Avevo scelto di abitare a Venezia, fra le calli e i ponticelli, le case addossate le une alle altre, in una di quelle zone in cui qualcuno che non la conoscesse si sarebbe senz’altro perso. E infatti mi persi anch’io le prime volte, ma non fu neppure così tragico: mi piaceva passeggiare su e giù per i ponti, scoprire un angolo nuovo e sconosciuto di Venezia, dove il turista solo eccezionalmente si avventura.Proprio per quello avevo deciso di andarmi a stabilire in un angolo sconosciuto della città: avevo faticato non poco a trovarmi un appartamentino in affitto senza dissanguarmi. Così, appena scovati quei 30 o 40 metri quadri (una camera, un bagno e un cucinino che era un tutt’uno con l’atrio-entrata-corridoio-soggiorno-studio-sala da pranzo e più o meno delle medesime dimensioni del cucinino stesso) su un livello e mezzo, perché camera e bagno erano rialzati di qualche scalino, avevo lasciato le comodità del collegio per una tranquilla vita di eremitaggio e studio ormai alla fine del primo anno.Architettura è sì dura, ma trovavo comunque il tempo per divertirmi, uscire con gli amici, invitarli a casa mia e, immancabilmente, passeggiare perla città.Ero l’unico che conoscessi viveva da solo, almeno fra gli studenti universitari: mi costava un pelino di più, neanche tanto perché il mio padrone di casa era uno di quegli amici dei cognati della cugina di tua sorella che è pure amico dello zio del nipote di tuo nonno per cui si sente in dovere di farti un ottimo prezzo.Sbarcavo dignitosamente il lunario con qualche ripetizione e i week-end in pizzeria: non finivo nemmeno così tardi da non poter andarmi a fare una birra con la compagnia del paese.Quei vecchi amici con cui sei cresciuto ma che a vent’anni, quando ti accorgi che il mondo è un pelino più grande di quello che credevamo, iniziano a sembrarti così provinciali e un po’ stretti, cambiati insomma. E non ti accorgi in fondo che a cambiare sei stato tu; o forse sì, ma non vuoi ammetterlo.Quegli amici che ti sfottono perché vivi da solo, cosa più unica che rara per un universitario, e ti chiedono quante ne combini, che orge fai e quante ragazzi ti porti a letto così. Non molte, a dire la verità, ma nemmeno poche. C’era Giorgia alla fine del primo anno, la prima donna a entrare in quella casa: un bel tipino, rossa un po’ tinta. Mi piaceva il suo entusiasmo, anche nel fare l’amore.Poi la timida Marianna, una ragazza semplice e alla sua prima esperienza, che con tanto amore e un po’ di incoscienza ho portata al gran passo in un notte d’inverno col temporale fuori. Così dolce e schiva, ma a letto diventò in breve calda e appassionata, anche se si vergognava un po’ con la luce accesa e le faceva un po’ senso prendermelo in bocca.Giulia me la ricordo bene, abbiamo fatto coppia fissa per un anno: mi faceva impazzire di lei la sua intelligenza straordinaria e il suo seno generoso. Viveva con un paio di compagne di corso, ma spessa veniva da me: lunghe chiacchierate su mille argomenti disparati, dalla filosofia alla partita di pallone, e altrettanto lunghe scopate.Ci piaceva proprio andare a letto assieme, avevamo feeling, riuscivamo a sapere e a capire cosa l’altro desiderava. A lei piaceva cavalcarmi, stare sopra di me e la cosa mi faceva impazzire. Spesso facevamo anche sesso anale e la cosa mi piaceva da impazzire ancor più.Le piaceva far l’amore lentamente e a lungo, in maniera dolce e calma. Io l’avrei voluta ogni tanto un po’ più aggressiva: lei lo sapeva e mi accontentava di tanto in tanto. Così come sapeva di quanto mi piaceva quando lei mi prendeva il cazzo fra le sue tette: godeva immensamente nel venirle addosso così.Nonostante le nostre affinità sul piano sessuale, fuori dal letto eravamo molto diversi: lei solare ed estroversa, io molto più chiuso e introverso, sempre amante delle mie passeggiate solitarie. Alla fine ci siamo lasciati e abbiamo deciso di comune accordo di non vederci più per non trascinarci in una storia che ci avrebbe fatto soffrire: abbiamo comunque sofferto molto.C’è stato così un periodo sabbatico di astinenza di qualche mese, poi mi è passato e sono tornato a rapporti normali con le donne. La prima è stata Sabrina, diciannovenne simpatica e sbarazzina. Andava ancora a scuola, faceva la quinta liceo a Venezia e spesso passava a casa mia dopo le lezioni. Ai suoi diceva che andava da un’amica, invece veniva da me a scopare. Al contrario delle altre ci facevo solo del sesso, eravamo entrambi consapevoli della cosa e ci andava bene: entrambi reduci da storie importanti, avevamo bisogno di una di passaggio. E ci divertivamo: giravamo per la città, andavamo al cinema, nei musei, a bere vino nei caffè… Non ho mai conosciuto nessun’altra ragazza che sapesse apprezzare quanto lei l’”ombretta” di vino, rigorosamente rosso. Non che bevesse tanto, non più di un bicchiere o al massimo due al giorno, ma proprio le piacevano.Comunque i nostri giri finivano sempre e immancabilmente nel letto di casa mia, a fare del buon sesso. Nonostante la giovane età ci sapeva fare, aveva poi una malizia innata che la faceva sembrare ancor più navigata ed esperta. Le piaceva svestirsi in maniera sensuale o girare per la casa nuda o quasi come se fosse la cosa più naturale del mondo, giocando e scherzando con la mia eccitazione.Talvolta si spogliava appena entrava ma sembrava non volerne sapere di fare sesso: mi stuzzicava in tutte le maniera senza cedere mai. Era una specie di gioco: allora la prendeva praticamente con la forza, la buttavo sul letto o sul divano e la scopavo mentre si lamentava, o meglio fingeva di farlo. Giocavamo questa specie di gioco di ruolo in cui talvolta lei era una nobildonna, talvolta una serva sottomessa.Più di tutto le piaceva stuzzicarmi in mille maniere e poi farmi esplodere… Emblematico cosa è successo un giorno: è arrivata da scuola (era maggio e stavamo insieme da poco) con una maglietta attillata sui suoi giovani e prorompenti seni senza reggiseno, una minigonna ultramini, le sue gambe da urlo nude davanti a me… Ha mangiato con calma, lanciandomi mille messaggi di lussuria, bevuto anche il caffè ha preso a strusciarsi addosso ma non mi ha permesso come al solito di buttarla sul letto e iniziare a spogliarla.Invece si è inginocchiata ai miei piedi e ha preso a toccarmi il pacco, a baciarmelo attraverso i calzoni e andando per le lunghe me l’ha tirato fuori, prendendomelo in mano, stuzzicandomi in maniera sfuggevole. Qualche lieve carezza, un paio di bacetti, un guizzo veloce della lingua, il movimento estatico della sue mani sull’asta e sui testicoli e così via. La sua bocca continuava a esser lì, ma lei sembrava non voler decidersi di prendermelo finalmente fra labbra.Addirittura prese a darmi qualche lenta e sublime leccata, ma senza continuare a farlo e solo ogni tanto, facendomi fremere di desiderio e di attesa.Quando la sua mano prese a masturbarmi e lei a sorridermi con quella sua espressione da ragazzina birichina non riuscii più a resistere: nel breve volgere di alcuni secondi mi ritrovai a venirle addosso, il mio seme denso che sprizzava dal mio cazzo alla sua faccia, imbrattandole il viso, le guance, la gola e anche la maglietta.Si fermò all’improvviso, proprio non si aspettava che sarei venuto così presto, non me l’aspettavo nemmeno io ma era stata sublime nell’eccitarmi, non avrei mai pensato che sarebbe stata capace di tanto.Subito, preso com’ero da quell’orgasmo esplosivo, non mi resi conto della sua reazione: solo quando la vidi voltata verso la porta e compresi finalmente il significato delle parole che mi aveva rivolto, per niente carine.Ancora con il membro fuori dai pantaloni mi avvicinai a lei e riuscii a farla ragionare un po’, del resto non avrebbe potuto uscire in strada in quelle condizioni, con in faccia ancora i segni del mio orgasmo. Ci riappacificammo sotto la doccia, giocando e toccandoci sotto l’acqua come due foche in vena scherzi. Tornò a sorridermi e a toccarmi con la sua malizia e facemmo l’amore in maniera indimenticabile.Più passava il tempo e più le nostre acrobazie sessuali diventavano sempre più acrobatiche, mettevamo in pratica quelle che fino a quel momento erano rimaste le nostre fantasie più recondite. E io tornavo sempre, dopo ogni avventura e ogni storia, alle mie passeggiate per Venezia. Ero letteralmente innamorato di questa città, ma non tanto di piazza San Marco e del Palazzo Ducale, del Ponte di Rialto o dei mille altri monumenti famosi. Sì, anche quelli mi lasciavano a bocca aperta, ma a me soprattutto affascinavano quelle stradine, quei ponticelli tutti uguali e tutti diversi fra loro, quegli scorci di città che il turista non ha mai saputo apprezzare. Infilarsi in un calle, girare l’angolo e vedere l’acqua fra due alte case, le finestre che davano le une sulle altre, mille scalini sul mio percorso…Ero al terzo anno di architettura, era un periodo abbastanza tranquillo per gli esami, ne avevo da dare uno soltanto a settembre per terminarli. Non sono mai stato un secchione però l’architettura mi aveva sempre affascinato e riuscivo a stare al passo nei miei studi. Così, quell’estate, ero rimasto a Venezia, tranne qualche giretto qua e là, qualche visita a casa e una breve vacanza. Alla fine mi piaceva anche quando al posto dell’acqua alta c’erano i turisti a colmare piazza San Marco.Era pomeriggio, saranno state le tre, quell’orario in cui nessuno esce e la città sembra addormentata sotto il solleone di agosto, un agosto caldo come se ne ricordano pochi. Giravo quasi a vuoto per le calli, ormai potevo dirmi un grande conoscitore della città e sarei riuscito a tornare a casa da qualsiasi punto in cui mi avessero messo, quando incrociai Angelica. Frequentava anche lei architettura, ormai era all’ultimo anno e stava preparando la tesi, capitava spesso di incrociarsi per i corridoi della facoltà e scambiare due parole. Anche lei era rimasta in città in quell’agosto tremendo, per cui ultimamente era capitato di vedersi più di frequente.”Ciao Angelica!”.”Ciao, come va?” mi chiese con il suo stupendo sorriso proprio in cima a un ponticello, di quelli che mi piacciono tanto, soprattutto quando sono attraversati da belle ragazze come Angelica: capelli castani, lunghi fin oltre le spalle e mossi ma non ricci, un fisico perfetto modellato da tanti anni di ginnastica artistica, un visto stupendo con degli intensi occhi marroni appena velati da un paio di occhiali leggeri.”Bene, stavo facendo una passeggiata perché non ce la facevo più di stare in casa”.”Anch’io sono stanca: sono stata a studiare fino adesso, da stamattina presto… Ora dovrei andare a casa e rimettermi sui libri…”.”Come sei messa con la tesi?”.”Be’, non male, però ci tenevo a fare una bella figura”.”Peccato, però pensavo di invitarti ad andare a fare il bagno al Lido” dissi con fare noncurante, sapendo che avrebbe accettato in questa maniera.Lei mi guardò tentata dalla cosa, poi con uno sforzo di volontà cercò di scacciare la tentazione: “No,dai, devo finire dei prospetti anche… Magari sarà per un altro giorno… Che ne diresti invece di andare a fare due passi stasera?”.Era una proposta più che naturale, senz’altro senza secondi fini: eravamo entrambi soli in una città grande come Venezia, satura di turisti, ma senza persone che conoscessimo appena un po’. Accettai volentieri, non tanto per la compagnia di una bella ragazza, a dire la verità anche per quella, ma soprattutto per la compagnia di una persona che conosceva dopo giorni di solitudine quasi assoluta.”Che ne diresti se andassimo comunque a fare il bagno?”.”La sera?” mi chiese lei stupita.”Ma no, al tramonto…”.”Che romantico che sei” mi disse lei con un sorriso: sembrava ancor più bella.”Facciamo così: alle sette vieni a mangiare a casa mia e poi andiamo a farci una nuotata”.”Ma lo sai che per fare il bagno bisogna aspettare almeno due ore dai pasti” mi disse lei scherzando.”Allora facciamo direttamente al molo per il traghetto”.”Ci sto. Però poi andiamo a mangiare a casa mia invece che a casa tua: credo che la dispensa di una ragazza sia molto meglio fornita di quella di casa tua…”.”A dire la verità sì” dovetti ammettere.”Allora ci vediamo alle sette al molo?”.”Perfetto”.Ci salutammo con un paio di baci sulle guance, mentre lei tornava a studiare e io a vagabondare.Mi infilai poi in uno di quelle osterie tipicamente veneziane in cui chi non parla il dialetto non sa proprio che pesci pigliare. Io, pur non essendo veneziano, qualcosa di dialetto masticavo anche al paese e il veneto in genere non è che cambi tanto, da Verona fino a Trieste ci si capisce nonostante le differenze di pronuncia e di sintassi.Invece della classica ombra di vino preferii una più dissentante birra fresca mentre guardava la cameriera, una splendida ragazzi sui venticinque anni, molto prosperosa e dalle splendide gambe lunghe, muoversi fra i tavoli nel suo vestitino ridotto. Non c’era a dire la verità molta gente, anche perché il locale era davvero piccolo e dopo un po’ la vidi sedersi a fumare una sigaretta vicino al mio tavolo.Stavo sfogliando distrattamente il giornale e appena lo richiusi lei mi rivolse la parola:”Fai l’università tu?”.”Sì, faccio architettura, sono al terzo anno” risposi distrattamente.”Mi sembra di averti già visto da qualche parte…”.”Facile, mi piace passeggiare per Venezia, per cui non è raro avermi già visto in molti posti”.”No, non mi sembra di averti visto per strada. Forse qui al bar o in qualche altra parte…”.”Può darsi, sono venuto ancora qui”.”Ma non fa troppo caldo per studiare?” mi chiese.”E, in effetti sì… Poi oggi non ne ho per niente voglia, così sono venuto a fare due passi, ma mi è venuta una gran sete”.”Sapessi che caldo ho io!” mi disse sventolandosi sensualmente la camicetta leggera che indossava, una camicetta bianca sotto la quale si intuiva il reggiseno. Iniziai a provare un certo interesse per lei…”Sei qui in un appartamento?”.”Sì, ho un appartamentino in affitto, sono da solo… Preferisco così!”.Lei si alzò dal suo tavolo e venne sedersi di fianco a me.”Io invece lo divido con tre ragazze, fanno tutte e tre l’università, sono l’unica che lavora. Avevo iniziato anch’io anni fa, ma non faceva per me, mi sono ritirata dopo un anno. Però mi piaceva la vita qui, lontana da casa e dai genitori così ci sono rimasta”.”Lavori qui a tempo pieno?”.”Sì, tutti i giorni”.”E non ti piacerebbe cambiare, fare una vita normale in una città normale?”.”No, mi piace Venezia, mi piace questa vita, anche se non guadagno molto e non posso permettermi grandi spese. Finché ci riesco, voglio continuare così. So che non sono più una ragazzina, ho venticinque anni, però non voglio “mettere la testa apposto””.Sorrisi a quell’idea di vita, un po’ mi affascinava, non so se avrebbe fatto per me.”Vivo un po’ alla giornata, vengo al lavoro e poi vado a divertirmi, con le mie amiche, con le mie compagne d’appartamento, con dei ragazzi…””Capisco cosa vuoi dire, anche a me non attira la vita programmata, otto ore in ufficio, poi a casa, al limite uscire con gli amici. Qui la vita è un po’ speciale, Venezia è sempre un po’ una favola…”.”Sei simpatico! Io ora finisco il turno, perché non andiamo a fare un giro assieme?”.”Va bene, tanto io non ho nulla da fare a parte studiare. E oggi di studiare non se ne parla nemmeno”.”Aspettami allora, vado a cambiarmi” si alzò e andò a richiudersi dietro di sé la porta nell’angolo con la scritta “privato”.Mi alzai e pagai, chiedendomi se non era il caso magari di sparire e di non farsi vedere più. Non sapevo come mai, ma mi sembrava di stare a fare qualcosa di peccaminoso e di proibito, era una sensazione strana che non sapevo spiegarmi e che forse non mi era nemmeno mai capitato di vivere. L’indecisione fu decisiva e infatti dopo pochi secondi la ragazza uscì dallo sgabuzzino con un corto top che le scopriva il ventre e le aderiva perfettamente al seno prosperoso, lasciandole scoperte le spalle sulle quale ricadevano i capelli neri e lunghi. Aveva un bel viso, carino su cui si leggevano i leggeri segni dei suoi venticinque anni: certo non era più una ragazzina, ma nemmeno così vecchia da non suscitare il mio interesse: alla fine aveva solo tre anni più di me! Anche le sue gambe, che spuntavano da una minigonna svolazzante, era in una certa maniera molto interessanti: lunghe e per nulla scheletriche (non mi sono mai piaciute le donne troppo magre), ben tornite e un po’ tondette. Non che fosse grassa e nemmeno in carne, aveva solo quei due o tre chili in più nei punti giusti: quel genere di donne che preferivo, non perfette ma quanto mai interessanti!Uscimmo dal locale fianco a fianco e lei subito si accorse di una cosa:”Non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Lara” mi disse allungandomi la mano. Mi presentai anch’io, in quel modo molto formale che poco si addiceva al nostro incontro, tutto fuor che formale.”Di dove sei?”.”Io sono di Feltre, in provincia di Belluno. Sono una montanara trapiantata a Venezia”.Chiacchierammo un po’, del più e del meno, di varie cose che possono interessare due giovani di poco più di vent’anni mentre salivamo e scendevamo lunghe le calli veneziane.”Ti andrebbe di venire a casa mia? Non preoccuparti, le mie compagne d’appartamento sono tutte a casa” mi disse come se questo potesse essere un problema per noi.”Va bene, è distante da qui?”.”No, saranno sì e no un quarto d’ora a piedi”.Così ci avviamo verso casa sua, sempre affrontando argomenti alquanto futili, qualche episodio curioso che ci era capitato, ma nulla di che.Arrivammo al portone e salimmo le ripide scale che conducevano ad un appartamenti poco più grande del mio.”Permesso” chiesi per educazione entrando.”Entra, non ti preoccupare, non c’è nessuno!” mi disse Lara sorridendo al mio lieve imbarazzo che sempre mi prende nell’entrare in una casa che non conosco.”Carino” dissi lanciando uno sguardo attorno: in effetti era arredato niente male, senza grandi cose ma in maniera carina.”Scusami il disordine invece. Non è che sia molto amante di queste cose, di solito fanno pulizia le mie compagne quando tornano. Io preferisco darmi ad altri lavori domestici, dal bucato alla cucina. Accomodati pure”.Ci sedemmo entrambi sul divano, anzi, sprofondammo letteralmente.”Prendi qualcosa?”.”Un succo di frutta o un tè freddo se ce l’hai”.Lara tornò con una lattina di tè alla pesca per me e una coca-cola per lei e tornammo a parlare. La discussione però si fece stavolta più animata, toccando vari argomenti d’attualità, dalla politica all’etica e alla morale. Mi sorprendeva quella ragazza venuta da un paese di montagna, vissuta a Venezia in quel modo così stravagante, quanto fosse attenta e ricettiva nei confronti di tanti problemi che generalmente non scalfivano minimamente l’interesse di tanti ragazzi. Per di più potei scoprire, nel corso della nostra conversazione, che aveva un’ampia cultura, non bigotta o chiusa, dettata dai programmi scolastici com’è per molti, ma di aperte vedute.Inutile dire che mi piacquero molto queste sue caratteristiche, mi attirava molto in una donna, oltre al suo aspetto fisico, l’intelligenza e una mentalità aperta.Con il passare del tempo cominciai a notare dei chiari segnali del suo corpo: il suo sguardo languido e intenso mi fissava a lungo, il movimento sinuoso del suo busto, che sembrava volesse stuzzicarmi esibendo le sue forme abbondanti, la sua mano che si carezzava piano e distrattamente, le cosce, il fianco, il seno.I nostri discorsi fino a quel momento aveva toccato i più svariati argomenti, soprattutto sotto il profilo culturale, e io iniziavo ad apprezzarla proprio per questa sua capacità. Presto però iniziammo a cambiare argomenti, arrivando a qualcosa di più scottante passando per vari gradi di rapporti interpersonali. Arrivammo insomma a parlare di sesso, ed ovviamente era stata lei a guidarmi ad affrontare quell’argomento.”Io ho perso la verginità a quindici anni” mi disse quasi vergognandosene, parlando con voce un po’ insicura e abbassando lo sguardo come fosse una confessione.”Cercavo l’amore in quello splendido ragazzo che mi aveva conquistata e pensavo che con il sesso scoccasse in lui quella scintilla che prima non mi sembrava di notare ma che invece mi aveva completamente preso. Invece non successe… Capii che c’era l’amore, ma che parimenti poteva anche esserci solamente il sesso. Mi ci volle un po’ e solo con la maturità capii e iniziai a comprendere la differenza fra le due cose. Con gli anni ho imparato ad amare, ma anche ho imparato che, talvolta, non può esserci che sesso. E ho imparato anche a godermi questi momenti… Possono essere il ritrovarsi con un vecchio amico o anche l’inizio di una nuova relazione…” disse leccandosi leggermente le labbra, a sottolineare quelle ultime parole.”Credo che l’argomento sia più facile da affrontare per noi maschietti. Da anni la nostra cultura ci ha spinto ad accettare il maschio latino, avventuriero, che può portarsi a letto una donna per una notte senza alcun problema di rimorsi o quant’altro. Certo che per una donna non è esattamente la stessa cosa, ci sono molti pregiudizi e molti tabù da vincere…”.Lara mi guardò languidamente, facendomi comprendere chiaramente quali fossero le sue intenzioni. Tuttavia non prendemmo alcuna iniziativa ma continuammo invece a parlare, pur di argomenti scottanti: fu proprio lei a guidare la conversazione in questo campo.”Hai mai incontrato una ragazzo che fosse attirata da te solo fisicamente, senza implicazioni sentimentali?” mi chiese dimostrandomi ancora una volta la sua mentalità aperta.”Sì, a dire la verità anche più di una volta…”.”Insomma, hai anche avuto relazioni di solo sesso”.”Mi è capitato, in particolari periodi della mia vita mi anche successo di non voler impegnarmi in una nuova storia, di desiderare qualcosa di un po’ meno vincolante. Devo però ammettere che non è mai stato altrettanto soddisfacente che una storia seria”.”Sotto tutti i punti di vista?” mi chiese Lara maliziosamente.”No, a dire la verità no. Se intendi il sesso è comunque molto soddisfacente, anche se ha un sapore diverso, non è paragonabile l’avventura di una notte con il rapporto con la propria fidanzata. Trovo difficile fare un paragone, dire qual è più soddisfacente, quando si gode di più…”.”Io senz’altro ho fatto le scopate più disinibite della mia vita proprio in occasioni del genere, quando non c’erano (o non c’erano ancora) legami che andassero oltre la passione fisica. Sarà che mi sono ritrovata sempre ragazzi che magari avevano una certa educazione per cui andare oltre il solito era considerato un tabù insormontabile o quali, li scandalizzavano le mie richieste particolari, quasi certe cose non si potessero fare con la propria ragazza ma fossero riservate alle puttane”.”Non è il mio caso” dissi ridendo. “Sono abbastanza aperta a nuove sperimentazioni a letto, a meno che non vadano troppo sullo scabroso o sul sadomaso, anche se magari ho provato a legare la mia compagna al letto”.”O a essere legato tu stesso?” chiese curiosa.”Sì, a dire la verità è capitato anche quello” ammisi candidamente.”E com’è stato? Voglio dire, a me è successo, ho provato, ma credo che le sensazioni che prova un uomo in una sensazione del genere non siano le stesse di una donna”.Riflettei un attimo, rievocando quella immagine di un po’ di tempo prima, che ricordavo, ma non così nitidamente.”È stata una cosa strana, sentirmi completamente in potere di una donna, senza poter far molto di più che muovermi di pochi centimetri. Un po’ come essere cavalcati in uno smorzacandela… Senz’altro molto piacevole, lei lo sapeva fare molto bene”.Lara a quel punto mi si era praticamente appoggiata contro il petto mentre stavamo seduti fianco a fianco sul suo divano, sentivo il suo bel seno abbondante premermi contro morbidamente, il calore del suo corpo, addirittura il profumo delicato della sua pelle e cominciavo a eccitarmi. Sì, era molto piacevole ritrovarmi in una situazione del genere con quella ragazza, seppure la conoscessi da pochissimo, mi stava invadendo la voglia di fare qualcos’altro con lei che parlare solamente… E anche lei era dello stesso avviso, almeno dalle parole esplicite che mi disse subito dopo.”Anche a me piace molto lo smorzacandela… e so farlo abbastanza bene…” e mi mordicchio delicatamente la pelle del collo cominciando a salire progressivamente verso la mia bocca. Stavo per baciarla e per cominciare quello che sarebbe stato un divertente pomeriggio quando sentii il mio telefono squillare vivacemente. Il forte trillo ci disturbò e mi affrettai a rispondere, mentre lei si rialzava per lasciarmi un attimo di spazio per parlare.Maledissi fra me e me il mio interlocutore, senza nemmeno il tempo di guardare il display per vedere chi fosse.”Pronto?” risposi un po’ scocciato.”Pronto, ciao, sono Angelica”.”Ah, ciao” dissi cambiando immediatamente espressione e Lara, accorgendosi della cosa, drizzò le orecchie cercando di capire di che tipo di telefonata si trattasse.”Ti disturbo?” disse lei premurosa cogliendo nella mia voce la nota di disappunto.”No, no, dimmi pure…” dissi io un po’ imbarazzato da quella situazione. Mi sembrava di stare a fare un doppio gioco e la cosa non mi pareva per niente corretta.”Per stasera ho un problema, credo farò un po’ tardi… Ti dispiace se posticipiamo di un po’?”.Guardai Lara che aveva probabilmente sentito quelle parole. Non sapevo come scaricare Angelica, forse non intendevo affatto farlo, mi stava a cuore e non mi sembrava giusto trattarla male.”Va benissimo per me. Facciamo a che ora?”.”Alle sette e mezza dovrei liberarmi ed essere al molo”.”Va benissimo per le sette e mezza”.Ci salutammo e appena riattaccai Lara mi chiese burbera: “Chi era?”.”Un amico con cui devo uscire stasera”.”Un amico, ah sì. Angelica, un bel nome per un ragazzo” disse alzandosi arrabbiata e facendomi intendere che dovevo andarmene, magari dimenticandomi il suo nome e il suo indirizzo.”Ma no, è solo un’amica, non è come pensi tu!”.”Io non penso a niente! Sei tu che hai pensato di prenderti un pomeriggio di divertimento a mie spese. E ora fuori di qui, e in fretta! Non sono una che salta prontamente nel letto del primo che passa!”. Quella sera fui puntualissimo: alle sette e mezza davanti al molo del traghetto. Angelica arrivò da lì un minuto: era splendida con quella sua maglietta corta che le scopriva l’ombelico e il suo ventre piatto ed atletico, aderendole perfettamente ai seni. Mi chiesi come mai si ostinasse a indossare i pantaloni, quando una minigonna o anche un paio di comodi pantaloncini sarebbero stati molto più pratici e, cosa non meno importante, avrebbero reso giustizia alle sue belle gambe.”Ciao!” mi salutò semplicemente baciandomi sulla guancia.”Ma sei bellissima!” e lo era, poi aveva quel tocco di particolare datole dal fatto che non indossava gli occhiali quella sera: probabilmente aveva messo le lenti.”Grazie” mi rispose semplicemente abbassando lo sguardo.”Com’è andata oggi pomeriggio?”.”Uff, uno stress! Non farmi parlare della tesi che non ne ho proprio voglia! Non vedo l’ora di farmi una bella nuotata e di rilassarmi un po’…”.”E io che pensavo di portarti in qualche locale carino”.”Beh, vediamo. Intanto andiamo a nuotare. Sai da quanto non lo faccio? Quest’estate non sono mai andata…”.”Ecco il traghetto!” e infatti l’imbarcazione si stava avvicinando.In un attimo salimmo e ci pigiammo ai soliti turisti, nemmeno tanti alla fine: non fu difficile trovar posto a sedere, cosa impensabile ad altri orari!”E tu cosa hai fatto oggi?” mi chiese lei un po’ distrattamente.”Nulla di particolare…” cercai di sviare il discorso.”Hai continuato a passeggiare o sei andato a casa?” mi incalzò.”Mi sono fermato in un bar a bere una birra e sono stato abbordato da una cameriera” le dissi un po’ imbarazzato. Per me non era affatto normale una situazione del genere.”Davvero?” mi chiese lei più interessata, drizzando le orecchie.”Sì, un tipo davvero curioso, ha 25 anni e fa la cameriera a tempo pieno. E nel tempo libero fa un po’ di tutto, legge libri, esce con le amiche a far festa magari fino a tardi, se ne va a passeggio per Venezia, proprio come facciamo noi… Vive insomma un po’ alla giornata, da eterna studentessa”.”E cose c’è di strano?” mi chiese Angelica non capendo il mio atteggiamento, stupito della cosa.”Ecco, uno pensa che una volta finiti gli studi ci si mette a cercare un lavoro serio, che finisca di fare la vita precedente e inizi a pensare al futuro: la casa, la famiglia… Lei va fuori da questo schema”.”Tu ti immagini così il futuro? No, non fa per me!” disse Angelica. Mi sorpresi di questa sua fra , me la immaginavo molto “convenzionale” su queste cose.”No, a dire la verità nemmeno io!” ammisi sinceramente, contento di aver trovato uno spirito “ribelle” come me.”Cosa pensi di fare terminata l’università?”.”Credo mi fermerò qui a Venezia, penso che un giovane architetto possa trovar lavoro con un po’ di buona volontà. Così potrò continuare a godermi la più bella città del mondo. Per il resto non so ancora…”.”Io ho già ricevuto un’offerta a Treviso, uno studio di amici dei miei dove potrò fare un po’ di pratica. Però non so, anch’io vorrei rimanere qui a Venezia, continuare un po’ questa vita. Non credo che il mio futuro sarà a Treviso, è così provinciale, bigotta, chiusa…”.La capii perfettamente, era ciò che pensavo del mio paese.”Forse mi trasferirò in qualche altra città: Padova o addirittura Milano”.”No, Milano non mi piace: troppo traffico, inquinamento e frenesia. Voglio vivere qui a Venezia, dove tutti sono in vacanza perché stanno facendo del turismo. La amo per questo Venezia: è la città delle vacanze da favola…”.”Che strano che sei anche tu!” mi disse Angelica ridendo.”Alla fine com’è andata con la tipa?” mi chiese curiosa.”Mi ha invitato a casa sua, abbiamo parlato a lungo: sembrava una povera cameriera ignorante invece aveva una bella cultura ed era un’ottima conversatrice”.”Parlato solo?” mi chiese con un sorrisetto malizioso.”Sì, poi ha iniziato a farsi sotto più decisa, con chiare intenzioni, ma una mia amica ha telefonato proprio in quel momento…”.Angelica si fece ancor più attenta alle mie parole.”Lei ha capito che aveva un appuntamento quella sera con una ragazza, s’è arrabbiata e mi ha scaricato di brutto cacciandomi di casa”.”Mi dispiace tanto” mi disse seriamente, cupa in volta. “Non volevo rovinarti tutto”.”Ah, ma non importa! Basta che sei disposta a fare quello che aveva in mente la tipa!”.Angelica rise alla mia battuta, rasserenandosi un po’ nel rendersi conto che non me l’era presa.”In fondo non era il mio tipo, troppo diretta e un po’ “maiala”, chissà con quanti altri lo avrà fatto…” buttai lì.”Sempre così voi uomini!” sbottò lei piccata. “Se una ci sta è una troia…”.”No, non era questo che volevo dire, anzi…”.”Però l’hai detto!”.”Va bene, ammetto che l’ho detto ma era solo per farti capire che non hai rovinato niente di particolare”.Angelica capì le mie intenzioni e mi perdonò mentre ci avvicinavamo al litorale del Lido.Di lì a poco il traghetto ci scaricò e noi andammo a cercare un pezzo di spiaggia libera. Ci incamminammo pian piano verso il mare, calmo e rilucente al sole basso sull’orizzonte.”Andiamo?” le chiesi quando eravamo ormai sul bagnasciuga, le scarpe in mano perché non si riempissero di sabbia.”A dire la verità io dovrei cambiarmi prima” mi disse un po’ imbarazzata.”Non ti sei messa il costume sotto?” le chiesi stupito della cosa: a me era sembrato così naturale farlo.”Ehm, no… Non ci avevo pensato, l’ho messo nello zainetto” infatti aveva con sé uno zainetto in cui aveva infilato tutto il necessario.”immagino che qui intorno non ci sia nulla dove posso cambiarmi” disse guardando in giro, ma non c’era null’altro che sabbia e mare.”Non preoccuparti, puoi farlo qui, io non ti guardo”.”Non c’è problema, sai che le ragazze sanno cambiarsi anche con una maglia addosso” mi disse sorridendo.Iniziammo a spogliarci: mentre mi toglievo la maglietta lei si sfilò i pantaloncini. Non potei fare a meno di guardarle le gambe ma soprattutto di sbirciarla fra le cosce. Indossava delle mutandine nere in pizzo, molto eccitanti e anche leggermente trasparenti ma non al punto di rivelarmi distintamente la sua peluria. Sentivo tuttavia il mio pene irrigidirsi mentre si annodava l’asciugamano ai fianchi e se le abbassava. Distolsi lo sguardo per cortesia e per non fare pensieri strani che mi avrebbero portato a saltarle addosso, sapendola nuda sotto i miei occhi. Con la coda dell’occhio, mentre mi toglievo a mia volta i pantaloni, la vidi infilarsi il pezzo sotto del bikini.”Vedi? Siamo ingegnose, no?” disse ammiccando per rompere un po’ l’imbarazzo.Io sorrisi e la guardai armeggiare con le braccia sotto la maglietta mentre si slacciava il reggiseno e se lo sfilava. Andai a tastare l’acqua per pensare ad altro: “Senti, è bella calda!”.”Arrivo, solo un attimo”.Quando mi girai nuovamente sfoggiava un bel due pezzi blu e stava cercando di allacciarsi il reggiseno.”Mi faresti il piacere di allacciarmelo tu, non ci riesco”.Andai dietro di lei e provai anch’io più volte, senza alcun risultato.”Dev’essere difettoso” concluse lei. “Guarda, una volta che ho l’occasione di fare il bagno!” si lamentò.Provammo ancora, prima io e poi lei, ma non ci fu nulla fa fare, il gancio era davvero rotto e a nulla valsero le maledizioni che gli lanciò Angelica.”Cosa facciamo?” le chiesi infine.”Fallo tu il bagno, io ti aspetto qui…”.”Ma no, tanto vale allora… Senti, almeno infilati la maglietta e stiamo nell’acqua bassa”.Lei guardò i suoi vestiti e sembrò illuminarsi: “Che idea! Potrei usare il reggiseno come costume da bagno”.Poi aggiunse: “Sempre che non ti imbarazzi”.”Figurati” dissi io. “Anzi, senza rifare la trafila della maglietta, visto che non c’è nessuno in giro, io mi giro e tu cambiati”.”Okay”.Un attimo dopo Angelica era nuda dietro di me e solo la cortesia appunto e la parola data mi trattennero dal girarmi.”Eccomi” disse infine: la guardai con gli slip blu e il reggiseno di pizzo nero. Era così sexy che un fremito mi percorse l’inguine.Mi sorrideva raggiante, finalmente pronta al tanto sospirato bagno.”Facciamo chi arriva prima?” mi chiese con l’entusiasmo di una ragazzina mentre si lanciava in una corsa sfrenata prima sulla sabbia e poi sull’acqua fin quando le arrivò al ginocchio, per poi tuffarsi.Io non vedevo altro che il suo culetto perfetto e tondo, la sua schiena atletica, le sue gambe lunghe e scattanti. La rincorsi animato da questa visione più che dall’usuale orgoglio maschile.Infine la raggiunsi a nuoto afferrandole una caviglia e instaurando una breve lotta sguazzando. Ci fermammo a prender fiato ridendo, guardandoci l’un l’altra.Lo sguardo mi scappò un attimo a occidente, sul sole che s’apprestava tramontare tingendo tutto di rosso.”Guarda che bello!” le indicai e lei rimase a bocca aperta di fronte a quello spettacolo della natura. Ci fermammo un po’ a goderci quel panorama stupendo, il sole che andava a nascondersi verso la terra, noi sul mare separati dalla laguna solo da poche centinaia di metri di terra.”E poi c’è gente che sogna un atollo ai tropici… Cosa vuoi di più dalla vita? Uno splendido tramonto sulla laguna veneta, con Venezia là a guardarci, una ragazza prima che bella, intelligente e simpatica insieme con me…”.Angelica abbassò un attimo lo sguardo leggermente imbarazzata al mio complimento, disse solamente un “Grazie” sottovoce, poi tornò a fissare quel panorama fantastico.”Grazie anche di avermi portata qui: è davvero qualcosa di unico, non pensavo ci fossero posti così belli qui attorno… Parlano sempre male della laguna, come di un posto stagnante e malsano”.”Invece è uno dei luoghi naturali più belli del mondo. Proprio come Venezia è senza dubbio la città più bella del mondo. Angelica, non ti rendi nemmeno conto della fortuna che abbiamo: ce ne accorgeremo tra qualche anno, quando la vita ci porterà ad essere rinchiusi in uno studio zeppo di carte e scrivanie, in qualche squallida città del mondo”. “Speriamo di non ridurci come dici tu…” disse lei con una punta di malinconia, aveva intuito cosa volevo dire.”Alla fine la vita sconfiggerà anche gli irrefrenabili sognatori come noi: potremmo resistere qualche anno con la nostra energia e la nostra vitalità al suo corso naturale, poi ci arrenderemo e ci adageremo come tutti gli altri, come tutti quelli che avevano sognato una vita diversa, fuori dal comune, prima di noi”.Lei non sembrava molto d’accordo, forse non sognava tanto come me, ma perlomeno aveva una cieca fiducia che questi sogni non fossero effimeri e di breve durata come io invece ero convinto. “Vedremo, lo vedremo fra qualche anno questo. Intanto però è inutile sciupare un momento del genere con le parole: perché non ci facciamo un’altra nuotatina?”.Detto e fatto ci ritrovammo ancora a nuotare lentamente, l’uno al fianco dell’altra, scambiandoci fra le bracciate qualche breve sguardo e ammirando il tramonto che si stava approssimando. Sì, forse era quello il paradiso, per un breve momento mi sembrò di toccarlo anche sulla terra. Guardai Angelica che nuotava al mio fianco e anche lei mi lanciò uno sguardo: i suoi occhi mi toccarono nel profondo, il suo sorriso mi scombussolò…Non ci avevo mai pensato prima, ma mi trovavo veramente bene con quella ragazza, così simpatica e alla mano, mi piaceva il suo modo di ragionare, il suo carattere apparentemente fragile ma che nascondeva invece una personalità di un certo spessore. L’avevo sempre vista come una buona amica, non una confidente, ma una persona con cui vedersi di tanto in tanto e con cui mi capivo se non al volo, quasi. Ora all’improvviso mi si faceva dinnanzi qualcosa in più: mi sentivo come un ragazzino che rimane stregato dal passaggio della bella di turno e si innamora perdutamente. Eppure non ero più un ragazzino.Ci fermammo a guardare ancora una volta le meraviglie davanti a noi, ormai eravamo al largo e non toccavamo più con i piedi sul fondale ma eravamo entrambi nuotatori abbastanza abili da poter stare fermi anche a lungo nello stesso punto. Guardai Angelica: aveva un fascino particolare in quel momento, i lunghi capelli castani, tendenti al biondo, usualmente ondulati, erano ora bagnati e per questo le ricadevano lisci e più scuri sulla schiena. I suoi bei seni tondi spuntavano provocanti dal reggiseno, non potei fare a meno di sbirciarla là e di provare un certo desiderio. Eppure era un desiderio così diverso da quello che aveva provato nei confronti di Lara quel pomeriggio: poche ore prima era stato tutto diverso, ero preso da un eccitazione e da una spinta puramente sessuale, non c’era nient’altro dietro. Invece per Angelica provavo stima e simpatia, e da quella sera anche qualcosa in più… La desideravo in modo diverso da come avrei potuto desiderare qualsiasi altra donna in quel momento, mi sentivo anche molto più coinvolto emotivamente, il cuore mi batteva a mille e mi rendevo conto di provare una certa strana emozione che per un po’ avevo dimenticato. Era come se si risvegliasse qualcosa in me che forse avevo cercato di cancellare, forse avevo creduto fosse scomparso, invece l’avevo solamente celata in qualche recondito angolo del mio subconscio in attesa di un momento come quello.”Guarda, si vede anche Murano” mi disse indicandomi un punto all’orizzonte, nella laguna. Conoscevo quei posti quel tanto che bastava per riconoscere l’isola famosa in tutto il mondo per i suoi vetri e i suoi cristalli: prima non l’avevo nemmeno notata…”Mi piacerebbe andare a fare un giro là, credo di non esserci nemmeno mai stata a quel che ricordo. Mi ci porteresti stasera?” fu la sua proposta che mi sorprese.”Va bene, se ti va… Però non credo ci siano grandi divertimenti…” a me l’idea piaceva, ogni tanto mi avventuravo fin là per passeggiare fra vie sempre uguali ma dal sapore leggermente diverso da quelle di Venezia. Non capivo però cosa potesse trovarci una ragazza come Angelica, o forse sì, trovava quello che esattamente trovavo anch’io e che a parole non si potrebbe dire.”Non importa, ti ho detto che ho voglia di passare una serata tranquilla, senza tante follie. Basta che vada bene anche a te però…” si preoccupò lei forse intendendo le mie parole poco entusiaste.”Figurati, sai quanto mi piace andarmene in giro per Venezia e nemmeno Murano ne è immune” dissi con un sorriso.”Però prima andiamo a mangiare un boccone” aggiunsi.”Non ci avevo pensato! In effetti ho una gran bella fame!” mi disse lei sorridendo.”Ti va una pizza?” le chiesi.”Pensi che potremmo permetterci qualcosa di più?” controbatté ironizzando sul fatto che dei poveri universitari dalle tasche sempre al verde non potevano che accontentarsi di un pizza, e stando anche attenti al locale perché si sa i prezzi che girano da quelle parti.”Però ti andrebbe di stare qui ancora un po’? È così bello!” mi chiese quasi supplichevole con i suoi occhioni magnifici. Non feci altro che riprendere a nuotare, stavolta senza prendere ulteriormente il largo per non correre il pericolo di perderci nel Mare Adriatico. Sarebbe stato molto spiacevole rovinare così una serata che stava avviandosi nel migliore dei modi…Nuotammo ancora con calma in quell’atmosfera così romantica, quasi ovattata: sembrava davvero di stare in un altro mondo, così lontani dai problemi quotidiani, dalle mille diavolerie e dalle industrie, anche se poco lontano da lì Marghera e Mestre rigurgitavano incessantemente nel cielo i loro rifiuti. Mi convinsi che era stare solo con lei in mezzo al mare, su una spiaggia fuori dal brulicare caotico, anche di sera, del Lido. Era davvero un piccolo ritaglio di paradiso terrestre sfuggito dall’Eden e andato a piazzarsi appena fuori Venezia.Quando decidemmo di uscire dall’acqua notammo subito una leggerissima brezza marina, una di quelle che magari altre sere ti fa provare un po’ di fresco nonostante sia estate. La temperatura invece era tale che l’effetto fu solo quello di un leggero refrigerio, non intensissimo ma comunque molto piacevole, dal momento che da parecchi giorni il caldo era piuttosto torrido.”Che scemo!” esclamai mentre Angelica si voltava verso di me con aria interrogativa. “Non ho nemmeno pensato di portarmi un asciugamano!”.Lei mi sorrise con l’espressione di chi la sa lunga: “Non preoccuparti, oltre all’asciugamano che hai visto prima, io mi sono portata anche un telo da bagno”.”Per fortuna voi donne pensate sempre a tutto!” la ringraziai con un sorriso.Ci avvicinammo a dove avevamo lasciato i vestiti con una certa apprensione: chissà perché ma ogni volta che facevo il bagno in quelle condizioni avevo sempre paura che qualcuno passasse e mi rubasse i vestiti. Paura del tutto irrazionale, anche perché se fosse successo che qualcuno si fosse solo fatto vedere sulla spiaggia, l’avremmo senz’altro notato.E infatti le nostre cose era tutte là addossate le une alle altre: Angelica tirò fuori il suo telo da bagno e mi prestò per asciugarmi il suo asciugamani più piccolo, comunque di una certa dimensione. Lei innanzitutto si asciugò alla bene e meglio i suoi lunghi capelli: non ci sarebbe stato comunque verso per riuscirci completamente, solo una volta arrivata a casa, col phon, avrebbe fatto qualcosa in più. Poi via via si asciugò un po’ su tutto il corpo e ancora non potei fare a meno di guardarla, tanto era bella e intrigante in quel momento. Lei notò che la guardavo e il suo sguardo incrociò il mio: temetti per un attimo a qualche appunto di rimprovero, invece furono solo larghi sorrisi d’intesa per nuotata insieme appena fatta.Fui io il primo a indossare un capo, e fu la maglietta mentre lei continuava ad asciugarsi, poi si annodò il telo intorno ai fianchi, come aveva fatto prima con l’asciugamano, per sfilarsi gli slip del due pezzi e indossare nuovamente le sue mutandine nere che tanto mi intrigavano. Mentre io mi infilavo i pantaloni sul costume da bagno ancora bagnato (d’altra parte quello era un piccolo inconveniente di fronte al fatto della comodità di non dover cambiarsi), lei indossava la sua maglietta corta ed aderente. Mentre mi riabbottonavo i pantaloni e sistemavo la zip, lei armeggiò sotto la maglietta per sfilarsi il reggiseno: d’altra parte era tutto bagnato e senz’altro sarebbe stata più comoda così. Non si rese nemmeno conto dello sconvolgimento che provocò in me quell’operazione, soprattutto quando una volta sfilato da sotto notai che la maglietta le si incollava al seno nudo e si notavano perfettamente i capezzoli.Alla fine, dopo esserci rivestiti, ci dirigemmo verso il centro dalla ricerca di una pizzeria in cui mangiare qualcosa. Fu però più difficile del previsto trovare qualche locale alla portata delle nostre tasche, ma non ci preoccupammo più di tanto. Un po’ ci sembrava di andare all’avventura, nel nostro piccolo: ancora il sale sulla pelle, i vestiti un po’ stropicciati, Angelica con tutti i capelli bagnati… Sembravamo una giovane coppia di scapestrati che vagavano senza meta, piuttosto che due futuri architetti.”Chissà se mi vedesse ora mia mamma!” dissi ridendo alla sola idea.”Per non dire dei miei, così formali e all’antica” mi disse Angelica ridendo: aveva colto al volo i miei pensieri, forse anche perché, essendo quella una piccola trasgressione per entrambi, ci rendevamo conto di essere un po’ trasandati.Ma non ce ne importava: guardai Angelica e vidi un bel sorriso e due occhi vivi di una ragazza contenta di quello che stava facendo.Che ce ne fregava alla fine di quello che poteva pensare la gente? Tanto valeva prenderci dentro e fare ciò che desideravamo…”Perché non andiamo direttamente a Murano? Mangeremo poi qualcosa a casa mia…” proposi allora.Lei mi guardò un attimo sorpresa, poi scrollò le spalle: “E perché no?”.Ci avviammo così al molo d’imbarco e fortuna volle che ci trovammo subito un traghetto. Ormai era buio, anche se erano le nove: i nostri stomaci, che pur reclamavano debolmente, avrebbero atteso!Ci sedemmo fuori, sul ponte, all’aria aperta: anche la sera faceva calco e la leggera brezza marina serviva a poco. Guardammo uno accanto all’altra le luci di Venezia, sembrava una città incantata sulla laguna, e forse lo è. Sentivo per l’emozione le farfalle nello stomaco, improvvisamente dimentico della fame, ammirando quello spettacolo unico al mondo, che riuscivo a godermi così bene.E quando Angelica si appoggiò lentamente, con molta naturalezza al mio braccio, le farfalle svolazzarono tutte insieme ancor più forte, facendomi battere il cuore all’impazzata dopo un salto nel vuoto in cui credei che si fosse fermato.”Che bello che è…” mormorò quasi fra sé e sé.Sì, non c’era niente di meglio al mondo, o meglio, c’era lei al mio fianco.”Venezia è una poesia, una poesia che viene raccontata tutti i giorni, in ogni momento”. Avevo lo sguardo fisso là, alla mia città, perché Venezia era ed è la mia città anche se non ci sono nata e se non ci vivo più.Abbassai leggermente lo sguardo per fissarla negli occhi, che a loro volta guardavano i miei: “È una poesia sempre diversa, che parla ora di amore e ora di morte, ora di gioia e ora di sofferenza, ti racconta la storia d’Italia e del mondo, le vite di migliaia di persone normali… Basta avere occhi per vederla e orecchie per sentirla: basta avere gli occhi e le orecchie del cuore”.Poi fu come in un incanto, in una di quelle storie d’amore che raccontano al cinema: fu così spontaneo e naturale che ancora non capacito di come accadde.Ricordo che la guardava e il mio cuore sobbalzava, la mia mente s’annebbiava nella sua bellezza. Non passò che un attimo o qualche minuto che sentivo il sapore dolce delle sue labbra sulle mie.Non fu un bacio appassionato ma molto romantico e dolce, mi sembrava quasi di essere tornato alla mia prima ragazza, quando ancora ero un adolescente.L’abbracciai e tornammo a fissare le luci di Venezia, mentre il traghetto ci portava a Murano: stemmo a lungo in silenzio, la sua testa appoggiata alla mia spalla e al mio petto. Sentivo i suoi capelli bagnati sulla mia pelle, il profumo di lei misto a quello salmastro del mare…Ci baciammo ancora una volta prima di attraccare: la culla del nostro amore fu l’isola di Murano, famosa per i suoi preziosi vetri, ma che né io né Angelica non assoceremo più a nient’altro che al nostro amore.Passeggiamo per quelle viette che conosceva vagamente, mano nella mano, come due giovani fidanzati quali eravamo.Inutile dire che Angelica era stupendo, i suoi capelli setosi così stranamente lisci e per niente vaporosi come al solito le davano un’aria strana, la maglietta sottile che le aderiva ai seni, rivelando la sagoma dei capezzoli, corta sul ventre da scoprire l’ombelico, i pantaloni a vita bassa che mostravano i fianchi e le erano incollati alle belle gambe.Ci scambiammo qua e là qualche bacio un po’ più appassionato, continuando comunque sempre a passeggiare fra le case e i canali. Ci stavamo inoltrando in quell’intricato labirinto senza nemmeno chiederci se avremmo saputo uscirne, dimentichi del mondo reale e immersi l’uno nell’altra.Un altro bacio appassionato in una vietta, la sua bocca che esplora la mia, le sue mani che vagano freneticamente sulla mia schiena e anch’io sono preda di quella specie di “smania” irresistibile.Sentii le mie mani vagare su di lei, dal viso alla gola, alle spalle e alla schiena, arrivando ai suoi seni sodi, alti da sfidare la gravità, erano senza reggiseno ma avevano comunque uguale consistenza. Li cinsi con le dita, mi riempirono perfettamente le mani, forse un po’ di più, erano qualcosa di straordinario… Sentii l’emozione e l’eccitazione sconvolgermi fin giù nel basso ventre.Le baciai il collo, la mascella, le orecchie e lei mugolò piano di piacere, a occhi chiusi, mentre ancora le toccavo i seni. Sospirò, poi farfugliò qualcosa: “Baciami anche lì, alzami la maglietta, voglio sentire la tua bocca…”.Sono parole quasi sommesse, ma ne comprendo il significato e nonostante il guizzo al cuore per l’eccitazione non potei che seguirle alla lettera: con un rapido, frenetico gesto, le alzai la maglietta fino alle spalle. Fu come una visione il suo ventre nudo e sopra quei seni perfetti, tondi, alti dai capezzoli chiari ed eretti.Mi buttai su di loro prendendoli in bocca, fra le labbra e succhiandoli, passandoci sopra la lingua in un mulinello pazzo.”Sì, è bellissimo… ti voglio, qui, ora, subito…” mi disse sempre ad occhi chiusi.Non feci in tempo a rialzarmi o pensare qualcos’altro che una voce ci fece sobbalzare: “Mas-ci! Cosa ti fa soto casa mia?”.Era l’urlo isterico di una vecchietta da una finestra lì in alto, chissà dove.La paura in un attimo lasciò strada alla sorpresa, Angelica si ricompose e scappammo via rapidamente giusto in tempo per evitare lo scroscio d’acqua che piovve da quella finestra insieme ad altre maledizioni in veneziano stretto. Ce ne andammo ridendo, per mano, a buon passo: l’attimo di improvvisa e incontrollata passione era passato, rimaneva il desiderio l’una dell’altra. Lo scampato pericolo ci fece comunque desistere dal riprovare in un altro vicolo contro un altro muro.A debita distanza dal luogo dell’accaduto ci guardammo scambiandoci una sguardo d’intesa: era arrivata l’ora di andare a casa, a Venezia, e di continuare su di un comodo letto quello in cui eravamo stati bruscamente interrotti.Ci avviammo verso il molo ma non fummo così fortunati come al Lido e sinceramente avremmo fatto volentieri cambio. Fu una tormentata, lunghissima mezz’ora e più di attesa, su una panchina nell’angolo più buio. Altre persone arrivarono via via ad aspettare il traghetto, per lo più turisti che rientravano a Venezia, e così i nostri baci e le nostre effusioni non potevano essere tanto spinti come l’istinto ci avrebbe portato.Come furtivamente le mie mani carezzavano e stringevano i seni di Angelica, altrettanto furtivamente lei mi toccava fra le gambe curiosa, scoprendo pian piano la forma della mia erezione.”Non vedo l’ora di baciarti ancora i seni” le sussurrai mentre le mie dita giocherellavano con il suo capezzolo attraverso la maglietta.Lei per tutta risposta mi passò il palmo della mano aperta sul membro, ormai durissimo sotto i calzoni. “E io non vedo l’ora di baciarti qua, e di prendertelo fra le mie labbra, succhiandoti piano, con calma…”.Nonostante tutta la sua audacia e il suo temperamento caldo mi stupiva enormemente: di solito era una ragazza calma e riflessiva, quasi timida…Fortunatamente, prima che potessimo commettere un’altra pazzia, arrivò il traghetto e salimmo a bordo, abbandonando per un attimo baci e carezze reciproci.Andammo a sederci a prua, all’aperto: non c’era che poca gente e tutta a poppa, cosicché potemmo fare economia sui sedili usandone uno sole e baciarci senza imbarazzi.Angelica era seduta sulle mie gambe e si stringeva a me, appoggiandomi provocantemente il seno al petto, sentivo le sue forme sode premermi contro prepotenti. Le sue labbra, dopo lunghi e furiosi baci, si staccarono dalla mia bocca: ebbi un motto di stizza al momento, ma sentendole scendere sul mio collo mi ricredetti.Con maliziosa abilità la sua bocca mi stuzzicava con baci, lievi tocchi della lingua, titillandomi equivocamente il loco dell’orecchio… E nel frattempo le sue mani indugiavano sulle mie cosce e sul mio ventre, quando ben altre parti anelavano le sue carezze.Volendo ricambiarle pan per focaccia, stuzzicandola e facendola fremere per qualcosa in più, presi anch’io a carezzarla lievemente sul ventre lasciato scoperto dalla sua maglietta. Mi riproposi di rimanere lì il più a lungo possibile, senza andare né a toccarle i seni sodi, né a sfiorarla fra le gambe. Tuttavia le chiesi proprio il contrario: “Vuoi che torni a baciarti come prima?”.Attesi un suo cenno affermativo e qualche secondo in più prima di chiederle ancora sottovoce: “Oppure preferisci che scenda a massaggiarti un po’ più in basso?”.Ancora lei annuì sussurrandomi un roco “sì” nell’orecchio prima di leccarmelo sensualmente. Eppure io resistetti e mi limitai a continuare ad accarezzarle il ventre piatto.Fu lei a lanciare un contrattacco che mi sorprese e mi colse alla sprovvista, facendo guizzare le sue dita sulla mia erezione tutto ad un tratto e chiedendomi a sua volta nell’orecchio:”Ti piace il mio ventre? Lo accarezzi così bene…”.Attese qualche istante prima di assestare un nuovo colpo.”Vorresti appoggiarmi lì il tuo bel cazzo? E poi strusciarti sopra piano…”.Mugolai socchiudendo gli occhi: aveva fatto centro!Avevo voluto provare a farla fremere e desiderare, ma in pochi secondi lei aveva capovolto la situazione. E mi stava lentamente slacciando i pantaloni.Ora avrei voluto essere già con le mie dita sul suo sesso, passarle sul suo pelo e fra le sue labbra, sfiorarle il clitoride e affondarle poi piano nella sua vagina.E invece era lei a passare le sue sulla mia asta, scendere a giocare con il mio folto pelo e a cingermi i testicoli con l’altra mano; e di certo non mi dispiaceva tutto ciò.Chissà se ora avrebbe mantenuto la promessa di prima, se me l’avrebbe preso in bocca… Ero diviso fra il desiderio e la naturale e ovvia paura di essere scoperti in quella situazione, dal momento che era già successo non più di un’ora prima.Presto la carezza sublime delle su dita mi fece scordare questo e ogni altro pensiero: la sua mano danzava irresistibile e leggera, sfiorando e senza quasi stringere. Poi mi guidò lenta verso il contatto atteso per alcuni istanti quasi con esasperazione: ebbi infine un sussulto quando il mo cazzo andò ad appoggiarsi alla calda e liscia pelle del suo ventre.Con un residuo barlume di lucidità la mia mano andò a insinuarsi fra le su cosce, aprendole i pantaloni: la sfiorai attraverso le mutandine, le abbassai e le mie dita accarezzarono il suo morbido intreccio di peli.Angelica si stava movendo, piano e aritmicamente, lo avvertivo sul mio pene, sollecitato così eccitantemente dal suo ventre e dalle sue dita; e anche al tocco della mia mano verso la sua intimità, che sembrava sfuggirmi.Raggiunsi infine il suo sesso, la sua umida fessura che sfiorai quasi rispettosamente mentre un fuoco mi cresceva dentro. La punta delle dita andò a sfiorarle le labbra, una e più volte, a sollecitarle la bacca tumida del clitoride… Avvertii appena un suo sospiro di piacere e, animato da questo, arrivai a spingere un dito oltre le labbra, affondando nella sua vagina bagnata fin dove potevo. Lo ritrassi e ancora affondai mentre lei continuava a muoversi lentamente ma comunque in modo altrettanto eccitante.Non me ne ero quasi nemmeno reso conto, ma stava per venire, sapevo che non avrei potuto controllarmi, da quando avevo affondato col dito in lei…”Sto per venire…” le dissi, come se fosse necessario. Era più un riguardo verso di lei, un avvertimento che ormai era inevitabile e che le avrebbe permesso di ritrarsi limitando i danni.”Sì, vieni” mi mormorò rocamente e con decisione, strusciandosi su di me con maggior foga.E venni, ancora con un dito in lei, flottando copiosamente il mio seme sul suo ventre e sul suo ombelico, preso da un orgasmo intensissimo.Aprii gli occhi dopo parecchi secondi e vidi ancora il mio cazzo nudo su di lei, lo sperma ricorprirle con ampie gocce la pelle nuda.”Scusami, che disastro…” dissi un po’ sconvolto.”No, non importa. È stato bello” mi disse baciandomi. “Sono venuta anch’io” Non avevo il coraggio di chiederglielo, per la mia innata timidezza e per il timore che non fosse stata davvero soddisfatta. Infatti non glielo chiesi, se le era piaciuto veramente.Sì, sono sempre stato un timido nonostante tante volte faccio un po’ lo sbruffone o il simpaticone, dimostrandomi invece tutt’altro. Credo che sia una forma di difesa, in certe situazioni però viene fuori tutta questa mia timidezza, raramente con le donne, però con Angelica era tutto così diverso…Mi baciò leggermente, a fior di labbra, e mi sussurrò: “Grazie, davvero…”.Mi sentii da un lato inorgoglire e dall’altra intenerire immensamente di fronte a quelle parole così dolci: era una ragazza speciale, di quelle che se ne trovano forse una nella vita, ma non era certamente quello il momento di pensarci. Volevo solo starci insieme e godermi ogni singolo istante in sua compagnia, una compagnia impareggiabile.Sorridendomi, quasi un po’ impacciata anche lei, si tolse lo zainetto che portava ancora in spalla e vi frugò rapidamente dentro alla ricerca di qualcosa che presto capii essere un fazzolettino o qualcosa del genere. Infatti ne tirò fuori uno da un pacchetto, il classico pacchetto mezzo cominciato che torna utile ad ogni occasione, e le sua lunghe dita con la vellutata morbidezza del fazzoletto di carta ripresero a carezzarmi il pene ancora appoggiata al suo ventre ma ormai afflosciatosi. Me lo ripulì per bene e amorevolmente me lo ripose all’interno degli slip, richiudendo poi la cerniera dei pantaloni: ero sorpreso e intenerito da quella cortesia, mai nessuna ragazza mi aveva fatto una cosa del genere e la trovavo una cosa estremamente intima e affettuosa. Poi fu la sua volta, ancora seduta sulle mie cosce: prese un altro fazzolettino e raccolse il mio sperma che ancora era sul suo ventre, guardandomi di tanto in tanto e sorridendomi fra il malizioso e l’ingenuo. A mia volta allora le sistemai i pantaloni e le massaggiai ancora il ventre su cui sentivo ora anche una leggera sensazione di appiccicoso, mentre le nostre bocche di nuovo si protendevano l’una verso l’altra. Fra lievi carezze ed abbracci arrivammo alla banchina: seguimmo allora la gente che scendeva e si riversava per le calli, qualcuno diretto verso piazza San Marco per averne un ricordo anche notturno, qualcun altro in albergo, magari spinto anche dalla stessa nostra passione.Sorrisi pensando a quante altre coppie quella notte, sotto il nostro stesso cielo, nella nostra stessa città, magari proprio all’interno degli edifici che stavamo vedendo, stessero consumando il loro amore, proprio come io e Angelica.”Che facciamo, andiamo a mangiare da qualche parte?” proposi disposto anche a qualche piccola follia economica pur di regalarci una serata indimenticabile ad entrambi.Lei mi guardo seria un attimo, poi scrollò le spalle: “No, non ne vale la pena. Secondo me è meglio che vieni a casa mia che ti preparo io un boccone: ti va?”.”Per me va bene, basta che qualcosa mangiamo!” dissi scherzando, e nemmeno tanto poi: la fame iniziava a farsi sentire, era diventato anche abbastanza tardi…”Aglio, olio e peperoncino?” mi chiese lei entusiasta come una ragazzina. Probabilmente era contenta del fatto che sarebbe stata lei a preparare la cena per entrambi e del resto la ricetta a me era sempre piaciuta, particolarmente fuori pasto nelle serate un po’ particolari come quella.Non ci volle poi molto ad arrivare a casa sua, pur inoltrandosi un po’ nell’intrico di canali, come del resto accadeva per raggiungere ogni altro punto della città.Angelica trasse le chiavi dal fedele zainetto ed aprì il portone: il suo appartamento era al secondo piano. Un appartamento carino, come in tante case a Venezia seguiva una geometria un po’ strana: la portava dava sul salottino, separato dalla cucina da un arco in pietra. Proprio sul salottino, arredato con una libreria, un mobile per la televisione e un bel divano, dalla parte opposta all’entrata, c’era la zona notte (due camere doppie, con un bagno e nulla più), rialzata di tre gradini, proprio come da me.Andammo subito in cucina e ci mettemmo ai fornelli: il frigo era piuttosto vuoto ma il nostro sugo non necessitava di tante cose. Mentre Angelica preparava la piccola tavola in cui loro quattro erano senz’altro un po’ strette, io buttavo giù la pasta. Ci fu il tempo per scambiarsi un breve bacio, poi tornammo a controllare la cottura, a tagliare il pane e a cercare qualcosa che facesse da antipasto…”Un giorno o l’altro ti inviterò anche a casa mia e ti farò qualcosa di speciale” proposi io per il futuro.”Sei anche un cuoco provetto?”.”Nella vita da “scapoli”” dissi io scherzando “bisogna saper far tutto: dal cucinare allo stirare!”.”Non torni a casa nei week-end?” mi chiese lei un po’ stupita.”Preferisco rimanere qui, ma ogni tanto torno a casa per rivedere i miei”.”Ma veramente ti arrangi per tutto?” mi chiese ancor più stupita. Io le sorrisi un po’ sorpreso da questo atteggiamento: vivevo da solo, per cui davo per scontato di essere autonomo su tutti i fronti, comprese le varie faccende domestiche.”Certo! Come potrei fare altrimenti?”.”Sei proprio pieno di risorse!” esclamò lei.Ringraziai garbatamente per il complimento ed assaggiai la pasta: “Ancora un minuto ed è pronta!”.”Faccio a tempo ad andare a cambiarmi?””Sì, se ti sbrighi”.Così sparì in camera e io mi misi a scolare la pasta, dividendola nei piatti e condendola con il famoso aglio, olio e peperoncino. Non potei fare a meno di assaggiarla: il più classico dei sughi mi mancava da un po’, comunque sempre eccezionale nella sua semplicità.Arrivò proprio nel momento in cui stavo mettendo i piatti in tavola: alzai gli occhi e un po’ rimasi di sasso vedendola. Era davvero stupenda vestita così!Le sue belle gambe erano lasciate scoperte da un paio di shorts grigi, mentre una maglia bianca le era letteralmente incollata alla pelle, così aderente da far spiccare chiaramente il reggiseno che aveva indossato.”Che c’è?” mi chiese fingendo noncuranza.”Sei molto sexy così…” le dissi mentre ancora la ammiravo.”Grazie” mi sorrise con un po’ di civetteria e si sedette a tavola mentre la guardavo estasiato.”Buona!” esclamò dopo aver assaggiato.”Sarà che abbiamo fame ed è tardi…”.”No, dai, davvero! Magari una volta invece ti invito a fare il cuoco anche per le mie amiche”.”Volentieri se sono così disponibili come te stasera” scherzai io.Lei mi appoggiò una mano sulla coscia, al che io sussultai sulla sedia: “Per quello non credo, ci penserò io… Anzi, appena finiamo qui ti darò una dimostrazione che ti farà dimenticare completamente delle mie amiche”.Mi sorprendeva sempre più quella ragazza, ora quasi timida e schiva, un momento dopo sfrontata e audace… Però mi piaceva tutto ciò, soprattutto quando mi faceva promesse di quel genere…Comunque continuammo a mangiare come se nulla fosse, chiacchierando e dando fondo non solo alla pentola, ma anche al resto del contenuto (scarso a dire la verità) del frigorifero.”Domani non avrai niente da mangiare: è Ferragosto”.”Pazienza, mi farò invitare da qualcuno” rispose vagamente.”Vuoi venire da me? Ti farò provare la mia cucina come ti dicevo poco fa” mi offrii cortesemente.Lei mi afferrò il polso e mi guardò con uno sguardo intenso da tigre che quasi mi raggelò: “Va bene, però pensiamo intanto a venire da me oggi…”.Ridemmo alla battuta e ci alzammo a sparecchiare, io forse un po’ emozionato dal fatto che di lì a poco avremmo scopato per la prima volta assieme e che lei ne parlasse tanto apertamente, come una cosa normalissima.”Lascia lì” mi disse per evitare che solo pensassi di lavare i piatti mentre li riponevo nel lavello e si diresse nel soggiorno. La seguii e ci sedemmo sull’ampio divano, accendendo la televisione per fare un po’ di zapping, mentre stavamo fianco a fianco e prendevamo confidenza. Qualche furtiva carezza, un bacetto per infiammare gradualmente la passione fino ad un abbraccio particolarmente stretto al quale lei abbandonò il telecomando con disinteresse.Mentre ci baciavamo scesi con la mano lungo i suoi fianchi fino al suo sederino perfetto e le carezzai le natiche attraverso gli shorts: erano due tondi perfetti e sodi, tutti da toccare.Angelica allora per infuocare ancor più la situazione cominciò a strusciarsi su di me proprio come un gatta, una sensualissima gatta in vena di effusioni.Con vari strusciamenti arrivò a salirmi a cavalcioni sulle cosce, stando così col busto eretto proprio davanti a me continuando a baciarmi dopo essersi buttata all’indietro, sulla schiena, i suoi lunghi capelli. Io nel frattempo le stringevo ancora il culetto con entrambe le mani: era così invitante che non riuscivo a staccarmene.I suoi fianchi si muovevano sapientemente, sentivo il suo sesso, pur ancora coperto, stuzzicarmi il membro in maniera sublime, era un seduttrice nata, non avrei potuto reggere a lungo quella carezza irresistibile.Si fermò guardandomi negli occhi e strappando alla mia bocca le sue labbra carnose e sensuali: con movimenti lenti si sollevò la maglia sfilandosela dalle spalle e mostrandomi il suo bel seno alto coperto solo da un sexy reggiseno nero. E attraverso il pizzo potevo scorgere i suoi capezzoli fare capolino maliziosamente…Abbassai la testa su di lei per baciarle la parte alta del seno lasciata scoperta dall’indumento mentre le mie mani risalivano lungo i fianchi fino ad arrivare alle sue giovani rotondità. Glieli cinsi delicatamente sentendone la consistenza sotto le dita e godendo di quel meraviglioso contatto.Continuai così per qualche istante, fin tanto che non rialzai la testa tornando a cercare la sua bocca: volevo ancora sentire il guizzare nella mia la sua lingua, il sapore delicato delle sue labbra, il fuoco dei suoi baci…Così, mentre ci stringevamo, presi a giocherellare col suo reggiseno sulla schiena, arrivando presto al gancio, che non mi ci volle molto a sganciare. Subito dopo lo lasciai e lei si scostò un attimo da me: mi fissò ancora sensualmente negli occhi e, con estrema lentezza, si abbassò le spalline sulle braccia e poi se lo tolse, mostrandomi il suo delizioso seno finalmente nudo, con i capezzoli piccoli e chiari decisamente eretti.Sorrise ancora con aria di sufficienza, come se già lo sapesse che la mia mossa successiva sarebbe stata quella, quando mi buttai con la bocca su quelle straordinarie punte: d’altra parte come potevo resistere a quei capezzoli che tanto mi attiravano? Li baciai e li leccai a lungo, stuzzicandoli al punto da strapparle un breve sospiro di piacere: indubbiamente anche lei cominciava ad essere piuttosto eccitata… Sentivo infatti ancora il suo bacino muoversi appena contro la mia erezione, cercandola insistentemente: stavolta però non era più il movimento sensuale e provocatorio di qualche minuto prima, ma qualcosa di molto più sincero, sembrava fosse il suo stesso corpo a esternare il desiderio.Mentre giocava con la mia bocca sui suoi seni le sue mani si diedero da fare rapidamente e, facendomi rialzare dal suo corpo statuario, mi spogliò facendomi rimanere a torso nudo. Stavolta fu lei, e la cosa mi sorprese e mi eccitò non poco, a tuffarsi sui miei capezzoli, a passarci sopra prima le dita e poi la lingua, mentre i suoi occhi stupendi mi fissavano in maniera provocatoria, voleva eccitarmi fino allo spasmo quella ragazza! Finché lo faceva non potei fare a meno di toccare ancora i suoi seni, ora protesi verso il basso: mi riempivano perfettamente le mani, non mi sarei mai stancato di toccarli!”Non posso più aspettare” mi disse a fior di labbra e poi si lanciò in un altro bacio appassionato che ci fece lentamente rotolare giù dal divano quasi senza che ce ne accorgessimo. O comunque senza che la cosa che interessasse più di tanto, anzi, per niente. Eravamo ora a terra sul tappeto e lei si affrettò a togliersi contemporaneamente shorts e mutandine, facendone un fagotto che lasciò lì da una parte: quando me ne resi conto, sempre baciandosi con ardore, scesi con una mano lungo il suo corpo fin giù fra le sue cosce. Sfiorai il suo lieve cespuglio vellutato, passandomi i riccioli fra le dita e avanzando millimetro dopo millimetro verso il suo scrigno: prima di entrare sfiorai le labbra tutt’attorno, intuendo già che fremeva d’eccitazione. Quando finalmente le mie dita penetrarono la fessura trovarono una calda ed umida stretta e non faticarono a scivolare in profondità, tanto era bagnata.Angelica sussultò lievemente e si contrasse, attendendo la mia carezza sul clitoride: l’accontentai e godetti anch’io del suo piacere. L’abbandonai quindi sul tappeto e decisi di regalarle qualcosa di più di una semplice carezza, desideravo provasse quel piacere che aveva regalato a me quella sera, portarla all’orgasmo in maniera sublime… Mi posizionai in mezzo alle sue gambe e mi piegai verso le sue cosce, lambendola sull’inguine con la lingua, baciandola qua e là, nella piega in cui finivano le cosce, intorno al cespuglietto serico. Angelica gradì la cosa ma spalancò le gambe indicandomi chiaramente cosa desiderava: la lascia fremere ancora qualche minuto prima di concederle ciò che voleva, e nel frattempo le mie labbra e la mia lingua non smisero di stuzzicarla.Alla fine la punta della lingua passò sulle labbra e sulla fessura, prima solo lambendola due o tre volte, poi più in profondità, cercando il clitoride che stuzzicai a lungo, mentre lei gemeva e mugolava dal piacere, inarcando la schiena e offrendosi completamente e pienamente a me. Quasi per paura che mi staccassi abbandonandola proprio in quel momento topico mi passò le gambe sulle spalle, trattenendomi a forza lì, anche se volendo avrei potuto facilmente liberarmi. Solo che non lo volevo, l’unica cosa che volevo in quel momento era di sentire il suo orgasmo fluire nella mia bocca e udire i suoi mugolii di piacere. E tutto ciò non tardò ad arrivare, ormai era un po’ che anche lei tratteneva il suo desiderio: io avevo potuto sfogarmi tornando con il traghetto, mentre lei ancora no, almeno non completamente… Fu meraviglioso sentirla ansimare dal piacere, mugolare parole sconnesse e senza senso mentre contemporaneamente mi stringeva a sé incrociando le gambe sulla mia schiena e facendomi sentire la pressione dei suoi polpacci e dei suoi talloni.Appena venne mi staccai da lei e dalla sua vagina, che sapeva di pulito e di femmina eccitata, una fragranza che non ha uguali al mondo. Volevo immediatamente ricominciare a eccitarla e a darle piacere, perché fosse una serata indimenticabile non solo per me, ma anche per lei. Mi sbottonai i pantaloni e li abbassai insieme alle mutande fino ai polpacci, poi avanzai un po’, sempre stando inginocchiato, finché il mio cazzo eretto non fu all’altezza della sua vagina. Le sollevai i fianchi passandole le mani sotto le natiche e puntai il mio pene verso la sua vagina ancora pulsante per l’orgasmo: lentamente penetrai in lei e presi a muovermi sinuosamente, senza alcuna fretta, sempre tenendola sollevata. Presto lei assecondò il mio ritmo e cinse le gambe attorno a me, tanto che potei lasciarla e le mie mani andarono a carezzarla sul ventre e poi su verso i seni. Solo allora aprì gli occhi, e pur ancora respirando con un po’ d’affanno, mi sorrise apertamente lasciando intendere che le era piaciuto quanto le avevo fatto provare poco prima e che era contenta che stessimo facendo l’amore.Lasciò che fossi io a condurre il tutto per qualche minuto, mentre riprendeva fiato e forze e si godeva il piacere della penetrazione, poi si sollevò sui gomiti e appoggiò i piedi al tappeto: non mi aspettavo questa iniziativa e in un attimo mi trovai quasi in completa sua balia. Si muoveva su di me con esperienza, quasi avessimo fatto sempre l’amore insieme, regalandomi sensazioni imprevedibili: la sua vagina mi accoglieva fino dove potevo arrivare per poi rilasciarmi quasi completamente e lei guidava il tutto magistralmente. Poi mi chiese di tirarla a me: afferrai le sue mani e in un attimo fu fra le mie braccia, senza però che smettesse di muoversi su di me. La baciai mentre sentivo il suo seno contro il mio petto, i capezzoli eretti premere contro la mia pelle. Mi trovavo all’improvviso a stretto contatto con lei, completamente pelle contro pelle, il mio sesso nel suo, le nostre bocche fuse in un bacio appassionato in cui le lingue si cercavano furiosamente. Le nostre mani sfioravano quasi simultaneamente la schiena dell’altro: fu lei la prima a scendere sul mio sedere e stringerlo con decisione verso di sì, come se anelasse una penetrazione ancora più profonda. Fu un brivido di delizia che mi percorse tutta la colonna vertebrale, dal collo fin giù dove le mi teneva con le mani… Come se non bastasse, sentii le sue dita andarmi a sfiorare l’ano e poi a stringermi i testicoli delicatamente, ancora sul mio buchetto, cercando di entrarvi piano. Smise subito, ma la cosa mi eccitò terribilmente e un po’ anche mi sconvolse, non mi era mai successo niente del genere e dovetti ammettere che mi piaceva.La guardai, nel frattempo si era staccata dalla mia bocca per essere più libera nei movimenti: mi sorrise innocentemente, come se nulla fosse successo, come se fosse stato uno scherzetto di nessun conto.”Ti è piaciuto?” mi chiese solamente mentre continuava a muoversi su di me.”Sì… non so… è strano…” farfugliai confusamente io, senza ben capire cosa intendesse.”Anche a me piace…” mi disse a sua volta, senza far tanto caso al mio sconvolgimento. “Mi piacerebbe fossi tu a farmelo”.Il mio pene ebbe un guizzo nella sua vagina, che mi sembrò lo stringesse ancor più al suo interno: sentii una scarica elettrica di piacere partire dal mio glande e diffondersi in tutto il mio inguine. Era una ragazza incredibile, eccitante e sfrontata, veramente unica!Ora mi guardava decisa e io incerto andai a soddisfare la sua richiesta, passando le mani sulle sue natiche e poi in mezzo nel solco che le divideva, cercando il suo buchetto. Lo sfiorai appena, poi un dito lo forzò lentamente e mi ritrovai con la punta dentro il suo culetto. E lei ancora sorrideva…”Ti piace?” chiesi cercando di scrollarmi di dosso lo stupore e quel po’ di imbarazzo che mi aveva dato la sua richiesta così esplicita.”Sì, è eccitante”.”Posso provare a entrare un po’ di più?”.Lei annuì solamente e io entrai più in profondità, millimetro dopo millimetro mi trovai con il dito quasi del tutto dentro di lei, o almeno fin dove potevo entrare.Il suo bacino cambiò ritmo, diventò molto più sinuoso e anche provocante: non solo si muoveva in modo di farmi entrare e uscire sensualmente dalla sua vagina ma faceva sì che il mio dito la stuzzicasse dentro di lei. Le mie stoccate si fecero sempre più lunghe e profonde: mi sembrava durassero ognuna un’eternità, entravo fino in fondo a lei e mi ritraevo fin quasi a scivolare completamente fuori. E così avvenne dopo un po’, forse era stata lei a volerlo, forse un caso. Comunque Angelica si sedette sulla mie cosce, appoggiandosi con il ventre contro il mio cazzo umido dei suoi succhi.”No, no continua comunque a muoverti col dito!” mi pregò e io la accontentai riprendendo a masturbarle il culetto. Provavo un certo piacere nel fare quell’inconsueto movimento, almeno nell’ano di una ragazza…”Ti piace tanto?”.”Sì, a volte mi ci vuole proprio un diversivo…”.”Ah, questo sono, un diversivo” dissi scherzando.”Stupido” controbatté solamente lei andando ad afferrarmi il pene con una mano.”Sai che sei qualcosa in più! E ora te lo mostrerò” disse facendomi l’occhiolino e movendo lentamente la mano sulla mia asta, quasi temesse si riafflosciasse se non l’avesse stimolata.”Vorresti di nuovo venire qui, sul mio pancino?” mi chiese ma non mi lasciò il tempo di proferir parola. “No, sicuramente no, meriti qualcosa di più” e si rialzò quasi di scattò, facendomi sfilare il dito dal suo ano ma tenendo sempre la mano stretta attorno al mio pene.”Ma non ti sei nemmeno tolto i pantaloni e le scarpe! Spogliati e poi ricominciamo!” mi disse abbassandosi poi a baciarmi la punta.Mentre terminavo di spogliarmi non mi accorsi come andava a mettersi e, quando fui pronto, me la ritrovai a carponi sul tappeto, che sculettava provocante. Andai a posizionarmi contro di lei e sentii la sua mano afferrarmelo e guidarmi nuovamente dentro la sua vagina.Stava ancora danzando su di me, con le movenze eleganti di una ballerina, inginocchiata sui talloni (come del resto ero anch’io) e appoggiata sui gomiti. Non mi guardava, però credo ben sapesse quale espressione inebetita avessi sul volto.Le mie mani rapidamente le cercarono i seni alti, non grossissimi ma certamente eccitantissimi per la loro perfetta forma e proporzionalità al suo corpo atletico: i suoi fianchi danzavano velocemente, avanti e indietro, stimolandomi alla follia senza sosta, non potevo resistere a lungo e lei lo sapeva, forse voleva proprio quello, desiderava di sentirmi sprizzare in lei il seme. Il ritmo era ormai sostenuto, avrei voluto rallentasse per riprender fiato un po’ e continuare a lungo a fare l’amore, ma pareva non fosse quella la sua intenzione. Per di più la mia testa era preda dell’incredibile piacere che riusciva a regalarmi e fu solo con un piccolo, residuo barlume di lucidità che le dissi: “Angelica, non posso resistere a lungo così…”.”Vieni, voglio sentirti godere in me!” mi incoraggiò e io allora mi abbandonai completamente al godimento, lasciando da parte ogni briciola di razionalità residua.”Sì, continua così, sei fantastica!” esclamai stringendole ancor più le tette e incrementando anch’io il ritmo dell’amplesso. Sentivo i suoi muscoli avvolgermi l’asta e stringersi su di essa, la sua vagina agguantarmi perfettamente: mi sembrava di essere lì lì per prendere il volo, sentivo una sensazione fortissima di potenza dentro di me.E poi in pochissimi secondi ecco il piacere esplodere, sentivo il mio pene schizzare lo sperma dentro di lei e tutto il resto annichilirsi, l’orgasmo che mi divorava sempre più a ogni ondata, stava staccandomi completamente dalla realtà, non ero più nemmeno sicuro che ci fosse lei.Aprii gli occhi mugolando per il piacere senza accorgermene e invece lei era ancora lì, vedevo la sua schiena perfetta, i suoi capelli chiari e fui contento di poter condividere con quella creatura veramente unica un piacere così intenso. La carezzai ovunque potessero arrivare le mie mani, lentamente e dolcemente, volevo che comprendesse quanto mi aveva fatto godere, quanto in quel momento desideravo stare insieme a lei a coccolarsi, a scambiarsi delle dolci effusioni. Stando sempre inginocchiata davanti a me, Angelica girò la testa e mi sorrise leggiadra: era di una bellezza unica, e allo stesso tempo era così comprensiva e amorevole. Sicuramente quella non era la posizione più comoda del mondo per lei, ma aveva capito l’intensità del mio orgasmo e che avevo bisogno di ancora qualche minuto per riprendermi.Feci questo pensiero e decisi di non gravarle ulteriormente: mi ritrassi da lei, che si girò, guardandomi quasi divertita fra le gambe. Abbassai anch’io lo sguardo là e vidi il mio pene non del tutto afflosciato, ma ancora con una certa rigidità: evidentemente non ne aveva avuto abbastanza ancora, nonostante fossero stati due orgasmi particolarmente intensi che normalmente mi avrebbero più che soddisfatto. Ma quella era una serata speciale, lei era una ragazza speciale.”Che ne dici se andiamo ad approfittare della comodità del mio letto?” mi chiese quasi divertita dal fatto che avessimo preferito al materasso il pavimento.”Va bene” non mi restò che rispondere seguendola e ammirandone ancora una volta il corpo nudo.Sprofondammo nel suo letto dopo aver scostato le lenzuola, cercandoci subito con un misto fra desiderio e tenerezza, ci baciammo a lungo, senza frenesia o impazienza, quasi pigramente. Restammo a lungo a coccolarci a vicenda, a sfiorarci piano la pelle senza malizia ma con molta naturalezza. Era davvero bello ritrovarsi con una donna come lei fra le braccia, capace di stuzzicare i più reconditi desideri ma allo stesso tempo una tenerezza sconfinata: mi piaceva proprio questa sua, per così dire, versatilità.Non mi stupì quasi quando la sua mano scese lungo il mio corpo fino a insinuarsi fra le mie gambe, a carezzarmi e a giocherellare con i peli del mio pube. Non ci volle molto perché l’erezione tornasse rigogliosa come una mezz’ora prima, innalzandosi poderosa in tutta la sua lunghezza: e allora lei cinse la mano intorno all’asta, movendola appena in una lentissima masturbazione. Avrei voluto continuasse fino a venirle in mano, non desideravo altro in quel momento, ma lei smise quasi per provocarmi, staccò le labbra dalle mie e guardandomi fisso negli occhi, sorridendo, mi chiese a bruciapelo: “Mi piacerebbe proprio mi baciassi là sotto…”.Come potevo risponderle di no, oppure far finta di niente? Una richiesta così esplicita mi invogliava ancor più a farlo, e già di per sé era una cosa che mi piaceva parecchio. Lei si stese sulla schiena, appoggiandola al cuscino e scostò leggermente le gambe: io mi ci tuffai letteralmente, leccandola a fondo fra le sue pieghe e dedicandomi assiduamente al suo clitoride turgido. Angelica mugolava di piacere, immagino che quel tipo di sollecitazione le piacesse parecchio, se non addirittura che fosse la sua preferita.Stavolta non le permisi però di venire, pur continuando a stuzzicarla a lungo, per molti minuti, variando continuamente, passando da lunghe leccate a più veloci movimenti, fino a infilarle dentro due dita. Volevo fosse un orgasmo diverso dal precedente, che provasse sensazioni analoghe alle mie mentre facevamo l’amore: sì desideravo proprio venisse mentre i nostri corpi erano fusi in un abbraccio unico. Mi stesi su di lei, il mio sesso congestionato a cercare il suo: sentii la sua morbidezza avvolgermi in un abbraccio estatico e presi a muovermi in lei.Angelica, evidentemente poco lontano dall’orgasmo, allargò subito le gambe gemendo piacevolmente e socchiudendo gli occhi al piacere che le procurava il mio organo dentro la sua vellutata vagina: cercavo di muovermi lentamente, in modo che potesse gustarsi ogni secondo di quell’amplesso delizioso.In pochissimi istanti riuscimmo a raggiungere la stessa lunghezza d’onda, una sincronia che poche altre volte ero riuscito sperimentare alla prima volta che facevo l’amore con una ragazza: intuivo cosa desiderava, come preferiva che mi muovessi e lo stesso era per lei. Così quando sentii le sue cosce stringersi intorno ai miei fianchi compresi che era ormai alle soglie dell’esplosione di piacere che intendevo regalarle: affondai fino in fondo, stuzzicandole contemporaneamente i capezzoli fra le dita e baciandola sulla bocca.Quando l’orgasmo finalmente la travolse fu costretta a staccarsi da me per la necessità di riprender fiato e quasi urlare il suo godimento, con rantoli più che mai eccitanti per le mie orecchie. Nonostante lei si abbandonò per un attimo, sfinita, sul letto, io continuai a muovermi dentro di lei, delicatamente per non infastidirla, ma comunque senza mai fermarmi. Ero deciso a riportarla alla situazione in cui dovesse quasi gridare per il piacere anche a costo di farlo lentamente, anche a scapito del mio piacere.”Per favore basta, ho goduto troppo” sussurrò stancamente, ancora con gli occhi chiusi.”Non è mai troppo” risposi io di rimando continuando a penetrarla lentamente.Lei riaprì gli occhi e vi lessi un lampo di malizia e mi sorrise contenta della mia risposta e del fatto che continuassi a fare l’amore con lei. Non capivo se l’aveva detto per mettermi alla prova o se davvero la rianimasse il fatto che le avessi risposto così.Comunque lei cambiò posizione, piegò le gambe e le tirò a sé: a me sembrò di poter penetrarla ancor più a fondo e mi inginocchiai sul materasso. Senz’altro era stuzzicante prenderla così, mi dava l’idea di avere il completo dominio su di lei, anche se il suo sorrisetto complice sulle labbra confermava che si trattava solo di un’impressione. Non continuammo poi però a lungo così, probabilmente per Angelica non era il massimo della comodità, anche se le sue gambe atletiche erano probabilmente allenate a situazioni in cui tutti i muscoli erano contratti. Mi ritrassi da lei, rimanendo inginocchiato andai ad appoggiarmi col mio sedere sui talloni. Angelica si rialzò e si mise a gattoni, avanzando lentamente verso di me fino a prendermelo in bocca: me lo leccò per un po’, poi prese a succhiarlo. Era qualcosa di sublime come riuscisse a stimolarmi con la bocca, magari sarei venuto proprio lì, sarebbe stato favoloso… Ma non ora, era sempre deciso a farla godere ancora, a tornare a penetrarla come poco prima, a farla gemere per il piacere intenso.Le sfiorai capelli, carezzandogli lentamente scendendo via sul suo viso intento sul mio sesso, le mie dita sulle sue guance… Fu qualcosa di estremamente dolce e tenero, per nulla frenetico e volgare, come del resto non poteva che essere quella sua attenzione di estrema affettuosità nei miei confronti: voler baciare e accarezzare così intimamente il mio sesso, il centro nevralgico del mio piacere, prendendolo nella sua bocca.Il suo sguardo incrociò il mio e mi sorrise con gli occhi, stavolta senza alcuna malizia o doppio senso, ma con tutta il sentimento che si era creato quella sera fra noi due.”Grazie Angelica, sei fantastica…” le sussurrai quasi nell’orecchio mentre ancora le carezzavo il viso e il collo nella maniera più delicata di cui fosse capace. Lei allora si lasciò scivolare fra le labbra la mia asta in un attimo di estrema delizia, sentii un brivido di piacere percorrermi dalla punta del pene fin tutta la colonna vertebrale e, come se ciò non bastasse, subito dopo le sue labbra si posarono per un bacio sulla mia zona più sensibile, propria sulla punta, dove il glande andava a fondersi con il membro. Poi andò a baciarmi sul ventre, appena sopra il vello del pelo pubico e, bacio dopo bacio, in un crescendo di sensualità, le sue labbra andarono a posarsi sul mio collo mentre io rimanevo immobile a subire il suo sottile gioco di leziosità. Infine le sue morbide labbra tornarono a lambire le mie, sfiorandole in un dolce bacio che non durò che qualche secondo durante il quale ebbi comunque modo di costatare il suo sapore leggermente aspro, diverso dal solito. Fu forse quella stranezza, raramente sperimentata, oppure il fatto che il mio cazzo eretto fu prima sfiorato dalle sue rotondità e poi schiacciato contro il suo ventre, ma mi sentivo più eccitato che mai.Scambiandoci qualche bacio leggero e svelto, sfiorandoci con le mani godendo del contatto delle mie dita con la sua morbida e liscia pelle, andammo finalmente a sdraiarci sul materasso, anche perché l’amplesso ci aveva spossati un po’ e allo stesso tempo ricoperti di un lieve velo di sudore.Nello stretto letto che solitamente accoglieva una persona ci trovammo fianco a fianco, praticamente a diretto contatto, i miei occhi che si perdevano nei suoi, le nostre bocche quasi incollate, i corpi che si sfioravano vogliosi di riprendere quanto poco prima interrotto. La posizione ravvicinata ci aiutò a provare nuovamente un desiderio quasi spasmodico per il partner che cercammo di accrescere e far lievitare sempre più, trattenendoci da qualcosa di più diretto che il lieve sussulto che aveva la mia asta eretta sul suo ventre piatto e perfetto.Le mie dita scesero lungo la dolce curva del suo fianco, fin dove si restringeva nella sua vita sottile e oltre, ove si allargava nel suo armonioso culetto. Come poco prima andai a stuzzicarla proprio là, dapprima solamente con una carezza sui glutei tondi, quindi più maliziosamente lungo la fessura che li divideva, dove terminava la spina dorsale e più in basso… Nuovamente le mie dita giocherellarono col suo buchetto, stuzzicandolo ma senza tentare di entrare pur ben sapendo che era una cosa gradita per lei.Angelica, quasi cogliendo al volo l’occasione, si staccò all’improvviso da me senza lasciarmi né il modo né il tempo di reclamare e si girò volgendomi le spalle. Ci accoccolammo l’una contro l’altro così, prendendo a coccolarci affettuosamente mentre la sua schiena nuda e sensuale aderiva contro il mio petto. E soprattutto, cosa che ben più mi sconvolgeva e mi turbava piacevolmente, il suo culetto sodo e tondo gravava sulla mia erezione sempre vigorosa.Nonostante fossi in uno stato di arrappamento, la situazione e la posizione mi suggerì nei confronti di Angelica carezze meno audaci ma più affettuose, cingendole le spalle con il mio abbraccio. Lei evidentemente gradì e ciò mi aiutò a passare da una situazione di eccitazione repressa mista a un pizzico di delusione a uno stato interiore più propenso a uno scambio di coccole.Restammo così per un po’, senza nemmeno parlaci, toccandoci in modo quasi innocente con carezze vellutate e confidenziali.”Hai ancora voglia di fare l’amore?” mi chiese a bruciapelo, quando meno me l’aspettavo, dopo qualche minuto.Io risi, vinto l’iniziale stupore: “Ne ho sempre… E tu?” indagai per sondare un po’ il terreno in materia. Avrei ripreso più che volentieri, ma alla sola condizione che anche lei lo desiderasse. Furono attimi in cui non mi auguravo altro che una sua risposta affermativa, ma attesi inutilmente questa sua risposta. Lei infatti non parlò ma solamente allungò una mano dietro di lei cercando il mio sesso: lo trovò ancora semiduro, non del tutto afflosciato, ma presto si riebbe fra le sue dita.Ci vollero poche manciate di secondi delle sue carezze perché si riavesse nella sua pienezza: allora lei ridacchiò divertita dalla facilità con cui riusciva a farlo e prese a giocherellare malignamente strusciandomi la punta fra le sue natiche. La lascia fare per un po’, quindi anch’io presi a toccarla nuovamente: le mie dita cercarono i capezzoli e li titillarono a lungo, anche dopo che erano tornati ad essere due dure punte.Scesi con una mano in basso, carezzandole amorevolmente via via i seni, il ventre, l’ombelico fino al suo ciuffetto morbido e serico. I miei polpastrelli scompigliarono un po’ il suo pelo leggero per andare a cercare la sua calda fessura: le sfiorai ancora le labbra, con l’indice entrai nel suo scrigno mentre le sue dita si chiudevano delicate sulla pelle sensibile del mio glande.Era una cosa che non provavo da tempo, quella di masturbarsi a vicenda in una situazione così, entrambi nudi, stretti l’uno addosso all’altro in un letto, un gesto molto confidenziale e allo stesso tempo anche erotico e stimolante. Anche perché Angelica era quel tipo di ragazza che forse non avevo mai trovato: disinibita ma allo stesso per niente volgare, passionale ma per questo non ninfomane. Sembrava in tutto e per tutto la classica brava ragazza, e infatti lo era, ma in situazioni così intime diventava molto focosa… Certo, avevo già sperimentato questo aspetto in una donna, ed era una cosa che apprezzava molto, ma nessuna era mai riuscito a celarlo così bene nella vita per così dire normale.Le sue dita continuarono a serrarsi intorno al mio sesso, stuzzicandolo deliziosamente e guidandolo dove esattamente dove voleva lei. Sobbalzai quasi dal piacere quando sentii il mio glande strofinarsi nel solco delle sue natiche, credei di impazzire quando accarezzò il suo buchino posteriore. E ancora avanti, verso le sue labbra grevi di eccitazione sulle quali invece si libravano le mie dita. Per un attimo le nostre mani quasi si incrociarono, mentre lei indirizzava la mia asta verso la sua vagina: a questo punto avevo ben chiaro cosa volesse cosicché l’assecondai con una lieve e lenta spinta dei fianchi. Il mio pene penetrò in lei e allo stesso tempo carezzò il mio dito con cui non smettevo di stuzzicarla: lo stesso fece lei, titillandomi i testicoli e la base del membro.Iniziammo a fare l’amore così, con i nostri sessi ma anche con le nostre mani che erano lì a toccare, sondare e stuzzicare in maniera pressoché irresistibile. E anche se il ritmo era blando e lento provavo intense scosse di piacere dal quel modo particolare di fare l’amore, senza poterla guardare negli occhi, senza poter vedere il suo corpo nudo se non per le spalle e la testa girata dall’altra parte.Volle anche lei entrare con un dito nella sua vagina, che così fu più piena che mai: il mio cazzo che si muoveva lentamente, avanti e indietro, il mio dito a sfiorarle il clitoride e ora anche il suo a solleticarmi irresistibilmente. Mugolò quasi silenziosamente e io mi rialzai a baciarla sul collo e poi sulla guancia, sbirciando la smorfia di piacere che aveva dipinto sul volto che mi eccitò ancor più. Cercai di entrare in lei anche con un altro dito, ma lei si lamentò, probabilmente la cosa le procurava realmente dolore, o forse era più che altro paura; comunque desistetti dall’idea e tolsi la mano per andarla a carezzare sul resto del corpo… Sulle gambe raccolte, sulle sue cosce perfette, sul suo ventre seducente, lasciandole sulla pelle la scia di leggera umidità che il mio dito aveva raccolto dentro di lei.Chissà se le piaceva la cosa, se la eccitava. Me lo chiesi solo perché a me eccitava non poco, non avevo idea se poteva risultarle gradita, così riprovai per sondare una sua reazione. E ancora affondai con un dito in lei, le stimolai per qualche secondo il clitoride e poi tornai a passarlo sulla sua pelle liscia, tracciando una linea che andava dal suo ombelico in su, verso i seni passando proprio in mezzo ad essi fino a sentire il duro osso dello sterno sotto il mio polpastrello. Quando intinsi di nuovo dentro di lei, Angelica mi chiese, fra il curioso e il divertito, pur con una sottile e velata nota di disappunto:”Fin dove pensi di arrivare?”.”Tu che ne dici? Ti piacerebbe salissi ancora un po’?”.”Non lo so…” mormorò lei incerta, forse attirata da quella prospettiva, anche se non completamente.Non restava che provare, cosicché di nuovo andai a toccarla, con il dito bagnato dei suoi succhi, stavolta ancora più in alto, sulla sua gola, sfiorandole poi la linea della mandibola per andare a attirarla a qualcosa in più. Lei però si limitò a mugolare ancora incerto, non so se le sarebbe piaciuto il passo successivo che avevo in mente, del resto raramente avevo incontrato una ragazza tanto sfrontata da essere disposta ad assaggiare i suoi succhi e un rifiuto era per me una cosa ben comprensibile, dal momento che non ero certo sicuro di riuscir fare altrettanto io stesso.Tornai a toccarla mentre ora la penetravo più lentamente, quasi più interessato al gioco erotico che era in atto fra noi due. Stavolta indugiai più a lungo dentro di lei, la masturbai lentamente, cambiando spesso la maniera in cui la toccavo mentre la sentivo mugolare più eccitata che mai e questo non faceva che rinvigorire anche la mia erezione. Con l’altra mano le sfiorai ancora il buchetto posteriore, giocherellandoci audacemente fino a penetrare ancora un po’: lo trovai estremamente disponibile e mi accolse facilmente la punta del dito. A quel punto decisi che era venuto il momento di provare: salii con il dito e lo appoggiai stavolta nel piccolo solco fra mento e labbra. Lei non disse niente, né protestò né mi incoraggiò: però il respiro trafelato che sentivo partire dalla sua bocca socchiusa mi diede l’ultimo sprone. Appoggiai così il mio indice sulle sue labbra e le percorsi lentamente lungo il contorno.A quel punto provai anch’io un fremito di intensa eccitazione quando sentii il guizzo della sua lingua che veniva a catturarmi il dito che risucchiò un attimo dopo nella sua bocca, leccandolo con voluttuosità. Impazzii di piacere con lei e ripresi a scoparla a ritmo sostenuto, senza posa, unendo al mio movimento quello dell’indice della mano sinistra nel suo culetto, mentre la sentivo masturbarsi furiosamente il clitoride all’unisono con me. Furono attimi di intensa frenesia sessuale in cui rincorremmo insieme il culmine del piacere e, sempre insieme, esplodemmo in un orgasmo indimenticabile per durata e intensità. Nonostante fossi già venuto altre due volte quella sera sentivo lo sperma sparato dentro la sua vagina come mai nella mia vita, o almeno come non ricordavo essere mai accaduto. Urlai addirittura di piacere mentre lei non solo succhiava impetuosamente il mio dito ma addirittura vi affondava i denti senza peraltro io potessi provare dolore: tutto era piacere in quel momento. Si irrigidì con me mentre godevamo: a quel punto mollò il mio dito e anche lei si lasciò andare in un urlo liberatorio…Ci vollero alcuni minuti in cui i nostri respiri affannosi poterono tornare, se non alla normalità, almeno ad un ritmo accettabile, prima che cominciassimo a riprenderci. Non parlammo, semplicemente io guardavo lei, nuda e ancora allacciata a me, con la pelle sudata per lo sforzo, e lei guardava le lenzuola davanti a sé e il mio braccio che ancora era proteso di fronte ai suoi occhi.”Se mi scopi così perché ti ho leccato un dito che ha messo dentro di me, giuro che la prossima volta ti lecco il cazzo dopo che mi hai penetrata…” disse quando il suo pensiero tornò su questo mondo, riacquistando un minimo di quella lucidità che in quei lunghi momenti di estasi era andata a farsi un giro da qualche parte.Ridemmo insieme alla sua battuta e ci baciammo soddisfatti entrambi. Restammo a lungo a coccolarci e a toccarci ormai senza più il desiderio di prima, che era stato in parte soddisfatto. Il mio pene scivolò infine fuori dal suo corpo, ormai ammosciato e stanco, mentre, come potei verificare toccandola là, dalla sua vagina iniziava a fuoriuscire un po’ del mio sperma.”Per fortuna prendo la pillola da un po’” mi disse ricordando quale rischio potevamo correre. Non ci avevo minimamente pensato, preso com’ero dalla passione e dalla voglia, per fortuna lei era preparata anche a questo e perciò mi aveva lasciato fare.”Che ne dici di andare a lavarci un po’?” proposi, dal momento che oltre al sesso che ci aveva lasciati bagnati di sudore, sapevamo ancora un po’ di sale dopo il recente bagno in mare.Lei mi fissò maliziosa e il suo sguardo fu molto esplicito. Così, dopo pochissimi minuti, eravamo sotto il piacevole getto d’acqua tiepida della sua doccia, carezzandoci e lavandoci a vicenda, senza per altro tornare ad eccitarci nuovamente: forse ne avevamo finalmente abbastanza entrambi, eravamo troppo stanchi e spompati per arrivare a un altro amplesso, seppure il pensiero mi stimolasse un po’. Sarebbe stata la conclusione ideale di una giornata favolosa fare l’amore per un’ultima volta sotto la doccia. Ma a dire la verità era proprio il mio equipaggiamento a non rispondere più ai suoi stimoli e del resto Angelica non si impegnò più di tanto per dare vita a quella che forse era solamente una mia fantasia.Mentre io tornai a indossare i soliti indumenti, che andai a ripescare in salotto dov’erano ancora sparsi per terra, Angelica si cambiò nuovamente mentre ancora i capelli bagnati le donavano un’aria tutta particolare e molto sensuale. Ora sulla pelle nuda aveva indossato una camicetta abbastanza ampia, che naturalmente aveva lasciato piuttosto aperta in modo che la scollatura rivelasse una non troppo pudica visuale sul suo seno. Come se non bastasse mi ammiccò mentre si infilava un altro paio di eccitantissimi shorts senza nemmeno pensare di indossare delle mutandine. Mi chiesi anche perché tornasse a vestirsi, dal momento che ormai ci saremmo lasciati, almeno così pensavo io, immaginando che fosse stanca. Invece, per mia somma felicità, mi invitò a fermarmi ancora un po’ da lei, nonostante cominciasse ad essere tardi.”Perché non ci guardiamo un film insieme? Non credo di essere in grado di dormire tanto presto stasera…”.”Nemmeno io a dire la verità. Sì, è una bella idea”.”C’è una videoteca non molto distante da qui, andiamo?”.”Eccomi, sono pronto!” dissi scherzando mentre ci apprestavamo ad uscire di casa.Venezia era favolosa in piena notte, fra l’altro nemmeno così pericolosa come molte altre città italiane. Almeno io pensavo fosse così, spesso uscivo la sera tardi, tanto per farmi un giro quando non riuscivo a dormire o quando ero alla ricerca di sensazioni particolari. Mai avevo corso un pericolo o fatti brutti incontri, forse perché un ragazzo abbastanza robusto provoca una certa soggezione nei malintenzionati che si rivolgono a ben più facili vittime.Quella sera poi c’era un’aria tutta speciale, mi sembrava che le calli, i ponti e i canali fossero in sintonia con noi e cantassero di gioia nel loro silenzio.Trovammo con facilità la videoteca di cui mi parlava Angelica e smanettammo un po’ con il videocatalogo finché ci trovammo d’accordo nel provare con una cassetta di cui nessuno dei due sapeva molto, ma che sembrava piuttosto interessante. E così tornammo a casa sua, a distenderci sul divano con una bella bibita fresca, a guardare abbracciati, di tanto in tanto baciandoci, quella che forse era una banale storia d’amore ma a che noi due piacque particolarmente e un po’ forse ci entrò nel cuore. Forse era dovuto all’atmosfera, anzi, quasi sicuramente, ma tutto ci sembrava così perfetto e romantico in quei momenti in cui il nostro amore era esploso in tutta la sue prepotenza. E il finale, molto romantico e appassionato, ebbe come conclusione anche il nostro lungo bacio mentre stavamo ancora fianco a fianco, abbracciati sul divano. Alla fine, mentre la luce della televisione si spegneva e Angelica riaccendeva quella del salotto, lei mi chiese se volevo restare a dormire da lei per quella notte.La cosa mi sarebbe anche piaciuta, ma forse era il momento di staccarci. Chissà come sarebbe stato il risveglio l’indomani, magari non avremmo più provato quella passione travolgente che in quella sera era arrivata così improvvisa.. Forse era meglio che ognuno di noi dormisse nel suo letto e rimestasse un po’ da solo quei pensieri…”No, guarda, ora desidero solamente il mio letto, casa mia… Spero mi capirai, non è niente contro di me…” dissi cercando di non ferirla.Lei fortunatamente sembrò comprendere quello che intendevo. “Va bene, nessun problema… Capisco quello che vuoi dire. Probabilmente farei lo stesso anch’io”.Non ne ero esattamente certo, però mi era sembrata convincente nell’essere tranquilla di fronte alla mia decisione.”Usciamo insieme? Io vado a riportare la cassetta alla videoteca”.”Ti accompagno”.”No, non è necessario…” obiettò lei.”Sì, dai, è distante, chissà che gente gira di notte…” provai a protestare.”Ma non dire cavolate! Lo sai meglio di me che non c’è nessun pericolo!”.”Sarà anche vero, ma preferisco accompagnarti”.”Mi sa allora che dovrò accettare la tua compagnia” e così uscimmo di casa e ci avviammo nuovamente lungo le calli. Così facendo allungavo un po’ il tempo per il mio ritorno a casa, dal momento che dovevamo prima andare dalla parte opposta rispetto casa mia, ma in quel momento desideravo più di ogni altra cosa un’altra bella passeggiata con lei per quei posti che tanto amavo. Camminammo abbastanza velocemente, tenendoci per mano e guardandoci senza parlare, i nostri occhi e i nostri sguardi riuscivano a comunicare meglio di quanto non potessero farlo le parole o mille discorsi. Riconsegnammo al distributore automatico la cassetta e tornammo sui nostri passi.”Grazie di tutto, per stasera…” mi disse Angelica.L’abbracciai, stringendola teneramente a me. Quasi mi veniva da piangere: mi ringraziava anche! Che ragazza straordinaria!”Devo essere io a ringraziarti… Sei stata favolosa, sotto ogni punto di vista…”.”Oggi pomeriggio avevo deciso di uscire con te solo perché eri un ragazzo allegro e simpatico, ma stasera ho scoperto un lato di te che nemmeno sospettavo… È stato bellissimo scoprire quanto speciale sei” mi disse con un bacio.”Anche per me…”.Continuammo a camminare e parlare, scambiandoci qualche impressione su quella serata fino a giungere, quasi senza accorgersene, sotto casa sua.”Vorrei passare con te tutta questa notte, ho paura a ritrovarmi sola a casa ora…”. Lasciò cadere una lacrima, quasi non credevo a quello che stavo vedendo. Ma era la stessa Angelica, quella ragazza così aggressiva e sicura di sé, che avevo scoperto quella sera?”Scusami” mi disse asciugandosi rapidamente gli occhi. “Scusami, è stato un attimo di debolezza. Hai ragione tu, è meglio che ognuno torni a casa propria”.Mi aveva commosso con quelle parole, con quelle lacrime così spontanee e così toccanti per me. No, forse era il caso di mandare al diavolo tutti i miei propositi, le mie paure che si rovinasse tutto di quella sera. Forse era il caso che ancora me la prendessi per mano e la portassi a scoprire casa mia… Ci saremmo addormentati insieme nel mio letto, coccolandosi amorevolmente, e al diavolo quello che avremmo pensato domani mattina svegliandoci!”Dai Angelica, va su a chiudere casa tua, ho voglia di farti vedere casa mia”.Lei mi sorrise come una bambina a cui si regalava un giocattolo tanto desiderato. Capì che il mio era qualcosa in più di un invito a mostrarle casa mia e fu più contenta che mai che avessi compreso il suo stato d’animo. Aprì il portone e quasi di corsa andò a chiudere a chiave la porta di casa sua. Un attimo dopo l’avevo ancora al mio fianco, bella come sempre e tornavamo a percorrere i ponticelli di quella Venezia sconosciuta ai più. Proprio su uno di quei ponticelli ci fermammo a baciarci un po’, tanto per non perdere l’abitudine. Appena ci lasciammo mi venne in mente una cosa e subito gliela dissi: “Guarda che sciocchi, potevi prenderti qualcosa per la notte… Credo di non avere un pigiama che ti vada bene a casa…”.”Ma dai, col caldo che fa! Comunque preferisco dormire nuda!”.A quel pensiero, chissà poi perché, sentii il mio sesso riempirsi nuovamente e lei colse nel mio sguardo, nonostante l’oscurità della notte, una nota di eccitazione. Tornò a baciarmi e la sua mano corse subito là, in mezzo alle mie gambe, e credo non si stupì affatto trovandomi nuovamente duro e pronto. Chissà poi come mai mi era tornata la voglia dopo che lei mi aveva praticamente prosciugato con il suo splendido corpo.I baci e le carezze si fecero sempre più audaci, la sentivo nuovamente strofinare il suo sesso su di me, quasi nemmeno lei ne avesse avuto abbastanza e un nuovo desiderio si fosse risvegliato. Ci guardammo, l’uno di fronte all’altro, i nostri visi a pochissimi centimetri: potevamo sentire i nostri respiri affannosi per una nuova eccitazione, gli occhi sconvolti di desiderio. Eravamo nuovamente in preda alla passione, una passione che sembrava non dover mai finire e che era in grado di donarci sempre nuove energie.”Ho voglia…” mi disse solamente.Per un attimo rivivemmo i momenti di folle eccitamento che avevamo provato poche ore prima per le viette di Murano: la situazione era esattamente la stessa, ma stavolta c’era forse un rimedio migliore che rischiare di prenderci in testa un secchio di acqua fredda che, per quanto refrigerante sarebbe stato, non era certo quello che volevamo.”Quanto distanti siamo da casa tua…”.”Mancheranno cinque minuti” dissi sempre stringendola a me e senza lasciarla.”Andiamo” mi disse e si divincolò dal mio abbraccio. Prendendola per mano cominciammo a correre, anche se l’oscurità e i gradini inaspettati, tutti diversi e sfalsati, ci facevamo rallentare e rischiare di inciampare. E proprio su uno di questi inciampai realmente e per poco non trascinai a terra anche lei: riuscii a mantenere l’equilibrio per miracolo ma Angelica mi fu addosso. Ci appoggiammo al muro in quell’angolo buio baciandosi furiosamente, senza posa per un po’, mentre le mani erano tornate a frugare vogliosamente i nostri corpi. Sentivo quelle di lei sul mio petto, sul ventre, poi sulla schiena e scendere infine a sfiorarmi il pene. E io ugualmente la stringevo a me, stando con la schiena appoggiata al muro, palpandole vigorosamente il culo e in questa maniera dandole il ritmo a cui si strusciava l’inguine sul mio cazzo. Era qualcosa di rabbioso e senza freni, sembrava fossero giorni che eravamo separati e non quelle poche ore che erano passate dal nostro amplesso.Scesi con la bocca a baciarle il collo, poi via via verso le spalle e ancora il decolté lasciato scoperto dalla scollatura della camicetta. Le afferrai fra le mani i seni, li strinsi vicini e la mia bocca andò a cercare, attraverso la stoffa leggera della sua camicetta, i suoi capezzoli eretti: li strinsi fra le labbra, li mordicchiai voracemente mentre Angelica gemeva irresistibilmente.La voltai contro il muro aprendole la camicetta quasi con forza, rischiando di far saltare i bottoni: ne scostai i lembi e mi buttai con le mani e con la bocca sui suoi seni nuovamente nudi. Li succhiai fin quasi a farle male, mentre stringevo i seni tondi fra le mani e con i fianchi cominciavo a mimare quell’amplesso ormai quasi doloroso.Fu lei a cercarmi con le mani, ad andare ad aprirmi i pantaloni e a liberare il mio cazzo dalle mutande, prendendolo in mano. Non ci fu tempo per alcune giochetto o carezza particolare: il desiderio di averci stava diventando una necessità sempre più impellente. Si aprì gli shorts senza nemmeno abbassarseli, sotto era nuda e pronta ad accogliermi: mentre con una mano mi dirigeva verso la sua fessura, con l’altra teneva dischiuse le labbra, anche se non ce n’era bisogno.Penetrai in lei con estrema facilità e in profondità, era bagnatissima, eccitata quanto me… E quando presi a scoparla vigorosamente, con potenti e veloci stoccate dettate dalla frenesia della mia libidine, rispose prontamente gemendo rumorosamente con gridolini che rischiarono di svegliare tutto il vicinato. Evitammo una denuncia per atti osceni in luogo pubblico proprio perché un rapporto così selvaggio non poteva durare a lungo ed entrambi infatti arrivammo rapidamente al limite, anche delle nostre forze, movendoci quasi spasmodicamente l’uno contro l’altro. Venimmo per l’ennesima volta di quella sera, l’ultima ma certamente una delle migliori, in quella maniera, mentre la inchiodavo a un muro di una calle ancora semivestita che gridava ai viottoli oscuri il suo godimento. Fu quella la mia più intensa passione veneziana, la più sincera e quella che ancor oggi ricordo con nostalgia.Quella mattina poi risvegliarsi insieme a casa mia non fu poi così male, anzi. Angelica fu particolarmente premurosa, sia alzò a prepararmi il caffè mentre io, da pessimo padrone di casa, mi riaddormentavo nel mio letto, fortunatamente ad una piazza e mezza, che ci aveva permesso di dormire entrambi comodamente. Vederla nuda di prima mattina, portarmi il caffè a letto, era estremamente piacevole ed eccitante, ma in quel momento era ancora stanco dalle peripezie della notte e lei pure. Passammo un’altra meravigliosa giornata insieme e da allora cominciammo a frequentarci proprio come due fidanzati… Fu proprio una bella storia, molto appassionata e romantica, fatta anche, perché no, delle meravigliose scopate che ci facevamo. La nostra non era però solo un’intesa sessuale, inutile negare che senz’altro quella era ottima, ma prima di tutto un’intesa mentale e intellettuale: eravamo due spiriti ribelli in un certo senso, due persone a cui non andava a genio il normale scorrere della vita quotidiana media dell’italiano, che anelavano qualcosa di diverso per la loro vita.Tutto finì quando mi laureai. Ero finalmente architetto come avevo a lungo sognato, un po’ mi crollarono tutte le certezze della mia vita da studente, ora ne cominciava un’altra, era il via della mia nuova vita che sarebbe durata parecchi anni, molto più della mia parentesi da universitario. Vennero meno tutte le mie sicurezze e anche quella che sarei rimasto a Venezia a fare l’eterno studente, soprattutto quando arrivò una ricca offerta da uno studio dell’entroterra veneto, una di quelle offerte che non si possono rifiutare a meno che non si sia un po’ pazzi. E io avevo tutte le carte in regola per rifiutarla, anche una occupazione in città, a Venezia, che avrebbe fatto proprio al caso mio. Invece commisi una pazzia nell’accettare, decidendo di trasferirmi in città.Eccomi ora a qua a maledire quella scelta che mi ha portato non solo a perdere Angelica, ma anche Venezia, la mia libertà dalla vita fatta di routine, il mio spirito libero a cui tanto tenevo…
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