Notti di provincia (IV parte)

Capitolo dodicesimoUna volta fuori del club Sandra si sforzò di riflettere. Che Mauri fosse in compagnia di Gianna non doveva sorprenderla. Lui stesso le aveva detto di conoscere i Rebini, ma la loro presenza al Viola’s Club era molto strana. Sandra non poteva impedirsi di pensare con amarezza che, ovunque andava, continuava a trovare le stesse persone.C’era poi il comportamento singolare di Viola, con quelle allusioni, quell’atteggiamento misterioso riguardo a Margherita, le pose provocanti, oscene.Attraversò il cortile dello stabile poi, costeggiato l’atrio dell’edificio, uscì su Via Bologna. Individuato un bar proprio di fronte, attraversò la strada. Lo stomaco le si contraeva per la fame, ricordandole che non mangiava da parecchio. Prese posto ad un tavolino ed ordinò una Coca Cola ed un panino al formaggio.Mangiando osservava automaticamente l’edificio che aveva di fronte. Non lo aveva fatto apposta, ma si trovava proprio davanti ad una finestra. La cosa le fece venire un’idea: e se Gianna e l’armatore, dopo la seduta fossero usciti insieme? Questo meritava una verifica.Tre quarti d’ora dopo poté costatare che la sua intuizione era stata giusta. La signora Rebini e Mauri uscirono dal palazzo tenendosi a braccetto. Insieme, si avviarono per il marciapiede. Sandra si alzò e lasciò il bar per non perderli di vista. La coppia camminava con passo tranquillo. Lei si mise ad una trentina di metri e non li mollò più.Sembrava che Gianna Rebini ed il suo compagno volessero aggirare il centro della città e si addentrarono deliberatamente nel quartiere vecchio. Ad un tratto la coppia abbandonò la strada ben illuminata che stava percorrendo e si infilò in un vicolo stretto e buio. Sandra lasciò che i due avanzassero un po’, poi si lanciò sulle loro tracce ma, dopo essere entrata nel vicolo ed aver girato un angolo, non li vide più.Sconcertata, Sandra tornò sui propri passi. La viuzza era molto male illuminata ma sufficientemente larga per consentire di nascondersi in una zona d’ombra e, ma a prima vista, non c’erano anfratti nei quali potersi occultare. L’unica possibilità era che i due fossero entrati in una delle case. Sandra fece scorrere lo sguardo su entrambi i lati del vicolo. Vide solo una porta stretta e bassa alla quale si accedeva scendendo qualche gradino. Probabilmente dava accesso ad uno scantinato od ad una cantina e, ovviamente, era chiusa a chiave.Confusa, la ragazza si chiedeva che fare quando un brusio di voci sommesse attirò improvvisamente la sua attenzione. Sembrava provenissero da una finestra accanto alla porta. L’apertura era chiusa da un grossolano insieme d’assi sconnesse dalla quale filtrava luce. Incuriosita, Sandra si avvicinò ed incollò l’occhio alla fenditura più larga.Riuscì a vedere un locale basso dal soffitto a volta e dal pavimento lastricato. Al suolo erano posate diverse lampade da campeggio che illuminavano l’ambiente. Sandra soffocò un grido di stupore. Là dentro c’era Mauri e Gianna Rebini, ma non erano soli. Con loro c’era una mezza dozzina di ragazzi con l’aspetto di teppisti. Il più grande doveva essere appena maggiorenne.Sul pavimento, nella zona del locale contornata dalle lampade, erano state buttate delle coperte usate. Gianna stava al centro del cerchio di ragazzi, accanto ad una sedia. Si stava spogliando. Con addosso una sottoveste di pizzo nero girava lentamente su se stessa per farsi ammirare. Mauri era in piedi a due passi da lei. Sandra non riusciva a sentire cosa dicessero lui ed i ragazzi, nondimeno ebbe l’impressione che l’armatore facesse la parte del maestro di cerimonie.Con un sorriso fisso sulle labbra, Gianna si liberò della sottoveste. Oltre le calze nere portava un reggicalze, un paio di slip ed un reggiseno, il tutto di pizzo rosso oltremodo volgare.Sandra, affascinata, seguiva lo spogliarello della sua padrona di casa. Era la prima volta che la vedeva spogliata. La pelle di Gianna era bianchissima ed il corpo carnoso particolarmente eccitante. La donna si tolse il reggiseno, rivelando le belle tette pesanti che si massaggiò per qualche secondo, poi si liberò delle mutandine. Aveva il ventre lievemente bombato, adorno di uno spesso ciuffo di peli. Le grandi labbra pendevano flaccide.Gianna mise le mani dietro la schiena e prese a dimenarsi, improvvisando una specie di danza oscena, poi si mise carponi sulle coperte ed allargò le cosce in modo provocante. I ragazzi si stavano già slacciando i pantaloni con gesti febbrili ed il primo che si fece avanti era piccolo ma massiccio, il torace imprigionato in un giubbotto di pelle nera, i lati del cranio rasati. Si teneva l’uccello nella mano. Inginocchiatosi dietro Gianna, le palpò grossolanamente le natiche. Sembrava si divertisse ad impastare quelle carni elastiche, pesanti e soffici. Il gioco lo stancò presto. Si eresse restando in ginocchio, il cazzo teso davanti a sé, guardando attentamente il foro del sesso tra i peli, per poi dare un colpo di reni e ficcarlo dentro.Sandra si conficcò le unghie nel palmo delle mani. Aveva visto il soprassalto di Gianna e sentito il suo gemito di piacere quando l’uccello l’aveva penetrata. Quella reazione la scosse. Il ragazzotto pompava la donna che tremava istericamente. Le sue grida acute erano chiaramente percepibili all’esterno. Gli altri ragazzi e Mauri facevano cerchio attorno ai due e si masturbavano godendosi lo spettacolo.La scena era così eccitante che Sandra non sentì i passi che si avvicinavano. Quando una mano le sfiorò il gomito ebbe un violento sobbalzo. Riconobbe Viola Masotti.•        Ma… lei era qui? – balbettò.•        Da un bel po’ – ribatté Viola. – E, visto che sembravi occupata, non ho voluto disturbarti.Spinse di lato la ragazza e diede un’occhiata attraverso le assi.•        Ah, capisco… – si limitò a dire.Prese Sandra per un braccio e la trascinò verso l’uscita del vicolo.•        Figurati che sono uscita proprio dopo Gianna e Mauri – le spiegò. – sono rimasta molto sorpresa quando ho visto che ti mettevi a seguirli. La cosa mi ha incuriosita ed ho deciso di farti una sorpresina.Sandra si morse le labbra indispettita. Occupata com’era stata a spiare la coppia, non le era passato per la testa di accertarsi di non essere seguita a sua volta, ma non avrebbe certo potuto immaginare una cosa del genere.Capitolo tredicesimo•        Dove stiamo andando? – chiese Sandra mentre Viola se la tirava appresso.Erano uscite dal vicolo e stavano percorrendo la strada. Viola non accennava a voler mollare la presa. Al contrario, la sua stretta si era fatta più forte sul braccio della ragazza.•        Torniamo al club.•        Perché?•        Per parlare. Vuoi vedere tua zia, no? Allora lascia fare a me e smettila di porre domande.Sandra si azzittì. La donna camminava di buon passo e lei faceva fatica a seguirla.Un quarto d’ora dopo arrivarono in Via Bologna. Nel club non c’era più nessuno. Dopo aver aperto la porta d’ingresso, Viola schiacciò l’interruttore della luce. Nel vedere com’era silenzioso e deserto quel locale che prima brulicava di voci e di persone, Sandra provò una sorta d’angoscia che le serrò lo stomaco. L’altra la condusse nel proprio ufficio.•        Adesso – disse, – raccontami perché vuoi vedere Margherita.Dopo qualche esitazione, Sandra si decise a raccontare la propria storia. L’amica della zia l’ascoltava senza interromperla. Aveva un’espressione concentrata, come se stesse riflettendo. Quando la ragazza ebbe finito, si lasciò cadere nella poltrona.•        In fondo – le fece notare, – non c’è alcun motivo perché tu resti ancora dai Rebini.•        E dive vuole che vada? – ribatté con amarezza Sandra. – Non ho più un soldo.•        Questo dipende solo da te. Io conosco un posto molto più interessante. Intanto telefono a Adriano perché porti qui i tuoi bagagli.Sandra la fissò con stupore. Viola aveva parlato di Rebini come se fosse stato il suo domestico e non potesse rifiutarle nulla. L’altra la fissava con espressione angelica.•        Dimmi, quando ti ho mostrato la mia fica, che cosa hai pensato?•        Ma niente! – rispose Sandra, rossa come un pomodoro.•        Davvero? – Viola aggrottò le sopracciglia. – Allora non hai visto bene. Aspetta.Viola aggirò la scrivania e venne a sedersi sul bordo di fronte alla ragazza, e questa volta, appoggiò entrambi i piedi sui braccioli della poltrona.Gli occhi fissi su quelli di Sandra, si sollevò il vestito fin sopra l’ombelico. Per uscire si era messa delle calze nere a rete, sorrette da giarrettiere, ma era sempre senza mutandine. Sandra, le gote in fiamme, guardò il sesso dell’altra. In mezzo ai peli le grandi labbra si schiudevano su profondità rosse ed umide.•        Adoro mostrare la fica – disse Viola. E farmela toccare. Che aspetti? Fallo! E, poiché lei non si muoveva borbottò spazientita:•        Allora, che aspetti? Toccamela!Sandra si chinò e tese la mano. Sfiorò con la punta delle dita le tenere carni in alto, all’interno delle cosce. Viola, con le narici frementi, allargò ancora di più le gambe. Il sesso si spalancava sempre di più, mettendo a nudo le mucose plissettate della vulva, di un rosa lucente, e l’orifizio della vagina, l’anello cremisi tra le piccole labbra zigrinate dalle quali filtrava un denso umore biancastro…Sandra infilò l’indice nella vagina aperta ed i muscoli interni di Viola le si strinsero attorno al dito. La ragazza si sforzò di farlo scivolare avanti ed indietro e Viola iniziò ad ansimare. Anche lei era diventata rossa e teneva gli occhi chiusi.•        La clitoride! – gridò. – Toccami la clitoride, presto! Palpala!Eccitata a sua volta, Sandra frugò entro le mucose e pizzicò tra due dita la pallina di carne indurita. Subito Viola si inarcò e si sollevò allargando le natiche. Sandra vide l’occhio brunastro dell’ano…•        E adesso il culo – ansimò la donna. – Mettimi un dito nel culo! Sì, che cosa aspetti, razza d’imbranata, bisogna dirti proprio tutto!Agitata, Sandra tastò la rosetta rugosa dell’ano. La corolla si dischiuse subito ed il culo di Viola parve inghiottirle il dito. Le pareti del retto erano roventi ed umide.•        Spingi verso il basso e tira verso l’alto… contemporaneamente! Ecco, così, va bene! Ora rimettimelo nella fica.Stravolta, Sandra obbedì. Ricominciò a cacciare il dito avanti ed indietro nella vagina, al contempo mungendo la clitoride come la mammella di una mucca, mentre Viola gemeva con voce stridula. La donna all’improvviso trasalì con violenza ed emise un rantolo di piacere, la nuca rovesciata all’indietro. A Sandra parve che il suo dito fosse bruscamente serrato in una morsa. Quando i muscolo della vagina si rilassarono la sua mano fu inondata da umori appiccicosi…Di lì a qualche secondo Viola rimise i piedi sul pavimento. Il volto le ruscellava di sudore. Senza preoccuparsi di macchiare il tappeto, si riabbassò il vestito. Sandra, ancora tremante per il nervosismo, prese ad asciugarsi la mano in un kleenex estratto da una scatola che stava sulla scrivania.•        Ne avevo proprio voglia – disse Viola ridendo. – E tu ci sai fare, anche se bisogna scuoterti un po’… non sei molto attiva.La ragazza abbassò gli occhi senza rispondere. L’amica di sua zia le cinse le spalle con un braccio protettore.•        Ci penseremo noi a addestrarti, tesoro. Intanto andiamo a fare un bagno.Come inebetita, Sandra si lasciò trascinare via. L’ufficio non affacciava direttamente sulla palestra, ma dava su una specie di vestibolo dal quale si dipartiva un corridoio laterale. Quando furono in fondo Viola aprì una porta. Fece entrare Sandra in un locale con le pareti ed il pavimento piastrellati. Sulla destra c’era una vasca di ceramica. Aprì il rubinetto e mentre l’acqua scorreva si avvicinò alla ragazza che l’attendeva, incerta, al centro del locale.•        Spogliati – disse con tono all’improvviso duro.Sandra ebbe un lieve sussulto. Quel cambiamento nella voce di Viola l’aveva stupita, ed il suo volto improvvisamente chiuso non invitava certo a discutere. Si tolse il cappotto e lo appese ad un gancio fissato alla parete. Viola l’aiutò a liberarsi del resto. Sembrava avere fretta e fu lei stessa a slacciarle il reggiseno, approfittando per palpeggiarle le mammelle ed i capezzoli che si eressero subito. Una chiazza umida era visibile sugli slip di Sandra, tra le cosce. Viola glieli tolse, facendoglieli scivolare lungo le gambe.Quando la sua mano le pizzicò le labbra del sesso Sandra fu scossa da un tremito. Le gambe molli, il fiato mozzo, mentre abbondanti umori le colavano dalla vagina. L’amica di Margherita sembrava volerle ricambiare il piacere che lei le aveva dato pochi minuti prima. La mano piatta sulla sua fica, le massaggiò l’interno della fenditura, schiacciandole brutalmente le piccole labbra e la clitoride e ficcandole al contempo tre dita unite nella vagina. Le ci vollero solo pochi secondi per procurare a Sandra, già molto eccitata, un violento orgasmo.La vasca era piena. Viola verificò con un termometro la temperatura dell’acqua, correggendola con un getto freddo, poi schiacciò due interruttori. Dei riflettori azzurrini si accesero illuminando la vasca e l’acqua che prese a ribollire furiosamente. Su suo invito, Sandra, che si sentiva le gambe molli, si infilò nella vasca.Il calore la sorprese un po’, ma si abituò ben presto. Gli occhi chiusi, il corpo disteso, il capo appoggiato ad un cuscino di gomma, si lasciò invadere dal benessere. Il rumore di una porta sbattuta, seguito da quello di una chiave che girava in una toppa, la riportò brutalmente sulla Terra. Aperti gli occhi si rese conto d’essere sola.Un grido di stupore le sfuggì dalle labbra. Si mise seduta nella vasca. I suoi abiti erano scomparsi, evidentemente portati via da Viola. Ma a quale scopo?Uscì dalla vasca e si precipitò verso la porta: era chiusa a chiave. Sconcertata, rimase immobile con le braccia inerti lungo i fianchi, il corpo ruscellante, non sapendo che fare. Qualche secondo dopo, si rimise nell’acqua ma, nonostante il movimento che l’accarezzava e la temperatura dolce, non riuscì a calmare la propria inquietudine.Passò un bel po’ prima che Viola ritornasse. Sandra era già uscita dal bagno perché l’acqua era diventata fredda ed ora aspettava seduta su uno sgabello. Alla vista dell’amica della zia scattò subito in piedi.•        Mi restituisca i vestiti! – gridò. •        Per il momento non ti servono – ribatté bruscamente Viola. – AsciugatiLe porse un ampio accappatoio, ma quando Sandra accennò a stringerselo addosso dopo essersi asciugata, glielo strappò subito di mano.Sandra la squadrò attentamente per qualche istante e notò che prima di tornare si era tolta il vestito ed aveva indossato una camicia.•        Vieni con me – le ordinò in tono secco Viola.Nolente o volente, Sandra sempre nuda, dovette seguirla nella stanza adiacente. Il locale era ingombro d’ogni genere d’apparecchiatura riservata ai praticanti di culturismo. La ragazza rabbrividì perché quella stanza più che altro sembrava una sala di tortura. Al centro troneggiava uno strano marchingegno. Come tutti gli altri, era costituito da un lettino basso ed imbottito, articolato in tre parti per assumere ogni inclinazione. Ad un’estremità aveva una barra di sostegno munita di puleggia e fissata nel pavimento. Due altre barre identiche stavano ai due angoli dell’estremità opposta. Un sottile cavo d’acciaio collegato ad un peso passava entro ciascuna delle pulegge. Viola le indicò il lettino.•        Distenditi là – disse a Sandra.•        Perché? – chiese lei.•        Non appena ti ho vista nuda ho notato che hai qualche chilo da perdere. Un po’ di ginnastica non ti farà male.Attonita, Sandra si distese sul lettino. Viola le fissò una cinghia attorno alla vita, poi la costrinse ad alzare le braccia in verticale ed ad unire i polsi, che le serrò con un’altra cinghia, collegata all’estremità del cavo che passava nella puleggia. Questa era fissata sulla barra sistemata al capo del lettino. Di colpo la ragazza si rese conto di essere stata ridotta all’impotenza, ma era troppo tardi perché già Viola le stava fissando alle caviglie le cinghie collegate ai bracci che stavano ai piedi del lettino. Fatto questo la donna sbloccò le pulegge. Sandra fu subito costretta tendere i muscoli delle braccia e delle gambe per resistere alla trazione esercitata dai cavi tirati dai pesi.•        La fermi! – urlò.Viola prese a frugarle con noncuranza la fica, le cui mucose erano ancora umide.•        Come trovi questo apparecchio? – le chiese. – l’ha messo a punto mio marito. Su, un piccolo sforzo! Tira!Sandra tese i muscoli ma senza un gran risultato. Aveva un bel darsi da fare, ma il suo busto era già staccato dal lettino. Ciascuno dei pesi doveva essere di almeno una trentina di chili, e le cinghie le martoriavano polsi, caviglie e vita. Se il lettino non fosse stato fissato al pavimento come le sbarre, si sarebbe sollevato.Dopo aver tirato i pesi una mezza dozzina di volte Sandra vi rinunciò. Erano troppo pesanti e Viola non smetteva di esplorarle la gatta con le dita, il che non aiutava certo. Restò immobile, tutta aperta, le braccia dietro la testa, la schiena sollevata, le gambe alzate e spalancate.•        Mi tolga di qui, la prego! – implorò.•        Riprovaci – insistette Viola.•        Non ci riuscirò mai!•        Pazienza! Dovrai aspettare che qualche amico venga a darti una mano•        Amico… ripeté la ragazza, sconvolta.•        Sì. Soprattutto non muoverti di lì. Vado a cercare qualcuno.Uscì dal locale, lasciando Sandra legata al suo cavalletto di tortura.