Sonia entrò nel parlatorio deserto e buio del collegio. Le finestre erano chiuse a causa del caldo e l’ambiente era in una fresca penombra, alcune sedie e una lunga tavola di legno scuro ammobiliavano la grande stanza dai muri disadorni.Col cuore che le batteva, Sonia si sedette ed attese Pietro, suo fratello, convittore in quel collegio.Era una fanciulla di appena diciotto anni, magra, di statura media. Sotto il vestito di lana che portava, malgrado il tempo splendido di quella giornata di giugno, s’indovinavano un seno non grosso ma ben formato e un sedere alto e rotondo. Aveva i capelli corti, d’un biondo dorato, che le cadevano lisci sulle spalle e gli occhi blù davano alla sua fisionomia un aspetto dolce e passivo.Portava delle calze di filo bianco e delle scarpe di cuoio nero. Le sue mani, dalle dita lunghe e fini, erano contratte sui guanti di filo bianco.Ad un tratto essa sobbalzò, cigolando una porta si era aperta. Nel parlatorio si avanzò un giovane appena diciassettenne, piccolo e grosso, con un viso rotondo sormontato da capelli biondi e ricci. La sua fisionomia non esprimeva nessuna intelligenza, ma una specie di apatia e di timorosa dolcezza, le labbra spesse disegnavano una bocca indolente. Portava una maglietta blù ed un paio di calzoncini dello stesso colore e aveva i piedi nudi dentro dei sandali: era l’uniforme estiva del collegio.Egli abbracciò con tenerezza sua sorella.* Avevo paura che non venissi! — mormorò.La ragazza sorrise tristemente e lo guardò a lungo, ritto innanzi a lei, con il suo aspetto vergognoso e ansioso. Poi si alzò e gli mise le mani sulle spalle, chiedendogli:* Lui… vuole sempre che io…-La fanciulla non finì la frase. Pietro abbassò la testa.* Si, Egli lo esige, altrimenti…-mormorò.* Altrimenti tu avrai lo zero, il biasimo e la bocciatura.-Sonia sorrise stancamente, accarezzò i capelli in disordine del suo giovane fratello e sospirando esclamò:* Lui verrà qui? –* No, io devo portarti da lui.-Rimasero per un attimo in silenzio, la ragazza guardava la porta. Ebbe un gesto di stanchezza e silenziosamente seguì suo fratello.S’incamminarono nell’enorme corridoio deserto, la cui monotonia era interrotta da alcune porte di quercia scura.Sonia ritrovava lo stesso ambiente familiare in cui lei stessa viveva, nel collegio femminile dove finiva gli studi.Lei e suo fratello erano convittori da circa due anni. Il padre, un profugo russo della rivoluzione d’ottobre, era morto di grave malattia dopo un po’ che si erano trasferiti a Parigi, ed aveva lasciato una moglie giovane e graziosa ed una piccola fortuna subito consumata. La madre aveva dovuto mettersi a lavorare, essa aveva affidato i suoi figli a due collegi nei sobborghi della città, per dedicarsi meglio alle sue occupazioni: aveva aperto una bottega di oggetti frivoli, dove passava buona parte del suo tempo.Sonia, di mente sveglia, riusciva bene negli studi, ma Pietro non riusciva a ottenere dei voti quantomeno decenti nella sua classe. Era stato promosso di misura, l’anno precedente, ma Sonia ora conosceva il prezzo di quella promozione.Conoscendo le difficoltà della vita e quelle che la loro madre doveva fare per pagare il loro collegio, i due fanciulli, con lo stoicismo della loro razza, erano disposti a far di tutto per riuscire. E se il caso non si era posto per Sonia, diversamente era avvenuto per Pietro, meno intelligente della sorella.Nell’austerità del collegio, in mezzo alla turbolenza degli altri allievi, la sua ingenua indolenza aveva attirato gli sguardi del Superiore. Uomo di statura alta e forte, molto intelligente ed in piena maturità, mal sopportava la castità, e spesso gli capitava di cadere nei desideri perversi. Sapeva chiudere gli occhi sulle lezioni particolari, offerte da qualche suo “fratello” ad alcuni alunni che non avevano altro scopo che di permettere alle bocche, preoccupate dalla paura dei brutti voti o del rapporto al Superiore, di aprirsi alla penetrazione d’una verga in fregola.Ma lui, più raffinato, più istruito e più pratico della vita (e la sua biblioteca privata lo testimoniava), cercava dell’altro che il soddisfacimento rapido e monotono d’un desiderio spasmodico.Aveva trovato in Pietro un soggetto di prim’ordine. L’aveva attirato a sè poco a poco con la scusa della scuola, dei compiti, della condotta: gli era facile intimorirlo inventandosi l’arrivo d’un rapporto di un sorvegliante.Prima vennero i consigli, poi gli ammonimenti, poi le sculacciate nell’ombra quieta del suo ufficio, poi lo scudiscio e le umiliazioni dosate, che permisero alla verga smisurata del Superiore di immergersi nella bocca singhiozzante e di lanciare in fondo alla gola il seme troppo a lungo contenuto.Egli aveva assediato quell’animo di giovane fanciullo e con una perversità diabolica aveva ottenuto nelle confessioni o nell’intimità perversa del suo ufficio, i dettagli sulla vita privata dei convittori e sulla sua famiglia.Aveva saputo che la madre aveva bisogno di danaro e che non navigavano certo nell’oro, che la sua giovane sorella Sonia studiava nel collegio di S. Honorè, e che spesso si abbandonava a languide carezze con le sue compagne.E’ da tener presente che Sonia e Pietro si raccontavano tutto, non si nascondevano nulla o quasi, sia i piaceri che le punizioni dei collegi dove vivevano.Il Superiore, attraverso le descrizioni del fratello, aveva concepito un’idea mostruosa: possedere Sonia come possedeva il fratello.Per questo gli era necessario sottoporre ed asservire Pietro alle sue fantasie. In tale scopo venne favorito dal cattivo andamento di lui negli studi e dalle difficoltà del giovane nel pagare il collegio. Facendogli presente le noie che la cosa avrebbe procurato a sua madre e le conseguenze del ritardo dovuto a una sua bocciatura, nel proseguimento degli studi. La paura dell’avvenire, fece accettare a Pietro un odioso mercato, e le sue natiche giovani si allargarono per la violenza mostruosa da parte del Superiore.Da quel giorno, questi abusò a suo piacimento di quella carne passivamente offerta, ma l’anno scolastico non andò perduto e Pietro fu promosso, anche se di misura.Un altro anno era iniziato e il Superiore pensò che era venuta l’ora di piegare al suo desiderio il corpo desiderabile della sorella di Pietro.Venne il giorno del compito di riepilogo semestrale, Pietro sembrava avesse fatto un serio sforzo, e risolse la maggior parte dei problemi assegnati. Fu chiamato dal Superiore ed egli, pressato, dovette ammettere infine che aveva copiato il compito da un vicino.Il Superiore conservò una calma impenetrabile, parlò di bocciatura, di dirlo a sua madre, di espulsione. Il giovane, in ginocchio, con le braccia attorno alle gambe del suo padrone, implorava, si offriva.Allora il Superiore svelò il suo gioco.* Ho già fatto molto per la tua educazione, per la tua famiglia, perchè tua sorella possa continuare i suoi studi (dolce allusione alla riduzione del prezzo della retta), ed essa cosa ha fatto per me? Non mi ha nemmeno ringraziato; io ho fatto tutto per risparmiarle i rimproveri della madre ed essa non viene ad umiliarsi dinanzi a me, per te, per tua madre. Ne ho assai di questo egoismo, non posso continuare così, a coprire le tue cattive note, di guidarti, di fare la tua educazione d’uomo… Tu avrai zero in tutte le materie ed un biasimo, e per passare alla classe superiore, vedremo il seguito! Va! –Tacque, guardando il giovane accovacciato ai suoi piedi, che singhiozzante implorava, chiedeva un sorriso, voleva una dilazione, avrebbe parlato alla sorella, le avrebbe chiesto di andare a fare visita al Superiore, non avrebbe dovuto preoccuparsi, l’avrebbe convinta lui. Un sorriso di trionfo illuminò il viso liscio del Superiore. Egli si chinò verso il ragazzo, lo fece rialzare, lo trascinò verso il divano e calmandolo, gli spiegò come doveva presentare la sua situazione a Sonia. In ogni modo (assunse un tono imperativo) egli non avrebbe perdonato che ad una sola condizione: cioè soltanto se sua sorella avesse intercesso per lui.* Penso che essa conosca già come io castigo i giovani indisciplinati. — aggiunse.Ed il giovedì era giunto!Sonia e Pietro si fermarono davanti alla porta massiccia; il giovane battè due colpi e senza attendere la risposta, entrò con sua sorella nell’ufficio del Superiore, dove filtrava una debole luce dalle finestre socchiuse.L’ufficio era vuoto.Pietro mostrò a sua sorella una sedia.* Metti qui il mantello.-le disse, ed a voce più bassa.* Lui ci attende nella stanza accanto.-e le mostrò una porta ogivale che dava in una stanza immersa nell’oscurità.Sonia esitò, poi lentamente si tolse il mantello; apparve così vestita di una tunica nera dalle maniche lunghe e la cintura che le pizzicava la vita e che faceva risaltare la prominenza delle sue natiche e del suo seno. Le mammelle, dure e sode si tendevano orizzontalmente, le calze bianche coprivano armoniosamente le sue gambe slanciate.Pietro guardò la sorella e pieno di emozione la trascinò nella stanza vicina.In fondo ad essa, alla debole luce proiettata attraverso le stecche delle persiane chiuse, Sonia distinse, indossante il saio del suo ordine, il Superiore, davanti al quale essa dovette curvarsi. Il suo viso scavato era illuminato da uno sguardo acceso. Stava seduto su uno sgabello davanti ad un divano rustico, il pavimento era ricoperto da un grosso tappeto, la stanza, in penombra, era profumata da fiori di campo.Sonia si trovò sola innanzi a lui, Pietro si era ritirato nell’ombra, sedendosi in disparte, secondo le istruzioni ricevute. Un silenzio ossessionante regnava nella stanza.Col cuore in tumulto Sonia attendeva, ritta davanti all’uomo.Egli a un tratto si alzò, la sovrastava dall’alto della sua statura, le prese le mani e le fece incrociare dietro la testa, in modo che essa sporgesse il busto in avanti. Poi fece scivolare un piede fra quelli di lei in modo da farle bene allargare le gambe.La contemplò per un minuto, osservandone le forme aggraziate.Il Superiore alzò quindi la tunica della fanciulla e le pose una mano fra le cosce.Le palpò un po’ il ventre e il pube ricoperto dalle mutandine, poi Pietro vide uscire la mano del Superiore e ricadere la gonnella della sorella.Suo malgrado, l’eccitazione fece rizzare la sua giovane virilità entro i calzoncini, sulla quale attraverso la tasca portò la mano.Successivamente il Superiore disfece la cintura di Sonia, poi afferrò le spalline della tunica e lentamente, evitando di toccare la carne fremente, egli la rialzò.Pietro vide risaltare l’ombra bianca delle lattee cosce, delle anche, del ventre, delle natiche, poi vide uscire dal corpetto slacciato i seni rotondi e duri, infine la tunica, seguendo i contorni delle braccia, cadde sul tappeto.L’uomo proseguì nella svestizione e afferrando i bordi delle mutandine di cotone bianco le fece scendere sulle anche, sulle cosce, lasciando che cadessero infine, in un mucchietto di stoffa ai piedi della fanciulla, poi le fece riallargare le gambe.Sonia fu nuda, splendidamente nuda.Un fremito di vergogna percorse la sua carne. Ma una forza strana le impediva di chiudere le gambe e di appassare le braccia; si sentì arrossire e le tempie batterono da scoppiare.A questo punto sentì le dita del Superiore posarsi delicatamente sui suoi capezzoli. Chiuse gli occhi, gemendo, provando una sensazione bizzarra nel sentire quella carne sulle sue punte, induritesi a causa di una indefinibile eccitazione che l’aveva presa.Egli non mosse le dita, non accarezzò i capezzoli, li sottopose soltanto a una leggera pressione e Sonia, snervata dalla voglia di spingere innanzi il seno, di appoggiare le mammelle su quelle dita il cui contatto la turbava, sospirò. Ma cosa attendeva dunque per succhiarle i capezzoli o per maltrattarglieli?Pietro, con la gola secca, contemplava il corpo nudo di sua sorella mentre le sue dita accarezzavano noncuranti la sua verga.Infine il Superiore lasciò i capezzoli, le sue dita scivolarono lentamente sui globi meravigliosi, la cui carne indurita si offriva orgogliosamente ai suoi desideri. Sotto lo sfioramento di cui erano preda, le tette ed i capezzoli si gonfiarono di sangue generoso, una voluttà pesante si agitò dentro di lei facendola torcere con movimento lascivo. Involontariamente ella tese i suoi seni verso il Superiore, ma questi, impassibile, continuò i suoi leggeri sfioramenti.Dei sospiri si levarono ben presto dalle labbra semiaperte, piene di desiderio e di voluttà: un fremito percorse tutto il corpo di Sonia, le sue mani si contrassero dietro la nuca, un gemito pieno di desiderio esalò dalla sua bocca.Sentendolo, il Superiore lasciò i seni e fece chinare la fanciulla con il busto sul divano.Essa vi si appoggiò con le mani, le braccia tese e le cosce nervosamente strette. La sua groppa si offrì in tutta la pienezza della sua massa armoniosa, disegnando un profondo solco che separava i due globi rotondi e perfetti al di sopra di un piedistallo di carni offerte.Il Superiore si sedette sul piccolo sgabello di fronte a quel frutto meraviglioso.Nulla turbava quel silenzio in cui ognuno sembrava raccolto.Attaverso la luce che filtrava dalle persiane, l’uomo assaporò la bellezza di quelle cosce e di quelle splendide natiche giovanili. I suoi occhi, abituati alla penombra, contemplarono la parte inferiore del solco. Si intravedeva, malgrado le cosce chiuse, il taglio allungato del sesso che si incavava in una carne tenera che si prolungava sotto le natiche al disopra della giuntura delle cosce e dei glutei contratti: la parte bassa del solco nascondeva le parti intime e il cappuccio del clitoride.Sonia sentì il respiro dell’uomo sulla sua pelle, attese ansiosa, con le tempie che le battevano a tutto andare, il toccamento che ormai desiderava e temeva nello stesso tempo.Siccome egli stava immobile, una vergogna intensa s’impossessò di lei, le sue mani si contrassero sulla stoffa rugosa del divano, mentre le sue cosce si stringevano nervosamente.Ansioso, Pietro tese il viso verso la coppia immobile. Ad un tratto egli vide la mano alzarsi, il dito indice avanzare verso l’inguine offerto, puntare verso la giuntura delle cosce, insinuarvisi dolcemente. La groppa oscillò in una lenta torsione.Un gemito sordo, pieno di vergogna e di paura, sfuggì dalla bocca di Sonia, che sentì il dito puntare verso il pube, scivolare, seguire lentamente il taglio del suo sesso. Un fremito le scosse il ventre ed i seni che le pendevano tremanti sotto il busto piegato.Pietro strinse convulsamente le dita sulla verga, sentiva salire l’eccitazione, e non guardò più che quel dito che seguiva l’orlo contratto del sesso e scivolava nel solco serrato delle natiche, che scandagliava dolcemente, come se cercasse al suo interno qualcosa di preciso.* Oooh!…-Sonia non aveva potuto trattenere quel grido soffocato. E la sua groppa oscillò lentamente come per sfuggire ad una penetrazione oltraggiosa, poi si immobilizzò, vinta, con un gemito pesante. Pietro comprese che il dito del Superiore si era posato sulla bocca stretta e grinzosa del culo della sorella.Sonia, fremente, in un ultima difesa, contrasse le sue natiche sul dito che cercava di insinuarsi nel suo sedere, una vergogna intensa l’afferrò, ma una forza sconosciuta sembrò impedirle di sottrarsi a quei lubrici toccamenti.Il dito dell’uomo si agitò nel solco, scandagliò fra le sue natiche serrate, un lamento uscì dalle sue labbra e la groppa si tese, si rinserrò, cercò di sfuggire alla vergognosa intrusione.Due sculacciate risuonarono, rompendo il silenzio ossessionante.La fanciulla sobbalzò, lanciò alcune grida per la sorpresa e l’angoscia, poi, di nuovo, regnò il silenzio, opprimente.Il dito si insinuò lentamente nel solco, scandagliò e s’immobilizzò. Le natiche si contrassero nervosamente.* No!… No!… Ooh!… No!… Ooh!… NOO!…-Poi sempre quel silenzio, che avvolgeva gli esseri che si trovavano in quella stanza, soffocò i lamenti della fanciulla vinta.Il dito era scomparso negli intestini brucianti di Sonia.Pietro si asciugò la mano dove era sprizzato lo sperma.Il Superiore, col cuore pesante, assaporò con voluttà le contrazioni spasmodiche degli intestini sul suo dito, poi dolcemente palpò le carni muscolose della strettissima guaina in cui egli era immerso. Ne provò la consistenza e la flessibilità fin sull’orlo dell’ano, ascoltò il respiro pesante della giovane sotto quella carezza troppo precisa alla quale essa non aveva più la forza di sottrarsi, insinuò nuovamente il dito, come a saggiarne la profondità, sentendo il lungo lamento che ne sottolineò il movimento fino in fondo al suo budello.La fanciulla sentiva il cervello e il culo in fiamme, un bruciore intenso le proveniva dal retto perquisito in quel modo osceno e vergognoso. Dovette fare uno sforzo tremendo per non mettersi a gridare, le veniva da piangere, si morse le labbra fino a che, a poco a poco, egli ritirò il suo dito dall’ano dilatato.Sonia attese, col cervello che le pulsava, qualche nuovo oltraggio, forse la sculacciata era un sintomo che la tempesta stava avvicinandosi.Il Superiore si tirò in piedi e si tolse il saio. Pietro ammirò le gambe lunghe e muscolose, il ventre piatto e pieno di peli ricci e neri e la verga che spuntava sopra i coglioni pesanti e gonfi.L’uomo si sedette sull’orlo del divano, quindi attirò la fanciulla davanti a lui, portandole la testa contro il suo ventre. Sonia sentì battere la virilità contro il suo viso, guardò, stupita, quella verga che le sembrava immensa, il glande paonazzo dagli orli risaltanti, la sua base allargata, pelosa, con al centro quel randello di carne pieno di vene turgide che si allungava smisuratamente, poi i testicoli gonfi che pendevano fra le cosce aperte.Era la prima volta che Sonia vedeva la verga d’un uomo adulto in piena erezione. Essa rimase in silenzio, immobile, respirando l’odore acre del maschio. Poi fu presa da una vertigine. Capì che il Superiore attendeva da lei la carezza di cui Pietro le aveva parlato; sentì le dita dell’uomo stringere impazientemente le sue mani poggiate sul divano ai lati delle sue cosce, respirò nervosamente, ed infine, vinta, aprì la bocca e strinse nelle sue labbra la carne palpitante e satinata del glande.Il Superiore lanciò un gemito di voluttà, sentendo la freschezza delle labbra scivolare lentamente sulla sua virilità. Esse si allargavano, si restringevano sull’orlo del glande, il corpo rigido e massiccio scivolò sulla lingua, palpitò, s’immerse ancora nella bocca, distesa a causa della grossezza. L’uomo spinse il ventre verso il viso dagli occhi chiusi. Il glande urtò contro la gola e un conato soffocato scosse la testa della giovane fanciulla. La verga si immobilizzò e l’uomo contemplò ciò che era rimasto fuori del suo membro e che non aveva potuto penetrare nella bocca. Ammirò la forma della bocca femminile deformata che stringeva come in una morsa il suo membro e il viso dove si era piantata la sua virilità e le vide una lacrima luccicare dalle palpebre chiuse e poi scorrere veloce sul visino.Il Superiore lentamente fece rinculare il ventre e la verga scivolò nella bocca umida fino all’estremità del glande. Egli attendeva la carezza tanto desiderata.Nel silenzio ossessionante, Pietro sentì la sua verga erigersi nuovamente. Egli la sfiorò lentamente con le sue dita tremanti di desiderio. Con gli occhi fissi sul sedere di sua sorella, ebbe una voglia folle d’inginocchiarlesi dietro ed immergere il viso fra le natiche carnose per prodigarvi le più ardenti carezze.Il Superiore non potè trattenere un gemito di voluttà, aveva sentito sul suo glande la lingua di Sonia che si posava e lo leccava in tutti i sensi, puntando nel solco carnoso del meato, scivolando sotto il frenulo sensibile e poi ricominciare il suo ciclo voluttuoso. Un sobbalzo scosse la verga, ma già le labbra erano scivolate lungo il suo pene, mentre la lingua leccava la sua carne… e la gola si ostruì nuovamente sotto la massa del glande.Pietro seguì il lento va e vieni del viso che a tratti si ritirava, poi andava avanti impalandosi sul fallo lucente di saliva. Si sentì un lento rumore di risucchio, al quale ben presto si mescolarono i sospiri dell’uomo che sentiva arrivare il godimento.Di nuovo la lingua strinse, sotto alcune rapide carezze, il glande sempre più duro, poi la bocca inghiottì come un guanto il palo di carne. Sonia si sentì prendere da una vertigine, s’inebriò di quel succhiamento, aspirò deliziosamente quella verga gonfia che sentiva palpitare e le faceva distendere le gote.Tutto ciò che essa aveva imparato, ascoltando suo fratello, lo adattò, lo applicò, lo perfezionò con un gusto idealistico particolare. Un’eccitazione mostruosa si era impossessata di lei fino al sesso che tendeva invano verso una carezza. La sua groppa dondolò mollemente al di sopra delle cosce contratte di desiderio.La bocca vorace scivolò con un movimento sempre più rapido, mentre la lingua frullava in tutti i sensi il glande satinato. Talvolta ella aspirava con tutta la sua forza come se cercasse di estrarre dal più profondo del ventre lo sperma che già saliva verso di lei.Il rumore lubrico dell’intensa e inebriante fellatio si levò nella stanza. Vi si mescolò il gemito dell’uomo che, con gli occhi chiusi, assaporava con delizia la bocca della fanciulla e i suoi singulti soffocati quando il glande le si posava sulla gola. Nella verga dell’uomo salì lo sperma spesso, dei sussulti scossero la carne che s’immerse violentemente nella bocca della fanciulla. Il Superiore le prese la testa bionda fra le dita contratte, l’attirò e la respinse, servendosi della bocca come d’un sesso, poi accelerò l’introduzione lubrica, mentre la fanciulla annaspava e si dibatteva soffocata, e ad un tratto lanciò un lungo grido rauco di voluttà. In uno spasimo, lo sperma uscì a fiotti, spesso e caldo.Per la seconda volta, in una masturbazione rabbiosa, Pietro fece spruzzare il suo seme.Sonia, semisoffocata, ricevette i getti potenti in fondo alla gola, con un singulto ingoiò una prima massa di liquido seminale dal gusto aspro, ma lo sperma eruttato era tanto e una parte le si riversò fuori della bocca.La sua lingua strinse la verga che palpitava in lei, cercò di inghiottire fino all’ultima goccia con una succhiata convulsa, per non soffocare, poi, esaurita, nauseata, abbandonò la verga e si lasciò cadere in ginocchio davanti al Superiore che ansava pesantemente, sprofondato sul divano.
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