Nelle stazioni delle città di provincia le sale d’aspetto sono spesso piccole e scomode. L. non faceva eccezione a questa regola. Per questo Silvana era rimasta in auto ad aspettare che arrivasse il treno da Bologna su cui era suo nipote Stefano. Nell’attesa, la mente di Silvana andò al ricordo di un’altra attesa, simile solo all’apparenza, cinque anni prima. Quella era stata la prima volta che Stefano era venuto a trovare sua nonna da solo, senza i genitori … Il ricordo le provocò un brivido. La memoria la stava portando indietro nel tempo, ancora più indietro, quando la storia aveva avuto inizio, sette anni prima…. Sette anni prima Silvana aveva 55 anni. Li aveva compiuti da poco e proprio per festeggiarli insieme aveva accettato l’invito di sua figlia ad andarla a trovare a Bologna, dove risiedeva con il marito e il figlio. Monica e suo marito avevano deciso di trasferirsi in città per il lavoro quindici anni prima, poco prima che nascesse Stefano, l’unico figlio. Silvana non avrebbe mai fatto la stessa cosa. Detestava la città, caotica e affollata, e mai avrebbe rinunciato alla vita placida, un po’ pigra e molto sazia di L. Appena entrò nell’appartamento dei suoi vide confermare tutti i suoi pregiudizi. Tre stanze e servizi! e meno male che, essendo cresciuto Stefano, avevano traslocato alcuni anni prima in una casa che Monica le aveva descritto più grande. Silvana aveva una casa assai più grande, una villetta unifamiliare, che tra l’altro era tutta per lei da quando era morto il marito quattro anni prima. Non fu perciò affatto contenta di sapere che avrebbe dovuto adattarsi a dormire nella stessa camera di Stefano, anzi nello stesso letto, visto che questa era così piccola da non permettere nemmeno di metterci una brandina. Quella sera Silvana si cambiò in bagno, prima di infilarsi con un castigato pigiama di foggia maschile sotto le coperte. Subito dopo arrivò Stefano, anche lui in pigiama. «Buona notte, nonna» disse Stefano dandole un bacio sulla guancia. «Buonanotte, caro» fu la risposta. Ma Silvana sapeva che non avrebbe chiuso occhio: era abituata alla solitudine e al silenzio e qui, invece, a parte il rumore onnipresente del traffico doveva anche dividere il letto con suo nipote! Anche se il poverino non avesse russato, Silvana aveva completamente perso l’abitudine di dormire con un uomo accanto. Purtroppo! aggiunse tra sé e sé con un sospiro. Non poteva nemmeno agitarsi troppo per non svegliare l’incolpevole Stefano, così cercò di mettersi quieta su un fianco, speranzosa di trovare il sonno. Non avrebbe saputo dire dopo quanto tempo, ma certo era ancora ben sveglia, quando avvertì una incomprensibile pressione contro la natica. Era il ragazzo, che nel sonno le si era avvicinato e la toccava… con cosa? Silvana si spostò impercettibilmente. Stefano dormiva profondamente. Le mani erano incrociate sotto il capo sul cuscino. Le gambe distese, non poteva essere né il ginocchio né il piede. Non restava che … Sbalordita Silvana realizzò che a premere sul suo fianco era una bella erezione di Stefano! Non poteva discostarsi a pena di cadere dal letto. Rimase così immobile per il resto della nottata, addormentandosi solo alle prime luci dell’alba. Il giorno dopo Silvana non poteva non pensare a quell’episodio. Silvana non era un tipo bacchettone. Trovava buffo, perciò, da un lato, che il nipotino, adolescente con gli ormoni a posto a quanto pare, si trovasse ad avere erezioni notturne mentre dormiva con la nonna. D’altra parte l’episodio non mancava che accentuare il suo rammarico per la mancanza, da tanto tempo, di un uomo nel suo letto. Malgrado l’età non più verde, Silvana non si sentiva in disarmo. Era alta circa un metro e sessantacinque, rotonda, ma gli agnolotti per sua fortuna si depositavano nei punti giusti e il suo corpo, grazie alla fatica con cui lo curava ricorrendo a creme, massaggi e ginnastica, si manteneva in forma. Gli occhi di un vivace blu e la pettinatura a caschetto completavano un ritratto in grado di farla ritenere più giovane della vera età. E però, nonostante, lei stessa si sentisse di non sopite voglie, la mancanza d’occasioni, l’ambiente ristretto, la sua pigrizia all’idea di doversi imbarcare in una relazione, l’avevano tenuta lontana dal sesso. Anche vivere nelle cittadine di provincia ha i suoi svantaggi! Quando la notte dopo , Silvana e Stefano si rimisero a letto, lei non pensava che a riuscire ad addormentarsi e recuperare la notte in bianco. Ancora una volta, invece, sentì a un certo punto il sesso di Stefano. D’accordo l’adolescenza, ma cosa diavolo sognava questo ragazzo, per farsi venire il pisello duro, si chiese Silvana. Stavolta lo sentiva premere contro la fessura delle natiche. La cosa era imbarazzante perché ciò le suscitava strane emozioni andate e le aumentava i battiti del cuore. Il tentativo di spostarsi la portò solo a strusciare il sedere contro la punta del pene eretto di Stefano. Un gorgoglio emesso da questi nel sonno fece spaventare Silvana e la spinse a fermarsi. Non poteva certo passare il resto della notte però con il coso di Stefano puntato contro il culo, si disse. Avrebbe potuto svegliarlo, dirgli magari di girarsi sul fianco dall’altra parte. Ma temeva che il ragazzo fosse morto d’imbarazzo. Si rassegnò a star ferma, girandosi appena per togliere quella pressione dal punto più imbarazzante. Non riusciva a trovarla sgradevole. In fondo, era pur sempre il sesso di un uomo. Magari era la sua presenza che, inconsciamente, risvegliava gli ormoni del ragazzo. La sua mano sembrò animarsi di vita propria quando, lentamente, si mosse verso il pube del giovane e andò a sfiorargli, lievissima come una piuma, l’asta ben tesa. Attraverso la sottile stoffa del pigiama, i polpastrelli di Silvana sfiorarono un pezzo di carne turgido e si ritrassero come avessero preso la scossa. Silvana si rimproverò mentalmente e si ingiunse di addormentarsi. Ma ci riuscì poco e male e la sua notte, con quella morbida pressione contro il fianco, fu agitata da sogni inquieti che la mattina dopo non volle nemmeno cercar di ricordare. La storia si ripeté anche la terza notte. L’indomani Silvana sarebbe ripartita. L’aveva detto a sua figlia, tacendole però i veri motivi: l’impossibilità di continuare a trascorrere notti senza chiudere occhio e il turbamento crescente che le erezioni di Stefano le provocavano. La notte prima aveva di nuovo appena sfiorato la verga del nipote, ma poi si era ritrovata con la mano fra le gambe ad accarezzarsi la passera. Questa notte le sembrò che l’erezione fosse ancora più poderosa. Non faceva più nulla per sottrarsi, lasciò anzi che Stefano le venisse ancor più vicino. A un certo punto fece scivolare le sue dita verso la patta dei pantaloni del pigiama. Quando Stefano era venuto a letto aveva notato che quelli che indossava quella notte avevano un’apertura anteriore come i boxer. Le dita di Silvana si incunearono tra i lembi del tessuto. I polpastrelli sentirono la pelle del cazzo eretto di Stefano. Silvana si fermò, il cuore in gola: ma il respiro regolare del ragazzo la tranquillizzò che poteva spingersi oltre. Con il tocco più lieve di cui fosse capace spinse le dita lungo la verga. L’erezione era così violenta che perfino la cappella era scoperta. Le dita della mano di Silvana sfiorarono la punta del pene, poi l’avvolsero. Nessuna reazione da parte del ragazzo. Ma un turbine di emozioni si scatenarono dentro Silvana, specialmente nella sua fica adesso in tempesta: da quanto tempo non toccava il membro di un maschio! Fece scivolare la mano verso il suo sesso per accarezzarsi le labbra inturgiditesi, mentre con l’altra impugnava l’asta e la faceva sgusciare fuori dei pantaloni. Bastarono due altri delicati sfioramenti con la punta delle dita perché sentisse un fiotto caldo impregnarle la seta del pigiama e attraverso essa inumidirle la pelle dei fianchi e del ventre. Stefano le era venuto in mano! Lo aveva fatto venire! Aveva praticamente masturbato suo nipote! Nonostante tutto ciò quel ragazzo continuava a dormire come niente fosse. Silvana gli rinfoderò il pisello dentro i pantaloni. Poi, con movimenti lenti e attenta a non fare rumore, sgusciò dal letto e si precipitò in bagno, dove cercò di ripulire alla bell’e meglio il pigiama schizzato di sperma. L’enormità di ciò che aveva fatto le dava la vertigine. Ma il cuore batteva impazzito all’unisono con il pulsare della sua fica. Era eccitata da morire e doveva assolutamente toccarsi anche lei. Sedette sul water a gambe aperte, le dita dentro la passera a sditalinarsi furiosamente. Venne rapidamente anche lei e, nel momento in cui godeva, portò le dita della mano alle narici per annusare l’odore di maschio che vi era rimasto appiccicato. Nell’auto nella quale continuava ad attendere l’arrivo di Stefano, Silvana ricordò che l’indomani era effettivamente partita come aveva detto, ma lo aveva fatto con la precipitosità di una fuga. Ricordò anche che, quando Stefano l’aveva salutata, abbracciandola e baciandola sulla guancia come ogni affettuoso nipotino, lei si era sentita le ginocchia farsi molli. Passò molto tempo senza rivedere più né Stefano né gli altri della famiglia. Un lungo periodo durante il quale il senso di colpa non abbandonò mai del tutto Silvana. Anche perché lei stessa non riusciva a liberarsi del ricordo di come avesse manipolato nel sonno il nipote. Le stesse sue masturbazioni solitarie erano affollate di fantasie di cui era protagonista Stefano. Lo immaginava addormentato, il bel viso con i riccioli biondi sul cuscino, mentre lei sotto le coperte gli accarezzava l’arnese duro. Più di una volta, quando si lasciava penetrare dal suo fedele vibratore ed era pronta all’orgasmo, immaginava che lui si fosse svegliato e …. Poi, un giorno, erano passati proprio due anni, sua figlia Monica la chiamò per annunciarle che Stefano sarebbe venuto a trovarla. In casa dovevano fare lavori di ristrutturazione, le scuole sarebbero state chiuse per un periodo, insomma, Silvana doveva ospitarlo per almeno quindici giorni. Silvana non avrebbe potuto rifiutare né lo desiderava. Ma, nei giorni successivi, più si imponeva di non pensare a suo nipote e a quello che era successo quella notte, più i suoi pensieri giravano intorno alla visita imminente. Negava a sé stessa l’eccitazione che quel diversivo le aveva messo addosso. Andò dal parrucchiere il giorno prima e, la mattina del suo arrivo, prese a scegliere con cura cosa indossare. Due anni erano passati senza conseguenze sul fisico di Silvana. Continuava ad avere un sedere ampio e sodo, un seno prosperoso, cosce grassocce ma gambe tornite, che i tacchi alti che amava indossare contribuivano a slanciare. Scelse un tailleur con la gonna stretta poco sopra il ginocchio e una camicetta bianca i cui primi bottoni lasciò slacciati. Sotto, un corsetto con le calze nere tenute su da un reggicalze. Adesso che ci ripensava, Silvana riconobbe che solo mentendo a sé stessa aveva potuto ritenere quella tenuta adatta ad accogliere il proprio nipote. Quando scese dal treno Stefano, Silvana si accorse subito per lui i due anni erano passati e si vedeva: era molto più uomo, adesso, più alto e più robusto, solo il viso, a causa dei capelli chiari ricciuti e degli occhi cerulei, scopriva che fosse ancora un adolescente. Si erano abbracciati con trasporto: nonna e nipote felici di ritrovarsi insieme. Silvana se lo mangiava con gli occhi: gli sembrava bellissimo, e glielo disse pure. E, in cuor suo, sperava che anche Stefano non la trovasse invecchiata e imbruttita. Si sbagliava o le era sembrato che lui le occhieggiasse le gambe mentre in macchina andavano verso casa? Una volta arrivati, lei gli mostrò la sua stanza, le altre stanze, lo aiutò poi disfare le valigie, cucinò per lui: tutte le premure che una brava nonnina riserva al suo nipote. Passarono così i primi due giorni. Due giorni durante i quali gli occhi di Silvana si soffermavano su Stefano in modo assai diverso da quanto l’affetto e il tempo trascorso giustificassero. Ma anche Stefano, che aveva ormai imparato a conoscere ed apprezzare l’altro sesso, era piacevolmente stupito di aver scoperto che Silvana, nonostante l’età matura, sfuggisse al cliché della vecchia nonna: era anzi una donna ancora abbastanza piacente, ben vestita, truccata, un po’ maliziosa, quando dimenticava di tirar giù l’orlo della gonna risalito sulle gambe o quando scherzava con lui di cose intime come i rapporti con le ragazze. Anche Silvana aveva l’impressione che il nipote fosse contento di stare in sua compagnia e si faceva in quattro, prodigandosi per lui. La presenza di un uomo in casa, per la prima volta dopo tanti anni, la rendeva piacevolmente irrequieta: lasciare aperte le porte del bagno e della camera da letto, per esempio, fu la prima abitudine che si trovò a dover cambiare. Fu proprio per l’attenzione che doveva fare a questo gesto che cominciò ad accorgersi che il ragazzo passava nel bagno più tempo del normale. Da donna esperta qual era, pensò subito a sessioni masturbatorie. La sera del terzo giorno si trovò a passare dietro la porta chiusa della camera di Stefano. Non farlo, si disse, ma si stava già chinando a sbirciare dal buco della serratura. Sono sua nonna, devo controllare cosa fa, fu la autogiustificazione con cui mentiva a sé stessa. Quello che vide la lasciò senza fiato: nudo sul letto, Stefano si stava masturbando, una mano impugnava il grosso membro eretto e andava su e giù, l’altra reggeva una specie di rivista e ne sfogliava le pagine. Silvana si rialzò di scatto e scappò in camera. Il rimprovero mentale che continuò a rivolgersi tutta la notte per aver spiato il nipote non riuscì a scacciarle dagli occhi l’immagine della sua nerchia imponente. La mattina dopo Silvana approfittò che Stefano fosse uscito per una passeggiata in bici per entrare nella sua camera. Era curiosa di vedere la rivista che il ragazzo adoperava per eccitarsi. Non le fu difficile scovarla sul fondo del cassetto sotto la biancheria. Non era neanche una rivista porno, piuttosto una di quelle patinate piene di donne nude più che di scopate. Ma fu il tipo di foto a colpire Silvana: era una rivista dedicata al feticismo per la lingerie e non poche modelle erano donne abbastanza mature e bene in carne. Stava per rimetterla a posto quando, sul fondo del cassetto, la sua mano toccò qualcosa di morbido: un paio di mutandine da donna, di pizzo. Le tirò fuori tenendole in mano con la bocca aperta per lo stupore: erano sue! Il ragazzo le aveva rubato un paio di mutandine e le usava per masturbarsi! Rimise a posto tutto e si rifugiò nel bagno: si afferrò al lavandino ma lo specchio davanti a sé, anziché l’immagine di una donna sconvolta, le rimandò quella di una donna che sorrideva. Più tardi Stefano rientrò e trovò sua nonna seduta in salone. «Vieni qui, devo dirti una cosa.» Stefano era sudato per la pedalata e Silvana non potè fare a meno di notare come gli indumenti sportivi e umidi sottolineassero i suoi muscoli. «Stamattina sono entrata nella tua stanza per rassettarla e ho trovato una rivista sconcia e … anche un’altra cosa.» Stefano si fece di brace. Sbarrò gli occhi e si irrigidì tutto come chi stesse per essere fucilato. Il terrore che gli si era sparso sul volto intenerì Silvana. «No, no, sta’ tranquillo non sono arrabbiata. Cioè lo sono solo un po’. Ma non sopporto bugie e sotterfugi, specie in casa mia. Di’ un po’: usi quella roba per masturbarti?» Stefano chinò il capo puntando lo sguardo sul pavimento. Pareva oppresso da un macigno. «Su, guarda che a me lo puoi dire. Sono abbastanza vecchia per conoscere le cose della vita, sai. So che i ragazzi della tua età si masturbano. E’ normale. E’ anche normale che usino foto o oggetti per aiutarsi.» Stefano non rialzava il capo. «Via, non essere timido. Con me puoi confidarti. Allora: le usi per masturbarti? voglio sentirtelo dire.» Il capo sempre chino di Stefano si mosse in su e in giù un paio di volte in segno di assenso. «Va bene. Ma ciò che mi irrita è che tu abbia rubato un paio delle mie mutandine. Che bisogno c’era di prenderle di nascosto?. Se mi avessi detto che le volevi e cosa volevi farci te le avrei date io stessa.» A quelle parole, Stefano, sconcertato, rialzò di scatto la testa guardando sua nonna con occhi sorpresi almeno quanto lo erano le sue orecchie. «Sì» proseguì Silvana con tono noncurante «bastava chiederle e te le avrei date. Tra l’altro te ne avrei date un paio usate. Così ci sarebbe stato un po’ di odore di donna sopra. Su quelle che hai preso cosa annusi: l’ammorbidente?» Così dicendo Silvana si alzò in piedi, si alzò la gonna mostrando al ragazzo le sue cosce carnose inguainate di nylon marrone e, con un gesto fulmineo, si tolse le mutandine e gliele porse. «Su, prendi queste. E restituiscimi le altre.» Con la mano che tremava Stefano le afferrò, rimase poi un attimo a guardare sua nonna, evidentemente chiedendosi de si trattasse o meno di un sogno, poi scappò letteralmente via. Rimasta sola, Silvana sorrise divertita. Era quasi un uomo ma aveva ancora reazioni da ragazzino. A lei non importava che lui si masturbasse. Era un fatto naturale. era impensabile proibirlo. E perché poi. Se aveva fatto quel che aveva fatto era solo per fargli capire quanto sbagliato fosse il rubare. Per questo gli aveva dato le sue mutandine sporche. Solo nel profondo di sé stessa, una parte di lei ammetteva quanto piacere le facesse sapere che si masturbava pensando a lei. Per il resto della giornata Stefano rimase taciturno evitando sua nonna e restando chiuso nella sua camera, da cui uscì solo all’ora di cena. Silvana lo spinse a chiacchierare per metterlo a suo agio e fargli capire che non doveva vergognarsi per esser stato scoperto. Ma anche lei faceva fatica a comportarsi normalmente: soprattutto non pensare al bel pisellone del nipote che una notte di tanto tempo prima anche lei aveva avuto modo di tenere fra le mani. Quel pensiero era diventato un’ossessione che la spinse a pensare un piano per attirare il nipote nel proprio letto. Dopo cena, Stefano si era rifugiato di nuovo in camera. Silvana era certa che attendesse solo di esser sicuro che lei fosse andata a letto per prendere a masturbarsi furiosamente. Bussò alla sua porta ed entrò decisa portando un vassoio con una caraffa d’acqua e un bicchiere. Portava già la camicia da notte sotto una vestaglia. Stefano, in pigiama, leggeva una rivista di moto. «Ti ho portato un po’ d’acqua». Poggiò il vassoio su un angolo del comodino e sedette sulla sponda del letto. Lo sentì irrigidirsi. «Ho disturbato?» gli chiese maliziosamente. «Non ho mica interrotto qualcosa?» «Nonna, ti prego…» «Basta con questo broncio. Ti ho già spiegato che è una cosa del tutto naturale e che non sono affatto arrabbiata con te. Se lo fossi stata – aggiunse ammiccando – non ti avrei certo aiutato, no?» Stefano la guardò e a lei parve che finalmente si rilassasse. «Vuoi un po’ d’acqua?» Senza attendere che rispondesse si protese a prendere la caraffa per versarla nel bicchiere. Così come aveva pianificato la caraffa versò invece buona parte del suo contenuto sul letto e addosso Stefano. «Che diavolo!» gridò quest’ultimo saltando giù dal letto. Il pigiama era tutto zuppo. «Oddio, che pasticcio! Mi dispiace!» diceva Silvana fingendo di cercare di asciugare. «Ti cambio le lenzuola…» disse, cominciando a toglierle. «Ma si è inzuppato anche il materasso. Accidenti! non puoi dormire in questo letto. E’ tutto bagnato.» «E dove dormo?» fu l’ingenua domanda di Stefano. «Dormirai da me. Nel matrimoniale stiamo comodi in due.» Silvana guardò obliquamente il nipote per studiarne la reazione. Stefano non sembrava entusiasta ma non obiettò. «Devi toglierti anche il pigiama. E’ bagnato anche quello. Ti prendi un raffreddore, se no.» «Ma non ho un altro pigiama!» «Non vorrai dormire nudo con tua nonna, spero! Mettiti un paio di boxer e una t-shirt.» Mentre lo precedeva in camera da letto, Silvana aveva il cuore in tumulto per la riuscita del suo piano. Si tolse la vestaglia e in camicia da notte si infilò sotto le coperte, Dopo poco la raggiunse Stefano, in calzoncini e maglietta. Esitando entrò anch’egli nel letto, accanto a sua nonna. Quando aveva escogitato il suo piano Silvana si era detta che voleva solo sentirlo vicino a sé, che sapeva fin dove avrebbe potuto spingersi. Adesso che avvertiva il calore di quel giovane uomo accanto a sé, si sentiva invece presa come da una vertigine e pensieri decisamente incestuosi le si affollavano in testa. Si avvicinò a lui. Stefano si ritrasse. Silvana sorrise: adesso era molto più timido di allora, quando sfacciatamente le schiacciava il cazzo contro il corpo. «Che hai? Ti do fastidio se ti vengo vicino?» «No, è che…» Come avrebbe potuto esprimere la sensazione di eccitazione, mista a disagio che sua nonna gli trasmetteva. Stefano non avrebbe voluto ricordare proprio in quel momento la visione di sua nonna, con la gonna alzata e le mutandine giù, la fugace vista del pelo scuro tra le sue gambe, delle calze scure. Ma per tutto il giorno quelle immagini non gli erano uscite dalla mente. E cominciò a sentirsi il pisello indurirsi. «Non è la prima volta che dormiamo nello stesso letto» gli stava dicendo sua nonna. «Ti ricordi a casa vostra, a Bologna? Quello era molto più stretto non è vero?» Allungò una mano ad accarezzargli i capelli. Stefano non sapeva cosa dire. Ricordava a mala pena la precedente visita di nonna. Sperava solo che lei si girasse e si mettesse a dormire al più presto, prima che si accorgesse cosa gli stava accadendo. «Lo sai che tu dormivi così addosso a me che, di notte, ho sentito il tuo pisellino che diventava duro?» Silvana accompagnò la domanda con un movimento dei fianchi che la portò a ridosso del ragazzo. Il cuore le balzò in gola quando sentì il ventre sfiorato dalla punta del pene irrigidito. «Ma qui che succede?» la sua mano sfiorò la stoffa tesa dei boxer. «Ma allora è un’abitudine! Ti viene un’erezione ogni volta che ti metti a letto o solo quando ci sono anch’io?» Stefano soffriva troppo per cogliere l’ironia maliziosa nella voce di Silvana. «Scusa, nonna» fu per tutta risposta in grado di dire. «Non devi scusarti. E’ normale. Per un ragazzo della tua età. Lo capisco. Un’erezione … è una cosa normale.» Nemmeno Silvana faceva più caso a cosa dicesse. La sua mano, dopo una lenta circumnavigazione, aveva cominciato ad accarezzare quell’asta bella diritta. «Sei proprio dotato. Ti dispiace se te lo accarezzo?» Ma Stefano aveva gli occhi chiusi e dalle labbra sfuggì solo un gemito di piacere mentre sentiva la mano di sua nonna che si stringeva intorno al suo pene. «Non ti vergognerai mica? Anche quando eri bambino e ti facevo il bagnetto, ti toccavo il pisellino…» Che non era certo grosso come adesso, continuò fra se Silvana. Le sue mani esperte liberarono il pene del ragazzo dai boxer. Poi con il palmo della mano cominciò ad accarezzarlo per il senso della lunghezza, dalla base alla punta, intorno alla quale le dita si chiusero strofinando delicatamente la pelle. Stefano venne immediatamente, esplodendo un fiotto di sperma che si fece strada attraverso le dita della sua masturbatrice e le imbrattò la camicia da notte. «Oh, oh» disse due volte il giovane mentre continuava a sussultare. Poi riaprì gli occhi, per trovarsi davanti sua nonna, con un sorriso amorevole sul volto, che con la mano pulita gli accarezzava il viso. «Va tutto bene, tutto bene. E’ normale. Eri così carico. Se una donna ti accarezza lì, è quello che succede…» «Nonna» mormorò il ragazzo. «Spero che sia meglio di quando ti fai da solo,» sorrise maliziosa. «Oh, sì. è stato bello, bellissimo.» Silvana aveva ripulito la mano sporca sul lenzuolo. Sentiva la sua fica in fiamme. Restò un attimo in silenzio. Oddio, cosa stava per fare: si era impazzita? «Stefano, hai mai toccato la passerina?» Non aveva bisogno di sentire la risposta: gli prese la mano e la guidò sotto la camicia da notte, su, tra le gambe, fino al monte di venere. Gli fece sentire il pelo. Poi gli prese delicatamente due dita e le guidò all’imboccatura della fica, strofinandole contro le grandi labbra. «Lo senti che è bagnata? Sai cosa vuol dire?» Le dita di lui guidate dalla mano di lei stuzzicavano le labbra della vulva. Silvana si sentiva sempre più bagnata. «E’ perché anche le donne si eccitano. E si masturbano. Si masturbano anche loro. Anch’io, sai? lo fanno tutte le donne. Ma noi facciamo diverso dai maschietti. A noi succede tutto dentro…» Si infilò le dita di Stefano dentro la fica, facendole passare sulla clitoride. Com’era diversa la mano di un uomo dalle sue, pensò. Stefano non diceva nulla. Lei gli prese la mano, la spinse a palmo aperto contro la fica, mentre si faceva penetrare con le dita. Sentì l’orgasmo arrivare. «Sì, sì» gridò due volte, poi si morse le labbra. Mentre godeva strinse le cosce, imprigionandogli la mano, proprio come fosse il suo pene. Ci mise diversi minuti prima che il cuore rallentasse e l’ossigeno tornasse ad affluire al cervello permettendole di realizzare cos’era accaduto. Non solo aveva masturbato suo nipote ma si era anche fatta toccare da lui. Silvana si girò a cercarlo. Lo trovò addormentato. Le emozioni dovevano averlo travolto. Silvana gliene fu quasi grata: nonostante i suoi propositi non era sicura che sarebbe stata capace di controllarsi. Cercò di dormire anche lei. Lo fece a tratti, poi, alle prime luci dell’alba, si alzò. Andò in salone e si accomodò sulla poltrona. Doveva riflettere. Su quel che era successo fra lei e suo nipote fino a quel momento e su quel che poteva ancora venire. Fu lì che la trovò Simone quando, appena sveglio, gli occhi pesti e i capelli arruffati, si presentò sulla soglia della stanza. Silvana lo guardò per un attimo. E in quell’attimo prese la sua decisione. «Vieni qui» gli disse allargando le braccia per accoglierlo. Stefano obbedì e le si andò a sedere in grembo. Sua nonna lo abbracciò: «Accidenti, quanto pesi.» Non era certo più un ragazzino. Ancora assonnato Stefano poggiò il capo sulla spalla di Silvana. Quest’ultima cominciò ad accarezzargli il volto, poi il petto, quindi la mano scese sulla gamba e ben presto finì con lo sfiorargli il pube. Silvana si accorse rapidamente di un principio di erezione. Represse l’istinto di fargli carezze più intime e baciandolo sulla fronte lo mandò a lavarsi sotto la doccia. Sotto la doccia Stefano indugiò a lungo, consentendo a Silvana di vestirsi di tutto punto. Quando lei entrò in bagno, senza bussare, lui era appena uscito da sotto l’acqua e stava in piedi nudo e gocciolante. «Ti aiuto ad asciugarti» disse semplicemente Silvana. Prese un asciugamani e, sedutasi sul water, lo attirò verso di se. Cominciò a strofinare l’asciugamano sulle spalle, sul petto, poi sulle gambe. Lasciò per ultimo il ventre e il pube, ma a quel punto il ragazzo era già eccitato. Attraverso l’asciugamano Silvana gli sentì il pene che si induriva. Continuò a strofinargli i genitali e il sedere, finché, sicura che avesse raggiunto la piena erezione, abbassò l’asciugamani, scoprendo la verga ben tesa che puntava verso di lei. «Ma che bello che ce l’hai. Chissà quante donne farai impazzire con questo arnese.» Stefano protestò debolmente: «Nonna …» «Non avere vergogna. Non è certo la prima volta che vedo il coso di un uomo. E nemmeno che vedo il tuo.» Lo toccò ancora, lievemente. «Posso dargli un bacino?» Senza aspettare risposta poggiò le labbra sulla base dell’asta. Poi con una serie di piccoli baci leggeri risalì fino al glande, appena scoperto. Con le dita tirò un po’ indietro la pelle scoprendolo di più. Sfiorò ancora con le labbra la parte più sensibile ma non ritrasse la bocca: anzi schiuse appena le labbra e lasciò che la punta della lingua toccasse la fessura del glande. Una veloce occhiata sopra di sé: Stefano era in estasi, gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro. Impugandogli il pene alla base. Silvana tornò ad appoggiare la bocca sul glande ma stavolta aprì le labbra facendoselo scivolare dentro, poi gli attorcigliò intorno la lingua. La scossa che avvertì la sua mano le fece capire che il ragazzo non si tratteneva più. Allontanò il suo cazzo dal volto giusto in tempo perché lo schizzo di sperma non le arrivasse in faccia ma sulla camicetta. Lasciò che Stefano si svuotasse, poi fingendo indignazione si alzò: «Ma sei proprio incorreggibile, Basta toccarti un attimo che esplodi. Adesso dovrò cambiarmi. Vatti a vestire, svelto, e poi vieni da me che dobbiamo uscire.» Quando Stefano, vestito di in jeans e maglione, si affacciò sulla soglia della camera da letto. Silvana si girava intorno, senza camicetta, lasciando che il ragazzo le ammirasse le tette abbondanti contenute in un reggiseno di pizzo. Stefano era imbambolato e Silvana se lo trascinò dietro per negozi, felice di avere accanto a sé un giovane uomo che la guardava con occhi, ormai, scopertamente adoranti e divertita delle piccole esibizioni con cui lo provocava. Lo teneva a braccetto, contro di sé, strofinandogli il seno contro la spalla ogni volta che si fermavano davanti a una vetrina. In un negozio di scarpe, lei ne provò diverse paia con i tacchi alti al solo scopo di farsi ammirare le gambe dal nipote. A pranzo, in un locale arredato con separè secondo lo stile americano. Silvana si sedette accanto a lui obliquamente, badando che il giovane potesse avere una buona visuale delle sue gambe accavallate, senza preoccuparsi che dal bordo della gonna si intravedesse il bordo delle calze nere. Stefano non staccava gli occhi dalle sue ginocchia velate, ipnotizzato dalle manovre di sua nonna. Sempre più eccitata lei si protendeva verso il nipote, toccandolo e accarezzandolo, sussurrandogli nelle orecchie, strofinando il ginocchio contro la coscia di lui. Non fossero stati in un locale affollato gli avrebbe preso la mano per ficcarsela tra le cosce e fargli sentire quanto erano umide le sue mutandine. Nemmeno il ragazzo era a suo agio, a giudicare dalla patta dei pantaloni, su cui si appuntò lo sguardo intenzionale di Silvana, quando si alzarono per uscire. Per tutto il pomeriggio Silvana continuò il suo gioco. Troppo la elettrizzava provocarlo per poi ritrarsi, suscitare il suo desiderio per poi rimandare, assaporandolo, il momento in cui lo avrebbe sedotto. Prima di tornare a casa volle entrare ancora in un negozio per provare un vestito. Ne indossò uno talmente corto che le arrivava a mala pena a metà della coscia. Poi chiamò Stefano dentro il camerino. «Che te ne pare?», gli chiese fintamente ingenua, «Mi piace, ma forse è troppo corto, per me. Se metto le calze si vede addirittura il reggicalze, non trovi?», aggiunse pavoneggiandosi davanti allo specchio, mentre gli occhi strabuzzati di Stefano la radiografavano. «Bè, forse non è il caso …. Mi aiuti con la lampo?» Il nipote obbedì in silenzio e mentre Silvana lasciava scivolare giù il vestito, approfittò dello spazio ristretto del camerino per strusciarsi addosso al ragazzo. «Che hai, Stefano, non hai mai visto una donna in reggicalze?», lo stuzzicò, compiaciuta di tradurre in realtà le immagini delle riviste su cui il nipote si masturbava. «Riporta il vestito alla commessa, per favore, che finisco di vestirmi.» Quella sera, a casa, nonna e nipote sedevano vicini sul divano, fingendo di guardare la tv. In realtà Stefano senza più nascondersi teneva gli occhi fissi sul corpo di sua nonna. Quest’ultima, che aveva indossato un vestito da casa, con bottoni generosamente slacciati in alto, per lasciare vedere il seno, e in basso, scoprendo le gambe ancora inguainate dalle calze che aveva indossato durante il giorno, era dal canto suo persa dietro pensieri perversi che avevano per protagonista il pisellone del suo nipotino. «Nonna, sai, sei una donna bellissima». Erano praticamente le prime parole di senso compiuto che Stefano pronunciava quel giorno, da quando lei la mattina lo aveva spompinato. «Grazie, tesoro, ma sono vecchia, una anziana signora» «No, assolutamente, sei davvero ….» Silvana si protese schioccandogli un bacio vicino la bocca, «…una bella donna!» Lei gli sorrise e lo baciò di nuovo, stavolta sfiorandogli delicatamente le labbra, sicura che nella mente di suo nipote la parola che si era formata era, in realtà, «fica». «Nonna, posso dormire nel tuo letto, anche stanotte?» «Nel letto con me? Perché? Non sarà perché vuoi che ti tocchi come l’altra notte?» lo canzonò. «Va bene. Ma a una condizione. Te l’ho detto che sono vecchia e stanca. Mi aiuti a spogliarmi?» In camera da letto, Stefano, con mani tremanti, finì di sbottonare il vestito di Silvana. Lei guidava i suoi gesti, dandogli istruzioni. «Sfilami le calze, adesso» disse sedendosi. Inginocchiato davanti a lei Stefano sganciò il reggicalze e poi fece scivolare le calze giù lungo le gambe levigate di sua nonna. Rimasta in reggiseno e mutandine, Silvana si infilò sotto le coperte. «Dove vai?» disse al nipote che si avviava verso la porta. »A mettermi il pigiama» «A cosa ti serve? Non fa freddo. Su, spogliati veloce e vieni qui nel letto!» Stefano si tolse i vestiti sotto lo sguardo eccitato di sua nonna. Tra le gambe il batacchio aveva già dimensioni ragguardevoli e ciondolava provocante. Nudo, raggiunse la nonna tra le lenzuola. Guardandolo negli occhi, Silvana si tolse il reggiseno e le mutandine e platealmente li lasciò cadere per terra. Poi gli si fece contro. Ormai incapace di controllare il suo istinto andò subito a impugnargli il pene. «Ma quanto ce l’abbiamo grosso, qui sotto! Sei proprio un bel fico, sai Stefano?» Si avvicinò ancora e lo baciò: senza più pudori, gli ficcò la lingua dentro la bocca mulinellandogliela dentro. Travolto dall’eccitazione Stefano rispose allungando le mani ad afferrare e stringerle le tette grandi e carnose. Con una mano dietro la sua testa, e l’altra saldamente intorno al cazzo, Silvana gli attirò il viso contro il seno ficcandogli in bocca un capezzolo. «Succhia, piccolo, succhia! Ohh! Di cosa hai voglia, Stefano? Hai mica voglia di fare l’amore?» Stefano lasciò la presa sul seno e emise un flebile «Sì!». Silvana gli sollevò il mento per portare gli occhi di lui all’altezza dei suoi. «Non sta bene. Sono un’anziana signora. E sono anche tua nonna!» Gli occhi del ragazzo erano gonfi di desiderio. Con la mano le accarezzava il sedere. «Sei… sei una grandissima fica, nonna!» Silvana si chinò e lo baciò ancora. «Non dovremmo proprio, Stefano, ma la colpa è tua. Sei venuto nudo nel mio letto. E una donna fa fatica a controllarsi se ha un bel maschio nudo nel letto!» Silvana allargò le cosce e tirò con forza contro di sé la nerchia che teneva in mano. Era bagnata come una fontana e bastò che la punta del cazzo varcasse appena la soglia della vulva perché lei provasse, subito, un orgasmo esplosivo. lo fece entrare dentro di sé fino in fondo. Gli afferrò il capo per i capelli, costringendolo a tornare a mordere i capezzoli. Stefano cominciò a muoversi lentamente, poi accelerò mentre lei dava grandi colpi in avanti con il pube per assecondare il suo stantuffo. «Sì, sì!» Gli abbrancò le natiche e le spinse con forza contro di sé: voleva sentirsi tutta riempita da quel bel cazzo affamato. Stefano venne dentro di lei con un getto copioso e potente. Subito dopo anche Silvana sentì un grande calore irradiarsi dalla clitoride lungo tutto il corpo e un secondo orgasmo, questa volta dolce e appagante, arrivò lasciandola esausta. I dieci giorni che mancavano alla partenza di Stefano furono dieci giorni di indimenticabile passione e desiderio. Nonna e nipote diedero sfogo a tutta la reciproca lussuria. Fu la donna a guidare il gioco, all’inizio. Ma dopo pochi giorni Stefano si scrollò di dosso ogni timidezza e cominciò a chiedere, ed esigere, la soddisfazione delle sue fantasie. Prima di lasciarlo andar via, Silvana si fece promettere due cose: che non avrebbe raccontato a nessuno cos’era successo tra loro e che sarebbe tornato l’anno successivo. Stefano mantenne sia l’una che l’altra promessa. E da allora, una volta l’anno andava a trovare per qualche settimana la sua nonnina adorata. Silvana si scosse dai suoi ricordi. Il treno era arrivato. Corse incontro a Stefano. Avrebbe voluto saltargli addosso, baciarlo, toccarlo, spogliarlo. Ogni volta che lo rivedeva gli sembrava più bello, più alto, più maschio. Aveva 22 anni adesso. Nel fiore degli anni. Anni, pensò Silvana. Quaranta di meno di quanto ne avesse lei. In pubblico non potevano abbandonarsi a troppe effusioni. Si abbracciarono e baciarono castamente sulla guancia. In macchina, Silvana cercò di controllare le proprie emozioni e di chiaccherare del più e del meno. Fu solo dopo che la porta di casa si richiuse alle loro spalle che si abbandonarono, l’una nelle braccia dell’altro, a un bacio focoso, lungo, appassionato. «Ti sono mancata?» Stefano non rispose ma la baciò di nuovo, abbrancandole le natiche con le mani e stringendosela a sé. Per tutta risposta le mani di lei puntarono decise alla cintura dei suoi pantaloni e cominciarono a slacciarla. Lui la fermò: «Che fretta!». Silvana si irrigidì istantaneamente. Si staccò da lui e andò a sedersi. «Che c’è?» «Niente.» «Niente? Hai il viso scuro. Che succede?» Stefano si andò a sedere accanto a lei e cercò di prenderle il viso fra le mani. Silvana oppose resistenza. «C’è qualcosa che non va?» insistè il nipote. «Stefano, ci ho pensato a lungo. Rispondimi, sinceramente, ti prego: se io non ti piacessi più, se tu mi trovassi vecchia, me lo diresti, vero? Non è che fingeresti per non farmi soffrire?» Stefano sorrise e non rispose. Ma le infilò una mano sotto la gonna e cominciò ad accarezzarle le gambe attraverso le calze sottili. «Ti sei messa il reggicalze, come piace a me?» «Stefano, ti prego, ti ho fatto una domanda seria!» protestò Silvana cominciando già a cedere alle sue carezze. «E io ti risponderò facendoti vedere il regalo che ti ho portato!» replicò il ragazzo che si alzò, andò alla sua borsa che era rimasta sul pavimento e ne trasse un sottile pacchetto. Fu lui stesso a scartarlo: dentro un paio di calze nere velatissime. «Posso avere l’onore di aiutare io stesso la mia sexy-nonna a indossare il mio regalo?» disse inginocchiandolesi davanti. Silvana sorrise: al diavolo! «E’ un onore che prima ti devi meritare,» rispose, allargando le cosce e sollevandosi la gonna, «per esempio, comincia con il salutare la mia micetta. Non le hai ancora dato nemmeno un bacino!»
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