La parabola del bastardo gaudente. (Nulla è come sembra) La candela si scioglieva lentamente, spargendo il suo profumo di menta in tutta la camera. Giorgio non era ancora stanco, si muoveva dentro Sara come se avessero appena cominciato. La stessa forza e la stessa voglia di quando l’aveva accolta sulla soglia di casa. – Muoviti, così. Brava – l’incitava mentre il suo pene le stava scivolando ancora una volta all’interno. La ragazza ansimava dal piacere, con lui provava una sensazione che non aveva mai conosciuto prima. Non era certo vergine, ma quelle pratiche e quella durata non le aveva mai assaggiate. Si contorceva lasciando che il busto subisse i colpi quasi violenti, ora che le anche del suo amante si muovevano tra le sue. – Sì – lasciava scappare ogni tanto tra le labbra. Erano entrambi nel limbo della passione, non si sarebbero staccati mai. Altre volte avevano continuato per ore senza che nessuno dei due mollasse il colpo. Erano affini durante le pratiche sessuali come erano diversi e scontrosi nel resto della loro vita. Si erano conosciuti quasi per caso in una discoteca durante un normale sabato sera, come molte altre persone. Un amico comune li aveva presentati e Sara era rimasta subito colpita da quel tipo taciturno, che fissava la gente senza sembrare appartenere alla stessa razza. I suoi occhi giravano da una persona all’altra come se tutto quello che lo circondava non lo riguardasse minimamente. Fu facile, poi, avvicinarlo ancora, chiedergli qualcosa di lui, lasciare che capisse l’interesse che stava provando. Fu semplice anche farsi accompagnare a casa, due baci con la promessa di qualcosa di più profondo al secondo appuntamento. Due spiriti liberi che si incontravano, dunque. Almeno così aveva pensato Sara di primo acchito, ma si accorse presto che quel ragazzo era diverso, aveva qualcosa che non riusciva ad inquadrare, un elemento fuori fuoco. Inutili furono le moine dopo il primo amplesso, dopotutto non era stato niente di eccezionale e Giorgio non si era abbandonato tra le sue braccia forse perché ancora non si conoscevano, non si era sciolto in mille complimenti anche perché quel piccolo gioco era durato molto poco, non aveva soddisfatto nessuno e lui stava valutando se continuare a vederla oppure no. Sara lasciò trascorrere qualche giorno e poi lo richiamò. Giorgio si fece pregare, parlò distrattamente, lasciava che fosse lei a dire tutto; sembrava interessato a tutt’altro ma, quando dalle labbra della ragazza uscì la domanda fatidica e scontata, qualcosa di strano corse tra i fili del telefono. – Perché no? Ma se proprio vuoi vedermi non credere di farmi innamorare. Sarà soltanto sesso. – disse tranquillamente, lasciando che un brivido percorresse la schiena di Sara. La ragazza rimase di sasso. Le sembrava naturale approfondire la sua conoscenza, dopotutto sentiva una forte attrazione verso di lui, e non si sarebbe accontentata di un rapporto risicato sui sedili della macchina. – Va bene, ma io volevo solo conoscerti. Non credere che vada a letto con tutti quelli che incontro. – cercò di puntualizzare lei, ma fu subito interrotta dalla voce all’altro capo del telefono. – Non mi interessa ciò che fai con gli altri. Puoi andare con chi vuoi, puoi anche avere un fidanzato, non me ne frega niente. Devi solo metterti in testa che quello che c’è tra noi è solo sesso e così deve rimanere. Se mi dovessi accorgere che stai cercando di accalappiarmi, ti scarico al volo. Intesi? – la voce dura era perfettamente intonata con il tono della frase. – Capito – rispose timidamente Sara. Si misero d’accordo per il secondo appuntamento e dopo essersi salutati freddamente Sara fu investita da una sensazione sgradevole. Si sentiva una puttana, una ragazza che va con chiunque, una di quelle che si fanno scopare tanto per passare il tempo. Da quel momento capì di essere entrata in un circolo che non sarebbe stato facile interrompere, uno di quei giochi in cui non capisci mai se sei tu a condurre oppure se fai parte della posta. Si videro molte altre volte. Era sempre lei a chiamarlo, a volte era costretta a supplicarlo di uscire con lei, era giunta anche al punto di picchiare i pugni sulla sua porta per costringerlo ad aprire e a fare l’amore con lei. L’ossessione di quel corpo e quello che le dava le aveva completamente annullato ogni volontà ed in pochi giorni si trovò schiava del suo desiderio e di quel bastardo. La paura di non rivederlo più era la cosa che la faceva stare male. Dopo ogni volta in cui veniva scacciata malamente da quell’appartamento rimaneva ore a piangere di se stessa, promettendosi di non chiamarlo mai più, ma non passavano tre o quattro giorni senza che alzasse la cornetta del telefono supplicando il cielo che rispondesse ed accettasse di incontrarla di nuovo. Sentiva che nessun altro uomo poteva soddisfarla come faceva Giorgio, nessuno aveva fantasie tali da farla urlare come quando la costringeva a sottostare ai suoi voleri. Non era l’atto in sé a procurarle quella dipendenza, ma il modo con cui lui schivava ogni rapporto che non fosse sessuale, il modo in cui accondiscendeva a soddisfare le sue voglie, dopo però, aver abusato di lei come meglio credeva. Sentiva che solo lì, in quella specie di topaia sporca e malcurata si sentiva soddisfatta. Capì, alla fine, che dall’incontro con Giorgio aveva iniziato a sentirsi donna per la prima volta nella sua vita. Era una ragazza belloccia, sguardo invitante, lunghi capelli neri, un corpo traboccante di forme e tutti i chili al punto giusto. Solo la sua altezza era una pecca: era alta un metro e sessanta e questo le aveva provocato diversi complessi durante l’adolescenza, ed anche ora, alla soglia dei ventisette anni, molte volte la faceva sentire a disagio. Lui era riuscito a farla stare bene anche con i suoi pochi centimetri, l’altezza su quel letto non era importante. Giorgio possedeva quegli occhi indagatori che scrutano dentro alle persone, riusciva a capire l’animo di chiunque solamente fissandolo per un secondo. Era una persona difficile da immaginare, infatti, quando le poche persone che erano a conoscenza del loro rapporto chiedevano a Sara di descrivere questo amante tanto focoso, lei stentava a parlare, conscia che ogni frase non avrebbe spiegato in pieno quello che vedeva in lui. Ora era di nuovo lì, a scanso di equivoci aveva eliminato ogni resistenza e la sola vista del corpo di Giorgio che si muoveva sul suo la faceva sentire in paradiso. Ansimando sapeva benissimo che tra poco tempo si sarebbe pentita per l’ennesima volta di essergli caduta tra le braccia, ma la sensazione che provava in quel preciso momento eclissava ogni altro pensiero. – Alzati – ordinò lui uscendole dal grembo. Sara si alzò dal letto senza fiatare, sapeva bene cosa sarebbe accaduto. Era stata lei a confidargli qualche tempo prima la sua passione per le corde. Giorgio le aveva chiesto quale fosse la sua fantasia più recondita e lei non aveva esitato a spiegare quanto desiderasse essere legata ed imbavagliata a terra per poi essere posseduta come l’ultima delle puttane, o delle vittime. Si sdraiò nuda sul pavimento freddo, Giorgio aprì l’armadio e prese i legacci che teneva nascosti. La sistemò a dovere vicino alla gamba del letto prima di bendarla con le sue stesse calze. I collant velavano la vista della povera Sara che aspettava obbedientemente la nuova prova. Giorgio le legò strette le caviglie e poi fissò con il secondo laccio nero i polsi al letto. Era immobilizzata e cieca, aspettava con ansia che il suo amante facesse i suoi comodi. Sentì l’asta vibrare davanti alla bocca, fu una sensazione percepita più con la mente che con i sensi. Sentì dei movimenti bruschi accanto a lei e si ritrovò il membro tra le labbra che premeva per entrare. Spalancò la bocca accondiscendendo al volere di Giorgio, succhiando e leccando, lasciandosi trasportare dalla sua più intima fantasia. Il mondo intorno a loro non esisteva, le preoccupazioni, il lavoro, i problemi svanivano in un attimo durante le loro pratiche e questo era il potere più forte di Giorgio sulla mente di Sara. L’eccitazione crebbe ad ogni colpo di lingua, la ragazza sentiva una voglia incredibile di essere penetrata, lì, su quel pavimento freddo. Gli umori fuoriuscivano da Sara colando colpevolmente sulle cosce e lasciando intendere a Giorgio quale dovesse essere la prossima mossa. Lasciò che la ragazza succhiasse ancora un poco poi, quando l’erezione fu al culmine, sfilò il membro dalle labbra e si distese sopra di lei. – Ti prego, fallo! – supplicò Sara che non riusciva ancora a sentire il pene tra le gambe. Giorgio non disse nulla, alzò le gambe legate sopra la testa ed entrò con decisione dentro la ragazza, strappandole un urlo di dolore misto a piacere. – Ti piace essere scopata così! Vero? – sapeva che la ragazza non poteva resistere a quella cosa, ne era consapevole. – Sì – rispose lei cieca e immobile sotto ai colpi d’anca. Giorgio si muoveva deciso e con forza, voleva portare subito all’orgasmo Sara che, nel frattempo, agitava la testa come per scostare la benda di nylon dagli occhi. L’odore delle calze intriso di sudore e sesso era un miscuglio che acuiva i sensi e contribuiva ad aumentare la voglia di entrambi. Giorgio si guardò intorno, le scarpe ed i vestiti di Sara giacevano sul pavimento disordinati, mentre i suoi, piegati quasi con cura, erano appoggiati sulla poltrona accanto a loro. L’aveva obbligata a spogliarsi da sola, davanti ai suoi occhi, lei lo aveva fatto solamente perché sapeva bene che altrimenti l’avrebbe cacciata immediatamente di casa. Era la prassi: lui chiedeva e lei obbediva. Non c’era nessuna violenza fisica nel loro rapporto, ma quella mentale era fortissima e la cosa non faceva altro che stuzzicare le fantasie lussuriose di Giorgio che poteva disporre di una bambolina così obbediente. Lasciò che Sara raggiungesse l’orgasmo prima di lui e poi, senza curarsi minimamente di lei, la slegò e le ordinò di salire nuovamente sul letto. Prendendola nella posizione più canonica possibile arrivò anche lui al culmine del piacere, lasciando che il fiotto abbondante le inondasse il ventre nudo. – Asciugati – disse prima di coricarsi a debita distanza dal corpo ancora caldo e sudato. Sara prese un fazzolettino dal pacchetto e si ripulì meticolosamente. Giorgio si alzò per lavarsi nel piccolo bagno e tornò dopo un minuto con la solita sigaretta tra le labbra. Fu accolto dalle effusioni che Sara gli riservava dopo ogni rapporto, fu abbracciato e sbaciucchiato sul viso e sulle spalle, ma lui si limitò a soffiare il fumo della sigaretta verso il soffitto. – Quando ci vedremo la prossima volta? – chiese Sara non ancora preda dei soliti rimorsi. – Quando vuoi, venerdì se ti va bene. – disse con aria assente. Sara valutò che poteva andare bene, non aveva altri impegni per quella sera e poi, lo sapeva bene, li avrebbe annullati comunque. Rimasero sdraiati uno accanto all’altra qualche minuto, giusto il tempo della sigaretta, poi, con fare deciso e arrogante Giorgio si alzò di scatto e iniziò a rivestirsi.- Dove vai? – chiese la ragazza sconsolata con le mutandine in mano. – Devo uscire, rivestiti – – Va bene. – quell’ordine era risuonato nella sua mente come l’ennesimo campanello d’allarme. Il segnale che svegliava la sua coscienza e la faceva sentire una puttanella da quattro soldi. Trattenendo i sentimenti con dolore, si rivestì in fretta e dopo cinque minuti stavano uscendo entrambi dal monolocale di Giorgio. Appena giunti in fondo alle scale si salutarono freddamente. – Ciao Sara, buona serata – fu l’augurio di Giorgio prima di infilarsi in macchina. – Anche a te – rispose la ragazza con le lacrime agli occhi mentre lo vedeva allontanarsi. Salì sulla sua auto senza metterla in moto, rimase qualche secondo a pensare all’accaduto, all’ennesima volta il cui la passione aveva preso il sopravvento su tutto e lei non si era opposta. Anzi, pensò maledicendosi, aveva favorito il corso delle cose, era caduta nelle sue braccia e aveva aperto le gambe appena lo aveva visto. Non meritava forse una sorte così sfortunata? Non era in fondo lei a volersi annullare ogni volta che bussava a quella porta? – Forse sono davvero una puttana – pensò di sé – Forse il sesso è l’unica cosa che mi interessa veramente e il resto non conta. Sbaglio a comportarmi così, è vero, ma cosa posso farci? Le puttane, dopo tutto, lo fanno per denaro, io lo faccio perché mi piace. – Con questi pensieri che le ronzavano nella testa girò la chiave e si diresse verso casa. Il getto caldo della doccia l’accolse come un amico, l’avvolse e le diede quella sensazione di protezione che ognuno di noi prova solo tra le proprie mura. Si vestì in fretta, con una cura mille volte inferiore a quella che usava normalmente prima di un appuntamento con Giorgio. Indossò i soliti pantaloni neri, le solite scarpe aperte e l’immancabile magliettina colorata. Vestita come una dozzinale studentessa anonima uscì di corsa per le scale e si precipitò in auto. Si era ricordata che l’appuntamento con Anna era alle dieci e lei era, come al solito, in ritardo. L’amica l’attendeva sotto casa; non la riproverò per il ritardo, era abituata oramai. Alcune volte, addirittura, le aveva dato buca, ma sapeva che era per causa di Giorgio e così non disse mai nulla, salì in auto e la salutò. – Ciao pornodiva, come è andata? – domandò scherzosamente. – Bene, al solito – rispose Sara senza guardarla in viso. – E tu? – – Non lo so. Non mi ha chiamato, e penso che oramai non lo farà mai più. – Anna si stava riferendo a Massimo, il suo ex ragazzo. L’aveva lasciata due settimane prima e lei non riusciva a darsi pace. Sara la vedeva continuamente pensare a lui, diceva di non riuscire ad addormentasi senza prima averlo pensato per ore, attendendo una telefonata che non era mai arrivata. Si sistemò la minigonna azzurra e sospirò guardando l’amica. – Sai, inizio ad invidiarti. – esclamò Anna all’improvviso. – Perché? – – Perché tu hai almeno qualcuno con cui divertirti, fare sesso, parlare… Vivere, insomma. – – Non crederai che io sia fortunata, spero. – sbottò Sara quasi offesa. Anna tacque di fronte a tanta foga nella risposta. – Pensi che sia bello dare tutto di te ad un ragazzo e poi sentirti ordinare di rivestirti e correre a casa, oppure cercare di parlare senza avere risposta? Non credere che sia bello. Tutto quello che non è sesso tra me e lui è assolutamente deprimente, almeno da parte mia. – – Scusa se te lo dico – esordì l’amica – ma sei tu che lo chiami. Probabilmente se tu non lo cercassi, lui non si farebbe vivo ed eviteresti questi drammi – Erano entrambe nervose, Anna prese il pacchetto di sigarette dalla borsetta e ne porse una all’amica. Sara la guardò di traverso e poi, dopo aver valutato il suo stato d’animo, ne prese una e l’accese. Il fumo riempiva l’abitacolo stretto e Anna fu costretta ad abbassare completamente il finestrino. Arrivarono presto al locale e si misero in fila attendendo che lo scimmione all’ingresso le facesse entrare. Nessuna delle due parlava, avevano altri pensieri per la testa: Sara rimuginava sui suoi errori, mentre Anna, forse, si lasciava cullare dalla malinconia di aver perso Massimo. Proprio quando il buttafuori fece cenno alle ragazze di entrare, il telefono di Sara squillò. – Pronto – fece lei infilandosi in un angolino per non essere disturbata dal vociare. – Ciao, sono Giorgio – sentì rispondere dall’altra parte. Il cuore di Sara ebbe un sussulto. Perché mai la chiamava? Forse gli mancava, forse non poteva stare senza di lei, magari si sentiva solo e l’aveva chiamata per raggiungerla. Le speranze di questi motivi così dolci vennero spazzati via in un istante. Sara si rese subito conto che non era per amore che aveva composto il suo numero.- Dove sei? – domandò il ragazzo. – Al Vox – rispose laconica. – Con chi? – non c’era nessuna gelosia in quella domanda, era pura curiosità. – Con Anna – – Ah – sentì biascicare dall’altra parte. – Perché mi hai chiamato? – domandò impaziente mentre Anna, poco distante, le faceva cenno di sbrigarsi. – Ti ho chiamata proprio per parlare della tua amica. – – Cosa vuoi dire? – – Voglio dire che mi piacerebbe rivederla. – il tono della voce aveva assunto quel carattere duro e assente che conosceva troppo bene. – Cosa stai dicendo? Rivederla, perché? – – Voglio stare un po’ con lei, anzi con tutte e due. – Sara smise di respirare per qualche secondo. Il silenzio dal telefono invase la sua mente e si sentì estranea a tutto quello che la circondava. Cosa voleva ancora? Aveva capito bene? Ora voleva vederle insieme. Non sapeva cosa rispondere, le sue labbra socchiuse erano bloccate dallo stupore. – Non parli più? – sbottò lui d’un tratto. – Non…non so cosa dire – rispose lei. Anna, si avvicinò e la prese per un braccio. – Chi è? È lui? – bisbigliò all’orecchio dell’amica. Sara rispose con un cenno del capo e poi la costrinse ad allontanarsi immediatamente. Rimase ancora sola con la voce che tuonava dall’altra parte del telefono. – Dimmi che verrete a casa mia martedì sera. – si sentì ordinare. – No – rispose facendo forza su tutto il suo flebile coraggio. – Cosa? – – Ho detto di no. Non riuscirai a costringermi a portare Anna con me. Quello che fai a me non lo puoi fare anche a lei. Lasciala in pace, io non ti basto? – – Non ho voglia di parlare. Se non ti presenterai con la tua amica sotto braccio martedì sera, allora scordati di tornare da me. O con lei o mai più – e riagganciò bruscamente. Sara rimase con il telefonino penzolante tra le mani, mentre Anna la guardava da lontano. Si riprese dopo un istante, infilò il cellulare nella borsa e ritornò dall’amica. – Cos’hai? – chiese Anna vedendola pallida e tesa. – Niente – rispose lasciandosi guidare al bancone del bar. Ordinarono da bere tra gli sguardi dei soliti pavoni da bar, muscolosi e abbronzati. – Vedo che ti ha contagiato anche i gusti. – disse Anna indicando il bicchiere di vodka sette stretto nelle piccole mani di Sara. – Già – biascicò lei con altri pensieri per la testa. Un sorso dopo l’altro le bevande finirono e le ragazze si spostarono verso la pista per ballare. Anna iniziò ad ondeggiare mollemente sulle gambe, in quella strana postura che assume chi non vuole ballare ma non riesce a stare fermo. Sara, dal canto suo, aveva poco da divertirsi, le parole di Giorgio gli ronzavano ancora in testa e più di ogni altra cosa la infastidiva guardare la sua amica divenire lentamente un’avversaria. – Non balliamo? – domandò Anna vedendo Sara sempre più pensierosa. Non rispose, si limitò a declinare l’invito con un gesto del capo, lasciando che l’amica si girasse di spalle per guardare meglio la fauna che stava riempiendo piano piano la pista. La musica si fece più insistente e la gente, oramai calda, si scioglieva in pista tra sudore e alcol. Anna ogni tanto si voltava a controllare se Sara era sempre lì, e la sua espressione preoccupata non la faceva certo sentire libera di divertirsi. Dopotutto anche lei aveva dei problemi ma non se ne stava tutta sola vicino ad una colonna aspettando chissà cosa. D’un tratto sentì il bisogno impulsivo di prenderla sotto ad un braccio e portarla lontano dalla musica e dal chiasso. Sara la seguì di buon grado e si ritrovarono sulla terrazza estiva una di fronte all’altra. Prima che potessero aprire bocca videro avvicinarsi due ragazzi. Due tipi normali, troppo normali. Le classiche persone che fanno arredamento più che compagnia. – Ciao belle – disse il primo, che doveva essere anche il più stupido dei due a giudicare dagli occhi spenti e fissi. – Ciao – fece Anna cercando di allontanarlo con uno sguardo brusco. – Non ballate? – chiese il secondo che forse era addirittura più stupido del primo. – No – questa volta la ragazza non si era nemmeno girata a guardarlo. – Ma vaffanculo – sbottò uno dei due, sicuramente il più idiota. – Non ce l’avete solo voi, noi andiamo in pista, se ci cercate sapete dove trovarci. – – Ma vai a farti una doccia! – l’apostrofò Anna vedendo andare via con il suo amico al fianco. Rimasero finalmente sole, Anna voleva chiedere cosa la facesse stare tanto male. Dopotutto conosceva benissimo l’effetto che quel bastardo di Giorgio le provocava, ma mai l’aveva vista così abbattuta prima di allora. – Mi vuoi spiegare cosa c’è? Non dirmi che come al solito ti senti una puttana per come ti sei fatta trattare. – disse Anna – Ogni volta ti fai scopare e poi cacciare, perciò adesso non devi versare lacrime che prima o poi verserai di nuovo. Dimmi cosa c’è di strano questa volta. – Sara non parlava, non ne aveva la forza. Fissava le punte dei suoi piedi alzando di soppiatto lo sguardo per scorgere meglio le forme della sua amica. Le gambe snelle erano sicuramente un richiamo per i ragazzi e Giorgio non ne era rimasto sicuramente immune. Anche il generoso seno era tranquillamente in mostra e anche questo doveva aver colpito Giorgio tanto da proporle quella cosa. Anzi, non proporre, ordinare, quella era la parola giusta. Giorgio non proponeva mai nulla, lui pretendeva e se lei non era d’accordo poteva tranquillamente uscire dalla sua vita come era entrata, trascinandosi chissà per quanto quel vuoto che sapeva di sesso e sudore. – Quel bastardo ti ha mangiato la lingua? – domandò Anna Dalle Lunghe Gambe innervosendosi. Sara iniziava a non razionalizzare più le sue emozioni. Ogni secondo che passava le faceva ripercorrere ogni parola e ogni respiro della telefonata, e immancabilmente si trovava ad odiare sempre più la sua migliore amica, solo perché rappresentava l’ennesimo desiderio sessuale di un porco. – Non sono affari tuoi! – rispose bruscamente, tanto da far girare Anna sui tacchi e farla tornare verso la pista. Sara si rese conto di quello che aveva fatto. Scrollò energicamente la testa e, incredula di quello che aveva pensato della sua amica fino a qualche istante prima, la rincorse raggiungendola poco prima che lei rientrasse nella bolgia. – Scusami Anna – sospirò – Ma sono scossa. Non puoi capire, è troppo difficile da spiegare. – – Difficile o no, provaci. – la incoraggiò l’amica che aveva ripreso i suoi modi gentili. Gli occhi di Sara scesero ancora verso il seno prosperoso, lo stesso che aveva agitato davanti a Giorgio più di una volta. Anna Seno Grosso era in piedi di fronte a lei e ancora una volta sentì la ragione scemare di fronte ad una gelosia incontenibile che l’avrebbe spinta a distruggere qualsiasi ostacolo la separasse da Giorgio. Respirò profondamente, scrollò via ancora una volta i pensieri malsani che le inondavano il cervello e cercò di spiegarsi. – Mi ha fatto una proposta… – – Cioè? – Anna la spingeva a parlare oppure era già eccitata? Magari sapeva di quella cosa e non aspettava altro. Sara faticava a rimanere calma, a parlare con quella che sarebbe potuta diventare la sua rivale. – Evidentemente non gli basto più – sospirò abbassando lo sguardo verso i piedi di Anna Dalle Gambe Di Bronzo. – Cosa intendi? Cosa ti ha chiesto di fare questa volta? – No, non solo sapeva tutto, ma era complice di quel bastardo, anzi di più, probabilmente si vedevano di nascosto e lui le aveva già raccontato di questa voglia. Non resistette oltre. Quella domanda risultò inspiegabilmente l’ultimo indizio che confermava la sua tesi. Giorgio e Anna se la godevano alle sue spalle. Ne era certa, come spiegare altrimenti la curiosità morbosa di Anna? Non poteva essere che così. Faticando per rimanere calma, girò lo sguardo di scatto, si fiondò in bagno e non si voltò a guardare che l’amica la stava seguendo. Lo specchio rifletteva la sua immagine ed i suoi occhi rossi. Le lacrime segnavano già il volto teso, lasciando che sottili strisce di rimmel solcassero le guance. La porta si aprì alle sue spalle ed il viso dell’amica le si presentò al fianco di quello della sua immagine riflessa. Con una mossa disperata affondò la faccia nei palmi colmi d’acqua, come se quel liquido potesse lavar via ogni preoccupazione. Asciugandosi lentamente aspettava che Anna dicesse qualcosa, ma lo sguardo incredulo dell’amica che la fissava come si fisserebbe una pazza furiosa, la fece ritornare in sé. La folle gelosia esasperata l’abbandonò quasi in un istante e lei scoppiò a piangere tra le braccia di Anna che le accarezzò i capelli come una madre. – Che dio maledica il sesso ed i suoi schiavi! – esclamò Sara in lacrime. – Adesso non esagerare – le disse Anna carezzandola – Non ti preoccupare, ora andiamo a casa. – Sara si asciugò gli occhi, si lavò ancora il viso e, quando fu tornata in uno stato decente, seguì l’amica verso l’uscita. I due idioti che avevano tentato di abbordarle poco prima stavano schiamazzando a bordo pista. Vedendole, uno dei due gli si fece incontro. – Sapevo che sareste tornate – urlò quando fu vicino. – Te la sei fatta la doccia? – domandò Anna squadrando quella mera figura dalla testa ai piedi. Il ragazzo sgranò gli occhi e alzò un braccio annusandosi l’ascella. – No – bofonchiò meravigliandosi di quella domanda. – Allora corri a fartela, puzzi di scimmia – lo apostrofò Anna ad alta voce. Sara scoppiò a ridere, quella scena l’aveva divertita, per la prima volta in quella maledetta serata aveva riso. Anna, contenta di quello sfogo, prese sottobraccio l’amica ed insieme varcarono l’uscita del locale. Gli schiamazzi le accompagnavano sulla strada nera, mentre i tacchi risuonavano secchi sull’asfalto. Sara mise in moto l’auto e partì decisa, quasi sgommando. – Grazie, Anna – disse piano. Un profondo senso di colpa le dilaniava il cuore. Se l’era presa con l’unica persona che aveva dimostrato di volerle bene. Aveva pensato cose assurde sul suo conto, come se quella povera ragazza non avesse i suoi problemi. – Di niente – rispose lei accendendo due sigarette per passarne poi una all’amica. – No, dico sul serio. Se non ci fossi tu quel bastardo mi avrebbe già fatto impazzire. Mi serve un po’ di normalità, mi fa piacere parlare con te, anche se a volte perdo il senno. Mi devi perdonare. – – So cosa si prova. Anche io sono stata molto male quando Massimo mi ha lasciata, e tu lo sai bene. Quante volte ho pianto sulla tua spalla? – – Milioni – rispose Sara ridendo e contagiando subito Anna. – Che stupide siamo! Potremmo avere decine di uomini e ci intestardiamo sempre con quelli che non possiamo avere. – L’auto arrivò sotto casa di Anna, le ragazze si salutarono e Sara partì lasciando l’amica sulla soglia del palazzo. Buttò la sigaretta dal finestrino e guidò tranquillamente verso casa. Il pensiero di avere un’amica così sincera e vicina l’aveva rinfrancata e pensava che l’indomani mattina si sarebbe svegliata con il cuore un poco più saldo. Prima di addormentarsi, sola nel suo letto, pensò a quanto fosse fortunata ad avere Anna al suo fianco e ringraziò il signore di averla benedetta con quella fortuna. Anna vide l’auto di Sara allontanarsi, ripose nella borsetta le chiavi di casa lasciando il cancelletto chiuso ed estrasse il telefonino. Il lampione la illuminava dall’alto, le sue gambe risaltavano sul nero della strada, si sentì estremamente bella mentre componeva il numero. – Pronto – fece la voce dall’altra parte. – Sì amore sono io. Posso venire da te? – chiese pregando per un sì. – Che ore sono? – domandò Giorgio che sembrava essersi appena svegliato. – Le undici passate, ti prego. – – Va bene – e chiuse bruscamente la comunicazione con un clic. Anna corse a prendere l’auto parcheggiata nel vialetto e si fiondò sulla strada, percorrendo quelle poche centinaia di metri che la dividevano dal suo desiderio in un minuto. Bussò alla porta con il timore che Giorgio avesse cambiato idea, sentiva che quella sera gli avrebbe fatto tutto quello che voleva, che avrebbe soddisfatto tutte le sue voglie, anche quelle più strane. Toc toc toc. La serratura si aprì di qualche centimetro e Anna poté vedere un occhio di Giorgio scrutare il pianerottolo. – Non mi fai entrare? – chiese impaziente la ragazza. Giorgio la guardò dalla testa ai piedi, la minigonna ed il seno traboccante dalla magliettina che lei aveva appositamente tirato prima di bussare, fecero smuovere gli ormoni del ragazzo che spalancò la porta e la fece entrare. – Dove sei stata? – domandò più per falsa cortesia che per interesse. – Con lei – confessò piena di eccitazione. Aveva fatto salire la minigonna sedendosi accanto a lui in cucina. – Cosa ti ha detto? – chiese versandosi un bicchiere di vodka. – Vodka? Me ne dai un sorso? – domandò con un tono infantile che eccitò Giorgio – Niente, non ha voluto dirmi niente, ma prima o poi vuoterà il sacco. Penso che dopo quello che le hai detto inizi ad odiarmi. Stasera ho notato come mi guardava, i suoi occhi erano sottile e taglienti come lame e penso proprio che se avesse potuto mi avrebbe fulminato con lo sguardo. Povera scema! – La vodka ghiacciata colò in un altro bicchiere che subito Anna prese in mano. Trangugiò senza respirare, tanto che non si strozzò per un pelo. – Già è proprio una scema – disse Giorgio – ma tu sei qualcos’altro. – – Non ricominciamo con questa storia – Anna parve aggredirlo – Tu hai le tue fantasie e non sono certo innocenti, ed io ho le mie. – – Belle fantasie – sentenziò lui – Scoparsi la migliore amica insieme al suo amante. Non capisco perché non glielo dici chiaro e tondo che vuoi andare a letto con lei. – Anna scoppiò a ridere, sentire pronunciare quella frase l’aveva sciolta in un brodo che affogava lentamente le mutandine. Sentiva l’eccitazione crescere fino al cervello. Si alzò dalla sedia e abbracciò Giorgio che stava sorseggiando la sua bevanda. Premette il suo ventre fino a sentire il rigonfiamento inequivocabile che dimostrava l’eccitazione reciproca. – Perché se glielo dicessi apertamente scapperebbe a gambe levate, mentre io voglio che sia la nostra schiava. Non posso permetterle di rifiutare, dovrà trovarsi in un vicolo cieco e gettarsi ai miei piedi supplicandomi di scoparla. – la sua voce era bassa e soffice. Le parole soffiavano nelle orecchie del ragazzo che si ritrovò con un’erezione improvvisa. Giorgio le tolse la maglietta, rivelando il seno gonfio sotto ai suoi occhi. Abbassò la testa fino a sfiorare un capezzolo con le labbra. Succhiò delicatamente fino a che sentì il respiro di Anna farsi affannoso, si stava sciogliendo lentamente. – Sì, leccami il seno, continua – lo incoraggiò lei con lo sguardo perso nel vuoto. Gli occhi vacui della ragazza sconfinavano nelle sue fantasie, dove Sara avrebbe preso il posto del suo amante e l’avrebbe portata all’orgasmo, mentre Giorgio le avrebbe soddisfatte entrambe. Immaginava il corpo nudo dell’amica chinarsi fino a leccarle i piedi, estrema confessione della sua sottomissione. Non poteva resistere a quella scena, il fatto di aver a sua disposizione entrambi gli amanti era una cosa che la sconvolgeva. – Coraggio! – esclamò d’un tratto. – Fammi godere – Giorgio la sollevò di peso e la distese sul tavolo. Anna sentì il respiro cavernoso del ragazzo avvicinarsi alle sue orecchie ed in quel momento desiderò ardentemente di avere le labbra di Sara accanto a lei, per farsi baciare e leccare mentre riceveva il pene gonfio nel ventre. Il movimento d’anche la fece ondeggiare sul tavolo come se fosse stata cullata dal mare, era un ritmo blando ma energico tanto che si morse il labbro inferiore per non urlare. Stava per arrivare subito al culmine della passione ma per prolungare quel piacere, fece uscire Giorgio allontanandolo bruscamente dalle sue cosce e si sedette di fronte alla sua figura ritta. Il ragazzo si teneva il pene tra le mani e lei capì all’instante cosa volesse. Si abbassò fino ad imboccare il grosso membro e, solleticando i testicoli, succhiò gli umori che erano colati dalla sua vagina fino alla punta di quel pene. Sentendo la voglia crescere spasmodicamente, schiarì la voce prima di parlare di nuovo al suo amante: – Voglio che sia tu a leccarmi, ora. Come farebbe Sara – ordinò lasciando Giorgio con un’espressione stupita. La testa bionda del ragazzo si infilò tra le gambe calde di Anna e la sentì mormorare tra sé. – Leccami, puttanella. Sai come devi fare, sai quello che mi piace. Sei la mia schiava. – La sua voce era appena percettibile alle orecchie chiuse tra le cosce, ma quella frase eccitò anche Giorgio e così si ritrovò a masturbarsi mentre agitava la lingua tra i succhi lucidi. Anna si alzò di scatto e prese Giorgio per mano conducendolo sul letto, dove avevano consumato decine di rapporti. – Ora so che il momento è vicino. Presto avremo la nostra schiavetta tra noi e allora sarà tutto più eccitante. – sussurrò sdraiandosi sopra di lui. – Non ti basta mai, vero? – disse lui alquanto irritato dalle sue parole. – Non puoi capire – spiegò lei con una smorfia che le contorse il viso mentre il pene entrava nuovamente in lei – Tu non puoi capire. – I colpi si fecero subito violenti tanto che Anna iniziò ad urlare di piacere. Giorgio mordicchiava i capezzoli scuri, mentre lei gli graffiava le spalle. Un turbine di soffice violenza li avvolse mentre stavano per raggiungere insieme l’orgasmo. – Sara, Sara, Sara – urlava lei in preda ai sensi – Sei la mia puttana! – Giorgio colpiva sempre più forte mantenendo un silenzio che male si intonava con le urla della ragazza. Anna venne immediatamente, quando immaginò la sua amica che le succhiava il seno mentre Giorgio le si insinuava da dietro. Quando gli ultimi strilli scemarono, Giorgio estrasse il pene dal grembo di Anna ed eiaculò copiosamente sul piccolo pancino bianco. Stremati e con i sensi ancora confusi, si distesero uno accanto all’altra. Rimasero in silenzio per molto tempo, in cui la ragazza studiava il piano migliore per esaudire il suo desiderio e Giorgio rimuginava quanto fosse brutto essere trattato come un oggetto. – Mi dispiace di usarti in questa maniera – confidò Anna rompendo il silenzio – Ma è l’unico modo per avere Sara. Solo se sarai tu ad obbligarla farà quello che voglio, solo tu hai il potere di renderla schiava. – – Lo so – disse lui rimanendo pensieroso – Ma non mi sembra ancora una buona idea. Se non vorrà farlo? – – Non potrà dire di no. Dovrai eseguire alla lettera le istruzioni che ti darò e vedrai che andrà tutto secondo i miei piani. – – Come vuoi tu – rispose Giorgio alzandosi dal letto per lavarsi. Anna se ne andò dopo pochi minuti, lasciando Giorgio solo e pronto ad uscire. La piccola auto con la ragazza a bordo percorse lentamente la strada di casa, mentre il ragazzo raggiungeva i suoi amici. Seduto al tavolino del bar davanti ad un grosso bicchiere di vodka sette, ripensava ancora all’accaduto, quando Marco, l’amico che conosceva quasi tutta la storia, lo destò dai suoi pensieri. – Cosa c’è? Ti sei ancora infilato in qualche storia strana? – domandò curioso. – Forse – fece lui lasciando cadere la domanda. – Perché non ti fermi? Perché non ti scegli la ragazza giusta e cerchi di costruire qualcosa invece di passare da un letto all’altro come una puttana di strada? Dovrai sistemarti prima o poi. – Giorgio sospirò profondamente, buttò giù un gran sorso di vodka e poi guardò dritto di fronte a sé. – Perché non sopporterei di essere un punto fermo. Non credo di essere fatto per quel genere di rapporti. Voglio divenire un ricordo, perso in una testa appoggiata ad un finestrino di un treno. Un pensiero lontano in una mente assente solo per un istante. Un ricordo evanescente di una donna che teme di avermi perso per non avermi amato abbastanza. –
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