Fu Claudio che decise di andare in quella pizzeria. Un locale forse un po’ fuori mano ma dove si poteva fare casino, disse, ascoltando bella musica. I ragazzi avevano accettato di buon grado, tanto per stare un po’ in compagnia e passare una piacevole serata. Erano undici compagni di classe, sei ragazzi e cinque ragazze, affiatatissimi tra loro; quell’anno frequentavano il III liceo scientifico. Giunti nel locale lo trovarono parecchio affollato da ragazzi come loro, e da persone decisamente più grandi. Non c’erano tavoli singoli liberi, ma un cameriere li accompagnò in una zona della sala dove si snodava una lunga tavolata solo in parte già occupata da un gruppo di adulti.. Presero posto e iniziarono subito a fare casino sfottendo Gianluca. Il poveraccio era finito seduto accanto ad una trentenne molto carina ma – a dire dei compagni – doveva stare attento perché due posti più in la c’era il marito. Arrivarono le pizze, ottime, gustose, al secondo bicchiere di birra i ragazzi erano già gasatissimi. Ad un certo punto Gianluca sbiancò. “Ehi!! Ti senti male?” gli chiese Daniela, seduta proprio di fronte a lui. “No.. Va tutto bene.” Riuscì a balbettare. Qualcosa gli aveva sfiorato la patta dei pantaloni. Era certo che fosse una mano, rimase in silenzio, guardando negli occhi di Salvo, poi fece il gesto di chinarsi a vedere cose ci fosse sotto il tavolo; fu la signora a bloccarlo, “non essere curioso e continua a ridere con i tuoi compagni”, gli sussurrò tra i denti, senza girarsi dal suo lato. Deglutendo a fatica, accettò il consiglio cercando di concentrasi su quel che stavano dicendo Laura e Cinzia. La mano continuava ad accarezzargli la patta, per un po’ rimase come se avesse inghiottito un bastone, alla fine decise di lasciarsi andare alle sensazioni che stavano crescendo. “Ma sicuro che stai bene?” Era saltato sulla sedia, improvvisamente. “Si.. si”. “Ma sei tutto rosso!” “Non è nulla. Sto bene!” La mano aveva abbassato la cerniera, si era infilata sotto i boxer ed aveva estratto il membro. Gianluca la sentiva sulla pelle. Era liscia, sottile. Chiuse gli occhi per un attimo e immaginò dita lunghe e affusolate. Erano agili e veloci nell’accarezzare e nel muoversi dolcemente su e giù. Si staccarono, lasciandolo deluso. Non riuscì a non girarsi dal lato della donna, giusto in tempo per vedere sparire due dita tra le labbra. Fu questione di un attimo, ma il suo pene ebbe un’ulteriore irrigidimento. La mano (affusolata come aveva creduto) scese nuovamente sotto il tavolo. Lo strinse alla base. Guardò gli amici. Erano immersi nelle loro discussioni per prestare attenzione intorno ed accorgersi di quel che stava succedendo. La mano giocava col suo pene. Ogni volta che stava raggiungendo il massimo del piacere, si fermava, attendeva, poi ricominciava cambiando il ritmo della masturbazione. Gianluca stava per crollare. Sentiva il liquido risalire verso l’alto ed avrebbe voluto che quel momento non arrivasse mai. Aveva paura di sporcasi o che qualcuno lo capisse, magari il marito della signora, eppure crollò. Vide quel che stava succedendo ma non fu nelle condizioni di fare nulla. Rimase immobile osservando le sue compagne che, una alla volta, si abbassavano con una scusa qualunque (chi per raccogliere una forchetta, chi un tovagliolo), risalivano rosse in viso, sorridendogli. Avvertì il contatto soffice di un tovagliolo, poi la mano gli rimise a posto i boxer e la cerniera dei pantaloni. “Se vuoi sapere chi le ha informate, sappi che sono stata io.” Questa volta glielo disse guardandolo nel profondo degli occhi.
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