"Ci servirebbe proprio un giovane prestante come te nella nostra squadra di calcio, perché non vieni a giocare con noi?"Erano state queste le ultime parole che Antonio mi aveva detto la mattina di quel Capodanno in cui ci eravamo conosciuti. Ci eravamo lasciati con una blanda intesa ed ero convinto, in cuor mio, che non ci saremmo più sentiti.Erano passati infatti oltre quattro mesi: quattro mesi che io intercalavo, poco e spesso, con lunghe "sedute" in bagno, intento ancora nelle mie pratiche giovanili. Avrei dovuto dire ancora di più, il solo tocco del mio arnese con la "cosina" calda di Olympia, mi aveva dato nuovi "stimoli"…Evidentemente non mi era passata di mente, come i miei ormoni testimoniavano; tuttavia non riuscivo a trovare il coraggio di telefonare, anche se le parole di Antonio, così strane, continuavano a ronzare nella mia testa.Fu una sorpresa a metà quando Antonio mi telefonò:"Ciao Pier, come stai?""Tutto bene, e tu?""Non c’è bene, grazie" mi disse scherzando "Mi chiedevo di recente se ti andrebbe ancora di giocare per la nostra squadra…"Mi spiegò che il campionato era agli sgoccioli e che la sua squadra mancava di quel qualcosa in più che poteva farla balzare in vetta. Poiché era consentito inserire altri giocatori, purché non professionisti, a campionato iniziato Antonio si era ricordato di quell’accenno di Capodanno ed aveva deciso di telefonarmi, benché a distanza di tempo. Il resto del discorso mi scivolo addosso, finché non percepii la parola Olympia. "A me e ad Olympia farebbe piacere se tu accettassi di parlarne insieme, domani sera a cena""Non mancherò" dissi non avendo ancora ben compreso.A telefono riattaccato feci mente locale ed elaborai un piano. Ricordai la promessa per la cena e pensai alla scusa che avrei inventato con i miei: sarei rimasto a dormire da Enzo, per studiare assieme il più possibile. Affogai la mia agitazione nella solita "seduta" al bagno che tanto anemico mi faceva diventare, ma, stavolta, una seduta non bastò e se non fosse stato per mia sorella che veniva a reclamare il bagno, credo che avrei tranquillamente battuto il record rionale di Giuseppe (ben 10 in un giorno).L’indomani arrivò: la scuola non era che un impedimento temporale che punteggiai di sedute al bagno comune: pur non avendo la stessa poesia del bagno di casa mia, suppliva efficacemente a tempeste ormonali come quelle che si stavano succedendo. Arrivarono, dopo una giornata che mi era sembrata eterna (potenza del desiderio), le 19 e quindi il momento di andare a casa di Antonio e rivedere lei… Bussai col cuore che andava a mille e lei stessa mi aprì. Entrai in casa a la rividi, era desiderabile come quando l’avevo conosciuta. Indossava un completino "da casa", un gonna sul rosso non troppo corta, una bella blusetta che le modellava il busto, un paio di pantofole vezzose, su tutto un grazioso grembiule fiorato. Nonostante l’abbigliamento casalingo (o forse a causa di questo?), provocò in me l’ennesima tempesta ormonale, con relativo e visibilissimo bozzo sui jeans.Continuavo ad essere formale intuendo la presenza in casa di Antonio. Ma:"Sai, Antonio, farà un po’ tardi stasera""Posso ritornare tra un po’" disse il perfetto imbecille che era in me"No, no, non ti preoccupare, puoi farmi compagnia…mentre faccio qualche servizio."Ammiccò lei. Eh le donne, ne sanno certamente una più dell’uomo, soprattutto quando quest’ultimo è moccolone…Continuavo ad essere impacciato, anche perché non si faceva parola dell’esperienza del garage che lei mi aveva fatto vivere. In quel momento avevo di fronte un perfetto "angelo del focolare", non la porca che avevo "conosciuto" mesi fa.Dal canto suo Olympia non mancava di citare quanto il torneo di Calcio fosseimportante per il marito e quanto ci tenesse alla mia partecipazione."Se me lo chiedi tu, non posso rifiutare" acconsentivo cavallerescamente."Antonio sarebbe disposto a fare di tutto ed anch’io farei di tutto per farlo felice, di tutto" ed il sangue mi ribolliva a quel triplice tutto "Ha perfino in mente di mettere in palio un premio speciale…"lei replicava.Raffreddai i bollenti spiriti e cercai di attuare una tattica di continui avvicinamenti e palpate furtive, per saggiare il terreno. Olympia ebbe bisogno di prendere dei barattoli di conserva sul ripiano più alto della dispensa e mi chiese di reggerla mentre era sulla sedia. "Senz’altro" fu la mia golosa risposta, finalmente qualcosa andava per il verso giusto…Salì sulla sedia cavallerescamente aiutata da me e inizio la ricerca della conserva: io ne approfittavo per tenerle saltuariamente le caviglie. Fu lei a suggerirmi:"Ho veramente paura di cadere, perché non mi stringi un po’ più su?"Agli ordini"Il gioco delle parti era iniziato, cominciai a palparle le cosce, prima con tatto, poi con sempre più deliberata baldanza. Scoprii che sotto il casto abbigliamento casalingo Olympia continuava a celare la solita provocante biancheria intima in pizza con annesso reggicalze ed autoreggenti. La snervante ricerca della conserva continuava, ma io ero già riuscito a scostarle il tanga ed infilarle un dito nella vagina madida di umori. Fu a questo punto che lei si ricompose e, con noncalanche, scese dalla sedia, trionfante, con il barattolo di conserva in mano.Continuò con le faccende di casa e mi costrinse a tenerle la scala mentre spolverava la libreria, con il suo fondoschiena perfettamente delineato a meno di 10 centimetri dal mio naso. Ogni tanto ondeggiava e poggiava quel carico di calore sul mio viso adorante. Perso ogni pudore la palpavo irriverente, infilandole ancora nella vagina prima le mie dita e poi, sentendo un inequivocabile mugolio di piacere, l’intera mano. Dopo tanto sospirare era nelle mie mani, eppure ero convinto che era quel che lei volesse fino dal principio."Scendi dalla scala, adesso!"La abbracciai e la costrinsi a scendere, mentre la gattona protestava:"Ma Antonio può venire da un momento all’altro" mi diceva lei sbottonandomi il pantalone ed ammirando la mia prepotente erezione."A che ora sarà qui?" le chiedevo palpandole le mammelle e pizzicandole i capezzoloni."Tra un’oretta ormai umh" replicava lei leccando il mio orgoglio ed imboccandoselo con golosità."Allora ce la facciamo" le dicevo, predisponendomi a leccarla a mia volta in un furioso sessantanove.Quattro mesi di "sedute" a senso unico, dedicate a ciò che stavo palpando e leccando ebbero il loro effetto: in breve tempo una zaffata di sapore le invase la gola, seguite da altre ondate di uguale intensità, mentre lei si contorceva in preda ad un orgasmo incontenibile.Lei ripulì tutto in silenzio e deglutì tutto il deglutibile; indi, in preda ad una foia incontenibile lo strabuzzò, lo risucchiò, lo saettò con la lingua: insomma tanto fece che il tenero virgulto risorse a nuova vita:"Ora mettimelo dentro che lo voglio"A questa richiesta il mio istinto rispose obbligandola a mettersi a pecorino ed infilzandola come uno spiedino di carne. Entrai in lei di colpo e, cominciando a pompare, le strappavo i vestiti di dosso, liberandole completamente le tettone ed i fianchi. Da questa nuova prospettiva vedevo un culetto fatto d’ebano che occhieggiava ad ogni ritmica pompata. Mentre le strizzavo le tettone ballonzolanti, al suo ennesimo orgasmo mi venne l’idea di usare il garofanino scuro che sembrava palpitare invitante ad ogni orgasmo. Detto fatto: mi sfilai e mi appuntai, madido dei suoi stessi umori, sul tenero buchetto. Forse gli umori, forse la foga, sprofondai diretto nel suo intestino, senza consentirle di ribattere. "No mi fai male, non voglio, li, fai piano uhm, te ne uhmm, prego …"Le sue invocazioni per pararsi (o salvarsi) il culo degenerarono presto in grida di piacere assoluto, aiutato forse dall’esperta mano che solleticava il bottoncino magico sul davanti. Io non faticai a rendermi conto che erano richieste di pura facciata, in verità la porca era ben alesata nel posteriore, ed il suo intestino fasciava il mio gingillo in una morsa calda, viscida e muscolosa. Sapeva infatti naturalmente contrarre i suoi muscoli anali a tempo con le mie pompate, per darmi ancora più gusto. Glia andirivieni cominciarono ad essere affannosi ed alla fine mi spensi nel suo culo, facendole una peretta di materiale, all’unisono con la sua ultima venuta.Ci distaccammo e, mentre pensavo che per quanto riguardava il sesso, dalla coniugazione semplice ero passato ai verbi irregolari, lei "scarpettava" il mio arnese di tutto il filante contenuto, mentre dal suo garofanino semiaperto e dalla sua vagina, si univano, uscendo, i flussi del mio piacere.L’aiutai a ricomporsi in silenzio e facemmo la doccia assieme: io continuai a baloccarmi con quel corpo tondo, sodo e caldo."Ora ti prego non dire niente ad Antonio, sarà un piccolo segreto tra noi""Va bene" ora ero un uomo…Ma alla faccia del piccolo segreto, si era fatta inculare dal sottoscritto senza battere ciglio….Ci rivestimmo e cancellammo le prove dell’amplesso consumato, almeno quelle cancellabili. Le sue gote rosse, i suoi modi "gattosi", i suoi occhi liquidi, i suoi capelli scarmigliati erano altrettanti segni che non avevamo fatto quattro chiacchiere nelle scorse ore.Alla buon’ora Antonio se ne venne e fu molto contento di vedermi."Ah, scusami Pier: ho avuto da lavorare fino a tardi… Spero che la mia dolce metà ti abbia intrattenuto come meriti" disse ammiccando verso Olympia."Ho cercato di fare del mio meglio" rincalzò lei, leccandosi lascivamente le labbra."Ne sono sicuro, beh a tavola ragazzi ho una fame da lupo"La cena fu servita subito e tra un pasto e l’altro, con molta circospezione per la presenza di Antonio, saggiavo ancora la consistenza soda delle cosce a mia disposizione. La risposta fu molto calda, non solo mi toccò con fare esperto e mi fece venire, ma volle anche "scarpettarmi" l’arnese. Facendo finta di voler ritrovare il tovagliolo caduto si fiondò sotto il tavolo e, con mio sommo imbarazzo, lo tirò completamente fuori e lo imbocco con risucchi che si sentirono in tutta la stanza. La non-discrezione ebbe l’effetto di far insospettire Antonio che mi chiese:"Tutto bene?""Benissimo", anche se dal mio colorito violaceo doveva aver capito tutto. Olympia l’idrovora aveva finito e uscì da sotto il tavolo con il tovagliolo, trionfante:"L’ho trovato finalmente", mentre un rivolo a metà tra il trasparente ed il bianco le serpeggiava dall’angolo della bocca fino al mento."Beh, questa cena mi è proprio piaciuta" fece Antonio"Anche a me" assentii spompato."A me non vi dico" disse Olympia lappando il rivolo con le labbra."Mi sembra venuto il momento di parlarti di calcio"Iniziò il suo discorsetto sull’importanza di questo campionato per il suo gruppo di amici, sul suo senso della vittoria, sul suo fare spogliatoio e comunità. Non mancò di porre l’accento su di una scommessa che aveva fatto con una squadra avversaria. Insomma una sequela di parole che, di per sé senza senso, per me ne avevano meno ancora perché perso nella visione delle rotondità posteriori della moglie che non più di un’ora prima avevo sondato in profondità. Il vestito che aveva messo dopo la doccia era infatti molto meno puritano di quello che indossava quando mi aveva accolto. Praticamente a pecorino per tirare via dal pavimento una macchia ostinata, il suo fondoschiena invitante occhieggiava pallido tra la fine delle autoreggenti e l’inizio dello striminzito perizoma. Il ritmico sussultare dei suoi globi mammellari andava all’unisono con lo sculettio posteriore, in una danza sinuosa che mi avvolgeva interamente e mi schermava dai nonsense del marito. Fu con vera liberazione che, uscito l’oggetto dei miei desideri, Antonio mi sussurrò: "Bella vero?"Non sapendo che dire, risposi "Bella è dire poco""Sai, io per farti partecipare a questo campionato sono disposto a tutto, e sono uomo di larghe vedute""Questo me l’ha detto anche tua moglie""Anche lei è disposta a tutto, non so se mi spiego…""Non capisco" dissi, facendo il finto tonto."Ora ti faccio vedere" disse Antonio, ammiccando.Nel frattempo Olympia era tornata e si era rimessa nella stessa posizione, cercando ancora di sradicare quella macchia tanto ostinata quanto inesistente. La danza sinuosa del suo corpo continuava e sia io sia Antonio la osservavamo rapiti. Antonio si riebbe, e sollevò delicatamente il corto vestito della moglie, additandomi con l’altra quei globi rotondi e bianchi che mi avevano accolto poco prima. Il gioco delle parti era nuovamente finito. Il marito le scostò delicatamente la sottile striscia di tessuto, scoprendole l’indifeso e piuttosto arrendevole rosetta."Sai, siamo disposti a tutto io e mia moglie. Del resto sono uomo di larghe vedute… E la prospettiva che ti si para mi sembra rosea ed invitante…"Il culo d’avorio si era intanto animato, mente Antonio gli dava degli schiaffi mano a mano meno simbolici. L’incarnato era ora più rosso che rosa, sotto la sferza di lui. Olympia se la godeva, titillandosi il bottoncino in un estremo atto di libidine. "Devi sapere che ho fatto una scommessa che ero sicuro di vincere".Mi narrò quindi il reale tenore della scommessa: la posta reale della scommessa sarebbe stato un fine settimana che tutta la squadra e lo spogliatoio avrebbero dovuto passare con Olympia, senza regole. In caso di vittoria della squadra di Antonio altrettanto si sarebbe fatto con la prosperosa moglie di Luigi, l’altro capitano. La scommessa era stata fatta in tempi non sospetti, quando la squadra di Antonio militava in alta classifica, al contrario di quella di Luigi. Ma i giochi erano cambiati con l’inserimento nell’altra squadra di ben cinque atleti di colore che, in breve, avevano riportato la squadra in vetta. I due erano terrorizzati dalla posta in palio:"Va bene essere di larghe vedute, ma qui si tratta di trenta giovani gagliardi contro questo fiore. Per non parlare dei cinque gorilla che, se tanto mi da tanto, la segneranno a vita. In altre parole, si tratta di salvare un culo!""Capisco che è per una buona causa" e sottolineai buona "ma a me che me ne viene?""Sono quattro partite. In caso di vittoria, Olympia ti saprà essere riconoscente. Non è vero che tu sai essere moooolto riconoscente, amore?"Nel frattempo lei si era rialzata ed aveva detto (con la faccia provocantemente vicina alla mia erezione):"Vuoi avere un saggio della mia riconoscenza?""siii""Posso, Amore?""Devi" disse lui prendendole la testa e schiacciandola verso il mio pacco.La porca mi tolse pantaloni e mutandine e, avvolto il mio pene nella sua lingua come in un sudario, lo imboccò, mentre il marito continuava a martoriarle a schiaffoni sonori il formoso deretano. Il dolore che provava era tanto pungente e tanto erotico che lei si masturbò. Nel frattempo lavorava con l’esofago il mio piacere, con un andirivieni aspirato del suo capo, che ormai era completamente serrato dalle mie mani. Se lo sfilò dalla bocca e continuò a tormentarlo con i seni che formavano un canale di piacere, umido di tanti sapori. L’andirivieni delle due mammelle non mi soddisfava appieno, avevo bisogno delle sue soffici labbra.Un attimo prima di una copiosa venuta la costrinsi ad ingoiare la cappella umida e, con un grido assordante le riempii la bocca di caldo sapore salato-acidulo, che come mi aspettavo, lei nettò con pazienza.Poi fu la volta del marito che sottopose allo stesso trattamento con i medesimi risultati: una zaffata che inghiottì, muta ancella del nostro piacere.Quando ci fummo ricomposti, Antonio esordì: "Mi sembra che come acconto possa andare bene. Impegnati a vincere e vedrai che Olympia ed io troveremo modi sempre nuovi di ricompensare questo giovane stallone""Ci proverò"
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