“Ma sei sicura che non torna prima delle sei?” Gianni non riusciva a sentirsi tranquillo. Paola, la sua ragazza, gli aveva telefonato mezzora prima mostrandosi particolarmente vogliosa. A pensarci bene, non l’aveva mai sentita usare certi termini prima d’allora. “Ciao amore, mi manchi un casino.” gli aveva detto, lasciandogli presagire una telefonata romantica. Invece, dopo averlo informato che il signor Benissi era uscito, aveva proseguito dicendogli che si sentiva friggere tutta quanta. “Stai male, piccola?” le aveva risposto, premuroso. “No, stupido! Ho voglia del tuo cazzo.” Bang! “Ma… Paola che dici??” “Che ti vorrei qui con me. Ti dispiace?” “No. Ma…” lei lo aveva interrotto: “Ti abbraccerei e bacerei e andrei a sentire che effetto ti faccio. Se ci penso mi bagno tutta.” “Paola??” “lasciami sognare. Ti abbasserei la cerniera dei jeans e ti accarezzerei per un po’. Dimmi, lo hai già duro?” Certo che gli era diventato duro! Quando gli aveva detto che gli avrebbe fatto volentieri un pompino per poi farsi scopare quasi veniva dentro le mutande. “Amore, sono sola e Benissi non torna prima di stasera. Perché non vieni a trovarmi che ho troppa voglia.” Lo aveva salutato con queste parole e con la promessa che gli avrebbe permesso di provarci col suo culetto. Il culetto! Era da quando l’aveva conosciuta tre mesi prima che sperava di infilare il suo cazzo in mezzo a quelle pesche. Ancora si ricordava di quando l’aveva adocchiata alla festa di Leo con indosso una mini mozzafiato che le nascondeva appena quel sedere da favola. Presentarsi non era stato un problema. Fare coppia fissa e sesso nemmeno, ma appena aveva avvicinato la punta del suo cazzo al forellino posteriore erano state urla. “Da quella parte nemmeno un dito” gli aveva detto categorica. Adesso, glielo proponeva lei. Aveva fatto la strada senza badare a chi incrociava, già ubriaco per quel che sarebbe accaduto. Paola lavorava da quasi due mesi in casa di un distinto pensionato di settantadue anni, un ex funzionario che mai aveva voluto prendere moglie, preferendo la bella vita agli obblighi di un marito e che, solo per fare una cortesia al padre della ragazza, l’aveva presa con sé perché badasse alle vicende di casa. Nella sostanza, però, in quel luogo c’era veramente poco da fare e, quando la giovane arrivava, come ogni giorno alle due e trenta, sapeva che in un’ora avrebbe rifatto il letto e data una pulita alla cucina ed al bagno. Per il resto avrebbe letto una rivista oppure guardato qualcosa alla tv, rispondendo al telefono o al citofono mentre il padrone di casa sarebbe stato impegnato con la sua raccolta di francobolli di cui era geloso sino all’isterismo. Da qualche giorno, però, le cose erano cambiate. Nei primi giorni l’uomo si era limitato al buongiorno e buonasera e a darle qualche indicazione riguardante l’abitazione. Poi, un pomeriggio mentre lei era davanti alla Tv e lui alla scrivania, lo aveva visto richiudere i suoi album e venirsi a sedere nel divano. “Sempre a guardare queste scemenze, cara finirai col rincretinire. Dai! Parliamo un po’.” Passata la sorpresa, lo aveva trovato simpatico e non le era sembrato vero che le chiedesse di cose tipicamente da ragazze, risultando sempre informatissimo. Avevano discusso di moda, di musica e dei locali più in del momento. Poi le aveva chiesto di Gianni “e col tuo ragazzo come va?” Era stato un ottimo ascoltatore, interrompendola poche volte, lasciando che gli raccontasse di come si erano conosciuti e le cose più stupide. L’aveva fatta diventare rossa quando le aveva fatto notare che lei era una bella ragazza. “Non è possibile che il tuo Gianni non se ne sia accorto, cara. Se non fa nulla con te devi preoccuparti. Avrà un’altra.” “No! Ma che dice!” Si era ritrovata ad ammettere che faceva sesso col suo ragazzo, con la stessa facilità con cui avrebbe potuto dire che era andata a prendere un gelato insieme a lui. “Bravi! Fate bene. Bisogna fare le giuste esperienze.” Da quel momento non era passato giorno che non le domandasse come andava col fidanzatino; se era tutto a posto e se la sera prima avevano fatto sesso. A Paola quelle domande non sembravano strane. Anzi, non le era sembrato vero di potersi confidare con un uomo maturo, sempre disposto ad ascoltare i suoi problemi di diciottenne, consigliandola in modo pacato, senza le urla e gli sguardi di fuoco come capitava con sua madre. Erano arrivati a discutere sul fatto che lei limonava col suo boyfriend in ogni luogo, dal cinema alla discoteca, dall’angolo buio appartato in strada al gabinetto di un grande magazzino. Aveva ammesso che qualche volta era successo anche sotto quella casa. Prima qualche bacio, poi se proprio non riuscivano a frenare la voglia di toccarsi, si spostavano in fondo alla strada, vicino al parcheggio di un ufficio a quell’ora chiuso. “Ah! Che bella la gioventù.” Amava concludere l’uomo. Tre giorni prima l’aveva sorpresa. “Sai vi ho visti, ieri.” “Scusi?” “Si! Quando ha citofonato Gianni e tu sei scesa, ho deciso di scendere anch’io per fare due passi. Chissà perché, ma il fatto che fosse già buio mi ha fatto pensare che potevate essere in fondo alla strada così mi sono avvicinato e vi ho visti.” Era diventata paonazza. “Non devi vergognarti!” Come poteva non vergognarsi? Era stata in ginocchio quasi tutto il tempo a spompinare il cazzo di Gianni e quello lì aveva visto tutto!! “Dai! Di cosa ti preoccupi?” Era riuscito a scherzarci su fino a quando non l’aveva fatta sorridere. Anzi, alla fine Paola si era convinta del fatto che l’essere stata vista all’opera li rendeva ancora più intimi. Benissi se n’era reso conto e aveva gettato l’amo proprio quel giorno. “Cara sono preoccupato per voi. Non potete rischiare in quel modo.” Le aveva esposto che, secondo lui appartarsi per la strada poteva essere pericoloso. “Se al posto mio ci fosse stato un malintenzionato che avreste potuto fare?” La pulce nell’orecchio l’aveva messa. Era il momento di ritirare la lenza. “Perché non vi vedete qui a casa mia?” In poco tempo l’aveva convinta a provare quello stesso giorno. “Io starò nella stanza accanto e se… dovessi dare una sbirciatina… beh! Non sarebbe la prima volta.” Lei aveva sorriso e lo aveva voluto accanto a sé quando aveva telefonato a Gianni. L’idea del culetto le era venuta in mente più per l’anziano padrone di casa che non per il suo ragazzo. Nascosto nella stanza da letto, Benissi aveva visto Paola andare ad aprire la porta di ingresso e fare entrare un ragazzone biondo, in netto contrasto con la giovane, bruna. Dopo essersi baciati, erano andati verso il divano. Continuavano a stare abbracciati, le mani a cercarsi l’uno con l’altra. Lui si era spogliato, poi aveva svestito lei. Che splendido culo! L’accarezzava tra le cosce penetrandola prima con un dito, poi con due, poi con tre. A quella intrusione lei aveva inarcato la schiena gemendo e lui ne aveva approfittato per girasi e portare il cazzo a livello della sua bocca. Ne era seguito un sessantanove lento ma intenso. L’orgasmo l’aveva raggiunta in quel modo. Poco dopo si era ritrovata sdraiata con i polpacci sulle spalle di Gianni mentre lui la trombava con forza, puntando piedi sul pavimento. Benissi l’aveva osservata venire nuovamente lanciando un gemito soffocato. Il ragazzo l’aveva seguita subito dopo, estraendo giusto in tempo il cazzo dalla fica fradicia per sborrarle sulla pancia. Erano rimasti a prendere fiato per qualche minuto, poi il giovane aveva fatto distendere la fidanzata sul tappeto dopo averle piazzato un cuscino sotto la pancia. Dal suo posto d’osservazione Benissi poteva vedergli il cazzo perfettamente in tiro. Paola era silenziosa. Aveva paura che le avrebbe fatto male, ma non voleva fare brutta figura col padrone di casa. Cazzo! Ma cosa le stava succedendo? Era lì col suo ragazzo a fare sesso davanti ad un altro e pensava a lui!! “Porca puttana!!” L’urlo di Gianni l’aveva risvegliata. Si era girata, ma già sapeva cos’era successo. “Gianni??” Il ragazzo si sentiva un cretino ma appena la punta del pene aveva toccato il buchetto posteriore era venuto senza potersi controllare. Subito dopo l’erezione se n’era andata. E con lui Gianni. Non aveva voluto sentire ragioni e, visto che quel coso non tornava duro, aveva voluto andare via con la scusa che “il padrone di casa potesse tornare prima del previsto. Benissi, invece, era tornato nel soggiorno appena la porta di casa era stata chiusa alle spalle del giovane. Per un po’ erano rimasti in silenzio. Paola seduta nel divano, lui in piedi accanto al tavolo. Poi era scoppiato in una risata fragorosa e coinvolgente e lei non aveva resistito seguendolo a ruota. Le si era seduto accanto. “Non preoccuparti. Si rifarà.” “Grazie. Mi dispiace per lui più che altro.” “E’ successo anche a me sai.” “Davvero?” “Ma la cosa buffa è che mentre a lui si ammosciava a me diventava duro. Ed erano anni che non mi capitava.” Quelle parole, per un verso volgari, l’avevano lusingata. Aveva sentito il bisogno sfrenato di cercare un contatto con quell’uomo e non aveva trovato di meglio che accucciarsi tra le sue gambe, come una gattina vogliosa di fusa. Le mani dell’uomo si erano appoggiate sulla sua nuca incominciando ad accarezzarle i capelli. L’erezione era stata immediata. Paola l’aveva percepita sotto la guancia, ma non si era scandalizzata più di tanto. Anzi, ne era quasi felice. Con una naturalezza impressionante aveva spostato di poco il viso in modo da poterci poggiare sopra la mano per tastarne la consistenza. L’uomo era rimasto in silenzio, continuando nelle sue carezze rilassanti. Il tempo sembrava essersi fermato. Poi le aveva fatto cenno di alzarsi. Erano tutti e due in piedi poco distanti dal tavolo. L’uomo le aveva preso le mani fra le sue, poi aveva avvicinato il viso, baciandole una guancia. Da lì era sceso verso il collo e poi sul senso, ancora coperto dalla maglia. L’aveva sollevata appena, scoprendo un capezzolo. L’altra mano era scesa a sollevarle la gonna sino all’orlo delle mutandine. In breve Paola si era ritrovata con la sola gonna. Toccava a lei ricambiare. Si era seduta sul bracciolo del divano ed aveva provveduto a lasciare l’anziano in mutande. Il passo era stato vreve. La mano si era prima posata sull’erezione, poi era salita sull’elastico dell’indumento portandolo in basso, infine aveva impugnato il cazzo dell’uomo, menandolo. Lui l’aveva lasciata fare, godendosi dapprima quelle carezze e poi la morbidezza delle sue labbra. Sapeva che non aveva che una cartuccia e non intendeva sprecarla con la frenesia di godere di quel corpo sodo subito. Erano passati dei minuti in cui lei lo aveva leccato e pompato, giocando con le unghia sullo scroto e sulla pelle del pene eretto. Poi Benissi si era staccato dicendole di distendersi sul tappeto. Lei lo aveva accontentato, allargando le cosce per agevolarlo nella penetrazione. Era stata una fottuta breve, ma aveva lasciato soddisfatti entrambi, colti dall’orgasmo insieme. Si erano rivestiti, rimanendo accucciati sul divano a sbaciucchiarsi come due ragazzini sino a quando il citofono non era squillato.

