“Il signor Mario mi ha offerto di andare a lavorare da lui al bar”. Con queste parole di mia madre iniziò la storia che voglio raccontarvi. Mi chiamo Giuseppe ma tutti mi chiamano Pino, ho 23 anni e vivo a Napoli. Mia madre, Teresa, ha 47 anni e da quando qualche anno fa è rimasta vedova ha sempre cercato, tra mille difficoltà e nei limiti del possibile, di non farmi mancare niente. Lei aveva sempre fatto la casalinga confidando sullo stipendio sicuro di mio padre che faceva l’impiegato alle poste. All’improvviso ci trovammo senza più quell’entrata mensile ma con una reversibilità che era circa la metà e riuscivamo ad arrivare a fine mese solo risparmiando su tutto quello che non era indispensabile. Lei si adattava a fare qualche lavoretto qua e là ma erano lavori saltuari che non davano sicurezza nel tempo. Anche io cercavo di aiutarla come potevo ma sapete come vanno queste cose: lavori occasionali, in nero e a stipendi da fame. L’offerta del signor Mario era un raggio di luce in un cielo buio. Era un lavoro part-time, dalle nove di mattina alle due del pomeriggio, ed era con la messa in regola e busta paga. Mia madre mi fece vedere la giacca che avrebbe dovuto indossare al bar. Era di un color panna chiaro con il collo a V, abbottonata sul davanti. Eravamo contenti perché così avremmo potuto tirare il fiato e permetterci qualche sfizio in più. Il primo giorno si fece accompagnare da me. Era nervosa come un bambino al primo giorno di scuola ma sia il signor Mario che sua moglie Rossella la rassicurarono che sarebbe andato tutto bene e non c’era niente di cui preoccuparsi. E così fu. Io, da parte mia, i giorni in cui ero a casa gli facevo trovare il pranzo pronto e la obbligavo a riposare un po’ dopo mangiato mentre sistemavo la cucina. Le cose si erano stabilizzate ed eravamo abbastanza contenti. Un giorno mia madre mi disse: “Domani perché non vieni a trovarmi? Ti offrirò una bella colazione”. Quando mi presentai, verso le undici vidi un gruppo di ragazzi che stavano vicino al banco davanti a mia madre. Per non disturbarla sul lavoro decisi di restare in disparte in attesa che uscissero. “E’ sempre così da quando c’è lei”. Dietro di me alla cassa c’era la proprietaria, la signora Rossella che mi guardava sorridendo. Doveva avere circa l’età di mia madre e anche lo stesso fisico un po’pienotto ma con tutte le curve al posto giusto…. anche troppo. Indossava un golfino abbottonato davanti con una scollatura eccessivamente ampia viste le dimensioni del suo petto, tenuto oltretutto su con un reggiseno a balconcino. Indugiai più del dovuto su quella scollatura e quando alzai gli occhi mi stava guardando compiaciuta. I ragazzi si avvicinarono alla cassa per pagare e anche lì fecero cerchio per qualche minuto, poi uscirono. “Allora sei venuto!” disse mia madre mentre mi avvicinavo per salutarla. Si chinò verso di me sul banco per darmi un bacio e per poco le mammelle non gli uscirono fuori dalla giacca. Mi accorsi che sotto portava solo il reggiseno e capii il perché di quel traffico di ragazzi. Rimasi sorpreso nell’accorgermi che la cosa mi infastidiva ma non glie lo feci notare. Nel mese successivo ogni tanto passavo da lei e la storia era sempre la stessa: più o meno giovani che passavano il tempo al bar, consumando, e gustandosi lo spettacolo delle generose forme di mia madre e della signora Rossella. Mi resi conto però che io , mio malgrado, facevo la stessa cosa, indugiando però molto di più sulla proprietaria che non su mia madre. Così come la giacca che indossava mia madre era un’esca per i clienti, lo stesso si poteva dire per i maglioncini della signora Rossella. Tutte e due con le poppe in bella vista per la gioia degli avventori.”E’ proprio necessario che tu stia vestita in quel modo al bar?” gli chiesi una sera mentre cenavamo. “Ma caro, non avevo il coraggio di dirtelo subito, però il …. mostrare fa parte del contratto di lavoro. Solo aumentando il fatturato, il signor Mario mi poteva assumere….. e io ho accettato: che altro potevo fare?” poi scoppiò a ridere “non mi dire che sei geloso se mettono gli occhi addosso a tua madre!” disse divertita venendomi incontro ed abbracciandomi. Proseguì: “Anche tu però,…ti ho visto come guardi la scollatura della signora Rossella,…. sei un buongustaio. E’ davvero una bella donna”. Io ero diventato rosso come un peperone, gli risposi: “Ma che dici…..scambio qualche chiacchiera con lei quando tu sei occupata….. comunque hai ragione, è proprio una bella donna. “Ehi signorino, dovresti andare dietro alle ragazzine di vent’anni non dietro a delle matusa come noi” replicò mia madre stando al gioco”Mi sembra che le matusa interessino a molta gente, visto il successo che avete”. “Tu però preferisci la signora Rossella a me; la guardi in continuazione. Ha un petto più bello del mio?” provocò mia madre . “Questo non lo so. E poi che vuoi che faccia?….. Sarebbe un po’ strano se guardassi tutto il tempo quello di mia madre no?”.Ci guardammo ambedue con una luce nuova negli occhi. Che stava succedendo? Tutto finì lì e dopo qualche giorno, un mattina, mia madre mi chiese se potevo accompagnarla al bar perché doveva aprire lei in quanto il signor Mario e sua moglie sarebbero arrivati un po’ più tardi a causa di un impegno ed aveva paura di non farcela a tirare su le serrande. Io non avevo per niente voglia di andare, allora lei disse: “Se fai il bravo con me, poi ti do’ un premio”. Lo disse con un’aria ed un tono di voce che mi incuriosirono, così accettai. Dopo aver tirato su le serrande mi disse: “Vieni con me” ed entrò nello stanzino dove si cambiavano. All’interno c’erano sia le sue giacche che i golfini della signora Rossella. Anche per lei quella era una divisa, pensai. “Siedi lì e prometti di non muoverti”. Obbedii e al mio assenso iniziò a sbottonarsi la camicia. Restò in reggiseno un po’ imbarazzata; si avvicinò e me lo mise davanti al naso dicendo: “Gli altri ragazzi non lo vedranno mai così. Questo spettacolo è solo per te”. Prese la mia testa e me l’affondò in mezzo a tutta quell’abbondanza. Io allora, timidamente, gli sbaciucchiai la pelle che usciva dalla stoffa carezzandogli la schiena. Lei era come in trans. Mi guardava e mi lasciava fare accarezzandomi i capelli. Ero tentato di tirargliele fuori ma non sapevo come avrebbe reagito e inoltre mi mancava il coraggio. Purtroppo sul più bello si scosse da quello stato e mi fermò dicendo che doveva andare di là nel bar ad accedere le luci e i macchinari. Mi guardò sorridendo: “Riprenditi e poi esci dal retro e torna a casa”. Mentre, seduto sulla sedia mi stavo chiedendo se era successo davvero, la sentii salutare i proprietari che erano appena giunti. Mi alzai per andarmene ma poi ci ripensai: anche la signora Rossella si sarebbe cambiata li dentro! Dovevo trovare il modo di restare senza essere visto. Mi infilai nell’armadietto delle scope che era in un angolo e lo lasciai socchiuso cercando di restare calmo: se mi scopriva avrei passato dei guai e mia madre avrebbe perso il posto. Entrò quasi subito e si tolse la giacca poi a seguire la camicia canticchiando. Ma lo spettacolo non era finito. Si avvicinò al lavabo e si slacciò il reggiseno di velo trasparente. Lo poggiò su una sedia, prese una spugna e iniziò a sciacquarsi le mammelle che ondeggiavano libere da ogni impedimento. Erano meravigliosamente grandi, sicuramente una quinta misura abbondante con capezzoli color carne. Poi si asciugò, indossò un reggiseno imbottito a balconcino e il golfino. Ora sapevo con certezza che quelle di mia madre erano più grosse, ma la signora Rossella le tirava su di proposito per far sbavare i clienti e lo scopo lo raggiungeva pienamente. Era pronta per entrare in scena. Uscì e chiuse la porta entrando nella sala del bar. Non capivo più niente, tanto che, uscendo dalla porta posteriore, invece di allontanarmi dal bar ci passai davanti. Accortomi della cazzata che avevo fatto decisi di far finta di niente ed entrai come tante altre volte. Con Rossella ormai ci davamo del tu e la salutai con un bacio sulla guancia e una sbirciatina nel solco dei seni che, ormai sapevo, lei gradiva molto. Mia madre, vedendomi non riusciva a capire come mai dopo circa mezz’ora ero di nuovo lì. Poi guardandomi negli occhi vide lo sguardo tipico dell’uomo eccitato, fece mente locale e capì quello che era successo. Anche io guardandola capii. La sua espressione non lasciava molti dubbi: sapeva quello che avevo combinato. A casa sarebbero stati guai. Preparai un pranzo con le pietanze che più gli piacevano, sperando di rabbonirla un po’ e limitare i danni ma ero molto nervoso non avendo idea della razione di mia madre a ciò che avevo fatto. Verso le due, come al solito, entrò in casa e venne diretta in cucina. Invece di trovarmi davanti una donna arrabbiata me ne trovai una che indubbiamente aveva appena pianto. Non capivo perché ma quasi subito me lo spiegò lei. Si tolse il soprabito e mi accorsi che era tornata a casa con la giacca da lavoro indosso. Si sedette ad una sedia ed io mi avvicinai a lei. “Perdonami per quello che ho fatto” la implorai. “La signora Rossella ti ha visto!” mi rispose gelandomi. Come era possibile? Pensai. “Dallo specchio sul lavabo si è accorta che eri nel mobile delle scope ma per non creare problemi sul posto ha fatto finta di niente”. Si è spogliata di proposito davanti a me! Pensai ancora. E non volendo mi accorsi che ce lo avevo duro dentro la tuta. “Ha posto una condizione per non dirlo al marito…..vuole che tu….”….. “Che io?”, “….si insomma…. vuole che tu faccia sesso con lei” disse tutto d’un fiato scoppiando di nuovo a piangere. All’inizio non riuscivo a realizzare ciò che mia madre mi aveva appena detto. Piano piano però le sue parole divennero nitide nella mia testa. Mantenevo un’espressione affranta ma dentro di me esultavo. Stavo per scoparmi una femmina da sballo! Niente a che vedere con le pomiciate più o meno spinte che avevo avuto fino ad allora con le ragazze della mia età. L’uccello mi stava scoppiando e questa volta se lo accorse anche mia madre che mi guardò sorpresa. “Stai tranquilla mamma, troveremo una soluzione,” dissi poco convinto, “…ora mangiamo qualcosa e poi ci penseremo con più calma”.Mentre mangiavamo non facevo altro che pensare a quanto stava accadendo e non riuscivo a far riabbassare il mio arnese. Quando mi alzai la tuta che indossavo sembrava una tenda canadese e vedendo mia madre che mi guardava, mi scusai con lei imbarazzato e corsi in camera mia. Per un’oretta non sentii rumori per casa poi la porta della stanza si aprì e mia madre entrò. Era ancora in uno stato pietoso ma si era calmata. Aveva ancora indosso la giacca da lavoro e da come era stropicciata capii che ci aveva dormito. Si sedette vicino a me senza accorgersi che un bottone della giacca era sbottonato e notai subito la coppa del reggiseno piena di tutto quel ben di dio. “Questa cosa non la devi fare! Domani mi licenzio!” disse risoluta, “troverò qualche altra cosa per tirare avanti….” proseguì, questa volta meno convinta. “Ma no mamma. Ci deve essere un altro modo per venirne fuori”. “E quale?…..Almeno ti è piaciuto lo spettacolo?” “E me lo domandi?” feci io tutto rosso e a testa bassa. Leggevo nei suoi occhi la voglia e nello stesso tempo l’incertezza di farmi una domanda mentre era come assorta a guardare il bozzo della mia tuta. “Le ha più belle delle mie?”disse infine come se si fosse tolto un dente. “Non lo so” risposi, “le sue le ho viste,…..le tue no.” Mi guardava come se non mi avesse mai visto prima, poi si alzò e andando verso la porta disse: “Decidi tu!” ed uscì. Quella sera stessa gli diedi la risposta: accettavo le condizioni della signora Rossella. “Spero di non fare brutta figura. Non l’ho mai fatto” confessai, “però voglio farlo qui a casa mia!”. Mia madre rimase di sasso. “Come sarebbe?” chiese. “Qui mi sento più sicuro….. se ci sarai anche tu di là”. Controvoglia accettò e il giorno dopo comunicò la nostra decisione alla signora Rossella la quale accettò a sua volta. Stabilirono il giorno essendo comunque d’accordo che doveva essere di pomeriggio, dopo la chiusura del bar per non far insospettire il marito. Il giorno prestabilito arrivarono insieme intorno alle tre. Bevemmo qualcosa parlando del più e del meno come se fosse un incontro tra amici. Le due donne erano vestite in modo molto provocante, e mentre la cosa mi sembrava normale per la signora Rossella, non capivo il motivo per cui si fosse vestita così anche mia madre. Quando fu il momento, mia madre a malincuore ci disse che potevamo andare in camera sua. Rimasi sorpreso perché non avrei mai pensato che ci facesse usare il suo letto per una cosa del genere. Rossella si fece spogliare da me e poi mi spogliò. Nonostante l’età aveva un fisico statuario, un bel culo pastoso e due mammelle da favola che già conoscevo. Si inginocchiò davanti a me e in un attimo ingoiò il mio cazzo. Iniziò a pomparmi forsennatamente come se avesse il bisogno di scaricare un’eccitazione accumulata nel tempo. Era la prima volta che una donna mi faceva un bocchino e venni quasi subito schizzandogli in bocca getti abbondanti di sborra che lei, ad occhi chiusi, ingoiava avida. Si sdraiò sul letto e allargò le gambe dicendomi: “Ora tocca a te”. Mi avvicinai lentamente e mi chinai in mezzo alle sue gambe. Ero impacciato e avevo paura di fare brutta figura. La sua fica era priva di peli. Terminavano subito sopra ed erano folti, lunghi arricciati e crespi. Iniziai a leccarla e il sapore del sesso femminile mi piacque subito. Lei iniziò a gemere e, tenendomi la testa, spingeva con il bacino verso l’alto. Il cazzo era diventato più duro di prima e decisi che era arrivato il momento di scoparla. Mi tirai su e arrivai con il viso a contatto con le sue mammelle che si stava strapazzando invitandomi a ciucciarle. Eseguii con piacere e sentii la sua mano che indirizzava la mia cappella verso il suo sesso lubrificato dai suoi umori e dalla mia saliva. Entrai in un attimo risucchiato da quella guaina calda ed elastica che mi mungeva al ritmo dei gemiti della sua padrona. Gemiti che emetteva sempre più forti incurante della presenza di mia madre. Mia madre! Cosa stava facendo in quel momento? Mentre pistonavo Rossella mi venne un sospetto. Avevo fatto, dietro lo specchio del bagno un foro di un paio di centimetri di diametro che corrispondeva alla libreria a giorno della camera di mia madre ed era nascosto da alcuni libri antichi che stavano lì come soprammobile. Ogni tanto lo usavo per spiare mia madre mentre si spogliava e per farlo entravo nella sua stanza e mettevo i libri che coprivano il foro in posizione obliqua, con la parte alta poggiata agli altri e quella bassa scostata di alcuni centimetri, così da poter vedere senza essere visto poi, cose fatte, li rimettevo a posto. Feci mettere a pecora Rossella e iniziai a prenderla da dietro in modo da poter vedere verso la libreria senza destar sospetti e nella penombra della stanza mi accorsi che i libri erano spostati….. ma io non ero stato! Mia madre ci stava spiando dal bagno! Sapeva che ogni tanto la guardavo e riconosceva il segnale quando ero in posizione! Ora si spiegavano alcuni suoi atteggiamenti un po’ troppo provocanti come massaggiarsi il seno seduta sul letto, fare ginnastica in slip e reggiseno, curarsi il pelo….e tutto rivolta verso la libreria. Dava degli spettacoli solo per me, per suo figlio! O meglio…. per me e per se stessa. Ora capivo anche il suo abbigliamento provocante: considerava Rossella una seconda pretendente nei miei confronti e la combatteva con la sua stessa arma. Indubbiamente mia madre si considerava l’unica pretendente avente diritti….di un certo tipo….. su di me. Accesi la luce e iniziai a scopare con rinnovato gusto Rossella attaccandomi alle sue zinne e girandomi sfacciatamente verso la libreria per far capire a mia madre che sapevo! Quando stavo per venire sfilai il cazzo dalla sua fica, mi alzai dietro di lei e, sempre rivolto alla libreria iniziai a masturbarmi mostrando a mia madre il primo piano della mostruosa erezione che avevo a causa sua. Innaffiai la schiena di Rossella di sborra e poi glie la spalmai addosso come fosse crema mentre anche lei veniva. Restammo spossati qualche minuto poi lei si alzò, si ripulì, si rivestì e mi baciò sulla bocca dicendo: “Ora siamo pari, ma quando vuoi sai dove trovarmi, non fare complimenti”. Uscì salutando mia madre e la sentii andar via con la macchina. La sera dovetti spararmi una sega gigante alla vista di mia madre sul suo letto che si masturbava sicuramente ripensando alle scene che aveva visto nel pomeriggio. Si, perché ora ero io che la spiavo dal foro. Con il suo palese consenso visto che adesso era lei che mi guardava. Il giorno dopo a pranzo sembrava tutto normale ma ambedue sapevamo che non era così. Dopo aver mangiato ci ritirammo nelle nostre camere e per un po’ ci fu solo che silenzio. Io, ripensando che a quell’ora il giorno prima stavo scopando una bellissima donna, avevo l’attrezzo duro da far male. Tolsi gli slip e, sdraiato sul letto a gambe larghe iniziai a masturbarmi. Mentre facevo su e giù con la mano lungo i miei 21 centimetri di pisello, si aprì la porta e apparve mia madre. All’inizio mi bloccai e cercai di coprirmi, rosso per la vergogna, ma il suo atteggiamento ed il suo abbigliamento mi fecero capire che potevo continuare senza paura. Aveva le braccia alte poggiate agli stipiti della porta e una sottana lunga di raso bianca che, controluce mostrava il suo splendido corpo palesemente senza indumenti intimi. Ricominciai a masturbarmi guardandola e lei per qualche minuto mi lasciò fare. Poi si avvicinò, si tolse la sottana restando completamente nuda davanti a me, mi si mise a cavallo e dolcemente si impalò. Si mise le mani in mezzo ai capelli, mandò la testa all’indietro e iniziò un su e giù sempre più veloce. Le sue zinne, abbondantemente più grosse di quelle di Rossella danzavano scomposte sotto i miei occhi. I suoi capezzoli erano come due piccoli appendiabiti per quanto erano duri e lunghi. Le sue aureole, color marrone scuro avevano un diametro di circa dieci centimetri. Guardare quei due globi fare su e giù insieme a mia madre aveva su di me un effetto ipnotico. “Devi scopare solo me…. ooohhhhh sssssiiiiii….. devi scopare solo meeeeee. Ancoraaa….. Ancoraaaa….. Ancoraaaa… tesoro mioo…è stupendo….. è….. è grossooo,….. e come è grosso…… aaaaaahhhhhh……”. Parlava e scopava da gran troia mia madre e glie lo dissi senza rendermene conto: “Fammi ciucciare le tue zinne puttana!”. Lei si fermò, mi guardò sorpresa del mio ardire e mi mollo un ceffone. Mi bloccai aspettandone un altro, invece, piano piano riiniziò il suo su e giù chinandosi su di me e alternando i suoi capezzoli sulla mia bocca che li leccava e ciucciava instancabile. “Si, sono la tua puttana! Scopami!”. Gli presi le zinne e me le schiacciai sul viso beandomi di tutta quell’abbondanza mentre aumentavo il ritmo. Risalii baciandogli il collo e poi, arrivato all’orecchio gli dissi: “Se sei la mia puttana,…… allora voglio venirti in bocca” ero proprio diventato matto a parlare così a mia madre, ma ero consapevole che sia io che lei ci stavamo scaricando da una voglia repressa per anni. La riprova ne fu che a quella mia richiesta lei venne e continuò a venire per parecchi minuti mentre mi riempiva il volto di baci, poi mi si accasciò sopra sudata ed ansimante mentre io le carezzavo la schiena e le natiche. Dopo un po’ si tirò leggermente su e iniziò a strofinarmi le zinne sul petto, poi iniziò a scendere e le poggiò intorno al mio cazzo eretto. Io le presi, le strinsi attorno ad esso ed iniziai a scoparla così. “Ti piacciono? Sono meglio quelle della tua mamma o quelle della signora Rossella? E quali sono più grandi e sode?” mi domandava guardandomi mentre io non staccavo gli occhi di dosso dal mio cazzo che spariva ritmicamente tra tutta quella morbida carne. Ad un certo punto gli poggiai la mano sulla testa e lei capì ciò che volevo. Iniziò a ciucciarlo dolcemente gemendo di piacere mentre mi strofinava le zinne sulle gambe e con una mano mi massaggiava le palle. “Sborro mamma!….. Sborroooo” e le venni in bocca in modo così abbondante che nonostante i suoi sforzi, ne iniziò a colare lungo l’asta dove lei lo rincorse lappandolo fino all’ultima goccia. Ci addormentammo abbracciati e quando ci svegliammo era sera. I nostri sguardi si incontrarono, dapprima smarriti, impauriti mentre con le mani ci accarezzavamo timidamente a vicenda, lei il mio sesso ed io le sue calde e morbide mammelle. Chiudemmo gli occhi e continuammo a toccarci dolcemente e lungamente sempre più eccitati e quando riaprimmo gli occhi ogni dubbio o paura era scomparso. Mi risalì sopra e mentre si affondava di nuovo il mio cazzo nella fica, disse: “Scopa ancora la tua mamma….. scopa ancora la tua puttana…. figlio mio!”.
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