La mia estate infuocata si concluse a settembre in modo più che degno, con un gran finale, che mi vide festeggiare allegramente l’addio al nubilato di Chiara che, come da tradizione, si svolse il venerdì prima delle nozze. Il cornuto di mio fratello, imbarazzato da una mia eventuale presenza al suo addio al celibato, mi aveva dapprima invitato chiedendomi, però, subito dopo di non partecipare, per non guastare tutto il divertimento dei suoi amici, e specialmente il suo. Lo ringrazia dell’invito assicurando che partecipare a quel genere di cose non faceva parte del mio personale modo di divertirmi. Non c’era molto interesse nel bere come animali riducendosi a zombi, sbavando per qualche filmino pornografico in super8 o, nella migliore delle ipotesi, per una vecchia prostituta che si spogliava mostrando la sua fica strachiavata. Io pensavo più in grande, così mi organizzai per passare la notte con la futura sposa, mentre il suo promesso faceva il cretino al bar.Le mie sorelle più grandi, in qualità di damigelle, partecipavano alla festa che, in realtà, consisteva in una specie di merenda, prolungata dal pomeriggio sino alla sera, in cui venivano fatti dei regali alla festeggiata e, soprattutto, si parlava della prima notte, della luna di miele, del sesso, un po’ con timore ma anche con molta curiosità di provare quelle gioie proibite. I regali variavano dalle creme all’intimo raffinato, vanamente seducente perché, dopo tanto attenere, il marito tendeva a trascurare i giochi della seduzione, infilando diretto l’uccello nella topa, senza curarsi della verginità, effettiva o presenta, della moglie. In questo modo molte fanciulle, che si erano sollazzate allegramente con vari cazzi, prendendoli alle spalle del fidanzato, urlando un po’ e mostrandosi intimidite dall’esperienza, recuperavano magicamente un’effimera purezza. La stessa cosa sarebbe accaduta a mio fratello che, sicuramente non molto esperto in fatto di donne, e ancor meno di vergini, annebbiato dall’eccitazione, avrebbe scambiato la voragine fra le gambe di Chiara per una stretta fenditura da allargare. I miei progetti avevano preso il via già da un paio di settimane quando, senza lasciare un mittente o un biglietto, avevo spedito a Chiara due pacchi da aprire il giorno della sua festa. Nel primo avevo messo un libro di poesie e novelle erotiche mentre, nel secondo, c’era un completo intimo, che s’ispirava all’ottocento francese, con busto, stecche e mutandoni con volani di pizzo e merletti. Quei regali, ancora più intriganti perché di provenienza ignota, finirono per offuscare tutti gli altri. Alle dieci di sera, valutando che la festa a casa di Chiara fosse agli sgoccioli, scivolai fuori dalla finestra della mia camera e mi avviai da lei, per farle passare un’ultima notte indimenticabile. Entrare nel palazzo non fu difficile e, grazie ai numerosi incontri dell’estate precedente, trovai senza difficoltà la porta della sua camera, che non esitai ad aprire presentandomi così alla sua vista. La luce accesa, distesa sul letto, sfogliava il mio libro mentre l’altra scatola era poggiata sul suo letto.”Ma tu che ci fai qui? A quest’ora? Come sei entrato?” mi tempesto di domande, sorpresa ma non spaventata.”Sono passato per vedere com’era la festa ma, nonostante le porte aperte, mi sembra che sia tutto chiuso ” le risposi, entrando e avvicinandomi a lei. “Non dovevi venire, era una cosa per sole donne, e comunque è meglio se vai via prima di farti vedere” disse, allora, indicandomi la porta.”Sì, forse è meglio” ma, fermandomi con la mano sulla maniglia della porta ancora chiusa, continuai “Vedo che i miei regali sono arrivati””Sono tuoi?” con un tono di completa meraviglia nella voce, “il libro è stupendo, sporco, ma stupendo. Quello, invece, è bello ma non va bene, e rotto””Rotto ? Strano perché il pacco l’ho fatto io ed era tutto in perfette condizioni””Mi spiace per te, deve esserti costato parecchio, ma ha uno strappo””La taglia è giusta vero'””Si, credo di sì””Perché non lo provi e mi fai vedere come ti sta, che magari posso fartelo cambiare””Non credo che sarebbe conveniente, tra sole trentasei ore mi sposo, lo sai”.”Lo so, lo so, ma cosa c’è di male se mi fai vedere come ti sta, un po’ me lo devi, come ringraziamento”.”Solo se mi prometti che poi te ne vai””Mi vuoi proprio scacciare…va bene, accetto, dai fammi vedere se ti sta bene””Voltati, però, mentre mi cambio””Ma come sei pudica, sembra che non ti abbia mai vista nuda, anche questa stanza”.”Adesso però è diverso, girati”.”Ok, ok, come vuoi”.La sentii armeggiare, con un veloce fruscio di stoffa, mentre si spogliava e rivestiva in tutta fretta. “Girati pure adesso, e ammirami”, mi disse, sempre un po’ smorfiosa.Il busto stretto, ma non al massimo, le spingeva in alto i seni, rendendoli ancora più grandi e rotondi, mentre i fianchi risultavano assottigliati nelle culottes lunghe sino al ginocchio.”Sei fantastica, bellissima “”Sembro o non sembro una cortigiana del Re Sole o magari una dama dell’ottocento?””Magari se ti fai guardare meglio, prova un po’ a girare su te stessa””Così ?” e volteggiò leggera davanti a me, chiudendo con una mano la piccola finestra che aveva all’altezza del sedere. “E quella mano cosa nasconde? Dai fammi vedere cosa vuoi coprire””Quello è lo strappo che non credi ci fosse e invece…””Prima parlavi di dame e cortigiane e con ragione perché erano proprio loro che portavano quelle cose lì””Lo sapevo, guarda che raffinata eleganza” e piroettò nuovamente, ma senza proteggersi le terga. Bastava poco per far leva sulla sua smodata vanità e sul suo infinito egocentrismo, così le dissi “A onor del vero quelle erano le preferite delle cortigiane di più alto lignaggio, che utilizzavano quel ben nascosto accorgimento, che tu hai considerato uno strappo, per fare certi giochetti “.”Quali giochetti ?”, chiese, pentendosi subito della domanda.”Devi sapere che le cortigiane, o dame di compagnia, fin da giovinette si accompagnavano con nobili e cavalieri, sino a quando uno di un’altra corte non le prendeva in moglie, ma per restare caste lo pigliavano allegramente nel tafanario, chinandosi veloci per sollevare le gonne, scoprendo il loro culetto pronto all’uso”.”Non ci credo, bugiardo, ti sei inventato tutto”.”Perché non provi un po’ a girarti, vedrai se non ho ragione”.”Neanche per sogno, te li puoi scordare”. “Va bene, allora guarda questo”, e allungai le mani sopra l’orlo del busto, accarezzandole i seni già parzialmente scoperti. “Smettila dai, sta fermo con quelle manacce”.”In questo modo si facevano toccare le tette sena doversi spogliare” e le solleticai entrambi i capezzoli stringendoli fra le dita.”Smettila dai” ma sembrava più un incitamento a continuare e ad andare avanti, curiosa di vedere quello che avevo in mente.La carezzai sulle spalle scoperte, coprendole con piccoli baci leggeri, sfiorandola appena le girai intorno portandomi dietro di lei, quindi la cinsi con le mani sui fianchi, guidandola verso la scrivania e facendola appoggiare. Lei collaborava pronta coricandosi con il busto appoggiato al piano del tavolo, per esporre il sedere in bella mostra, incuriosita e vogliosa di provare quell’esperienza. Le allargai dolcemente le cosce scoprendo ancora di più il suo forellino anelante, ne saggiai la prima resistenza mentre lei stessa si apriva le cosce per farsi toccare. La bacia, insalivandola, poi, iniziai ad introdurre un dito, vedendola contrarsi per la sorpresa e il male.”Fai piano, fa male”, disse senza pensare di interrompere la cosa.”Va bene, stai tranquilla, ma tu cerca di rilassarti e di assecondarmi “, e ripresi a spingere il dito in lei. Lo spinsi con calma in lei, introducendole tutto il dito nel culo, e, fattala abituare a quella presenza, cominciai a rigirarlo in lei allargando ancora un po’ quel primo pertugio. Al primo dito aggiunsi un secondo e un terzo, aprendola per bene e preparandola per ricevere anche il cazzo che subito le appoggiai tra le chiappe divaricate, spingendo la cappella dentro di lei.”Com’è grosso, è troppo grosso ” si lascio sfuggire, impressionata dalle diverse sensazioni provate al contatto con le dita e con il mio sesso eretto.”Stai tranquilla, vedrai che non è niente, con calma lo prenderai tutto nel culo senza accorgertene. Non sei la prima a cui lo metto anche dietro e che scopre di preferirlo”, e spinsi ancora sino ad introdurre tutta la mia grossa cappella nel suo sfintere dilatato. Gemeva piano, cercando di trattenersi, lo spinsi allora in lei con decisione inculandola completamente. La scopai nel culo, montandola come una cortigiana, con colpi veloci e ben assestati, facendole provare così anche il piacere anale prima delle nozze. La stavo ancora montando alla missionaria stesi sul suo letto quando sentimmo dei suoni provenire dalla strada sottostante. Una musica di chitarre e violini si spandeva nel silenzio della notte mentre una voce dolce cantava un’aria romantica. Lei si volle affacciare, per vedere mio fratello omaggiarla con una serenata mentre io da dietro le riempivo la fica di sborra spumeggiante. La mia ultima notte con la fidanzata di mio fratello fu eccezionale, perché lei mi lascio fare ogni cosa, chiavando e spompinando come una vera cortigiana, dopo quel giorno non la rividi più, ma comincia a frequentare mia cognata nello stesso modo. Il ritorno in seminario fu trionfale già dalla prima sera, infatti, passai la notte nella stanza della nuova superiora, Madre Germana, in compagnia di una suora, Carla, non più novizia. Nel periodo di mia assenza si erano date molto da fare fra loro, raggiungendo una complicità e un’intesa molto particolari. I loro corpi, inizialmente restii ai piaceri saffici, si mostravano desiderosi e vogliosi di quelle attenzioni, abituati ormai a quelle particolari stimolazioni, che solo fra donne si possono fare. Si leccavano le fiche grondanti umori per delle ore sconvolgendosi per il piacere mentre con le dita si titillavano, simulando la penetrazione, che ricevevano dal mio uccello. La più vogliosa restava suor Carla, che non poteva fare a meno dell’unico membro che avesse conosciuto, mentre suor Germana mostrava una preferenza marcata per gli scambi fra donne, palesando la sua bisessualità. I cambiamenti entro le mura del seminario non erano finiti, infatti, c’erano stati nuovi arrivi, non solo fra i seminaristi ma anche fra le suore, che presentavano due novizie sconosciute nelle loro fila. Una era una trentenne, piuttosto alta, occhi verdi, con i capelli neri, asciutta per quello che riuscivo ad intuire, si chiamava Maria; l’altra era molto più giovane e minuta, la carnagione ambrata e gli occhi scuri, palesavano a prima vista le origini franco-marocchine, di suor Paola. Entrambe risvegliarono da subito la mia curiosità, per questo non persi tempo andando ad informarmi su di loro dalla superiora, che mi raccontò tutto quello che sapeva mentre la scopavo nel suo ufficio. Il fascicolo di suor Maria parlava di una vocazione arrivata tardi ma, andando più a fondo, si leggeva della scomparsa del fidanzato, a pochi giorni dal matrimonio, di una crisi profonda, sfociata nella scelta monastica. La storia di suor Paola era ancora più tortuosa: nata dalla violenza di un soldato marocchino del corpo di liberazione, era stata abbandonata in fasce presso un convento, crescendo così tra quelle quattro mura, giungendo alla maggior età, quando era uscita in cerca della madre e d fortuna, scontrandosi con un muro di silenzio e rancore che lei, la figlia della colpa, provocava con la sua sola presenza. Ritornò allora alla pace del convento decidendo di vestire anche lei l’abito sacro, come le sole persone buone che avesse mai conosciuto. La prima a ricevere le mie attenzioni fu Maria, che, avendo vissuto per quasi tutta la sua vita a contatto con la gente, sapeva conversare amabilmente con una erta apertura mentale, dimostrandosi più emancipata e mentalmente aperta di molte ragazze del mio paese. Le nostre discussioni spaziavano un po’ in tutti i campi ma non si avvicinavano mai al personale, perché se, casualmente, facevo riferimento a qualcosa del suo passato, sorvolava lesta interrompendo il discorso con qualche scusa. Nonostante questo problema ricorrente era lei stessa a cercare la ma compagna, trovando in me un qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri seminaristi, che, scomparsi tutti gl’incerti, erano costituiti da cloni indottrinati ed inquadrati dall’ottusa visione clericale del mondo. Il mese d’ottobre stava per finire, convenni così di aver atteso abbastanza e quello fosse ormai il tempo buono per agire. Alla prima occasione, lasciai cadere il discorso sui problemi di noi seminaristi ” Vede, suor Maria, non è facile uscire da qui in estate e poi tornare, con tutte le possibilità che ci sono la fuori, la tentazione di non tornare è grande “.”Si, credo che sia dura, ma la via che stai percorrendo richiede impegno e sacrificio”, disse lei cercando di consolarmi.”Ogni giorno. Va bene, ci si abitua a stare qui, però quando si esce le tentazioni sono tante”, risposi io, deciso a non lasciarmi distrarre dal mio progetto. “La cosa più pesante da sopportare è la compagnia di ragazze e signorine, la cui sola presenza ci scombussola” ripresi, dopo un attimo, senza darle il tempo di ribattere. “Si forse è un po’ dura stare dieci mesi qui dentro e poi due fuori in mezzo alla gente, liberi di fare come tutti, ma, devi capirlo, un domani dovrete stare fra la gente delle parrocchie “, rispose dopo qualche secondo per trovare le parole giuste. “Hai ragione, in fondo poi anche per voi devono esserci gli stessi problemi e le stesse tentazioni, si insomma la verginità e tutto il resto”, dissi dando la prima stoccata, e insistei “perché devi essere casta e pura per prendere i voti, e tu”, rivolgendomi direttamente a lei ” non hai più vent’anni”, lasciando sottintendere qualche dubbio sulla sua verginità. Un certo imbarazzo le comparve sul viso, teso, mentre un po’ di fretta rispondeva “Credo che sia l’ora della preghiera vespertina, è meglio non fare tardi “, e si voltò senza aggiungere altro. Il giorno seguente trovandoci per caso in un corridoio le riproposi la questione “Buongiorno suor Maria, ha un momento da dedicarmi ?””Sarei di fretta, però se è solo un momento, dimmi pure “.”Guardi è solo un attimo, se mi risponde alla questione di ieri, quella sulla verginità, poi vado via soddisfatto “.”Sono cose troppo personali, e di sicuro non ti riguardano. Ciao “, troncando nuovamente l’argomento. Ero d’accordo sulla riservatezza della cosa, ma che non mi riguardasse era solo una sua opinione, perché ero quasi sicuro che avesse qualcosa da nascondere, e, in ogni caso, avevo deciso da molto tempo di aggiungerla al gruppo delle suore che mi scopavo. Lei, decisa ad evitarmi si era fatta sostituire da suor Paola, con cui così potei far amicizia, scoprendo in lei una simpatica ragazza, bisognosa d’affetto e compagnia, amareggiata dal duplice rifiuto della madre. I momenti passati con Paola mi permisero di carpirne la fiducia, come già avevo fatto l’anno prima con suor Carla, seducendola sino a farle cedere la virtù. Il cammino per giungere a tale risultato era assai lungo per questo non smisi di approfondire la mia conoscenza con suor Maria, decidendo di andare a trovarla nella sua cella, visto che non riuscivo più ad avvicinarla. L’abitudine che avevo acquisito a girare indisturbato per gli alloggi delle monache, mi permise di raggiungere la sua stanza senza problemi e di presentarmi da lei nel primo pomeriggio del sabato. Era seduta sul letto a leggere, priva del velo, mostrava una lunga chioma fluente, che le scendeva oltre le spalle, incorniciando un viso che non lasciava trasparire la sua vera età.”Esci subito, immediatamente, va fuori da qui “, die o un tono di voce forte e sicuro,” lo sai che non puoi venire qui, chi ti ha dato il permesso? “. “Nessuno”, risposi candidamente, ” Perché che problema c’è ? Mi basta una risposta e vado via”.”No, vai via subito, che qualsiasi cosa sia non può essere così importante “. “Allora dimmelo, ” dissi io pronto “Sei vergine anche tu, o no?. Già due volte hai evitato di rispondere “. “Certo “, sentenziò, troppo rapida per essere credibile, distogliendo lo guardo come chi mente. “Se sei soddisfatto puoi sparire”.”Non ti credo”, dissi facendo un passo verso di lei, ” secondo me stai mentendo “”Hai avuto la risposta, vattene “.”Quanta fretta che hai, vedremo cosa dirà la superiora”. “Fai pure, vedremo cosa ti dirai quando ti chiederà perché eri qua, nella mia stanza “. “Sono certo che capirà, e poi la tua colpa è molto più grave della mia infrazione “. “Non ho nessuna colpa da giustificare” cercando di essere credibile. “Lasciami guardare, o hai paura che scopra la verità? ” le proposi, cercando una soluzione minore al problema.”Devi essere pazzo, va via, vattene”.”Allora ti farai guardare dalla commissione dei controllori, e loro sono molto esperti”, lasciandole capire che io, inesperto dell’anatomia femminile, potevo essere ingannato da lei senza difficoltà. “Non ho nulla da nascondere “, disse ancora, con un tono meno deciso, che lasciava trasparire qualche possibilità, “Mi fai pena, però, ti pensavo un bravo ragazzo, e guarda cosa inventi per vedere un corpo femminile”.”Se sei sicura, posso anche andare “, le risposi, fingendomi offeso ” e parlare con suor Germana ” e mi avviai verso la porta. Avevo già preso in mano la maniglia quando mi richiamò “Aspetta un secondo, per favore ” la fretta che aveva di liberarsi di me era sparita. “Sii un po’ paziente, non è il caso di scomodare la superiora per una cosa così, che possiamo risolvere fra noi ” cercando la mia complicità “Ma tieni presente che non mi sono mai mostrata a nessuno senza vestiti, e per me è molto difficile “.”Allora meglio solo io che tutta la commissione “, le risposi,” fingi di essere dal dottore che si occupa delle donne “, simulando di non sapere neppure che il termine corretto è ginecologo. “Dal ginecologo, vuoi dire? ” puntualizzò lei, pronta.”Sì, esatto ci sarai stata almeno una volta “. “Sì, una volta” confermò, e aggiunse mentre sfilava le mutande da sotto la tonaca “Devi essere delicato e leggero, se ti dirò di fermarti dovrai smettere subito “. Detto questo si stese sul letto sollevando le ginocchia divaricate, mentre la lunga gonna risaliva lungo le gambe lasciando un vistoso pertugio per l’ispezione. Infilai la sinistra sotto la sua gonna, toccandole il ginocchio che, mosso da un riflesso incontrollato, si strinse verso l’altro, bloccandomi la mano. “Scusa, mi spiace ma vedi quant’è difficile”. “Stai tranquilla “risposi, mentre la mia mano poggiava salda sulla sua coscia vellutata. Soda e fresca, liscia come la seta, cominciai a carezzarla con gesti lenti, sempre più ampi, spostandomi dal ginocchi al bacino. Il suo viso, leggermente arrossato, lasciava trasparire una comprensibile emozione, ma anche un certo turbamento. Le mie carezze si erano rilevate molto piacevoli e sensuali. Al contrario di quello che aveva pensato, non mi ero gettato direttamente sulla vagina, esposta e disponibile, ma stavo prendendo confidenza col suo corpo, accarezzandola con un tocco caldo e leggero, che le faceva provare delle sensazioni dimenticate da molto tempo. Arrivai quasi a contatto con la sua micia, sfiorando il morbido pelo che la copriva. La mano scivolò sul basso ventre, teso, infilandosi in quel folto cespuglio delicato, pettinandolo con i polpastrelli, sentendo la consistenza sericea scorrere fra le dita. La toccai piano, delicatamente, con un movimento fatto di piccoli cerchi concentrici, mirati sul pube e sul monte di venere, stimolando la parte coperta della clitoride. ” Mi sembra che la cosa si dilunghi un po’ troppo ” mi disse, con un tono di voce dolce, ma quasi impaziente, che non le avevo mai sentito. ” Non volevo essere troppo brusco, me l’hai detto tu di fare piano “, risposi, ” Si, però sbrigati, non restare così ancora per molto “. Le mie dita si spostarono sulla vagina, seguendo la sottile fessura delimitata dalle grandi labbra, decisamente gonfie, arrivando sino al perineo e al sedere, in cui infilai la punta del dito. “Li no, non è quello che devi esaminare “, disse mentre contraeva i glutei stringendomi l’indice, ” va bene, come vuoi, ma il dottore non controlla anche il sedere ?”, ” Sì, ma tu no di certo “. Ritornai a dedicarmi alla sua fichetta, che sentivo già molto calda, infatti, mi fu sufficiente far scorrere il medio fra le grandi labbra, schiudendole leggermente, per farle rilasciare una piccola parte degli umori di cui grondava. Era bagnata, lo sapeva, come sapeva che anch’io mi ero accorto del suo stato, che io stesso le avevo procurato con i miei tocchi. Bagnai il dito nel suo piacere, rendendolo scivoloso e scorrevole, per dedicarmi direttamente al clito, piccolo e teso, lo solleticai con una leggera pressione del polpastrello, carezzandone la base con le dita, scoprendolo meglio. “Smettila dai non così, fermati” disse con la voce insicura, rotta dall’emozione. “Aspetta solo un momento e ho finito “, e infilai la destra sotto la gonna, portando il medio a contatto con la sua vulva bagnata, infilandola sicuro, senza trovare traccia dell’imene. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto in pieni del mio dito dentro il suo sesso, e del significato che aveva, “No, non così, fermati, fermati ” disse, allarmata, mentre chiudeva invano le gambe, lasciate bellamente aperte per troppo tempo per essere credibile. Per tutta risposta convenni di infilare anche l’indice assieme al medio, “No, smettila, basta “, disse ancora, mentre con le mani cercava di bloccare la mia azione. ” La commedia è finita, smettila con la storia della verginella. Se eri vergine non ti mettevi a gambe aperte così facilmente, e da come ti sei bagnata direi che t’è piaciuto, pure “. “Sei un porco “, “E’ vero, e tu sarai la mia nuova troia, o sapranno tutti il tuo piccolo segreto “. Le sue mani ancora strette sulle mie non lasciarono la presa, permettendomi di continuare l’esplorazione delle sue parti intime. Le due mani, insieme, lavoravano sulla fica, carezzando l’una il clito e l’altra la vagina, in cui le mie dita scavavano senza ritegno. I primi gemiti di piacere non tardarono a farsi sentire, sempre più forti, uscivano dalla sua bocca che non riusciva a trattenerli, mentre dalla fica rilasciava un abbondante e denso miele. Scostai la gonna, facendola scivolare lungo le cosce sino in vita, scoprendo la sua fichetta dischiusa dalle mie dita, umida de quella rugiada appena fatta, così infilai la testa fra le sue cosce per leccarla. Baciai e succhiai quella passerina profumata, scavandola con la lingua, simulando una penetrazione, strinsi fra le labbra la clitoride, gonfia, saettando su di lei la mia lingua morbida e umida fin a farle scoppiare, improvviso, un nuovo travolgente orgasmo. Il respiro ancora affannoso, le gote rosse, travolta ancora dal piacere, aspettava, le gambe oscenamente aperte ed invitanti, di ricevermi dentro di lei. “So cosa vuoi, adesso, non preoccuparti ” le dissi stendendomi su di lei, mentre con la sinistra aprivo i pantaloni, spingendo deciso il membro nella sua vulva accogliente. Mi strinse, facendomi appoggiare la testa contro la spalla, mentre io iniziavo a muovermi in lei. con colpi lunghi e decisi, sicuri, che la riempivano completamente. Rallentai ulteriormente il ritmo, prendendola con calma, assaporando il calore della sua micetta calda, che si apriva e richiudeva al mio passaggio, stringendomi fra le sue pareti in un abbraccio di voglioso piacere. La montai con ritmo tranquillo nel silenzio totale sin che la sua voce, eccitata, non prese ad incitarmi, così “Sì, Paolo, oh si, così, così amore continua, non fermarti”, e poi “Paolo, Paolo ” ripeté, venendo sotto di me, con delle contrazioni profonde della vagina, che mi fecero godere a mia volta. “Chi è Paolo ? “l’interrogai, passata l’urgenza della scopata. Lei, quasi risvegliandosi da un sogno, mi spinse via, delusa nel non aver riconosciuto nel mio volto le sembianze del suo adorato Paolo. Insistei, nuovamente, non avendo avuto risposta “Allora chi è Paolo, il tuo amante ?”. “Era il mio fidanzato, il mio futuro sposo, l’unico con cui sono stata”, ” L’unico finora “, “No, l’unico con cui sono stata, questo non conta, perché non volevo, mi hai costretta”, “Direi che, costretta o meno, ti sei goduta tutto il servizio “, “Non accadrà più ” disse cercando di ricoprirsi, quasi si fosse resa conto solo in quel momento d’esser mezza nuda, “Meglio approfittare dell’occasione ” dissi io, provando a montarla nuovamente. “No, non voglio, smettila “, “Dai che ti piace, lo sai”, “No, no”, me la mia cappella si stava già facendo largo in lei, riempendole la vulva per una seconda trapanata. La scopai con foga maggiore, possedendola nonostante le sue proteste, costringendola a sottostare a miei desideri, inchiodata al letto, con le braccia bloccate dalle mie, impossibilitata a difendersi. Subì tutti i miei affondi dentro di lei, come prima, sciogliendosi nel piacere che le dava il cazzo nella fica, cingendomi con le gambe, incrociate intorno a me, in un estremo desiderio di compenetrazione. “Ecco, che ti piace, e lo gusterai per tutto l’anno stai tranquilla”, e le lasciai le braccia, ormai vinte, non si ribellavano ne cercavano di allontanarmi, piuttosto mi accarezzavano, come un amante. L’ultimo anno di seminario fu un vero spasso, con quelle belle fichette da montare a turno, non potei lamentarmi di nulla, non avendo mai un attimo di tempo libero tra una scopata e l’altra.
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