L’indomani mattina, al levar del sole, fummo svegliate da uno scalpitare di cavalli che si avvicinavano. Il cuore prese a battermi all’impazzata, e pensai subito che fossero dei bianchi che venivano a liberarci. Dopotutto, pensavo, qualcuno doveva avere notato la nostra sparizione, o avuto sentore di quanto era successo alla carovana. Sapevo che le comunicazioni erano lente e difficili allora, ma la nostra sparizione non poteva passare inosservata.I cavalli, che si erano delineati all’orizzonte, si stavano avvicinando e le donne erano eccitate al pensiero della liberazione. Non vedevamo quanti fossero, nè chi erano, ma li guardavamo con occhi pieni di trepidante attesa.Ma l’eccitazione non durò a lungo. Quando i cavalli furono a minore distanza, vedemmo costumi sgargianti e penne colorate e capimmo che di altri indiani si trattava. Fu un duro colpo per tutte noi. In quello sparuto gruppo che si avvicinava vidi altri indiani che venivano a torturarci, e approfittare del nostro stato di prigionia per sottoporci ai loro brutali desideri.Quando furono nell’accampamento mi accorsi che si trattavano di tre individui in tutto. Il capo del gruppo smontò ancor prima che il cavallo si fermasse. E solo allora mi accorsi che gli altri cavalli erano montati da donne. Le indiane erano vestite vivacemente, con casacche di pelle frangiate lunghe al polpaccio, e portavano una quantità di gioielli e perline.Mi chiesi cosa facessero là. Erano venute per far cessare l’inutile tortura? O per parteciparvi? Le guardai scendere da cavallo solo dopo che il capo era già a terra e si avvicinava all’indiano che comandava il nostro gruppo.L’uomo doveva essere un capo o uno stregone. Il suo copricapo di piume colorate era bellissimo ed enorme. Gli scendeva di mezzo metro ai lati della testa, e oltre alle penne aveva ornamenti di perline e ciondoli vari. Alle braccia aveva fasce di cuoio che gli accentuavano la già notevole muscolatura. Il suo corpo era molto più sviluppato di quello degli indiani che ci avevano fatte prigioniere, e pensai che forse doveva essere anche eccezionalmente dotato.Aveva occhi fiammeggianti e crudeli e noi tutte fummo atterrite da quello sguardo. Non capivo perchè era venuto, o quali progetti aveva, forse era solo di passaggio, ma a giudicare dalla sua espressione si preparavano cose spiacevoli per noi.Si mise a parlare e a gesticolare con il giovane guerriero detto Cane Giallo, capo del gruppo, e la conversazione animata si protrasse a lungo.Poi all’improvviso i guerrieri formarono un cerchio attorno a noi e si sedettero a gambe incrociate sulla sabbia ardente, evidentemente in attesa che il nuovo venuto facesse qualcosa.E difatti costui chiamò le due squaw che erano venute con lui, disse loro poche parole in tono sommesso, e in una lingua che non capii. Poi si avvicinò a noi e ci passò in rassegna, una per una, con calma e interesse.Dissi mentalmente una preghiera e incrociai indice e medio dietro la schiena, mentre si avvicinava a me. Il suo sguardo minaccioso mi valutò minuziosamente, dall’alto in basso, poi purtroppo, allungò una mano e mi diede uno strattone per farmi alzare. Ero terrorizzata, e temevo molto per la mia vita.In quel momento sentii bagnarmi fra le cosce e avvertii qualcosa di umido scendermi fra le gambe. Inorridii. Me l’ero fatta sotto dalla paura. La mia vescica non aveva retto allo stimolo dei nervi scossi e mi ero orinata addosso. Mi maledissi mentalmente e maledissi quei selvaggi brutali e insensibili, mentre mi mordevo le labbra per la vergogna.Se almeno ne avesse scelto un’altra! No, aveva scelto proprio me, e non potevo nè fuggire, nè ribellarmi. Ero alla sua mercè e dovevo fare quello che avrebbe voluto da me. Probabilmente sarei stata il suo giocattolo sessuale. Speravo almeno che non fosse troppo brutale. Oltre alla paura che mi dominava, non sapevo fino a che punto avrei sopportato dolore e umiliazione. Mi condusse al centro del gruppo. Le mie amiche erano rimaste tutte legate ai cactus, a una estremità dell’ampio cerchio formato dai guerrieri. Il capo e le due squaw mi fecero mettere in ginocchio. Poi le due indiane cominciarono a legarmi la parte superiore delle braccia con pezzi di corda, e non mi trattarono certo con gentilezza. Non capivo perchè delle donne partecipassero a quelle crudeltà. Eppure dovevano intuire l’umiliazione a cui venivo sottoposta. Ma esse erano indifferenti a tutto, tranne che a ubbidire al capo che diceva di legarmi le braccia strette contro il corpo. E questo fecero le due donne, con una scintilla di gioia negli occhi. La corda mi segava la carne ed era particolarmente dolorosa. Ma quello era niente in confronto alla paura che avevo per quanto mi avrebbero fatto dopo. Non potevo immaginare che cosa mi stava preparando quell’indiano sconosciuto, ma se era qualcosa di simile a quello che avevano dovuto sopportare le altre, il pericolo era grave.Una indiana si mise al mio fianco e tirò la corda dalla sua parte, facendomi chinare. L’altra si inginocchiò accanto a me dalla parte opposta.Il capo si sedette davanti a me, in modo che il suo membro già gonfio fosse a un palmo dalla mia faccia. Ora sapevo che cosa mi avrebbe chiesto di fare. Dovevo prenderglielo in bocca e succhiarlo. La cosa mi disturbava non poco. Non avevo mai voluto farlo a mio marito, malgrado me lo avesse chiesto più di una volta, perchè il sesso, quello normale intendo, mi aveva sempre procurato grande godimento, ma quelle cose, fuori dai canoni della mia educazione religiosa, mi avevano sempre fatto schifo. Non potevo sopportare l’idea di prendere in bocca un’arnese che serviva per orinare e che puzzava di piscio e di sudore. E ora avrei dovuto sottostare a quell’incombenza rivoltante. Non ero per niente pratica e speravo di riuscire a far godere l’indiano, perchè temevo che altrimenti, dopo, ci sarebbero state tortura e punizione.Alzai gli occhi e incrociai il suo sguardo, cercando di trasmettergli una supplica, volevo pregarlo di non farmi male. Lui, in risposta, si strappò via il perizoma, mettendo in mostra il cazzo più eccezionale che abbia mai visto. Rivaleggiava in grossezza e lunghezza con quello del capo del gruppo che ci aveva catturato, che vantava già una bella sberla di attributo virile, ma questo vinceva di gran lunga il duello.Mi resi conto subito che non sarebbe stata una succhiata facile, e che avrei dovuto tendere la bocca al massimo per poter ingoiare quel paletto che si ritrovava fra le gambe. Avevo così tanta paura di quel gigante, e di fare una brutta fine se non glielo succhiavo come lui voleva, che decisi di impiegare tutte le mie energie, quelle almeno che mi erano rimaste, per quello scopo. Volevo soddisfarlo e bene, con la speranza di avere salva la vita. La squaw che stava alla mia destra prese in mano l’enorme cazzo e lo diresse verso la mia bocca già aperta. Io mi bagnai svelta le labbra e richiamai in bocca tutta la saliva che ancora possedevo. Vincendo lo schifo e il senso di nausea che provavo, spalancai la bocca più che potei e, credetemi, prendere dentro quell’affare rigonfio non fu impresa facile.Mi sentii stirare dolorosamente le mascelle, ma quando è questione di vita o di morte si fanno cose impossibili e si trova una forza incredibile per farle. Quando il glande fu scivolato dentro, cominciai, inesperta, a succhiare. L’indiano gettò subito la testa all’indietro, e il suo copricapo si agitò come un animale selvaggio. Mugolava e gemeva con voce forte, e capii che godeva di quanto stavo facendogli.Cercavo di sbattergli come meglio potevo la lingua calda sul glande gonfio, premevo le labbra attorno alla carne e sentivo il pulsare del sangue lungo tutta la sua lunghezza. Non lo accettai tutto, perchè avevo paura di soffocare, ma leccandolo e succhiandolo un poco alla volta, eccitavo veramente l’indiano. Continuai a lungo a occuparmi della punta, ne infilai in bocca circa cinque centimetri, poi lo risputai, deliberatamente. E di nuovo lo risucchiai.Il capo, e la cosa mi sorprese, non mi afferrò la testa come temevo, e non spinse brutalmente il cazzo in fondo alla mia gola. Doveva essersi accorto che io non avevo intenzione di ribellarmi, e che gli avrei succhiato il cazzo docilmente. Per questo forse lasciò che io andassi avanti come volevo. Quando constatai che non mi faceva del male e che traeva piacere dal mio atto, fui spinta di più a compiacerlo e a fargli provare un orgasmo veramente eccezzionale. Insomma, pensando che non mi torturava nè mi uccideva, volevo dirgli grazie a quel modo. Continuai perciò a succhiarlo, ingoiandone sempre un po’ di più. Ma ogni centimetro che accettavo riceveva prolungate attenzioni della lingua e delle labbra, e spesso anzichè andare avanti, lo respingevo quasi totalmente.Sottoposto a quella dolce stimolazione, il capo pareva impazzito, fuori di se dall’eccitazione. Quando ne ebbi accettato una buona parte, mi pareva di avere un pugno in bocca, ma cercai di non pensarci e di non perdermi d’animo. E mentre succhiavo con impegno sentii del movimento alle mie spalle e qualcuno che mi afferrava da dietro alle anche. In un attimo di pausa diedi una rapida occhiata dietro e quello che vidi mi riempì d’orrore. il capo dei guerrieri, che mi aveva violentata il primo giorno, si era inginocchiato dietro di me e brandiva la sua enorme erezione pronta a sbattermela dentro, davanti o dietro.E quando sentii allargarmi le natiche mi sentii perduta. Era arrivato anche per me il momento di perdere quell’ultima verginità. Mi ero illusa fino all’ultimo di poter salvare il mio culetto dalle voglie di quei maniaci dalla pelle rossa, e ora, invece, avrei dovuto sperimentare a mie spese cosa volesse dire prendersi un affare di quel calibro nel sedere.Per un attimo pensai di ribellarmi, mi rifiutavo di accettare quell’atto degradante, e soprattutto davanti a tutti, poi l’istinto di sopravvivenza prevalse e pensai che era meglio la vergogna e il dolore alla morte. Un pensiero mi attraversò la mente allora: che cosa avrebbero pensato di me le altre donne, intuendo che stavo per prenderlo nel culo e che non mi sarei opposta. Ma decisi che non me ne importava. Era in gioco la mia vita, e cercavo di fare del mio meglio. Se dovevo uscirne col culetto rotto erano in fondo cavoli miei, non vi pare? Ma non mi aspettavo che il dolore fosse tanto.Quando la punta del cazzo, che pareva di legno quant’era duro, mi si appoggiò contro l’ano, fui scossa da una serie di brividi, e non potendo frenare le mie emozioni, emisi mugolii e suoni terrorizzati. All’improvviso il guerriero alle mie spalle spinse con forza per penetrarmi e io, come reazione istintiva, mi buttai in avanti e così inghiottii tutta la lunga asta del dell’indiano. Il capo gridò di piacere, mentre io tossivo e boccheggiavo e cercavo di tirarmi indietro per non soffocare, e intanto sentivo dilatarmi dietro da una forza spaventosa, immane, che mi faceva lacrimare mio malgrado.Il guerriero spingeva con forza tremenda, procurandomi un dolore lancinante all’ano che, benchè ancora chiuso, sentivo che cominciava a dilatarsi piano piano. Gemetti sconvolta dalla disperazione e dall’impossibilità di sottrarmi a quella violenza, mentre le lacrime ormai mi scorrevano copiose sul viso.Dopo un tempo che mi parve lunghissimo, a furia di spinte e non senza difficoltà avvertii con terrore che l’enorme cappella stava passando: mi sentii perduta.Avvertii chiaramente l’attimo in cui lo sfintere cedette, mi sentii squarciata, un dolore lancinante mi pervase, e urlai con quanto fiato avevo in gola, contorcendomi tutta malgrado le due squaw facessero di tutto per tenermi ferma.Intanto il capo, che aveva l’uccello tutto infilato nella mia bocca, lo estrasse per godersi meglio la scena della mia sofferenza.Il male che sentivo era terribile, tutto il corpo mi doleva, era come se stessi partorendo dal culo. Il dolore mi arrivava direttamente al cervello con stilettate brucianti e malvage. Scuotevo la testa di qua e di la e urlavo come una pazza, sconvolta dal dolore atroce. Avevo immaginato che mi avrebbe fatto male, ma non fino a quel punto. La sensazione dolorosa era al di là dell’immaginabile.Il guerriero alle mie spalle, entrata la punta, si fermò un attimo, poi, con un unico affondo violentissimo, mi entrò completamente nel retto fino ai testicoli! L’urlo che mi sfuggì dalla gola non aveva niente di umano, credetti di stare veramente per morire, mi sentivo sconvolte tutte le viscere, il dolore aumentò a livelli indicibili e mi abbandonai quasi svenuta. Quando mi ripresi, dopo qualche attimo, sentii che il capo davanti a me mi stava colpendo le guance col suo enorme cazzo per farmi riprendere conoscenza. Immediatamente il dolore al culo mi riafferrò più violento che mai e mi salirono sterili conati di vomito. Sentivo quell’enorme palo che andava e veniva dentro il mio retto devastandomi, torturandomi, rimuovendo dentro di me le feci e le budella. Mi sentivo sbattuta con forza sovrumana e il dolore ormai aveva avvolto tutto il mio corpo e le mie fibre, inoltre mi accorsi che qualcosa di caldo mi stava colando lungo le cosce, dandomi un insostenibile prurito: sicuramente stavo sanguinando. Credetti di essere prossima a morire e mi orinai addosso per la seconda volta.Il capo intanto mi aveva infilato nuovamente in bocca quel suo cazzo smisurato, piantandomelo fino in gola e a quel punto mi sentii proprio come una porchetta allo spiedo, infilata da tutte e due le parti.I due andarono avanti così per dieci minuti, devastandomi la bocca e l’intestino con i loro enormi randelli. Ero decisamente stordita, avevo sempre più male ai muscoli, e continuavo a sentire un bruciore lancinante e nei miei pensieri deliranti mi dicevo che se fosse venuto mi avrebbe portato un po’ di sollievo, spegnendo quelle fiamme. Il guerriero continuò a pompare con forza inaudita e ogni volta mi sembrava che entrasse di più: capivo perfettamente cosa si vuol dire con l’espressione “sentirselo in gola”, era proprio lì che lo sentivo anch’io. Le botte dell’apache sul mio sedere mi facevano sobbalzare in avanti; un paio di volte finii con la fronte contro il ventre del capo e il suo membro mi sprofondava fino all’esofago provocandomi altri conati terribili, ma era niente col male che sentivo nel culo. Per mia sfortuna, tutti e due gli indiani durarono un bel po’ e credetti di impazzire; solo negli ultimi istanti, ormai completamente stordita, cominciai a provare anche qualche brivido di piacere, ma a quel punto il guerriero che mi sodomizzava venne, a forza di spinte e strattoni raggiunse finalmente l’eiaculazione. Sentii distintamente il suo sperma bollente fiottarmi fino in fondo al retto martoriato. Sarebbe anche stato un bel momento, se non fosse che lui, in preda all’orgasmo spinse ancora più forte, come a volerlo piantare lì dentro, iniziò a tremare da capo a piedi e, dopo un ultimo affondo, emise un grido di piacere e si accovacciò sulla mia schiena. Restò piegato su di me per alcuni interminabili secondi, dopodiché iniziò a tirare fuori l’uccello ancora duro, strappandomi altre grida di sofferenza.Rimasi lì a piangere sconvolta e distrutta dal dolore mentre ancora il capo mi scopava con gli ultimi colpi in bocca. Poi anche lui cominciò a godere. E venne in modo così rapido e abbondante che la mia bocca ne fu letteralmente inondata. Temetti di soffocare, di dover risputare tutto, ma ero decisa ad inghiottirlo per paura di ritorsioni, e così feci.Lo bevvi tutto, tentando di non dare ascolto alla nausea che mi assaliva, allo schifo, e continuai a mungerlo finchè fui certa di averlo prosciugato.Quando il capo si fu calmato, posò una mano affettuosa sopra la mia testa. Non parlò, ma io capii che lo avevo soddisfatto e che lui non mi avrebbe fatto male.Almeno, non per il momento.Mi sciolsero dalle corde che mi imprigionavano le braccia e fui scortata verso il resto delle donne da due guerrieri. Badate bene ho detto “scortata”, perchè in effetti così mi trattarono. Quando la cosa era iniziata, mi avevano portata davanti al capo con modi violenti e a furia di strattoni. Naturalmente ero sempre con le mani legate dietro la schiena, però i loro modi furono più cortesi verso di me che non verso le altre prigioniere.Devo ammettere che a parte il dolore sordo che mi martellava ancora tra le natiche, mi sentivo piuttosto bene, forse per la felicità di essere ancora viva e tutta d’un pezzo. – Beh, sembra proprio che tu non abbia di che preoccuparti – mi sussurrò Mary, quasi con gelosia, quando ebbi ripreso il mio posto fra le donne. – Cosa intendi dire? – le chiesi, ancora frastornata da tutte le cose che mi erano capitate una dietro l’altra. – Lo sai bene – insistette. – No, spiegati, che vuoi dire? – – Con il pompino che gli hai fatto, a quel pezzo grosso, sarai trattata con i guanti! – disse a voce più alta. – Suvvia, Mary, non prendertela con me se ho pensato alla mia pelle. E poi guarda che mi hanno pure…. si insomma… me l’hanno messo nel didietro. Sapessi che male! Dopotutto non ho messo in pericolo voi, ho fatto solo contento quello stregone o chissà cos’è. Cosa ho fatto di male? – le chiesi – Oh nulla. Sono gelosa, ecco – rispose Mary che avrebbe voluto essere stata lei a far godere quel pellirossa, una figura di prestigio nel gruppo dei selvaggi, anche a costo di farsi rompere il culetto.Mentre Mary e io chiaccheravamo, l’indiano oggetto della nostra conversazione era già rimontato a cavallo, senza che ce ne fossimo accorte, e si stava allontanando, dalla parte opposta da dove era arrivato, seguito dalle due squaw. – Guarda, se ne vanno – disse Mary, che aveva sentito per prima il rumore dei cavalli. – Oh, davvero! – dissi, stupita che se ne andasse tanto presto. Comunque ero anche un po’ soddisfatta perchè la sua breve visita significava che l’uomo era venuto per il sesso, e sesso aveva ottenuto. E per giunta sesso maledettamente buono, se aveva deciso di andarsene così in fretta. Mary dovette pensare la stessa cosa perchè mi guardò in modo furbesco. – E adesso, cosa sarà di noi? – domando, come se io avessi avuto la risposta a tutti i nostri problemi. – Non so che dirti, cara – le risposi, un po’ seccata dal suo atteggiamento. – Come faccio a saperlo? – – Ecco, pensi che ammazzeranno altre di noi? – continuò sullo stesso argomento. – Mah – risposi – non saprei, però ho idea che il peggio sia passato. Si sono divertiti abbastanza, e può darsi che si calmino. In fondo… -Non riuscii a finire la frase. Il gruppo dei guerrieri, una dozzina e più ci accerchiò. L’intermezzo con il capo piumato doveva avere eccitato i loro sensi, scatenato i loro istnti animaleschi. Si buttarono su di noi, ci slegarono e ognuno tirò su una donna e la trascinò verso una parte diversa dell’accampamento.Capii che ogni indiano non aveva in mente altro che chiavare o maltrattare la donna che aveva scelta, e sperai soltanto che le mie amiche non avessero a pentirsene. Io soltanto ero rimasta là, con le braccia legate naturalmente, per impedirmi di fuggire, ma non me ne importava. Seguii con lo sguardo le mie compagne trascinate via, inclusa Mary. Avevano trascurato soltanto me, o perchè lo stregone aveva dato ordini di lasciarmi in pace, o perchè preferivano una ragazza diversa, una che non avesse appena finito una seduta sessuale. Alcuni si appartarono dietro un cactus, o una tenda, altri troppo smaniosi se ne infischiarono di essere visti. Si scatenò un’orgia collettiva, gli indiani partirono in quarta, come se fosse stata la loro ultima scopata e cominciarono i morsi e i graffi e le sberle, e da ogni parte mi arrivarono alle orecchie rumori di lotte e grida acute: ero testimone involontaria di un grande spettacolo di sesso osceno e brutale, a pochi passi da me, con coppie disseminate in ogni direzione.C’erano coppie che si dimenavano proprio nel bel mezzo della radura, e vedevo combinazioni di piedi che spuntavano da dietro le tende, o un braccio o una gamba che si agitava da dietro un cactus.Era una scena raccapricciante e, siccome quasi tutte gridavano o lottavano in balia di quei selvaggi, mi torcevo anch’io in preda allo sconforto e alla disperazione. Ero così intenta ad osservare le coppie che mi ero dimenticata della mia amica Mary. Era stata scelta da uno di più crudeli, e questo mi aveva fatto temere per lei.Il guerriero l’aveva portata con se usando modi sgarbati e violenti e quindi pensavo che le avrebbe fatto del male. Mary era una gran bella donna. Capelli neri lunghi e ondulati, occhi stupendi. La sua pelle era bianca come il latte e molto morbida. Bastava guardarla per capirlo.Ma finalmente, dopo che ebbi passato lo sguardo sulle varie coppie, vidi anche Mary. Era inginocchiata, legata al tronco di un albero per il collo e il guerriero le stava inginocchiato dietro. La brancicava per le anche e a fatica, tentava di tenerla ferma, inginocchiata a quattro zampe, cercava di bloccarle le reni con le mani e puntava il membro, teso in avanti come una spada, in direzione dello sfintere, nel tentativo di penetrarla.”Mio dio!” pensai, queste bestie non hanno il minimo di riguardo, vogliono sodomizzarla!Sicuramente, da quel lato, Mary era vergine e la mancanza di tatto che stava dimostrando quell’individuo l’avrebbe fatta soffrire atrocemente. Dopotutto aveva visto come avevano trattato sua figlia, e credo che fosse spaventata a morte.Erano abbastanza vicini a me e potevo vedere tutto benissimo. Sentivo le urla disperate di Mary che gridava fino a sgolarsi, mischiate ad altre urla e ad altre grida, mentre, con il viso sofferente, rigato dalle lacrime, stava subendo il violento assalto. Cercava istintivamente di sottrarsi ma lui la tratteneva, spingendo con decisione. – Aaahhh… – la udii gridare a un tratto mentre si contraeva per opporsi alla penetrazione. – Aaaaahhhh…. Dio santo che malee!!… – Tremava tutta, sconvolta. Lui spingeva e lei istintivamente si contraeva e ondeggiava il sedere, opponendosi, ma ad ogni spinta il dolore doveva essere atroce, violento, la vedevo gemere e inarcarsi come impazzita. Ricordavo benissimo quando lo avevano fatto a me e soffrivo per lei.Continuava a stringere le natiche, tentando di non cedere alla dolorosa penetrazione, ma dopo qualche tentativo, aiutato dalla saliva, l’apache riuscì a penetrare in lei, violando con il glande lo sfintere. Vidi i fianchi della mia amica contrarsi, la sua testa tentare di scattare verso l’alto, trattenuta dalla corda che le serrava il collo, gli occhi le si dilatarono sotto l’effetto del dolore. Boccheggiò e sembrò mancarle l’aria, poi un grido straziante le uscì dalla gola, mentre le lacrime le sprizzavano dagli occhi. Il dolore, per lei, doveva essere fortissimo, le lacrime le scorrevano copiose sul viso deformato, diventato una maschera grottesca per la sofferenza.L’indiano si arrestò un attimo, per riprendere poi a spingere subito dopo, mentre Mary continuava a urlare in maniera animalesca, penetrando lentamente nel culo della mia amica. La penetrazione nel retto sicuramente le stava procurando dolori atroci, vedevo il grosso pene procedere inesorabile e Mary digrignare i denti e soffiare. Giunto a metà l’uomo si arrestò, iniziando a retrocedere lentamente, per poi riaffondare in lei mentre la mia amica continuava a gridare e a sgolarsi, sobbalzando senza sosta. Intanto l’erezione smisurata del guerriero, con un movimento di va e vieni, lento ma inesorabile, penetrava sempre più fra le natiche allargate della mia amica.La vedevo dare dei sussulti tremendi, mentre, sgomenta, osservavo infilarle quel palo lentamente su per il culo. A un tratto l’indiano decise di porre termine ai giochi e, con una botta forte e violenta, si immerse fino in fondo tra le natiche della mia amica piegata sotto di lui. L’urlo atroce e bestiale che lanciò Mary dovettero sentirlo in tutto il Colorado.L’apache cominciò a muoversi immediatamente senza darle neanche il tempo di riprendere fiato. Con le mani posate sulle sue natiche rinculò, guardando la sua verga che usciva dall’ano della mia amica, la ritirò fino al glande, poi la spinse con forza di nuovo dentro, fino in fondo.Un altro urlo altissimo si levò dalla gola di Mary che giaceva con la testa abbandonata e che ormai doveva trovarsi immersa in un lago di dolore. – Muoio!… Ti prego non resisto!… Esci!…Aahiii!.. – gridava, e le sue mani tiravano istericamente i legami che le serravano i polsi dietro la schiena, nel tentativo inutile di liberarsi. Il guerriero alle sue spalle sghignazzò e continuò a incularla.La sodomizzava con forza, con spinte violente e regolari che facevano uscire la verga per più di metà per poi infilarsi nel retto martoriato fino in fondo. La teneva stretta per i fianchi e la sbatteva con furia bestiale. Mary gridava e piangeva a dirotto, le lacrime le bagnavano il volto, sgocciolavano a terra, mentre gemeva e guaiva come un animale ferito e ad ogni affondo lanciava un urlo disperato. L’apache la sodomizzò a lungo alternando movimenti lenti a violente spinte veloci o movimenti rotatori, alcune volte usciva il membro completamente per sfondarla nuovamente con cattiveria e Mary sempre urlava. Alla fine, sicuramente sfinita, non aveva più nemmeno voce per gridare, nè forze per dibattersi ancora e, rassegnata, emetteva solo un lamento continuo misto a singhiozzi.Tutto il corpo della mia amica vibrava sotto i colpi violenti, il pene usciva quasi completamente dal sedere e rientrava violentemente fino alla radice con uno schiocco del bacino dell’uomo contro i suoi delicati glutei che vibravano come gelatina al violento impatto.Un alone d’umori rosacei impastava l’interno delle natiche, segno inequivocabile che la brutale introduzione doveva aver provocato la lacerazione della pelle delicata dell’ano.Grugnendo come un maiale, con ultimi poderosi colpi, l’uomo le si scaricò infine nelle viscere.Provavo orrore per quanto era avvenuto e immaginai che le stesse sensazioni passassero nella mente di Mary. Girai l’occhio e notai che dappertutto vi erano corpi nudi accoppiati e impegnati a fare sesso nel modo più turpe e degradante. E francamente non perdevano tempo. Ci davano sotto come matti, e questo mi fece sentire colpevole per aver avuto quel leggero attimo di piacere durante l’accoppiamento con i due capi, dimenticando in quel momento la recente morte di mio marito, dato che le altre donne non stavano certo facendo come me.Loro sapevano dov’erano, cosa stava succedendo, e le loro grida ne erano la palese testimonianza, mentre ricevevano un cazzo o un dito nella vagina o nel culo, o nella mano, o nella bocca. Vi erano guerrieri che non si accontentavano di una chiavata normale, e volevano provare cose nuove. Vi erano cazzi che si muovevano in altrettanti culi bianchi, e dal mio punto di osservazione non perdevo nulla di quelle brutali violenze. In quei movimenti frenetici e dondolanti, lamenti di piacere uscivano dalle bocche di uomini e grida atroci di dolore da quelle delle donne. E io guardavo tutti quei cazzi enormi, stuprare, sfondare, spaccare senza pietà.Il giorno stava per finire quando una alla volta le donne furono ricondotte vicino a me e legate ai cactus, così come lo erano state per tutti quei giorni. Ma certe coppie si attardarono, perchè i guerrieri vollero protrarre i loro giochi sessuali, e dai suoni che emettevano nel deserto al tramonto si capiva che, qualunque cosa facessero, loro si divertivano.Ero molto stanca per quello che era successo nella giornata e cominciai ad appisolarmi. Mary non era ancora tornata e le altre ragazze non erano legate tanto vicine a me da poterci parlare. Credo che ci tenessero apposta un po’ distanti per non darci la possibilità di parlare tra noi o magari progettare un piano di fuga. Veramente io non covavo piani di fuga in quel momento. Volevo naturalmente sottrarmi agli indiani, perchè potevano ancor ucciderci una per una, se volevano. Ma una eventuale fuga nella notte sarebbe stata insensata, e saremmo morte dopo un giorno o due, in mezzo al deserto, senza nè acqua, nè cibo. Inoltre non avevamo nulla addosso e il sole cocente ci avrebbe bruciato la carne, cosa che non desideravo affatto. Era più ragionevole restarsene buone là e sperare che qualcuno venisse a liberarci.Quella notte udimmo un forte grido, ricordo, e ne fui terrorizzata. Credo che fosse un coyote o un lupo della prateria. Gli indiani, probabilmente, non avrebbero permesso che quegli animali si avvicinassero all’accampamento, perchè dovevano difendere la loro vita, ma io mi spaventai lo stesso. La paura mi tenne sveglia a lungo. In fondo affidavo la mia vita nelle mani di quei selvaggi, e non era un pensiero gradevole.
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