro alle spalle di Franco, e vidi che i ragazzi rimasti si stavano lentamente avvicinando; Franco mi mise le mani sulle ginocchia, facendole scorrere sulle mie cosce e spostandomi la minigonna. Ebbi un quadro fugace ma piuttosto chiaro della situazione, e capii finalmente il significato di tutto il parlottare della mia amica durante tutta la serata. Mi girai con un’espressione inebetita sul viso verso di lei, che però mi sorrise e mi disse: “Buon compleanno, Tesoro!!”. Non riuscii a replicare: mentre uno dei barman mi tirava indietro, facendomi sdraiare, sentii le mani di Franco afferrarmi le calze e tirarmele via; nella nebulosità della situazione avvertii il moltiplicarsi delle mani sul mio corpo. Ero pressochè inerte mentre mi sfilavano la minigonna e la maglietta, mani forti cominciarono a stringermi i seni, sfoderandoli dal reggipetto, mentre qualcuno mi stava allargando le gambe. Due dita mi scostarono le mutandine e penetrarono improvvisamente e con facilità disarmante dentro di me, facendomi inarcare la schiena di colpo. Sentii altre dita frugarmi tra le gambe, ed altre ancora agguantarmi le mutandine, sfilandole rapidamente, per avvertire, pochi attimi dopo, il piacevole contatto di una lingua lungo la mia fica che si stava aprendo. Mi girai, in cerca della mia amica, e la vidi inginocchiata a terra, con diverse persone che la circondavano. Un’attimo dopo la mia visuale fu occlusa all’improvviso; ebbi appena il tempo di mettere a fuoco prima di sentirmi afferrare la nuca, mentre qualcosa mi premeva sulle labbra: “Dai, succhia!”. Per la prima volta in vita mia sentii un sapore diverso, nella mia bocca, e tastai una diversa forma e diverse venature con la mia lingua. Cominciai a lavorare avidamente con la bocca, e sentii presto l’aroma di un altro cazzo dentro di essa, e poi di un altro ancora. Cominciai a perdermi in quell’estasi di abbondanza, mentre finalmente qualcuno si era deciso a penetrarmi. “Ecco cosa si prova a farsi fottere come una puttana”, pensai, mentre il piacere mi saliva dall’inguine, irradiandosi in tutto il mio corpo e pervadendolo di un senso di libertà e di meraviglia straordinari. Sentivo perfettamente quella forma sconosciuta che mi invadeva la fica, facendomela vibrare sotto colpi sempre più rapidi e profondi, e quando un nuovo cazzo mi entrò dentro, conobbi con piacere assoluto la forma anche di questo. Ogni tanto riuscivo a dare una sbirciata oltre il muro di corpi nudi che mi circondava, scoprendo con eccitazione che la mia amica stava subendo lo stesso trattamento, a pochi passi da me. Qualcuno mi chiamava “troia”, o “puttana” ma la cosa non mi dava fastidio, anzi, la notavo appena, e quasi con una punta di divertito compiacimento. Stavo perdendo il conto dei cazzi che mi erano entrati dentro, di quelli che avevo succhiato e di quelli che mi erano passati tra le mani, quando sentii due dita cercarmi l’ano. Mi allarmai, perché non avevo ancora realizzato quanto fosse inevitabile in una situazione del genere il dover concedere anche quello: avevo provato il rapporto anale solo tre o quattro volte, con il mio ragazzo, e non mi era mai piaciuto. Eppure, quando quelle due dita penetrarono di colpo, aiutate dai miei stessi umori che colandomi dalla fica avevano lubrificato anche lì, mi scoprii ad avere una voglia incredibile di farmi inculare! Lo dovettero capire, perché mi fecero girare, accucciandomi sul bancone, più o meno contemporaneamente a Letty. Ci sorridemmo, e la scena dovette solleticare Franco, perché sentii la sua voce dietro di me che diceva: -Che bel quadretto! Foto non gliene possiamo fare, ma un bell’autografo con dedica….Che ne dite ragazzi, le firmiamo, queste due belle troie?- Cercai di capire il significato della frase e il perché delle risa che la seguirono, ma qualcosa di molto duro e gelido mi penetrò l’ano di colpo, facendomi gridare. -Noo, niente paura, tesoro,- fece Franco, -E’ solo un pennarello! Cosa fai, sennò, appena ti ci ficco il cazzo?- Non ebbi il tempo di replicare: mi sentii agguantare per i fianchi e forzare il culo da una grossa cappella, tutt’altro che gelida! Dopo il dolore iniziale riuscii a rilassarmi, apprezzando di colpo quell’oscena intrusione, e poi capìì a cosa serviva quel pennarello: un attimo prima di lasciare il campo a qualcun altro, mi firmò sulla schiena! Scoppiai a ridere, capendo il gioco e accettandolo, mentre venivo inculata a ripetizione e contemporaneamente la mia schiena veniva “timbrata” col pennarello indelebile da tutti quanti. Qualcuno cominciava già ad eiaculare, colpendo tanto me quanto la mia amica: sentii più di uno spruzzo coprirmi la schiena, raggiungendomi i capelli. Il clou giunse quando decisero di riempirmi di carne, facendomi schizzare gli occhi fuori dalle orbite: Con un cazzo nella fica, uno nel culo e uno in bocca, mi sentii veramente al limite, raggiungendo un orgasmo travolgente, e tornando improvvisamente sobria. Io e la mia amica finimmo la serata sdraiate sul bancone, a ricevere le sborrate di tutti i presenti. Mi sentivo sporca, tutta appiccicosa, con la bocca piena di sapori diversi e con i miei pertugi piuttosto doloranti; ma provavo anche una sensazione di appagamento divertito e liberatorio, come se un peso enorme mi fosse stato tolto dalle spalle. Mi guardai attorno, non riuscendo a contare i presenti, sicuramente una ventina. Guardai allora la mia amica, il cui viso era tutto un programma, con il trucco tutto sbavato e rivoli di sperma bianchiccio che le scendevano lungo le guance e sul collo; io non dovevo essere da meno, dato che ci mettemmo tutte e due a ridere:-Sei una gran puttana!- le dissi, continuando a ridere.-Allora siamo in due! Ma ti sei vista?!- Mi sollevai sui gomiti per guardarmi allo specchio dietro il bar: avevo ciocche di capelli ritte sulla testa, incollate. Il mio viso era fradicio, e avevo il rossetto che si era mescolato allo sperma e alla saliva, impastandomi tutta la faccia. Grondavo sborra da tutta la faccia, e non smettevo di ridere!! Il giorno dopo io ero carica di energia e allegrissima. Avevo anche un certo bruciore al sedere, ma mi sentivo caricatissima, al punto di avere una strana, perversa, eppure innocente voglia di raccontare tutto al mio ragazzo. Chiaramente non lo feci, ed accettai il suo invito a passare insieme la serata con un po’ di imbarazzo. Non mi sentivo in colpa, ma mi sentivo comunque strana. Andammo a ballare in uno dei nostri locali preferiti, e passammo una bella serata. Verso le due, usciti dal locale, lui mi chiese se volevo fermarmi un po’ a casa sua, ed io accettai entusiasta. Quando, nella penombra della sua camera, lui cominciò ad accarezzarmi, scatenò in me una razione immediata: lo travolsi letteralmente di passione, denudandolo rapidamente e prendendogli il cazzo in bocca con una foga che lo lasciò senza fiato. Anch’io mi meravigliai quando mi sentii intimargli quasi gridando: -Scopami! Scopami, Amore! Fammi scoppiare!- Lui, non ostante la sorpresa iniziale, mi penetrò, riempiendomi subito di piacere. Riconoscere il suo cazzo, la sua forma familiare dentro di me, fu improvvisamente meraviglioso, e venni insieme a lui, con una serie di spasimi violenti mentre gemevamo assieme. Ma a me non poteva bastare, non quella sera, così scesi di nuovo sul suo cazzo, ancora fradicio di umori sia miei che suoi, glielo ripulii rapidamente con la lingua, e me lo inghiottii di nuovo, riportandolo presto alla consistenza che meritava. -Amore, ho voglia che tu mi fotta il culo!!-La mia richiesta lo lasciò completamente ammutolito.-Ti prego!- insistei, accucciandomi sopra di lui, in modo che si ritrovasse praticamente con la punta del naso appoggiata al mio buchetto.-Che t’è preso, stasera?- fece lui, cominciando finalmente a leccarmi. -Sei infoiata come una troia….–E’ solo che voglio essere inculata dall’uomo che amo!-La mia risposta gli fece perdere definitivamente il controllo, così si mise dietro di me, mi appoggiò il cazzo sullo sfintere, e vi penetrò dolcemente, stupendosi di trovare poca resistenza. Ma dopo pochi e lenti movimenti si bloccò:-Cosa sono questi segni che hai sulla schiena?-Capii con terrore che non ero riuscita a lavarmi la schiena a fondo, e che nella penombra lui aveva scoperto la mia collezione di firme.-Niente, non ci fare caso……….- cercai di tamponare.-Non ci fare caso? Qui c’è scritto…. Massimo…. E qui Tommy…. Che cazzo… che razza di storia è questa?!–Niente, Amore! E’ solo un gioco che abbiamo fatto ieri….–Solo un gioco? Ma mi prendi per cretino?!Non ce la feci più, e gli raccontai l’accaduto.Cominciò a fottermi il culo in maniera piuttosto violenta, afferrandomi per i capelli e affondando il suo cazzo dentro di me quanto più profondamente poteva. -Sei una puttana! Una grandissima troia!- cominciò a gridare. -Hai scoperto che ti piace il cazzo, eh? E ti piace anche così, troia?- Eccome se mi piaceva! Mi stava facendo impazzire, ma non avevo il coraggio di dirglielo, perché era piuttosto incazzato. Mi lasciai sbattere come una cagna, accogliendo gli spasimi del suo orgasmo dentro il mio sfintere con un piacere disarmante. Ma poi lui si accasciò, e quando mi avvicinai mi allontanò bruscamente: -Vattene, stronza! Scoprire dopo tanti anni che sei innamorato della più sudicia troia………. Vattene via!-Non mi rimase altro da fare che andarmene, piangendo e maledicendo me stessa e la mia amica, che aveva travolto l’intera mia vita, con la sua dannata idea. Il giorno dopo provai a cercarlo, ma lui non ne voleva sapere di parlare con me. Volevo chiedergli scusa, volevo spiegare, volevo fargli capire quanto ero comunque innamorata, ma lui chiuse la porta. Non ebbi sue notizie per diverso tempo, più di un mese, in cui non riuscii a divertirmi. Soffrivo, e le mie amiche si prodigarono a cercare di consolarmi; Letty provò ad invitarmi fuori con lei, ma io la mandai a quel paese, imputandole le cause di tutta la mia rovina. Poi, quando ormai avevo perso le speranze, un bel giorno si rifece vivo, con mio stupore, invitandomi a una festa. Mi parlò del compleanno di un suo amico, che voleva festeggiare nella sua casa di campagna, ma a me non importava assolutamente niente del contesto, mi bastava rivederlo, così accettai l’invito senza indugi, pur immaginandomi una festa noiosissima. Decisi di fare di tutto per convincerlo a riprendermi, così andai a comprarmi qualcosa di nuovo e provocante da indossare. Acquistai una gonna rossa asimmetrica, lunga fino al ginocchio, e un golfino nero, molto avvitato, con i bottoni, che lasciai piuttosto aperti, perché so che lui ha sempre avuto un debole particolare per il mio seno. Sotto indossai un set di intimo nero, che lui stesso mi aveva regalato, ma di cui, con suo dispiacere, non avevo mai rinnovato il reggicalze: era l’occasione giusta per rinnovarlo, anche se, sinceramente, è un indumento che non gradisco molto. Raccolsi i capelli sulla testa (come piace a lui) e mi caricai le labbra di un rosso vivace, che lui ha sempre sostenuto assolutamente sexy (come sono assurdi, spesso gli uomini…). Ero assolutamente convinta di tentare il tutto per tutto, lo avrei pregato in ginocchio, quella sera, pur di farlo tornare con me, pur di fare di nuovo l’amore insieme. Avevo anche escogitato il mio piccolo piano: se non fosse successo qualcosa prima, sulla strada del ritorno gli avrei chiesto di trovare uno spiazzo isolato con la scusa di fare pipì, lo avrei convinto a scendere di macchina e mi sarei concessa a lui sul cofano, chiedendogli di prendermi, ripetendogli fino alla nauseo che lo amavo e che avrei fatto di tutto per lui! Così, quando salii accanto a lui sulla sua auto, il piacere di rivederlo dopo tanto tempo fu quasi sommerso dalla sensazione di trionfo che provai notando che la prima cosa che fece fu di divorarmi letteralmente con gli occhi!-Come siamo sexy, stasera!- mi disse, mandandomi subito in orbita, -Hai intenzione di fare colpo su qualcuno?–Certo che ho intenzione di fare colpo!- gli risposi, accettando il giochetto di sottintesi. Mi disse che era ancora presto, perché la festa cominciava verso le undici, così ci fermammo in un bar, sedendoci ad un tavolo. Lui andò a prendere da bere, riportandomi un beverone alcoolico nonostante sapesse bene quanto poco gradisca le bevande pesanti. Sarà perché non lo vedevo da tanto, ma era bellissimo, quella sera: aveva i capelli un po’ lunghi tirati indietro, era più abbronzato del solito, e indossava un paio di pantaloni grigi che sembravano fatti su misura e una maglietta a costine nera, a maniche lunghe. Il suo profumo mi inebriava, e non potei certo rifiutare il cocktail che mi offrì. Oltretutto avevo voglia di vincere rapidamente l’imbarazzo che le circostanze, ovviamente, creavano, e so bene che per queste cose l’alcool fa miracoli. Parlammo del più e del meno, raccontandoci a vicenda ciò che avevamo fatto ultimamente, senza tuttavia sfiorare l’argomento della nostra crisi. Dopo un po’ lui mi invitò a bere di nuovo. Io tentai di rifiutare, ma lui mi portò un altro bicchiere pieno, e la sua affabilità vinse le mie resistenze, inducendomi a bere ancora. Quando rimontammo in macchina io ero quasi ubriaca, e anche piuttosto eccitata; avevo una voglia sfrenata di fare l’amore con lui, e stavo pensando a tutti i modi possibili per venire via dalla festa il più presto possibile. Mi venne anche in mente che magari potevo riuscire a chiudermi in qualche camera con lui, ma poi pensai che non sarebbe decisamente stato molto dignitoso, specie di fronte a persone che probabilmente non conoscevo. Finalmente arrivammo al luogo della festa: una bella casa colonica costruita su un terrazzamento naturale, da cui si vedevano le luci di t
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