Vorrei non guardarti così. Costringermi a pensare a qualcos’altro, “fare finta che”. Eppure…di te ho una sola immagine: gambe. Lisce, potenti, rapide come se in fuga da qualcosa che comunque non può scampare, sicure tanto da fare perdere la testa. È da parecchio che ti osservo. Tutto parte da lì: energia muscolare che si irradia dalle cosce e scende giù, scarica come corrente elettrica dalle ginocchia sino alle caviglie. Passo svelto, muscoli in tensione. Sei un fascio di sensualità elettrica che a volte mi lascia senza fiato. Chissà se poi te ne sei accorta: sei abbastanza morbida da poter corrompere… un uomo certo…e anche una donna. Anche stamattina non rinunci al tuo solito caffè: ristretto, senza zucchero e bollente. Entri nel bar con la tua valigetta nera. Sorbisci lentamente, alla velocità giusta perché possa gustare le tue labbra che si schiudono leggermente. Oggi sei più fuoco che mai: le mani non ti tremano ma il petto si alza e abbassa con un ritmo più irregolare del solito. Il seno ti spinge contro la camicetta appena aperta: quel tanto da riaccendermi di nuovo. -Siete aperti questa sera?- Voce bassa. Profonda. Il tuo orologio segna le 10 e 30. “Guardare e non desiderare”. Cosa? I tuoi trent’anni appena accennati; la piccola linea sottile vicino alle tue labbra che mi dicono che te la sei vissuta tutta; le mani lunghe, quasi pennellate. -Certo, tutti i giorni tranne il martedì- Alzi lo sguardo: pizzico e balsamo in un tutt’uno. Mi punti gli occhi dentro i miei. Sono scoperta. Se non ti sei accorta di come ti desidero non ne te accorgerai mai più. Io le conosco quelle come te: giocano solo se hanno in mano un poker d’assi. Bè, con me ce li hai. Appena te ne vai dal locale mi rendo conto che mi hai fissato per troppo tempo perché fosse un semplice sguardo. Corro con la fantasia? No, quella l’ho messa nel cassetto da parecchio, da quando sbagliare è diventata una posta troppo alta da coprire. Ancora un solo istante e mi avresti ubriacato di te. Della tua voce, del tuo calore. È strano come tu sia un corpo di cui conosco, immagino, desidero tutto, e una mente di cui non afferro se non le sue estremità più evidenti, ma tutto quello che corre nel mezzo cos’è? Sei quella che potrebbe fare di me una scimmia al suo volere, a meno che non prendessi in mano la situazione e fossi io la tua carnefice. Quando guardo l’orologio appeso al muro mi accorgo che ho passato tutto il pomeriggio a farmi strani viaggi su una donna che non conosco. A pensare a eventualità che partono dalle sue gambe. Magari verrai al locale solo per bere con qualcuno. Con il tuo uomo. L’uomo che può viaggiare i percorsi del tuo corpo e berti l’anima. Dieci e mezza di sera. Ventidue e trenta. Il locale è una nuvola di fumo e musica soffusa. I ragazzi parlano di cose che non comprendo. Le parole mi scivolano addosso fino ai piedi. Vorrei che tutto si ghiacciasse e rimanesse sospeso per sempre. Spegnere il sentire. Turn off la mia voglia di lei. -Coka e rum- Mi volto in un secondo. Allora sei qui. Non so che espressione abbia la mia faccia. Forse stupida. Due a zero per te e palla al centro. Toccata un’altra volta. Nervo scoperto punto sul vivo. Troppa reazione. Ti accendi una sigaretta. Sei sola.Una come te? -Quando stacchi?- Rimango con la bottiglia a gocciolare su un bicchiere. Sei decisa. Allora… -Mezzanotte- -Come cenerentola…la scarpa la troviamo assieme…?- La tua sigaretta è consumata. Come la mia voglia di aspettare ancora un’ora e mezza. Ti osservo e tu non fai nulla per negarti al mio sguardo curioso. Insinuante. Ancora diffidente. Alzi il bicchiere e brindi a me. C’è troppa gente qui attorno. Vorrei solo sfiorarti la mano per vedere se ne hai paura. Se giochi per scappare. Se stai dicendo sul serio. -accompagnami un attimo…devo telefonare- Gambe giù dallo sgabello. Gambe verso la cabina. Posto riservato. Posto stretto. Io e te. Fiato contro fiato. Odore contro odore. Potrei coprirti del mio corpo, adesso, ora. Farti mia in un solo istante se non fossi qui ancora a chiedermi che cosa cerchi, se è realtà o sto solo subendo un’allucinazione troppo vivida. -non scherzavo-. La tua voce è ferma. Le tue mani no. Sei alta come me ma tu porti i tacchi alti. Sento scorrere le tue dita lungo le mia braccia. Le tue labbra in un attimo contro il mio collo. Il ghiaccio dell’alcool che hai bevuto si fonde col tuo respiro caldo: mi da i brividi lungo la schiena. -a mezzanotte…se vuoi…-. La porta della cabina si apre. Ancora caldo, fumo, caos di parole sovrapposte. Gente in fila al bancone. E le tue gambe che sfilano via. Rimango io con la mia attesa e il gusto di un gioco appena cominciato.
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