Paradossalmente l’unica notte della gita in cui Claudio poté dormire fu proprio l’ultima. Mentre i suoi compagni sembravano non trovare pace, riunendosi nelle stanze, chiacchierando e organizzando feste clandestine, il nostro eroe finalmente poté spogliarsi con calma, una volta tanto senza che nessuno gli comandasse di sfilarsi i vestiti o glieli strappasse di dosso, farsi una doccia, infilarsi il bel pigiamino usato così poco in quella gita e ficcarsi sotto le coperte. Non fece neanche in tempo a richiamare alla mente i visi e i cazzi dei ragazzi americani della cui compagnia si era dilettato fino a poco tempo prima che un sonno pesante ebbe la meglio su di lui.Il mattino seguente c’era agitazione nello squallido hotel della periferia praghese. I ragazzi del liceo Marconi erano intenti a sistemare i loro bagagli per la partenza: dopo colazione avrebbero lasciato l’hotel, poi sarebbero andati a visitare il castello di Karlstejn nei dintorni di Praga e infine il pullman li avrebbe portati all’aeroporto dove alle diciotto sarebbe partito il loro volo per Roma.Claudio scese a colazione riposato e sereno. Scherzò un po’ con i compagni di classe, scambiò perfino qualche parola con Anna, la sua fidanzata che aveva completamente trascurato per tutto il viaggio dopo la prima sera. Quando ebbe finito si alzò per salire in camera a lavarsi i denti. Le porticine dell’ascensore si aprirono e … seduto per terra ad aspettarlo nel corridoio c’era il rapper americano con cui aveva scopato la sera precedente. Si soffermò un po’ a guardarlo bene. Aveva i capelli cortissimi, occhi grigi, spalle robuste e un gran fisico. Abbozzò un sorriso che voleva essere dolce, ma risultò piuttosto un sogghigno. Non persero tempo. In un attimo Claudio aprì la porta, i due ragazzi sedettero uno accanto all’altro e, un po’ impacciati, iniziarono a baciarsi dolcemente. Il rapper, tolte scarpe e calzini, si inginocchiò sul letto sollevandosi la felpa sotto la quale era nudo. Claudio, già in mutande, lo aiutò godendosi la vista e il tatto degli addominali scolpiti del suo amichetto: gli sfilò la felpa a metà tirandola per le maniche e lasciandolo nudo fino all’avambraccio, nel frattempo si adoperava spasmodicamente a slacciargli la grossa cinta e abbassargli i pantaloni. Il rapper non gli diede tempo e lo baciò ancora abbracciandolo teneramente con le braccia mezze coperte dalla felpa. Finalmente Claudio rimosse del tutto la felpa, indugiò un attimo sui potenti bicipiti del ragazzo e gli abbassò insieme mutande e pantaloni. L’altro intanto aveva infilato una mano nelle mutande di Claudio, ne afferrò il cazzo e prese a masturbarlo. Contemporaneamente l’uccellone eretto del rapper si librava in aria carico di giovanile ardore e Claudio, incapace di resistere a tale vista, si chinò e lo prese in bocca deciso a donare allo sconosciuto adone americano un bocchino che si sarebbe ricordato per tutta la vita. Iniziò a succhiare, leccare, sbaciucchiare quel gran palo di carne dando prova di un’inaspettata perizia nell’arte della fellatio: evidentemente in quel viaggio d’istruzione ne aveva imparate di cose! Il rapper se la godeva come un matto, si rilassò, piegò il busto indietro e prese a carezzare i bei ricci castani di Claudio con affettuosa gratitudine per il servizietto sopraffino. Claudio intanto cercava le braccia muscolose dell’altro e, trovatele, prese a saggiarne i bicipiti insistentemente. A un certo punto il rapper fece interrompere a Claudio il pompino, lo guidò dolcemente facendolo stendere supino sul letto e, sollevategli le gambe, prese a leccargli avidamente ora il cazzo, ora le palle, ora il buco del culo. Poi si insalivò il cazzone ormai teso da scoppiare, lo poggiò sull’orifizio ben dilatato di Claudio e, con una botta secca, lo penetrò strappandogli un singulto di doloroso piacere. Prese a scoparlo con foga inusitata e intanto lo masturbava gagliardamente pronunciando di quando in quando frasi incomprensibili. Claudio tra il sentirsi quel palo bollente in culo e il vedere il braccio potente del rapper vibrare per il moto della mano intenta a masturbarlo sentiva salirgli un’eccitazione sempre più incontrollabile, finché schizzò il suo carico di calda sborra colpendo con i potenti fiotti perfino il viso del chiavatore. Questi non resistette molto più a lungo e presto scaricò il suo liquido nell’ano di Claudio. Si baciarono appassionatamente, si abbracciarono, Claudio ancora volle palpare le belle braccia dell’altro e anche il rapper provava piacere a perlustrare con le mani vogliose il gustoso corpo di Claudio. Poi l’americano si alzò, si infilò i vestiti alla meno peggio e sorridendo a Claudio domandò:- What’s your name? — Claudio. — You are a so nice boy, Claudio … It was a great pleasure, I’ll never forget you. -E in un attimo scomparve. Claudio scattò in piedi, raggiunse la porta, l’aprì, si affacciò nudo sul corridoio e urlo all’americano:- And you, what’s your name? -Quello si giro, guardò ancora una volta divertito e ammirato il fisichetto tonico e arrapante di Claudio e finalmente rispose:- Jason! -Claudio, tutto nudo sul corridoio, seguì con lo sguardo Jason che si allontanava fino a scomparire. Stava per rientrare in camera quando sentì una mano toccargli il culetto nudo. Si voltò di scatto e si trovò a pochi millimetri dal dolce viso di Martino.- Tutto nudo sul corridoio, Claudietto? Perché non mi fai entrare un attimo? -E senza neanche dargli il tempo di rispondere il malizioso biondino gli aveva già infilato la lingua in bocca e un dito in culo. In un attimo Claudio fu di nuovo sdraiato sul letto nella medesima posizione di poco prima. A cambiare adesso erano le dimensioni: l’uccello di Martino era di taglia ben più contenuta rispetto alla grande verga USA. I due ragazzetti scoparono con passione smisurata: essere chiavato così a ripetizione esaltava Claudio dandogli l’idea di quanto il contatto con il suo corpo fosse desiderabile per gli altri maschi, contemporaneamente Martino provava una strana irrefrenabile eccitazione a sentire il suo cazzo penetrare l’ano di Claudio già abbondantemente irrorato dallo sperma di un altro ragazzo così arrapante. Se la stavano spassando ben bene dimentichi di tutto quando la porta della camera si aprì. Federico e Filippo, i due compagni di stanza di Claudio, rimasero un po’ sorpresi alla vista dei due maschietti aggrovigliati ma non si scomposero. Filippo chiuse la porta. Martino interruppe il suo frenetico avanti e indietro e rimase come pietrificato. Filippo iniziò a sbottonarsi la camicia e disse:- Lo vedi Federico perché non gliene frega più niente di te? Gli piacciono di più i biondi! Ma non ti preoccupare adesso mi sembra che ci possiamo divertire tutti assieme, così magari fate pure pace. -Martino capì che non c’era da preoccuparsi e si sentì risollevato, ma intanto l’uccello si era rintanato tra i peli biondi come un uccellino nel nido. Si sdraiò accanto a Claudio e gli cinse le spalle con un braccio. Filippo intanto continuava il suo monologo:- Sai, Claudio, gli hai spezzato il cuore a Federico. Prima lo seduci, fate l’amore, fuochi d’artificio, bellissimo, e poi … non te lo inculi più! In senso letterale e figurato, s’intende. Non puoi capire come c’è rimasto questo qui! -Claudio non sapeva come prendere quella situazione così assurda: gli sembrava che Filippo stesse scherzando, ma notava anche quanto era serio Federico.- D’altronde ecco spiegato l’arcano: hai trovato un ragazzetto più carino e preferisci spassartela con lui. Certo non è un modo di fare molto carino, anche nei miei confronti: c’eravamo divertiti tanto quella sera tutti e tre assieme… -Federico intanto osservava i due nudi sul letto con un misto di morbosa eccitazione e di amara delusione. Martino viceversa dopo lo spavento iniziale sembrava divertirsi per quella strana circostanza e anzi, osservando bramosamente i due bei ragazzi, pregustava anche qualche gustoso sviluppo. – E pensare che eravate tanto amici, per cinque anni di liceo siete stati inseparabili e adesso, tutto d’un tratto basta: Federico non esiste più per te, meglio farsi inculare da un bel biondino! -Claudio iniziò a sentirsi in colpa verso Federico. Filippo forse lo stava prendendo in giro, a lui di certo non gliene fregava niente di tutto questo, eppure aveva ragione, quello che diceva era tutto vero, anzi la verità era anche peggio considerando che oltre a Martino c’erano stati anche la professoressa di scienze, Ladislav, il preside e Jason. Si sentì arrossire, poi alzò gli occhi, cercò con lo sguardo Federico, lo fissò negli occhi lucidi e si sentì un mostro.- Scusami Federico, ti prego, io ti voglio bene, tu sei il mio migliore amico è che … -Claudio si accorse di non sapere che cosa stava dicendo.- E’ che? — E’ che mi piace scopare. -Martino e Filippo scoppiarono a ridere per la surreale conclusione di quella che sembrava la scena madre della versione porno di un qualche melodramma sentimentale. Filippo colse l’occasione per guidare la commedia su un registro più stuzzicante:- Allora, Federico hai sentito? Ha detto che gli piace scopare: una bella scopata mi sembra il lieto fine ideale della storia, no? -Allora Filippo, che intanto si era sfilato la camicia e gironzolava per la stanza fiero del suo fisico palestrato, si avvicinò a Federico e tenendolo per la vita lo guidò verso il letto. Frattanto Claudio si era piegato a sedere sul letto, prese per le mani il suo amico del cuore e lo fece sdraiare sopra di sé. Gli sfilò delicatamente la maglietta, prese a toccargli il petto forte e glabro e non poté far a meno di ripensare alla prima notte della gita, sembrava fossero passati secoli e invece erano solo pochi giorni, quando timidamente, toccando quel corpo e quei muscoli aveva scoperto per la prima volta sensazioni stupende. Lo abbracciò e gli infilò le mani dentro a pantaloni e mutande deliziandosi a palpargli ben bene le chiappette sode, divaricandole e pizzicandole. Federico intanto si abbassava velocemente i pantaloni: Claudio poté sentire l’eccitazione di Federico dalla pressione del suo sesso duro attraverso le mutande. Lo baciò in bocca e sentì l’amico del cuore sciogliersi definitivamente abbandonando l’atteggiamento sostenuto e un po’ risentito che aveva tenuto fino a poco prima. Gli abbassò le mutande e sentì le loro giovani erezioni aderire: si strinsero l’uno all’altro leccandosi e toccandosi sotto lo sguardo compiaciuto degli altri due. Filippo finì di spogliarsi, dopodichè, avvicinatosi ai due amichetti del cuore, sussurrò con una voce suadente:- Dai, Fede, che stai aspettando? Mettiglielo dentro! — Sì, Fede, dai! -Federico allora sollevò le gambe di Claudio stringendole per le caviglie e puntò la lunga cappella rossa, degna sommità di una tanto ammirevole nerchia, verso lo sfintere dell’amico. Spinse il bacino in avanti e osservò dall’alto il suo enorme cazzone scivolare agevolmente in Claudio per una buona metà, come un treno in una galleria. Federico impresse subito un ritmo frenetico ai colpi di reni con cui spingeva sempre più a fondo l’uccello ed ogni colpo era salutato da un flebile gemito compiaciuto di Claudio, il cui culetto delizioso stava già ospitando il terzo cazzo nel giro di neanche mezz’ora. Intanto Filippo, che fino ad allora come Martino si era masturbato osservando la coppietta, si era adagiato in ginocchio sul letto avvicinando l’uccello al viso di Claudio il quale non si fece scrupoli di prenderlo in bocca. Martino allora fece lo stesso e così Claudio si trovò a dover gestire due cazzi masturbandoli, leccandoli, succhiandoli mentre Federico continuava a chiavarlo per bene. Non poterono proseguire troppo a lungo, l’astinenza di Federico era stata troppo lunga e l’eccitazione di quel insperato ricongiungimento troppo potente: in un attimo si sfilò dal culo di Claudio e si portò col bacino davanti al suo volto. I ventuno centimetri di giovane carne virile svettavano tra l’ammirazione dei presenti e Claudio, abbandonando del tutto gli altri due, li prese in bocca leccando avidamente la cappella lunga ed elegante, scendendo con la lingua fino alla base e alla pesante sacca, cercando invano di inghiottirli per intero. Filippo e Martino si masturbavano all’impazzata come tredicenni soli in casa davanti ad un filmetto porno. Quando si sentì all’apice Federico sfilò il palo dalle fauci del devoto bocchinaro e con pochi semplici, lenti, esasperanti movimenti di mano lasciò sgorgare potenti schizzi di sborra sul viso e sui capelli di Claudio. Poco dopo prima Martino, poi Filippo lo emularono venendo il primo sul braccio destro, l’altro sul petto del ragazzo inerte ed estatico.Qualcuno bussò alla porta. La voce squillante della professoressa Luisa G. echeggiò nel silenzio che era seguito alla tempesta:- Ragazzi tra cinque minuti dobbiamo essere tutti giù con i bagagli, sbrigatevi! -Tutti scattarono dal letto infilandosi i vestiti alla meno peggio, Claudio, il cazzo duro come l’acciaio essendo l’unico che non aveva sborrato, si precipitò in bagno a sciacquarsi la faccia e darsi una ripulita, Martino, non appena rivestito, fuggì in camera sua a fare la valigia mentre Filippo e Federico rassettavano un po’ quello che era stato il loro campo di battaglia.Poco dopo nella hall dell’albergo la rumorosa scolaresca carica di zaini, borse, buste di ricordini, regalucci, cristalli di Boemia voluminosamente imballati, immancabili bottiglie di vodka e liquori locali iniziò a muoversi verso il pullman parcheggiato lì fuori. Sistemarono tutto e partirono, un po’ tristi, molto assonnati, alla volta di Karlstejn per un’ultima occhiata alle bellezze artistiche della Boemia.Ad aspettarli davanti all’ingresso del maestoso castello c’era una graziosa biondina che avrebbe fatto loro da guida. Si chiamava Dorotha e non appena i ragazzi si furono radunati davanti a lei nella prima corte interna del castello – la corte dei Burgravi – iniziò a raccontare la storia del castello: fu il grande re di Boemia e imperatore Carlo IV a volerlo edificare fra il 1348 e il 1357 per farne la sede di insegne e documenti del Sacro Romano Impero nonché dei gioielli della corona e proprio per questo motivo, per l’importanza cioè di ciò che vi si conservava, pare che alle donne fosse vietato mettere piede nel fortilizio. La rocca era difesa dunque da un centinaio di guardie imperiali, tutti giovani cavalieri di sangue blu, pronti a dare la vita per difendere i vessilli imperiali. Dorotha continuava a parlare e intanto Claudio fantasticava sui cento giovani maschietti di Karlstejn sentendosi l’uccello drizzarsi nelle mutande. Proseguirono nel giro turistico e Claudio sognava di amori illeciti consumati nella remota torre dell’acqua o di festose orge allestite da quei giovani maschi di sei secoli prima per riscaldare col calore dei loro sessi eretti i freddi cameroni dove dormivano. Perso in questi pensieri osservava tutto con estremo interesse immaginando gli amplessi che si erano tenuti in quelle sale secoli addietro finché a un certo punto si accorse di essersi smarrito dal gruppo. Pensò di essere rimasto indietro, così affrettò il passo e percorse velocemente i saloni e le corti, ma più andava avanti più le sale erano poco frequentate finché raggiunse una ampia stanza a pianta circolare completamente vuota. Si guardò intorno e osservò con sincero stupore un grandioso affresco che narrava le gesta di qualche antico re di Boemia: battaglie, incoronazioni, cortei quando all’improvviso una risata fragorosa e mal soffocata lo distolse dall’opera. Si avviò verso una piccola apertura all’estremità opposta della sala, uscì e si trovò dinanzi ad una rampa di scale. Una sottile catenella e un incomprensibile scritta in ceco lasciavano intendere un divieto di salire ai piani superiori. Claudio si pose in ascolto e poco dopo gli parve di udire un’altra risatina proveniente dalla sommità delle scale. Quelle risate avevano un suono piuttosto peculiare, tradivano una sensibile eccitazione, una tensione misteriosa. Ma certo! In un attimo a Claudio parve di aver capito tutto: i suoi compagni di classe avevano pensato di fargli uno scherzo e si erano nascosti lassù facendogli credere di esserselo dimenticato a Karlstejn. Pensò un attimo a come avrebbe potuto replicare allo scherzo e poco dopo, superata agevolmente la catenella si avviò al piano superiore con gran circospezione: non sapeva bene come ma voleva far prendere un bello spavento ai suoi amici. Si trovò così in un lungo e silenzioso corridoio. A un certo punto udì dei suoni indistinti, un sussurrare incomprensibile. Si avviò verso la porta della sala da cui sembravano provenire i suoni misteriosi e molto cautamente tentò di dare una sbirciatina. Non erano i suoi compagni di classe. In piedi al centro della stanza c’era un ragazzo completamente nudo. Doveva essere molto giovane, diciotto anni, capelli castani corti, occhi verde scuro, un bel visino grazioso, un corpo senza peli e molto tonico, naturalmente muscoloso e flessuoso senza bisogno di ricorrere a palestre. Se ne stava in piedi assumendo pose plastiche e come improvvisando qualche balletto, mentre dal viso irraggiava un sorriso malizioso ed eccitante. Davanti a questo, seduto su una poltroncina stava un ragazzo muscoloso a torso nudo. Era anche lui molto giovane anche se forse un po’ più grande dell’altro, capelli a zero e profondi occhi neri, di carnagione scura. Vestiva solo un paio di pantaloncini corti color grigio chiaro e le scarpe da ginnastica di marca. Il petto nudo mostrava possenti pettorali e spalle solenni, ma anche il viso non era male: i lineamenti regolari, le labbra rosso acceso ben disegnate e le orecchie appena a sventola conferivano allo sguardo del ragazzetto un’aria tenera in piacevole contrasto con il generale atteggiamento da bulletto sprezzante e sicuro di sé. Il laccio nero al collo cui era attaccato uno strano pendaglio di legno, e l’orecchino al lobo sinistro completavano l’immagine di un ragazzo terribilmente arrapante. Da quando la professoressa G. aveva bussato richiamando i ragazzi all’ordine fino ad allora Claudio era rimasto ininterrottamente in uno stato di semieccitazione: fantasticava continuamente, prima sul pullman guardando i ragazzi dal finestrino, poi nel castello rievocandone il glorioso passato orgiastico; tali fantasie si riflettevano nella situazione del suo pene che spesso raggiungeva una piena erezione per poi rilassarsi un po’ e così via, ma tuttavia senza mai acquietarsi del tutto. Quando però gli si parò davanti questa scena si sentì pervaso da un desiderio e una tensione ineffabili: riandava con lo sguardo dall’uno all’altro riempiendosi gli occhi di quella visione meravigliosa e intanto sentiva l’uccello compresso nelle mutande fargli male per quanto si era ormai esteso. Il ragazzo seduto si massaggiava vigorosamente la patta dei pantaloni sotto la quale già si intuiva una bestia di notevoli dimensioni e intanto fissava gli occhi vogliosi sull’altro intento ad ancheggiare accarezzandosi il corpo e scappellandosi di quando in quando l’uccello semieretto. Il ragazzo in piedi si avvicinò alla poltroncina e si sedette sull’altro ragazzo godendo nel sentire la verga eretta di questo spingere attraverso i pantaloncini verso il suo culetto – Claudio aveva già dovuto allentare la cinta dei jeans e infilarsi una mano nelle mutande – poi posò le mani sui pettorali e intanto iniziò a muovere il bacino sfregandosi sul cazzo dell’altro. Claudio allora si calò i jeans alle caviglie e prese a masturbarsi senza ritegno continuando ad osservare i due: aveva appena abbassato del tutto il prepuzio scoprendosi la deliziosa cappella quando forte e inconfondibile risuonò il segnale di sms ricevuto sul suo cellulare. I due maschietti rimasero di sasso. Quello coi capelli a zero si alzò in piedi e si avviò rapido verso la porta. Quando Claudio se lo trovò davanti, forte e muscoloso, con uno sguardo torvo e piuttosto ostile, sentì gelarsi il sangue nelle vene. Non gli venne in mente niente di meglio da dire che una candida richiesta:- Can I join you? -Il ragazzo rise. Poi abbassò lo sguardo sulla bella nerchia di Claudio, lo guardò di nuovo negli occhi, adesso con un’espressione ben diversa, rilassata ma anche eccitata al tempo stesso, quindi gli rispose ponendogli una domanda a sua volta:- French? — No, italian. — And what’s your name? — Claudio — Nice to meet you Claudio. I’m Julien, I’m from France. And he is my friend Frantisek, he’s Czech. Now, let’s play. -E così dicendo si avvicinò a Claudio, gli poggiò le mani sui fianchi e prese a baciarlo con una passione, una tecnica, un trasporto tali che il nostro giovane eroe si sentì vicino allo svenimento. Julien allora lo guidò all’interno della stanza. Claudio poté osservare sui calzoncini del francese la protuberanza formata dalla pressione di un’asta gigantesca perfettamente tesa in linea retta verso l’orizzonte. Il francese si tastò goduriosamente l’erezione e di getto sfilò via i calzoncini, quindi se lo prese in mano soppesandolo compiaciuto ed osservando con piacere gli occhi di Claudio appuntati su un tale cannone. Claudio si inginocchiò e iniziò a succhiarglielo. Se Julien, da buon francese, gli aveva fatto provare sensazioni indite con quel bacio da capogiro, Claudio, grazie a tutta l’esperienza maturata nel corso del viaggio d’istruzione, ricambiò con un pompino fenomenale: lo ingoiò voracemente, si produsse in una ridda di giochini di lingua, dimostrò la più perfetta conoscenza degli angoli più sensibili di un maschio, gli solleticò le palle nei punti e nei momenti più opportuni, mentre le mani lo carezzavano con sapienza. La grossa cappella sferica di Julien sembrava ispirargli le idee più pazze e goduriose: si divertiva a prenderla in bocca serrando le labbra a ventosa sui bordi del glande e aspirando per poi avventarsi a colpi di lingua leccandola in lungo e in largo. Nel frattempo Claudio si masturbava, ma con gran parsimonia fermandosi ogni tanto per paura di eiaculare troppo presto, tanta era l’eccitazione accumulata. A un certo punto tuttavia sentì una mano sostituirsi alla sua e poi una sensazione umida: abbassò gli occhi e vide Frantisek che amorevolmente gli scappellava pian piano il cazzo con le labbra, mentre con le mani gli toccava le chiappe e gli arricciava i folti peli dell’inguine. Poco dopo Julien lo fece interrompere. Lo sollevò in piedi e fece cenno a Frantisek di alzarsi. Iniziò a baciare quest’ ultimo sulla guancia e intanto a menargli la verga eretta, che come notò Claudio, non era niente male. Claudio immaginò che adesso Julien li avrebbe fottuti tutti e due uno dopo l’altro e invece lo vide inginocchiarsi a novanta gradi sul pavimento e fargli cenno di avvicinarsi. Frantisek si insalivò il cazzo e le dita e, senza far convenevoli, infilò medio e indice nell’ano del francese, mentre questi, non appena Claudio gli fu davanti, iniziò a restituirgli il pompino. Poco dopo il ragazzetto ceco aveva già sostituito le dita con il suo bel palo fremente e pompava a più non posso scopandosi il bonazzo con autentica foga. Questo da par suo succhiava di gran gusto con sommo diletto di Claudio, il quale, con suo gran rammarico, non poté trattenersi a lungo: dopo neanche due minuti di fellatio venne, non copiosamente come sempre ma con schizzi forti da sembrare colpi di mitraglia. Quel che poté ghermire tra gli spruzzi, Julien lo bevve lentamente come gustando il sapore di Claudio. Il giovane italiano, sfinito, si lasciò scivolare sulla poltrona dove era seduto prima Julien e osservò i due: notò subito come Frantisek fosse violento col suo partner. Non solo lo penetrava con rabbiosa frenesia conficcandogli tutta la sua lancia nell’ano, ma contemporaneamente lo masturbava con un vigore mai visto, sembrava gli volesse strappare il cazzo, inoltre ogni tanto gli affondava le unghie sull’asta dell’uccello o sui pettorali potenti che tanto colpivano la sensibilità di Claudio. Eppure il francese sembrava gradire: i suoi gemiti si facevano sempre più intensi quando esclamò:- Stop Frantisek, I’m cumming! -Frantisek smise di masturbarlo e di chiavarlo. Sfilò l’uccello mentre Julien si sdraiava sul pavimento. Il ragazzo ceco prese una borsa e ne estrasse un frustino, si inginocchiò sopra alla bocca di Julien affondandogli il cazzone in gola come a soffocarlo e prese a frustarlo con severità sul cazzo. Dopo pochi colpi Julien iniziò ad eiaculare. Frantisek intensificò il ritmo dei colpi di frusta e Claudio osservò gli schizzi che sembrava non finissero più. Sembrava che il ceco non fosse intenzionato a smettere e infatti continuò finché, qualche minuto dopo, non venne anche lui direttamente nella bocca del suo amico. Poi Frantisek si accucciò accanto a Julien e lo baciò dolcemente sulle labbra, sulle guance, sulle orecchie, si sdraiò su di lui e continuò a baciarlo e leccarlo sul petto, sui capezzoli e anche sul cazzo che prima aveva così violentemente offeso. Julien lo abbracciò teneramente stringendolo e baciandolo a sua volta, sussurrandogli continuamente qualcosa. Claudio cercò di ascoltare e quel che capì fu:- Merci, merci, Frantisek, merci … -Claudio li osservava con simpatia, gli venne da pensare a lui e Federico qualche ora prima. Già Federico, la classe, i professori. Si rese conto che per un po’ aveva cancellato completamente tutto ciò dalla sua vita. “Mi avranno cercato” pensò. Prese il cellulare: un messaggio ricevuto. Si ricordò di quando il telefonino gli aveva segnalato quel messaggio. Lo lesse: “Claudio ma ke fine hai fatto? Cmq l’appuntamento è davanti al pullman all’una Fede”. Guardò l’orologio: l’una e cinque. Si infilò i vestiti, lasciò Frantisek e Julien intenti alle loro coccole post-sadomaso, si precipitò per la scaletta, attraversò le sale, i corridoi, le corti finché raggiunse il pullman madido di sudore. Il prof. Pietro L. era pronto per fargli un cazziatone memorabile, quando trovandosi davanti quel faccino da schiaffi di maschietto tutto sudato e nemmeno in grado di raccontare una qualche inverosimile scusa per via del fiatone, da buon omosessuale romantico non se la sentì e pensò anzi di dirgli semplicemente un bonario “svelto, sali!” arrischiandosi ad accompagnare la frase con una pacca sul culo sodo del ragazzo mentre questi saliva in fretta la scaletta del pullman.Pranzarono in una caratteristica bettola nei pressi di Karlstejn e si ritrovarono in aeroporto verso le tre e mezza in perfetto accordo con la tabella di marcia predisposta dal preside. Sbrigarono rapidamente il check-in e anche il passaggio della dogana non richiese poi molto. Erano in buon anticipo rispetto all’orario d’imbarco così il preside volle concedere un po’ di libertà ai ragazzi dando loro appuntamento per le diciassette al gate del volo per Roma. L’insperata concessione fu accolta con estremo entusiasmo da parte dei ragazzi e in particolare da quelli che ancora non erano riusciti a completare l’acquisto dei soliti inutili ricordini da portare ai parenti. Anche la professoressa Luisa G. si sentì sollevata pensando che avrebbe potuto cercare qualcosina per il suo ex ragazzo con il quale, andato male il tentativo di sedurre l’affascinante collega di lettere rivelatosi del tutto insensibile al suo fascino, meditava adesso di riallacciare un rapporto. Claudio si infilò in un negozio di dischi, pensava di cercare qualcosa per la sorella, violoncellista e appassionata di musica classica. Scartabellava i CD alla ricerca di qualcosa di bello ma non troppo conosciuto, tuttavia ben presto si rese conto che non era assolutamente in grado di compiere una scelta del genere. Uscì di fretta e cercò un negozio d’abbigliamento. Camminava velocemente per l’aeroporto quando lo vide venirgli incontro col suo solito sorriso magnetico. Ladislav, il suo grande amore praghese, il ragazzo più bello, più dolce, più simpatico che avesse mai conosciuto. Claudio non seppe evitare di accelerare il passo fino ad accennare una mezza corsetta come in ogni buon film sentimentale. Si raggiunsero e si abbracciarono.- Ladislav… — Ti volevo salutare — Ma come hai fatto ad entrare? — Non sai quanta gente si conosce col mio lavoro…adesso vieni! — Dove? — Vieni, dai! -Tenendogli un braccio sulle spalle come due buoni amici Ladislav lo guidò con sé con fare sicuro. Superarono senza problemi una porta con la dicitura: “forbidden” in caratteri grandi e rossi, percorsero un lungo corridoio asettico, salirono una scala e si trovarono davanti ad una porta di metallo con la targhetta “private”. Ladislav estrasse una chiave dalla tasca dei jeans e aprì la porta. Si trovarono in un piccolo studiolo: una scrivania bassa e vuota, una sedia con sopra una pila di cuscini, un lavandino e un water in un angolo e un ampio attaccapanni appeso alla parete. Rimasero entrambi in silenzio guardandosi e sorridendosi. Claudio si sedette sulla scrivania. Ladislav, in piedi di fronte a lui, gli carezzava i capelli, chinava la testa e lo baciava sulla punta del naso e sulle gote, poi guardandolo fisso negli occhi con uno sguardo carico di tenerezza e desiderio gli disse in un soffio: – Ieri notte ti ho pensato in continuazione… — Ti amo, Ladislav. Potrei amare solo te. -Quel che accadde dopo, beh lo si può immaginare ma vi assicuro che descriverlo non è possibile se non per sommi capi. Dire che si spogliarono a vicenda non rende l’idea del candore con cui le loro mani percorsero i corpi cercando di realizzare fisicamente l’intimità spirituale che sentivano esserci tra di loro. Dire che si baciarono non rende l’idea di come l’uno suggesse le labbra dell’altro come da una fonte nel deserto. Dire che fecero l’amore non rende l’idea dell’empatia con il cosmo e con la vita che sperimentarono unendosi carnalmente.Dopo un lento e appassionato baciarsi Ladislav finì di spogliarsi con pochi gesti e rimase completamente nudo, in piedi davanti al suo amichetto. Quel fior di ragazzo troneggiava nella solennità del suo corpo ammaliante lasciando svettare l’uccello perfetto nella forma ed enorme nelle dimensioni. Con sguardo affettuoso e compiaciuto osservò deliziato Claudio che, pieno di stupore, ancora una volta si riempiva gli occhi di tanta grazia. Questi scese dalla scrivania e vi fece invece distendere il boemo, gli spalancò le gambe e vi si tuffò in mezzo prendendo in bocca il bel palo amato. Con una mano impugnava la grossa mazza dell’amico di cui slinguazzava peritamente la cappella, con l’altra, mai pago, saggiava i pettorale possenti, titillava i larghi capezzoli rubescenti, apprezzava gli addominali scolpiti. Frattanto Ladislav gli teneva una mano sulla testa, guidandolo dolcemente nell’opera lappatoria. Claudio mentre succhiava sentiva il ragazzo gemere fortemente dal piacere, l’eccitazione di Ladislav era veramente alle stelle e poco dopo, venne abbondantemente. Claudio non volle staccare le labbra ma bevve tutto con piacere. Gli sembrava strano che Ladislav fosse venuto così presto, ma quando poco dopo, mentre si stavano baciando ancora una volta, sentì premergli sull’inguine l’uccello nuovamente eretto, si tranquillizzò e ridendo incrociò il suo sguardo con il sorriso complice dell’altro. Adesso fu Claudio a sdraiarsi sul tavolo, le gambe divaricate, mentre Ladislav si preparava ad incularlo dolcemente. Inutile dire che nonostante le dimensioni ragguardevoli del membro in questione Ladislav scivolò facilmente in Claudio e subito prese a fotterlo con la potenza, l’ardore, la lussuria di sempre, tanto che dovette interrompersi un attimo per chiedere a Claudio di contenersi un po’ nelle urla di goduria con cui accompagnava le possenti bordate. Frattanto masturbava il suo amato, lo carezzava, gli diceva quanto fosse dolce, quanto fosse bello, quanto godurioso il suo culo, gli ripeteva il suo amore. Quando sentì Claudio prossimo a venire sfilò il cazzo e lo sostituì con la mano mentre immergeva il viso nel bacino del suo diletto assaporandone il sapore di maschio e prendendone in bocca l’uccello stremato. Succhiò con gusto e in quattro o cinque secondi lo condusse ad un’eiaculazione torrenziale. Avrebbe voluto tenerlo in bocca ancora a lungo, fino a che non fosse tornato completamente moscio, ma sentì che anche lui era ormai prossimo a venire, così, sovrastando Claudio, continuò a masturbarsi freneticamente finché, per una seconda volta, non eruppe impetuosamente, ricoprendo di bianca sborra perlacea il petto del suo giovane amante. Si fissarono negli occhi felici e innamorati, poi Ladislav si stese su Claudio lasciando che i loro corpi sudati si bagnassero l’uno degli umori dell’altro mentre le lingue avide di sapori cercavano negli angoli più sensuali dei reciproci corpi qualche segmento che non avessero ancora esplorato.Ma purtroppo il tempo a loro disposizione era limitato. Ladislav si riscosse a malincuore da qual contatto così sporco ma anche così intimo e con una faccia da funerale annunciò l’ora: le sedici e quarantacinque. Si rivestirono in fretta. Mentre si allacciava le scarpe griffatissime Claudio iniziò a sentire la gola seccarglisi e un groppo pesante opprimergli il petto. Pensò che se avesse guardato Ladislav in faccia non avrebbe potuto trattenere le lacrime. Si avviarono per la strada che avevano fatto all’andata finché non giunsero alla porta che dava sul corridoio del centro commerciale. Si fermarono un attimo, era l’unico posto dove si sarebbero potuti salutare decentemente. Claudio dovette alzare lo sguardo su Ladislav e quando i suoi occhi incontrarono le due gemme celesti dell’altro, esattamente come aveva previsto, iniziò a piangere come un bambino. Anche Ladislav era tristissimo, ma nel vedere una reazione del genere non poté far a meno di ridere, così anche Claudio rise mentre continuava a piangere. Poi lo abbracciò e gli carezzo i capelli come a consolarlo mentre Claudio gli stringeva le forti braccia muscolose sotto la maglietta. Finalmente si staccarono, Ladislav gli asciugò le lacrime con un fazzoletto, gli diede un ultimo bacetto sulle labbra e lo spinse oltre la porta.Il volo filò via tranquillo e ben presto atterrarono a Fiumicino. Ad attenderli uno stuolo di genitori, fratelli nonché in impeccabile tenuta da first lady la moglie del preside. La mamma di Claudio lo abbracciò forte stringendoselo al petto, come fosse tornato dalla guerra e Claudio la lasciò fare, sentendosi felice di ricevere un po’ di affetto sincero dopo che la separazione da Ladislav l’aveva piombato in una disperazione cosmica. Si salutò con i compagni, recuperò il carrello con i suoi bagagli e poi con i genitori si avviò verso il parcheggio dell’aeroporto. Si sentiva immalinconito e frastornato, rispondeva garbatamente alle domande dei genitori fingendo faticosamente allegrezza. Poi mentre si allontanavano dal gruppo udì distintamente uno stralcio di conversazione. Una voce di donna anziana domandava:- Allora caro, questa Praga è veramente la bella città che si dice? -E la voce del preside cristallina rispose:- Assolutamente, Lucrezia, una città fantastica e vedessi che torri, che guglie appuntite, che pinnacoli vi ho ammirato! –
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