Ho un’altra perla da raccontarvi, per i più raffinati. Anni addietro sono andato a teatro. Con una ragazza che era la mia attuale ragazza di quel tempo. Eravamo ben vestiti, come tutti, la serata era di gala e penso ci fosse un’opera lirica ma non ricordo più quale. Vado a sedermi al mio posto, il teatro era gremito in ogni posto a sedere, la scritta esaurito capeggiava minacciosa all’ingresso. I posti erano stretti come in ogni teatro che si rispetti. La mia ragazza prendeva posto alla mia destra e alla mia sinistra rimanevano dei posti vuoti, ancora da occupare. Poco prima dell’inizio dell’opera arrivano tre persone che io presumo fossero madre padre e figlia e prendono posto vicino a me. Io noto di sfuggita la figlia perchè aveva un viso pulito, quasi emaciato, i capelli corti (mi ha colpito) e mori, vestita di nero da scolaretta con la gonna e le calze nere e la camicetta bianca o chiara, ma l’avevo vista quasi solo di profilo. La sua età apparente era 20 anni, poco più giovane di me. Bene l’opera iniziò ma io ero attratto da questa ragazza che sembrava in imbarazzo proprio per il fatto di avermi a così stretto contatto, i nostri gomiti si sfioravano sullo stesso bracciale e lei prima li teneva conserti sul proprio grembo e poi invece era costretta ad allargarli proprio per l’eccessiva angustità di quei posti. Io iniziavo a fantasticare con la mia testa perdendo il contatto con la ragazza che stava al mio fianco, la mia. L’odore di quella ragazza, pulito, fresco, mi sembrava profumo divino e quel profilo, l’unica parte del suo viso che vedevo era così carino e glabro con le labbra cicciotte che mi catturavano. Non riuscivo più a pensare ad altro, la situazione mi stava intrigando appassionatamente, cercavo il suo contatto con il gomito insistentemente mentre lei dava segni di insofferenza chiara però percepivo chiaramente anche il suo desiderio, la in fondo, dentro di lei, innocente, che si sentiva come sovrastata da questa invasione mai ricevuta prima, probabilmente ancora doveva avere il suo primo contatto sessuale, ma la cosa la stuzzicava e la provocava comunque. Cominciai con il piede a toccare la sua scarpa e lei non faceva niente per togliersi, poi passando il piede destro dietro alla gamba sinistra per non essere notato dalla mia donna, con il dorso della scarpa riuscivo a toccarle l’interno del polpaccio, e lo accarezzavo morbidamente, e salivo sopra fin quasi al suo ginocchio e lei cominciò un pò a schiudere le sue gambe, come per ricevermi dentro di lei. Stavo esplodendo, giuro, l’opera non esisteva più, la mia donna pure, tutte le persone davanti si erano allungate come in un tunnel quando guardi il cannocchiale dalla parte sbagliata. Il tempo perfino passava in modo diverso nella mia testa. Continuavo così, col piede e col gomito ad accarezzarla, e ancora ho impresso nella mente il colore del suo viso che arrossiva dolcemente, sulle gote, e quelle labbra carnose che riuscivo solo ad intravedere di profilo mi stavano stordendo. L’avrei presa li, davanti a tutti, in quel momento, e avremmo fatto all’amore senza dirci una parola, solo ascoltando i desideri dei nostri sensi, coinvolti ormai in quella spirale che solo chi ha vissuto una emozione nascosta di simile tipo può capire. Il mio gomito cercava il contatto col suo seno ma avevo paura di farle male, di non riuscire a toccarla con quella dolcezza che quella simile opera d’arte meritasse. Mi passai la mano destra , come quando si incrociano le braccia sul petto, sotto l’ascella sinistra e mi inclinai leggermente dalla sua parte mostrando verso la mia compagna insofferenza per il posto così stretto. Così facendo riuscii a toccarle la spalla prima e poi passando sotto la sua ascella il seno destro. Quel seno era così sodo che nonostante avesse camicetta e reggiseno quasi potevo toccarle la pelle da tanto quei pezzi di stoffa si squagliavano di fronte al nostro desiderio. Le massaggiavo delicatamente, furtivamente il petto e lei si abbandonava a quell’opera, e sua madre lo notò, notò la sua “assenza” e le disse qualcosa e per un attimo dovetti ritirarmi, ma poi ricominciai, ed era ancora più turgido quel seno perfetto, morbido, delicato. Il suo profumo, intendo quello prodotto dal suo corpo, il suo umore cresceva e sentivo il suo alito, e stava forse ansimando. Avrei voluto metterle una mano nelle gambe, schiudendogliele, per sentire il gusto di quella primizia che stavo solo assaggiando delicatamente, e si figurava sempre di più in me la convinzione che avrei solo potuto limitarmi a quello, come del resto fu. Stavamo esagerando e c’erano molti rischi, sua madre, la mia ragazza, che questa sensazione paradisiaca, questa estasi si fermò, e l’Opera finì presto. Rimasi di proposito seduto con una scusa proprio per vederla andare via, forse avrei potuto fare qualcosa, rincorrerla, scriverle il mio numero e metterglielo in mano magari non visto, sussurrarglielo all’orecchio in un attimo di distrazione, ma non andò così, e mi è ancora venuto caldo scrivendovela questa storia. Lei si alzò e andò via, e non mi guardò quando si alzò, con la luce l’imbarazzo deve averla travolta. Ma non potrò mai dimenticare lo sguardo che mi diede quando uscita dalla fila si girò come per vedere se aveva dimenticato qualcosa Era bellissima, aveva un viso stupendo, oltre che ad un profilo stupendo. Le sue parole arrivarono ai miei occhi condotte sui binari di quello sguardo azzurro che non potrò mai scordare. E dentro a quello sguardo c’era tutto, la passione consumata, la fisicità prorompente, il mancato sfogo, la clandestinità del nostro rapporto, il dispiacere per doverlo finire così, il “chissa come sarebbe potuta andare in altre circostanze”, il “spero di rivederti”, il “ti prego fai qualcosa, non lasciare che tutto finisca così” , le sue scuse per non potere fare altro, per non potere correre verso di me per abbbracciarmi, per non potere fare quello che in realtà avrebbe voluto con tutta se stessa in quel momento. Ho conosciuto quella ragazza solo per due ore forse, ma è stato il rapporto più intenso che io abbia mai avuto. Ho pensato a lei molto in questi anni, e ogni volta che vado a teatro, o in un cinema spero di ritrovarla, di rivedere quella persona che mi ha donato un sentimento così complesso e violento al tempo stesso, quello splendido prodotto della natura del quale non so e non saprò mai il nome.
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