Gli liberai le caviglie dalle catene e tolsi i moschettoni che gli imprigionavano i polsi, poi la aiutai a girarsi, gli sfilai un cuscino da sotto la testa lasciandone solo uno dove potersi appoggiare. Teneva il lato destro del viso appoggiato al cuscino, le catene in vita la costringevano a inarcare la schiena e rimanendo con i fianchi bassi, coi ginocchi poggiati sul tavolo e le gambe tenute separate dal bastone, la costringevano a restare completamente con il sedere in alto. Bloccai nuovamente i polsi al lato del tavolo all’altezza del viso per permettergli di sorreggersi e contemporaneamente impedirgli di muoversi. Era uno spettacolo vederla con il deretano per aria, in quella curva che il bacino è costretto a fare per colpa delle catene che la tenevano. Non sono riuscito a trattenermi dal salire sul tavolo, e dargli una bella leccata al buchino dell’ano, cosi generosamente offerto alla mia lingua, iniziai con delle lunge leccate seguendo la conca naturale che tra i glutei, abbondando di saliva, e soffermandomi sempre più spesso sul buchino, cercando di sprofondare sempre di più con la lingua nell’ano. Sentivo il forte gusto del clistere al the, che gli avevo fato mescolato leggermente con i suoi umori che prima erano usciti cosi abbondantemente dalla fica, la mia eccitazione era ormai ad un punto critico, non mi aveva mai fato cosi male, come in quel momento il mio cazzo ormai non chiedeva più di uscire ma stava urlando d’essere liberato, ormai era difficile per me ignorarlo, ma decisi lo stesso di lasciarlo dovere per ora. La mia lingua incontrava sempre meno resistenza nel penetrare quel buchino all’apparenza cosi stretto e indifeso, decisi di passare a qualcosa di più consistente, preso il tubetto della vaselina mene sparsi cosparso le dita della mano destra, iniziai a scorrere con la mano sopra l’ano di Stefania, cercando di fare sempre più pressione con l’indice per entrare in lei, con molta calma e molta vaselina introdussi lentamente tutto il dito. Ormai era ben lubrificata e scorrevo con il dito dentro e fuori con facilità, anche Stefania si stava lasciando andare sempre più rilassandosi e traendone piacere, anche se non lo dava a vedere lo sentivo dalla poca resistenza dall’ano. Iniziai allora a cercare di introdurre due dita l’indice e il medio, che con mia sorpresa riuscì ad infilargli con molta più semplicità di prima, che se era solo uno. Scesi dal tavolo e mi armai del divaricatore quello anale per l’appunto, leggermente più fino e corto dell’altro, posizionandomi dietro di lei e dopo averlo cosparso abbondantemente di vaselina glielo puntai sul buchino del culo. Facendo un po’ di forza iniziai ad introdurlo lentamente con un dentro e fuori continuo per farla abituare, fino a che non riuscì a introdurglielo per tutti gli otto centimetri del divaricatore. Aspettai un attimo, prima di iniziare ad aprirlo, faceva molta più resistenza nel allargarsi di quello che gli avevo messo prima in fica, iniziai a sculacciarla sempre più forte e prepotenza per costringerla a rilassare le natiche e il sedere. Dopo una mezzora le natiche di Stefania, gliele avevo fato diventare completamente rosso fuoco, ed ero arrivato ad aprire a stento il divaricatore (rischiando anche di romperlo) di tre centimetri scarsi, la lasciai cosi una mezzora buona con il culo per aria e il divaricatore aperto dentro di lei, ero un pò sudato, un po’ stanco, e a dire il vero molto eccitato, cosi decisi di andarmene sopra a bermi una coca-cola o una birra, tanto per calmarmi e riposarmi. M= Ei Robertina non ti sarai mica riaddormentata in mia assenza……? Tornato a basso fui nuovamente invaso da una forte ondata di caldo, come mi era successo poche ore prima quando ero sceso, ma questa volta gli odori che sentii erano molto più forti e mischiati, cerano odori dolci e altri acri e amari mischiati tra di loro e ad un forte odore di sudore che impermeava tutta la stanza. Il suo viso era immerso nel cuscino che gliene copriva l’espressione, anche se curioso di vederla in viso, lasciai stare non cera un motivo preciso, avevo forse paura che quanto potevo vedere non mi sarebbe piaciuto, cosi risali nel tavolo mettendomi in ginocchio dietro Stefania. Lentamente avevo preso ad estrargli il divaricatore dopo averlo chiuso, era difficile perché Stefania non collaborava per niente irrigidendosi, e per di più il lubrificante si era completamente asciugato rendendo così più doloroso l’operazione d’estrazione del divaricatore dall’ano di Stefania. I lamenti di Stefania si accompagnavano con l’estrazione più forza ci mettevo e più si lamentava, quando glielo tolsi completamente Stefania si accascio come una foglia che cade sostenuta dal vento, nel divaricatore erano rimasti cerano segni di sangue, sicuramente provocati dall’estrazione forzata. Presi dall’armadio una crema adatta ad attenuarle il dolore e a disinfettarla, gliela spalmai sulla linea di confine tra i due glutei, e immergendomi con il dito cosparso di crema in lei, la resistenza nel penetrarla era molto minore confronto a prima, il mio dito scorreva piacevolmente dentro e fuori dal suo sederino. Dopo essermi pulito le mani con l’asciugamano, tolsi tutti i moschettoni che la tenevano prigioniera, liberandola dalle catene, cadette di fianco sul tavolo, stremata, con ancora pero le ginocchia tenute separate dal bastone e alzate verso le spalle dalla corda legata al collo, sciolsi tutti i nodi cosi lasciandola distendere anche le gambe sul duro legno del tavolo con le caviglie che sporgevano oltre il bordo. I continui mugolii di Stefania volevano stare ad indicarmi il bavaglio che ancora addossava. Non ero molto convinto nel volerglielo togliere, gli donava un aspetto di schiava sottomessa ai miei voleri, le stringhe di pelle che gli passavano davanti agli occhi e gli impedivano di guardarmi dritto in viso mi davano una maggiore sensazione di potere nei suoi confronti, e d’eccitamento, ma con un pò di riluttanza iniziai a sganciarlo, chiedendomi nel frattempo come si sarebbe comportata, o mi dirà una volta completamente liberata? M= Come va meglio? ……….Come ti senti? S= Non fare domande stupide…… BRUTTO STRONZO mi sento male, se mi avessi lasciato qualcosa dentro, starei a vomitare tutto. S= Mi hai aperto come una cozza…………. M= Mi fa piacere sai anche dire qualcos’altro oltre NO, credevo di aver preso un manichino con un nastro incastrato, e non una ragazza in carne ed ossa. M= Ora torna a sul letto. Barcollando leggermente tenendo le gambe scostate tra loro e le ginocchia leggermente piegate, sorreggendosi con le mani alla sedia, a meta strada, si diresse verso il letto distendendosi a pancia su. Legai solo il polso destro al letto e una catena che scendeva dal soffitto al collare con i lucchetti. Sistemai la stanza, pulendo il tavolo, la sedia, portando a lavare gli oggetti che avevo adoperato, apri la porta e la finestra dell’altra stanza per far circolare un po’ d’aria fresca, finito di ripulire tutto e rimettendo al loro posto i ferri del mestiere, nell’armadio, tornai sopra chiudendo a chiave la porta dietro di me come facevo sempre quando entravo o uscivo. Ormai tra un gioco e l’altro si erano fatte quasi le due del pomeriggio. Finito di pranzare scesi da Stefania che erano le tre del pomeriggio, portandogli un vassoio con un piatto di riso in bianco e una mela, da bere una caraffa d’acqua fresca e uun bicchiere rosa di plastica. M= Stefania ti ho portato da mangiare, spero che ti piaccia il riso? Gli occhi rossi di Stefania mi fecero subito capire che aveva pianto, anche se cercava di non darmelo a vedere, assumendo una posizione il più normale possibile sentendomi arrivare. Rannicchiata sul letto con le gambe incrociate, e piegate davanti lo stomaco, con il braccio sinistro a coprire il seno. S= Non mi va di mangiare………… VATENE M= Devi sforzare di mangiare qualcosa e da ieri che non tocchi cibo. S= To detto che NON MI VA NON HO FAME……… lasciami stare. M= Dai su sforzati di mangiare, non obbligarmi a……… Intanto avevo sistemato la sedia vicino al tavolo e la stavo liberando dalle catene. Non accennava a muoversi, cosi presi dall’armadio un reggiseno degli slip di pizzo blu chiaro e una vestaglia di seta che gli porsi. M= Dai metti questi non sta bene andare a tavola nudi. Prese gli indumenti che con molta eleganza indosso nell’apparente timidezza dei movimenti delicati e controllati nel tentativo di coprirsi. M= Dai su non fare troppe storie e siediti qui (indicandogli con un cenno la sedia). Probabilmente il coprirsi anche se parzialmente, gli dava un senso di sicurezza, o forse d’aver vinto anche se solo in parte quel round. Si alzo dal letto e con passo sicuro si diresse verso la sedia, mentre si dirigeva verso di me, la guardai nella sua interazza, sembrava una bambina un po’ cresciuta ma molto sexy. I capelli sciolti a coprirgli le spalle, fino a toccargli il seno, la seta della vestaglia blu chiaro che scendeva fino a coprirle il sedere e le cosce, i piedi scalzi a contatto con le fredde piastrelle del pavimento per dirigersi verso la sedia e sedendosi tranquillamente come la cosa più naturale di questo mondo, una bambina aveva nei movimenti e nell’atteggiamento bi una bambina appena svegliata e scesa dal letto per andare in giro per la cameretta a cercare i vestiti per una lunga giornata di scuola. Appena seduta mi affettai ad immobilizzargli le caviglie alle gambe della sedia, ma lasciandogli abbastanza libere da permettergli di accostare le cosce, la spinsi verso il tavolo dove avevo appoggiato il vassoio. Ferma con le mani conserte sopra le gambe, non dava cenni di voler toccare cibo. Osservandola. M= Ti decidi a mangiare o NO! S= NO M= Bene t’insegnerò qualcosa che ho imparato in uno nei tanti lavori che ho fatto, non credo che ti piacerà, ma ti sarà molto istruttivo per il futuro vedrai. M= Devi sapere che ho lavorato come tutto fare in un allevamento d’anatre destinate a finire nelle tavole di tutti. Come sempre mi diressi verso l’armadio e presi un grande imbuto con attaccato, un grosso tubo di gomma morbida e flessibile, e una bacinella di plastica che dava un po’ sul giallognolo. Girato e dirigendomi verso Stefania, e guardandola in volto con gli occhi sgranati, e un’espressione di terrore e d’incredulità, probabilmente data avendo intuito le mie intenzioni per farla mangiare a forza. M= Troppo tardi per pentirsi, sarò delicato vedrai ho fatto gia d’esperienza. Girai la sedia con lo schienale poggiato al tavolo, poi salii a cavallo della sedia appoggiandomi al corpo di Stefania e immobilizzandogli cosi il movimento delle braccia. Restando in piedi di fronte a lei, la costrinsi ad aprire la bocca e con forza gli spinsi la tesa al indietro per facilitare lo scorrimento del tubo in gola e lungo la trachea fino ad aprirla. I movimenti di Stefania che tentava di fare per divincolarsi da me, per cercare di liberarsi, non mi semplificavano il compito e oltretutto gli provocavano più dolore e molta difficoltà nel respirare. Iniziai a spingere dentro l’imbuto il riso a forza, lungo il tubo fino di Stefania, versando un po’ d’acqua ogni tanto nel imbuto per accompagnare giù il riso, l’operazione non richiese molto tempo, fu una cosa veloce ma che a Stefania sicuramente deve essere sembrata un’eternità. Finito il riso nel piatto, estrassi il tubo lentamente e con prudenza per non rischiare di danneggiale la gola o qualche organo interno. Appena tolto il tubo la piegai in avanti, mettendogli velocemente la ciotola davanti alla bocca, inizio a tossire convulsamente per riuscire a riprendere a respirare normalmente, ed ebbe getti di vomito, anche il viso gli era diventato di un pallore biancastro. Dopo qualche colpo di tosse riuscì a riprendersi a respirare normalmente, gli porsi una salvietta di carta per pulirsi la bocca, poggiando lontano il recipiente in qui aveva rimesso solo poco del riso che l’avevo costretta da ingoiare. Lentamente anche il viso cominciava gradualmente a riprendere il proprio colorito. Andai nell’altra stanza portando la ciotola e a prendere una sedia per me. M= Hai ancora la mela da mangiare lo sai……… se vuoi tela posso sbucciare? Tornato la rigirai verso il tavolo, mi sedetti acanto a lei, gli sbucciai la mela con il coltello tagliandola a piccoli spicchi, poggiandoli sul piatto vuoto davanti a lei. Con me avevo potato anche il suo zaino, da qui tirai fuori il suo taccuino e lo aprii. M= Mentre mangi vediamo un po’ chi sei? visto che non vuoi parlare molto. 82 Milla lire e qualche moneta……. Ho bene qui ce la patente à ecco la carta d’identità, vediamo che ce scritto. Cognome: xxx Nome: Stefania Nata il: 18.2.1978 M= Perciò sei dell’acquario, e hai 23 anni. (atto……x……p……x……s……x……) A: Padova PD. Cittadinanza: ITALIANA Residente: Rubano Via: xxx Stato civile: Libera Professione: studente CONNOTATI E CONTRASSEGNI SALIENTI Statura: MT.1,70 Capelli: biondi Neri Occhi: Neri Segni particolari: nessuno Mentre parlavo Stefania faceva delle smorfie in viso di dolore quando deglutiva, mangiava lentamente la mela e a fatica la inghiottiva dopo averla molto masticata, mentre mi stava ad ascoltare in silenzio. M= Strano non hai il cellulare in borsetta, e nemmeno in auto lo so perché lo gia perquisita completamente quando lo portata in garage. Mi guardo come se si stesse chiedendo ma cosa sta dicendo questo. La guardavo mangiare, i suoi lungi capelli neri gli cadevano dietro le splendide spalle, la fronte spaziosa sotto l’attaccatura dei capelli senza nessun segno di rughe o altro, le sopra ciglia nere a formare due piccoli archi sopra i suoi occhi neri da cerbiatta impaurita con lo sguardo fisso sul piatto, anche il rossore degli occhi ormai era scomparso, un nasino piccolo che divideva gli occhi, sotto due labbra non molto carnose ma ben delineate e molto sexy, che mi sarei volentieri precipitato a metterle a contatto con le mie e gliele avrei baciate fino a consumargliele. Il piccolo mento si univa perfettamente con le candide guance chiare che non segnavano nessun tipo di zigomo, gli donavano un’espressione innocente quasi da bambina. Morsicava la mela con due splendide file di denti bianchi, masticando lentamente a bocca chiusa, e bevendo un po’ d’acqua ad ogni morso per facilitare la deglutizione, invidiavo molto il bicchiere che poteva sfiorargli le labbra. La delicata stoffa della vestaglia seguiva il movimento ondulatorio del petto mentre respirava. L’osservavo affascinato mentre aspettavo che finisse di mangiare, facendogli delle domande banali alle cui rispondeva sempre con dei lunghi silenzi. M= Si la tua auto e in garage coperta da un telo e comunque non si può vedere da fuori, se la polizia non trova la tua macchina gli sarà più difficile trovare anche te. Vuoi qualcos’altro da mangiare? Se ti va di mangiare qualcosa in particolare dimmelo! Fece di no con un cenno della testa. Gli dissi di tornare a distendersi sul letto mentre la liberavo, si alzo e si diresse verso il letto tenendosi sempre una mano appoggiata sullo stomaco. Le uniche parole che mi disse timidamente con un filo di voce che a stento sentii. S= Posso tenere addosso i vestiti? M= NO, tieni solo le mutandine, togliti la vestaglia e il reggiseno. Stefania ubbidì si tolse vestaglia e reggiseno poi si distese, gli afferrai i polsi fissandoglieli ai bordi superiori del letto con dei lucchetti e mi sedetti acanto a lei nel letto. M= Hai dei seni stupendi non te la mai detto nessuno! Sono cosi morbidi e sodi. Ne afferri uno per mano, iniziando a massaggiarli erano sodi e delicati come il velluto, Stefania dopo la sorpresa del contato delle mie mani sei seni e una iniziale freddezza apparente reagii positivamente a quel massaggio. Con delicatezza e movimenti rotatori e ondulatori mentre facevo scorrere le mie mani sui suoi seni sentivo diventare sempre più sodi sotto le mie mani, i capezzoli che prima erano timidamente nascosti, ora lentamente e progressivamente iniziavano a fare capolino in cima ai seni come due alpinisti arrivati in cima alla vetta. Avevo preso dell’olio per massaggi e avevi iniziato a spalmarglielo sul seno per facilitare lo scoprimento delle mani. Stefania anche se tentava di nasconderlo, ormai non riuniva più a trattenere alcuni mugoli di piacere che le sfuggivano di bocca. Il massaggio che stavo facendo si trasmetteva in tutto il corpo, si muoveva accompagnando il movimento delle mie mani, mentre io cercavo i punti più sensibili dove toccarla, alternando il massaggio con le sole punta delle dita, a quello delle totali mani aperte, mentre gli afferravano le tette accarezzandogliele sempre con dolcezza. Passando dolcemente con le unghie delle dita nel tentativo di graffiarla sui seni lasciavo dietro di me delle linee bianche dopo il mio passaggio lentamente scomparivano attenuandosi, e vedevo questo che le piaceva molto. Mi fermavo spesso e volentieri sui capezzoli massaggiandoglieli, tirandoglieli verso l’alto, nel tentativo di farglieli crescere il più possibile, duri e maestosi, pizzicandogli le aureole e i capezzoli. Ero molto eccitato e mi dava soddisfazione vedere che gli piaceva il massaggio, mi abbassai con la bocca afferrandogli prima uno e poi l’altro capezzolo alternativamente con le labbra e stuzzicarglieli con la lingua aspirandoli avidamente dentro la mia bocca, sentivo il sapore dell’olio ma sentivo anche le sensazioni forti che ci trasmettevamo. I seni resi luccicavano unti dall’olio troneggianti nel suo torace, ormai non poteva più nascondere l’eccitazione che ogni capillare della sua pelle provava, fino a che giunse al suo limite della tensione quando inarcando la schiena per qualche secondo ebbe un intenso orgasmo inaspettato. Quanto avrei voluto parteciparvi dì più, tirando fuori il cazzo duro che mi premeva nei pantaloni e ficcarglielo in bocca per poi venire cospargendo tutto il suo corpo bianco e candido del mio seme, ma mi trattenni accontentandomi del favoloso spettacolo che Stefania mi stava offendo. Facendo scivolare una mano lungo tutto il suo ventre teso come un tamburo gliela infila dentro le mutandine, sentendo con due dita tutta la sua eccitazione e immergendole nel posto più caldo dalla sua intimità. Prelevai un pò di miele dalla fichetta di Stefania portandolo alle labbra e sentendo il dolce gusto di fragola del suo orgasmo. M= Guardati un bell’orgasmo fa passare tutti i pensieri, risplendi, sei bellissima come il sole. Prelevai ancora un pò di nettare, mentre la guardavo nel suo splendore, con i seni troneggianti e lucidi d’olio, e il corpo luccicante di sudore. Non potevo lasciarla così, tutto il suo corpo e il suo essere mi chiedeva di continuare anche se non aveva pronunciato una sola parola, gli manipolai i seni per tutto il resto del pomeriggio portandola ad avere numerosi orgasmi. Le mutandine di Stefania erano ormai completamente bagniate, ci passavo sopra la mano spingendo il tessuto tra le labbra della fica, erano talmente bagnate che quando gliele tolsi pesavano il triplo. La asciugai con un asciugamano il corpo unto d’olio e bagnato di sudore. Raccolsi tutto lasciando Stefania stremata nel letto, mente io sistemavo la stanza, chiusi la finestra della stanzetta accanto, che avevo aperto prima, erano le otto di sera quando tornai sopra. M= Stefania! scusa se ti o fatto aspettare fino a quest’ora, lo so sono le 22.00 ma mi ero fermato a vedere un film, ti ho portato de mangiare; ti ho portato della carne con piselli, acqua e del latte, una mela e un arancio. Che fai hai intenzione di mangiare da sola, o ti devo obbligare a farlo io. S= NO, NO, mangio ho fame. M= Bene, brava aspetta un attimo adesso ti libero subito! Poggiai il vassoio sul tavolo, andai prima a chiudere la porta d’entrata poi a prendergli qualcosa nell’armadio per farla vestire. Gli getta i vestiti sullo stomaco e la liberai dei lucchetti che gli tenevano le baraccia legate al letto, i vestiti erano gli stesi di prima meno che per le mutandine, che erano invece rosa, gli diedi anche da mettersi degli zoccoli col tacco alto, (il tacco grosso in legno e davanti una larga fibbia bianca dove infilare il piede) con disegnata sopra in rilievo una rosa celeste. Dopo essersi vestita, sinuosa come sempre si alzo dal letto e con passi corti e controllati si diresse al tavolo, sedendosi nella sedia di fronte al vassoio. Quando tentò di ferrare le posate, io glielo impedii bloccandogli le mani. M= L’ascia ti do io da mangiare, non vorrei che ti facessi male, o lo facessi a me. Sedendomi accanto a lei trascina il vassoio verso di me e iniziai ad imboccarla dandogli piccoli pezzetti di carne alla volta alternando con i piselli, gli avevo versato del latte nel bicchiere, bevendo a piccoli sorsi, tenendo sempre il bicchiere in mano e appoggiato sulle cosce. Restava con la schiena dritta appoggiandosi allo schienale della sedia mentre la imboccavo, alternava lo sguardo in tutte le direzioni e non restando mai per molto a fissare gli getti che addobbavano la stanza, anche se non cera molto da osservare la stanza era abbastanza spoglia. Mi stavo veramente eccitando di nuovo osservandola, i capelli arruffati che gli cadevano davanti al viso teso e stanco, il collare di pelle nera al collo risaltava a contrasto con la sua pelle chiara, come anche i braccialetti ai polsi che gli donavano nell’insieme quel senso di prigionia a qui la stavo costringendo. Accavallo le gambe facendole strusciare l’una sull’altra, forse cerando di darsi un qualche contegno fu per me l’esaltazione dei sensi e non fui in grado di evitare d’accarezzargliele, le sue lunge e sinuose gambe troppo belle per non essere apprezzate. Aveva finito di mangiare la carne che glia avevo portato, e le stavo pelando la mela quando mi accorsi che Stefania mi stava osservando con insistenza quasi cercando di studiarmi, di leggermi nel profondo, sfidandomi quasi apertamente a chi avrebbe abbassato prima lo sguardo. Io accentai la sfida sostenendo il suo sguardo di intimidazione, e fissandola nel profondo dei suoi occhi neri, cercavo di capire il suo scopo ance se era chiarissimo, chi avrebbe basato per prima lo sguardo avrebbe perso e si sarebbe dovuto arrendere. La sfida andò avanti alcuni minuti, i pensieri nella mia testa scorrevano velocemente in quei minuti fino al momento in qui improvvisamente Stefania abbasso finalmente lo sguardo ammettendo cosi la mia superiorità nei suoi confronti. S= Ma perché fai tutto questo, perché mi tieni qui legata come un cane al guinzaglio! Lo fai solo per sesso o perché odi le donne, non riesco a capire il motivo che ti spinga a farmi tutto questo? O e solamente per avere una donna tutta per te, sempre a tua disposizione, sempre pronta ai tuoi desideri. Eppure non sei un brutto ragazzo, sei carino ne devi avere avute di ragazze. M= Ti basta se ti dico che e solo un mio sogno da molto tempo, un mio capriccio che mi sono voluto togliere, il sogno nel cassetto che ho avuto il coraggio di aprire. Vuoi anche l’arancio? S= Basta sono piena, secondo me ce qualcosa d’altro sotto, un motivo ce, ma non mi vuoi dire telo lego negli occhi. M= Cosa fai ora la psicologa! E inutile che tenti di analizzarmi, un mio difetto forse e che sono sempre sincero e se mi fai delle domande cero di risponderti sempre con la più massima sincerità. Stefania si alzò dalla sedia senza che io dica niente, si diresse a distendersi nel letto. M= Non ti ho detto di tornare a letto. S= Sono stanca voglio dormire, legami e vattene. Mi posso tenere a dosso i vestiti se cosi si possono chiamare, per questa notte. M= Sì teli lascio, ma non farci l’abitudine. Le fissai una catena attaccata la letto al collare e una seconda alla caviglia sinistra abbastanza lunga da permettergli di rannicchiare le gambe. Spensi le lucci e subito senne accese una posta sopra l’ingresso, faceva una luce molto fioca e bluastra simile a quelle che ci sono in ospedale la notte quando spengono tutto. Tornai sopra col vassoio, augurandole buonanotte, senza averne risposta e sentendomi un pò ridicolo per quell’augurio.
Aggiungi ai Preferiti