Ecco, ci voleva pure il semaforo rosso… .Sono già in ritardo di 5 minuti; Lara (la mia bambina di 9 anni) sarà disperata davanti alla scuola, non vedendomi arrivare. Ma ormai, poverina, si è abituata ai miei continui ritardi: da quando 2 anni fa Mario, il mio ex marito, mi ha lasciata per un’altra, non sono più la stessa, ho sempre la testa tra le nuvole, sono molto suscettibile, distratta, svogliata, apatica… Mario è stato tutto, per me: il primo e l’unico amore della mia vita, ed ora di lui non mi resta che il frutto del suo seme, Lara, ed un enorme vuoto dentro. 13 anni di vita insieme (ora ne ho 35), e poi di colpo… “Vedi… mi sono innamorato di un’altra…”, ed il mondo mi è crollato addosso. Guardo a destra, poi a sinistra, non c’è nessuno… passo? Non passo? Passo!, svolto sulla destra e… . screeek! sono costretta ad una frenata molto brusca, accompagnata da un violento colpo di sterzo, che mi porta a fermare la mia corsa sul marciapiede, che in quel punto è altissimo: all’ultimo momento era sbucata una suora che, giustamente, visto il semaforo verde, tentava di attraversare la strada. Ora lei è lì, pallida ma incolume, sul marciapiede, a pochi cm. dal “minaccioso” cofano della mia “Punto”. Poi, vedendomi portare le mani alla testa con smorfie di dolore, mi si avvicina:”Tutto bene?”, accenna con un mezzo sorriso di… sollievo. “Solo un enorme spavento ed una bella botta in testa (maledizione al mio vizio di non allacciare mai le cinture!)”. Ma subito dopo mi sento mancare… la testa mi gira fortissimo… ricordo solo la suora che si avvicina per sollevarmi dal volante, poi la nebbia, il buio… Anzi, l’ultima cosa che mi ricordo di quegli attimi è l’odore… l’odore tipico delle suore, dei conventi, dei collegi… poi il nulla, come se stessi cadendo in un sonno profondo. E mi ritrovo a vagare come in una specie di sogno, ma molto, molto realistico; un viaggio all’indietro nel tempo, che ha riportato la mia mente all’adolescenza (credo che sia dovuto al colpo in testa e a quell’odore… “di suora”), agli anni nel collegio religioso… e a Lei… .si… ecco, ora la nebbia si dirada, mi ritrovo quasi spettatrice di una scena dove io sono, anzi: sono stata, la protagonista… Frequentavo il classico proprio in un istituto di suore, molto severe e “acide” nei nostri confronti, al punto di far sembrare il collegio una specie di “lager religioso”, con tanto di punizioni esemplari. Ecco, ora ricordo di più… è uno dei miei primi giorni, in quell’istituto, e ancora non conosco bene le abitudini, le regole, ma soprattutto le punizioni: mi sarebbero bastati ancora pochi giorni, per imparare tutte le “strane” usanze del collegio. Una mattina, durante l’ora di latino, Suor Maddalena (insegnante di quella materia) mi fece una domanda a cui non seppi rispondere prontamente (non ricordo bene, ma mi sembra che riguardasse la coniugazione del verbo “peccare”). Questa mia “ignoranza” fece arrabbiare molto la suora, che, tra gli sguardi impauriti delle mie compagne di classe, cominciò ad inveire contro di me. Ricordo bene le sue minacce: “Come? non hai ancora imparato le coniugazioni del verbo peccare? Dopo faremo i conti!”, tuonò, tra gli sguardi terrorizzati delle mie giovani compagne. Tremante ed impaurita, aspettai la fine delle lezioni… Suonò la campanella, ed io, facendo finta di nulla, cercai di sgattaiolare fuori dall’aula, ma una mano strinse il mio braccio con violenza:”No, tu aspetti qui, devo proprio darti una bella lezione!”. Non ce l’avevo fatta, ero in trappola. “Anche tu!”, proseguì la suora all’indirizzo di Francesca, la più carina delle mie compagne. Mi stupii di questo fatto: Perché anche lei ? Mi stupii ancora di più nel vedere sul viso di Francesca un abbozzo di sorriso… Era davvero bella, Francesca: due occhioni color nocciola, molto espressivi, un nasino “alla francese”, una bocca piccola, quasi a forma di cuore, e uno splendido caschetto di capelli neri a fare da cornice ad un viso che complessivamente dava proprio l’immagine dell’innocenza adolescenziale. L’aula era ormai vuota, eravamo rimaste solo noi tre: la suora, Francesca ed io. Suor Maddalena chiuse la porta e si voltò verso di noi. “Allora, Francesca, come avrai notato la nostra nuova compagna ha bisogno di imparare molte cose, circa la disciplina da osservare nel nostro istituto. Su, falle vedere un po’ un breve esempio della coniugazione del verbo peccare.””Tu siediti qui, vicino a me”, mi ordinò, indicandomi un banco della prima fila, ad un palmo dalla cattedra. Francesca non si fece ripetere quello strano ordine una seconda volta, e si sedette sul bordo anteriore della cattedra, con le gambe a ciondoloni leggermente aperte. “Falle subito un esempio di come si può peccare stando da sole, su!” Francesca cominciò lentamente a sbottonarsi la camicetta azzurra, che assieme ad una lunga gonna blu a pieghe, calzini bianchi fino al polpaccio e scarpe di vernice nere, costituiva la divisa di quel severo collegio. Vagavo in uno stato d’animo misto tra terrore e curiosità. Gli occhi spalancati, osservavo la scena che si svolgeva a non più di mezzo metro da me. Intanto Francesca continuava… La camicetta non c’era più, ora indossava solo una canottierina di cotone molto aderente (i reggiseni erano proibiti), che metteva in risalto un seno da giovane cerbiatta, ancora piccolo ma ben tornito e sodo, sublimato da due splendidi capezzoli a punta. Si sollevò la canottierina con entrambe le mani, fino alla base dei seni, poi fece passare le mani sotto, e cominciò ad accarezzarsi così, con senso rotatorio, da sotto la canottiera, seguendo un movimento quasi costante, dalla periferia fino a pizzicarsi dolcemente i capezzoli, ormai inturgiditi e più che raddoppiati nella loro dimensione. La suora aveva decisamente cambiato espressione: ora il suo viso era meno teso, meno accigliato, il suo sguardo era passato da minaccioso a dolce e lascivo… e i suoi occhi sprigionavano una strana luce… Anche a me stava succedendo qualcosa di nuovo, di strano, di mai provato prima: mi sentivo, oltre che terribilmente curiosa, anche… non saprei spiegare bene quello che provavo… la respirazione affannosa, leggeri brividi lungo la schiena, e una specie di… prurito in fondo al basso ventre… un prurito strano, che non saprei proprio descrivere, insomma. Francesca non sembrava nuova a questo tipo di “esercizio”, anzi: denotava una certa spigliatezza, e si faceva coinvolgere sempre di più in questo strano “esempio” di peccato: ora teneva gli occhi chiusi, come se vagasse in un’altra dimensione, in un altro mondo… La sua mano destra aveva abbandonato il seno, per dirigersi più in basso, e in pochissimi istanti si trovò sopra le mutandine, all’altezza del monte di Venere. Cominciò, con il palmo, a premere leggermente su di esso, mentre la mano sinistra continuava il suo movimento, concentrandosi, ora, di più sul capezzolo. Francesca sollevò un poco il bacino, e con un gesto veloce, fece passare la lunga gonna dietro la schiena. Ora il suo culetto era a contatto con la cattedra. Si spostò indietro, così da poter appoggiare anche i piedi , e sdraiarsi sulla schiena. Ora doveva essere pronta e comoda per la seconda parte dell’ “esempio”: la piccola mano si insinuò sotto le mutandine, e si mise a frugare lentamente all’interno della sua dolce conchiglia. Nel frattempo, la suora sembrava caduta in “trance”, sillabando di tanto in tanto un “… ssi… brava… sssii…” Io ero sempre più partecipe a questa sorta di “punizione”, e l’unico terrore che mi era rimasto era quello che… tutto finisse in quel momento, senza un epilogo, senza un mio coinvolgimento. Francesca mugolava, gemeva, quando ad un tratto la suora si alzò di scatto, le sfilò in un battibaleno le ormai fradicie mutandine, e tuffò il suo viso tra le cosce della mia amichetta. Francesca esplose in un “… ssiiiiii… ..” che infranse il cupo silenzio dell’aula, suor Maddalena sembrava impazzita : leccava, e con la mano si toccava tra le gambe alla velocità di un frullatore. Io lì, a pochi centimetri, potevo annusare quegli odori per me così nuovi, misti di “peccato e santità”, di umori e di incenso, di “sacro e profano…” Francesca riaprì gli occhi per un attimo, e si incrociarono con i miei. Mi implorò: “… dai… fallo anche tu… è bello… .”. Ero anche io praticamente in “trance”, e desideravo fortemente partecipare a quello strano “gioco”: mi tolsi in un attimo le mutandine, mi sistemai con le gambe larghe e i piedi appoggiati su 2 sedie, ed incominciai la carezza che avevo visto fare poco prima alla mia compagna. La mia micetta era bagnatissima, ed anche questa per me costituiva un’assoluta novità. Provai subito uno strano piacere, quando la mia mano cominciò a stimolare quello sconosciuto “bottoncino” di carne. Mi venne spontaneo chiudere gli occhi, come per… volare, travolta da quel nuovo, piacevolissimo esercizio. Mentre ero così… assorta, sentii dapprima una mano che risaliva dall’interno delle mie cosce sino alla vulva, poi una caldissima bocca, che in pochi attimi raggiunse il centro della mia eccitazione… era suor Maddalena, me ne accorsi dall’odore particolare, e dalla sapienza della sua lingua, che si insinuava in ogni anfratto della mia sessualità più intima. “Giocava”, la sua lingua, roteando intorno al “bottoncino” , andando a “curiosare” dentro il buchino, “accarezzando” dolcemente i bordi della passerina, per poi “frullare” velocemente di nuovo sul “bottoncino”… In pochissimi minuti, raggiungevo un orgasmo che ricordo ancora oggi come il più bello e il più intenso della mia vita (forse proprio perché fu il primo). Credo di aver urlato di piacere. Suor Maddalena bevve tutto il mio nettare, dopodichè si staccò dalla mia vulva, e mi strinse in un dolcissimo abbraccio, accompagnato da tenere carezze e bacini in ogni parte del corpo. Poi, guardando sia me che Francesca, implorò:” … venite… vi prego… venite qui…”. Prese il posto che fino a pochi istanti prima era occupato da Francesca, si strappò in un lampo tutto quello che aveva addosso, e implorò nuovamente: “… vi pregoooo… brucioooo… !”. Detto fatto, la mia amichetta si tuffò in quella splendida vulva, molto diversa dalla sua, più grande, più pelosa, più rossa, restituendo alla suora il “favore” fattole poco prima. Leccava, Francesca, con un’abilità che denotava una certa esperienza, e con una voluttà che mi fece venire voglia di assaporare quel frutto così misterioso, che doveva essere molto prelibato, a giudicare la “voracità” delle mie 2 “istitutrici”. Tralasciata ormai ogni sorta di vergogna o pudore (doti di cui non sono mai stata molto fornita… ), e trovandomi a pochi centimetri dallo stupendo sederino di Francesca, mi ci tuffai con la bocca… .. Ah, quale sensazionale scoperta! Che piacevole novità, quel sapore misto di fragole e miele, tra le gambe della mia dolcissima amichetta! Si, mi piaceva proprio, mi estasiava, non avevo mai assaporato nulla di così buono, prima di quel momento… E Francesca me ne era grata, a giudicare dal movimento del suo bacino, dalla pressione che esercitava contro la mia lingua, contro la mia bocca così inesperta ma anche così bramosa di provare nuove sensazioni. Leccavo come una matta, non disdegnando il buchino più piccolo, posto al centro dello stupendo culetto a mandolino della mia compagna, e nel frattempo non potevo fare a meno di toccarmi, mi toccavo velocissimamente sul bottoncino, ma anche nel piccolo forellino della mia “patatina”, anche nel sederino… .quale stupenda scoperta! Raggiungemmo, in pochi minuti, tutte e tre un orgasmo… “da urlo”… Poi ci ricomponemmo, e tutto tornò come prima, tra di noi, ma ora mi sentivo “diversa”, e difatti, da quel giorno, la mia vita cambiò completamente: divenni, assieme a Francesca, la “preferita” di suor Maddalena, e la cosa non mi dispiacque per nulla, anzi!; fui sistemata in una cameretta da sola con Francesca, quindi ogni giorno avevamo modo di “giocare” tra di noi, e di conoscere meglio i nostri corpi, imparando sempre nuovi modi di darci il piacere reciprocamente, affinando tecniche sempre più raffinate, imparando ben presto ad aiutarci con ogni sorta di oggetto ci capitasse tra le mani, dalle candele rubacchiate in sacrestia alle carote che ci procuravamo durante dei “raid” notturni in cucina… . Ogni tanto venivamo “usate” da suor Maddalena per “iniziare” al peccato qualche nuova compagna, così come era stato fatto con me, ma ancora prima con Francesca, e devo ammettere che questa era la cosa che mi piaceva di più fare, quella che maggiormente scatenava i miei sensi. Andò avanti così per tutto l’anno scolastico, poi, purtroppo, dovetti cambiare città e istituto, a causa di un trasferimento di lavoro di mio padre. Non trovai più, in vita mia, una situazione del genere, così la mia sessualità si orientò in seguito verso rapporti eterosessuali, fino al mio matrimonio con Mario, di cui ho già accennato all’inizio del racconto. Però ogni volta che sento quell’odore… quell’odore “di suora”… mi si annebbia la vista, mi batte forte il cuore, il mio sesso comincia a fremere ed a pulsare all’impazzata… bagnandosi inevitabilmente… mi sembra quasi di sentirlo ancora, quell’odore… “… Giulia… signora Giulia!… si è svegliata! Oh, sia lodato il Signore!”. Aprii lentamente gli occhi, mi guardai attorno, confusa: “Ma dove mi trovo? Chi è che mi chiama?”. Infatti, si trattava di una voce femminile a me sconosciuta… ma quell’odore forte… la stanza ne era impregnata… ed incominciava a farmi il solito effetto… . “E’ in ospedale, signora Giulia, non ricorda l’incidente?”. “Ah, ecco, ora ricordo… . Si ora ricordo proprio… tutto… suor Maddalena…”, sillabai a bassa voce, girandomi verso la direzione da cui proveniva quella voce. “Io mi chiamo suor Elena”, mi disse, avvicinandosi al mio letto. Feci solo in tempo a riempirmi i polmoni di quel “magico” odore e, ebbra di esso, caddi nuovamente in un sonno profondo.

