Era ancora una splendida trentacinquenne, mora, giunonica una donna solare e mediterranea, sempre in lotta con la bilancia anche se la sua altezza camuffava bene quei chili di troppo. Luana non si piaceva troppo ma aveva imparato ad accettarsi anche se questo la rendeva insicura con gli uomini. Esternamente dava l’impressione di una donna sicura a volte strafottente, era una professionista in carriera, appassionata di macchine sportive attualmente possedeva una coupè di grossa cilindrata, le piaceva guidare velocemente, e a volte si lasciava prendere la mano commettendo qualche infrazione di troppo. Quel giorno Luana era veramente di fretta, avanzava a forte velocità in una stradina che passava proprio accanto al quartiere universitario, evitò all’ultimo momento un signore di mezz’età che stava attraversando le strisce pedonali, per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono, Luana notò solo dopo, dallo specchietto che il signore in abito blu scuro non era che un distinto cinquantenne con i capelli completamente bianchi. L’uomo continuò a fissarla fermo in mezzo alla strada, sembrava contrariato e la donna pensò che forse avrebbe dovuto scusarsi, proprio davanti a lei ora un grosso camion stava facendo manovra occupando tutta la strada, Luana si fermò e guardando dallo specchietto notò il distinto signore che prendeva appunti su un foglietto, la targa pensò, sta annotando il mio numero di targa cazzo. Dimenticò comunque l’accaduto quasi subito presa da altri pensieri, solo qualche giorno più tardi ricevette una strana telefonata. “La signora Giuliani?” “Si, chi parla?” “Lei non mi conosce, avrei comunque bisogno di parlarle, possiamo vederci?” “Di solito non accetto appuntamenti con gli sconosciuti” “Guardi per sua tranquillità possiamo vederci nell’atrio della facoltà di Medicina, so che lei lavora proprio da quelle parti” “Va bene, come la riconosco?” “La riconoscerò io, stia tranquilla” Luana era perplessa ma il suo lavoro la portava spesso ad essere contattata da persone che non conosceva che avevano avuto il suo numero da amici o colleghi, pensò quindi a un contatto professionale da “passaparola” e decise di andare all’appuntamento. Entrò nell’atrio universitario e si sedette accanto al bar, pur non essendo una ragazzina riusciva comunque a confondersi con gli studenti che animavano l’ambiente, cominciò a guardarsi intorno curiosa e notò in distanza il signore distinto dell’altro giorno, i suoi candidi capelli erano inconfondibili così come l’abbigliamento elegante e formale, stava conversando con un capannello di studenti, chiaro era un insegnante, era lui il suo interlocutore telefonico? Forse voleva le scuse, possibile che non avesse altro a cui pensare? Sarebbe stata comunque una scocciatura, decise così su due piedi di andarsene senza dare nell’occhio. Aveva quasi raggiunto il portone d’ingresso quando si sentì chiamare, si voltò e vide il canuto professore avvicinarsi a passi veloci. “Salve signora, sono Mario Vernetti, il suo nome lo conosco già, vogliamo accomodarci al bar?” “Mi scusi ma avevo deciso di andarmene, non mi piace questa storia, cosa vuole da me?” Stavano già prendendo posto ad un tavolo appartato del bar, Luana sedendosi non potè fare a meno di notare la differenza di look tra lei e il distinto professore, non avendo impegni particolari per la giornata si era vestita in maniera sportiva e informale, jeans neri e felpa grigia, indossava scarpe da ginnastica e un giubbetto in neoprene con cappuccio, sembrava in tenuta da footing. Ordinarono caffè e succo d’arancia. “Allora, Luana, forse tu non ti ricordi di me, ma un paio di giorni fa sei stata vicina ad investirmi sulle strisce pedonali”. Luana notò subito che era passato al tu senza tanti complimenti, era un atteggiamento che non tollerava. “No, mi scusi ma non mi ricordo proprio, non so che dire oltre che scusarmi.” “Non ti ho chiamato per le scuse, di quelle non so che farmene.” “Allora?” “Allora volevo guardarti da vicino, avrei voglia di punirti personalmente per il tuo comportamento scorretto.” “Potrebbe sempre denunciarmi.” Il tono ironico di Luana, era dichiaratamente provocatorio. “Se potessi lo farei ma la mia parola contro la tua non basta.” “Bene a questo punto non ho altro da aggiungere.” Luana era profondamente turbata, quell’uomo le piaceva, aveva sempre subito il fascino degli uomini maturi e di potere, oltretutto lui non poteva saperlo ma quel riferimento alla punizione le aveva fatto bagnare le mutandine, lei era una slave da tanto tempo, aveva col suo ex un rapporto di sottomissione che era però un segreto tra loro. Fece per andarsene anche se le tremavano le gambe ma l’uomo le prese il polso in una morsa e la costrinse a risedersi. “Siediti e silenzio non ho ancora finito.” La donna si risedette con lo sguardo basso, si stava tradendo, tutta quella remissività ad un esperto non poteva passare inosservata. “Ti voglio vedere in altro ambito, subito, nei prossimi giorni, non ti lascerò scampo ti conviene accettare subito, allora?” Si stava cacciando in un guaio grosso lo sapeva benissimo ma non aveva la forza di rifiutare. “Quando vuole lei.” “Bene, stasera a casa mia, via Cavour 12, presentati vestita da donna.” Luana si allontanò in preda al panico, preferì andarsene di corsa per paura di peggiorare la sua situazione già abbastanza compromessa. La sera si vestì con cura, gonna, camicetta e intimo adeguato, un leggero trucco e scarpe col tacco che la facevano avanzare incerta. Salì all’attico attraverso un ascensore che portava direttamente nell’appartamento, Mario le andò incontro baciandole la mano. “Benearrivata Luana, sei proprio bella.” “Grazie lei è molto galante.” “Aspetta, potresti cambiare idea molto presto.” La fece accomodare nel salone, presero posto su due poltroncine poste una di fronte all’altra. “Allora veniamo a noi, penso di aver intuito il tuo animo remissivo anche se cerchi di nasconderlo molto bene, sono un master, ho addestrato molte schiave ma in questo momento sono alla ricerca di una nuova allieva e tu mi sembri quella giusta, sono molto esigente, più di quanto immagini, sono inflessibile soprattutto con quelle che come te cercano di nascondere la propria natura, ce l’hai scritto in faccia, hai un padrone?” “Si.” Mentì, la loro storia era finita già da qualche mese. “Com’è esigente?” “Penso di si, ma non ho altre esperienze.” “Sa di questo incontro?” “Assolutamente no.” “Come farai a nascondere i segni che ti lascerò.” Non rispose, abbassò il capo in silenzio e questo bastò a Mario per avere il via libero, la fece alzare, la baciò sulla bocca appassionatamente e solo quando la sentì cedere, allungò una mano sotto la gonna introfulandosi negli slip. “Che brava bambina, sei già bella bagnata, ero sicuro di aver scelto bene, ho arruolato le mie schiave sempre così ad intuito, mi è sempre bastato uno sguardo. In questa casa vigono leggi severe, da questo momento mi chiamerai padrone, sguardo sempre basso, la parola “basta” qui non esiste, voglio carta bianca per almeno quattro ore a partire da adesso.” Prese da un cassetto una lunga corda di canapa, iniziò a legarla con gli abiti addosso, stringeva maledettamente, la strattonava di continuo, era un maestro di Bondage, Luana lo capì subito, conosceva quelle legature ma sopra agli abiti era proprio una novità. Le corde passavano anche tra le gambe insinuandosi tra le piccole labbra e nel solco tra le natiche. Luana era agitata ed eccitata, teneva lo sguardo basso e le gambe le tremavano sempre più, le arrivava un pungente profumo maschile inebriante, avrebbe voluto guardarlo negli occhi ma non le era permesso. L’uomo completò la sua opera, attaccò l’estremità della fune ad un anello infisso nel solaio e cominciò a sollevarla da terra, la donna si trovò presto sospesa con le corde che le mordevano la carne, lei non era una donna minuta e la sua mole complicava la situazione, emise un lamento che rimase sospeso nell’aria come lei. Mario tornò alla sua poltrona a godersi lo spettacolo, rimase in silenzio ad osservarla per parecchi minuti, Luana dalla sua posizione non riusciva a vederlo. “Come ti senti Luana?” “A disagio.” “Manca qualcosa a questa risposta.” “A disagio padrone.” “Brava, vedo che apprendi facilmente, ora vediamo quanto resisti prima di cominciare a piagnucolare.” Non dovette attendere molto, Luana sapeva che la parola basta non era contemplata,quindi iniziò a lamentarsi senza chiedere pietà mentre l’uomo la osservava da lontano, dopo circa una trentina di minuti venne calata a terra, liberata dalle corde e dagli abiti si ritrovò completamente nuda e tremante davanti al suo padrone. “A pecorina sul divano ora, in silenzio, voglio ispezionarti questi buchetti vogliosi.” Luana obbedì silenziosa, si inginocchiò sul divano, appoggiò il viso sul cuscino tenendo con le mani ben allargate le chiappe, Mario non potè fare a meno di compiacersi per la remissività della splendida femmina che stava dominando, lui contrariamente a molti master non amava le donne lamentose che dovevano essere costrette a fare certe cose, preferiva quelle mansuete e sottomesse di natura,aveva fatto centro. Luana sentì le dita dell’uomo che prepotentemente si intrufolavano nella figa madida di umori e sospirò di piacere, ma quel gesto durò veramente poco, le dita passarono subito all’anello di carne delicato dello sfintere anale. “Ora tossisci per favore, così sarà meno doloroso.” Luana obbedì, e in contemporanea sentì una fitta tremenda, le aveva infilato due dita nel culo, le muoveva, le allargava spingendo con violenza fino in fondo. “Stai tranquilla sono un medico so quello che faccio, e il tuo fiorellino qui dietro mi sembra ben allenato.” Luana era rossa di vergogna, era vero era ben allenata, il suo ex aveva una passione per le sue terga e il suo passatempo preferito era allargarglielo, le aveva infilato nel culo di tutto, aveva costruito anche dei dildi in legno di varie misure e spesso la costringeva ad un gioco perverso, le infilava uno di quei grossi perni e la costringeva a conviverci per ore, era addirittura arrivato a modificare il sellino della ciclette da camera, applicando un dildo di 20 centimetri sul sellino, e a suon di frustate la faceva pedalare impalata li sopra. Luana cercò di concentrarsi su quelle sensazioni, il dolore iniziale stava diventando piacere, se avesse continuato così sarebbe venuta sicuramente, ma non era ora. Il suo nuovo padrone le parlava lentamente, spiegando quello che stava facendo, la sua voce sicura e suadente la cullava e terrorizzava contemporaneamente. “Rilassati ora, voglio testare la tua elasticità” continuava ad utilizzare termini medici, e questo rendeva l’atmosfera ancora più surreale. “Sto per utilizzare una specula anale, se rimani calma puoi sopportarla, aumenterò poco alla volta la dilatazione, ma preparati perché voglio arrivare a fine corsa.” Sentì un oggetto metallico di piccole dimensioni violare il suo ano, e poi lentamente il rumore di una vite che veniva girata, il padrone l’accarezzava sulle natiche mentre poco alla volta iniziava quel suo esperimento. Adesso cominciava a sentire dolore, sapeva per esperienza che irrigidirsi non l’avrebbe aiutata, cercava di rimanere calma ma a poco a poco le salirono le lacrime, cominciò a piangere. “Lo sai che la parola basta non esiste vero? Ricorda le regole, so dove posso arrivare senza provocare lesioni,il tuo dolore non mi interessa, quando pensi di essere arrivata al limite, tossisci, vedrai ti aiuterà.” La donna non riusciva più a rimanere ferma, si sentiva aprire a metà, sapere che il suo padrone era medico la faceva sentire tranquilla, ma ora, il dolore era al di sopra della sopportazione, cercò di sottrarsi ai prossimi avanzamenti ma Mario la prese per i capelli e la rimise in posizione. “Calma tesoro, non vorrai anche la frusta, facciamo una cosa per volta, non costringermi ad essere violento, sopporta ancora qualche scatto, siamo solo a 40 millimetri di dilatazione, e questo gioiellino arriva a settanta, non dirmi che è una novità per te.” “La scongiuro padrone, ho paura di svenire, sono abituata alle penetrazioni anali ma non di queste dimensioni.” “Infatti questa non è una penetrazione, è solo una dilatazione, quindi silenzio, al primo cedimento dei tessuti smetto.” Luana non stava solo soffrendo, aveva la figa bagnata, il clitoride gonfio sperava che Mario si accorgesse e l’aiutasse a godere. Forse le lesse nel pensiero perché cominciò a giocare con il suo clitoride, lo stringeva tra l’indice e il pollice tirandolo, Luana venne mugolando ma le lacrime le rigavano ancora il volto. Poi il suplizio terminò. Mario soddisfatto tolse la specula dal suo buchetto martoriato e ci infilò un cuneo di lattice. “Così non si contrae e rimane ben aperto per dopo, non ti ho detto che io preferisco scopare nel culo e ho un pene di dimensioni notevoli, sono costretto a sottoporre le mie donne a queste pratiche prima di incularle, dovresti essermi grata.” “Grazie padrone.” “Avrai modo di ringraziarmi più tardi, abbiamo ancora molto tempo.” L’aiutò a sollevarsi e la baciò a lungo sulla bocca accarezzandole i capelli languidamente, Luana si sciolse, si aggrappò a lui ricambiando la tenerezza. “Luana non avermene, ora devo frustarti, mi rincresce sempre questa pratica ma ho imparato per esperienza che non si può addestrare una schiava senza il morso della frusta, devo imbavagliarti o sei in grado di controllarti?” “Non sono mai riuscita a sopportare la frusta, il mio padrone non la usa quasi mai per non sentirmi urlare, preferisce sculacciarmi”. Luana fu legata e imbavagliata, quindi dovette subire trenta frustate, molte sulle natiche ma non fu trascurato nessun altro punto delicato, l’interno delle cosce, il seno, il pube ed il ventre, quando fu ben segnata, Mario la sciolse e cercò di consolarla tenendola tra le braccia e cullandola, quando si fu calmata, le tolse il bavaglio e la baciò a lungo, poi la condusse in camera da letto, le tolse il cuneo che la violava oscenamente, e fecero l’amore dolcemente, Luana venne ininterrottamente, anche quando lo sentì eiaculare nelle sue viscere, era percorsa da fremiti di orgasmo. Il tempo a loro disposizione era finito, Luana si stava rivestendo quando Mario le porse un flacone. “E’ un prodotto lenitivo, ti aiuterà a far sparire i segni in fretta, voglio rivederti presto, molto presto, tieniti a disposizione. L’accompagnò alla porta baciandola sulle labbra: “A presto mia automobilista indisciplinata”.
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