Artemis poggiò la mano affusolata sulla colonnina di vetro lilla. La parete di fronte a lei cambiò consistenza e, con un leggero ronzio, il velitron si dissolse lasciando libero l’ingresso. Le luci della stanza si accesero e, mentre si liberava finalmente delle due pesanti borse che portava con sé, la voce profonda di Al la accolse come ogni sera: – Bentornata Artemis, spero che il tuo viaggio sia stato piacevole. – Ciao Al…si, il viaggio non è andato male come pensavo, grazie, ma sono davvero stanca adesso, preparami il bagno, per favore. – Con piacere…vuoi che usi la stessa profumazione dell’ultima volta? – No…era troppo dolce, proviamo qualcosa di più speziato… – disse mentre controllava distrattamente sul video l’arrivo di nuova posta. – Va bene…prepari tu la cena o ci devo pensare io? Artemis aprì la finestra posizionandola ad ovest. C’era ancora un po’ di luce, e dal 134° piano la vista era così bella da levarle il fiato. Sotto di lei, per migliaia di km quadrati, La Città: un’enorme labirinto pulsante di luci e colori. Dall’alto poteva facilmente distinguere ciascuno dei venti settori. Venti storie, venti strutture sociali, venti calendari diversi che convivevano in pace ormai da secoli. Artemis aveva abbandonato da poco da uno di questi settori, il nono, cui apparteneva per razza e nascita. Il turag in cui aveva vissuto fino ad allora, pur essendo una delle case più antiche della città, aveva cominciato a starle stretto. Non sopportava più le chiacchiere delle coabitanti. Oramai se lo poteva permettere e così aveva trovato casa nel settore nuovo: Vega II. Costruito da appena cinquant’anni, era costellato da alte torri di vetro collegate fra loro da ponti sospesi sulle strade trafficate, come fili di seta tessuti da un ragno distratto. Le case di quelli che guadagnavano cinquemila midec al mese, come lei. – Artemis… – Ah, scusa, stavo guardando la Città…si, prepara qualcosa tu, qualcosa di leggero ma gustoso…fammi una sorpresa. – Come desideri. Stai provando nostalgia per la tua vecchia casa? -No! – rispose un po’ troppo frettolosamente – No…anzi, stavo pensando a quanto sia bello abitare qui…tutto questo vetro colorato, queste strade sospese… – La casa dove abitavi, se ho ben capito, era una della più belle della Città: bassa, antichi ricami nelle mura, torrette, finestre ovali… – Si, lo so, era bella, ma…avevo bisogno di cambiare…a te non capita mai?? – chiese volgendosi verso un punto imprecisato sopra di lei. – Oh no! Mi bastano i tuoi gusti instabili…mia cara! Non mi era mai capitato di dover rimettere mano alla mia configurazione per 5 volte in soli tre mesi e di dover anche violare i codici di sicurezza per accontentarti! Artemis sorrise leggermente – E’ vero…ma una voce femminile anche a casa no…cominciavo a esserne stufa! E poi non riuscivo a trovare la combinazione che mi piacesse…ora credo che potrai stare tranquillo…per un po’. Puoi alzare un po’ la temperatura? – Subito. Artemis entrò nella cabina trasparente e si sedette. – Nuda – disse. I vestiti si sciolsero lentamente, colando lungo il suo corpo scuro. Il pavimento poroso assorbì e divise i 5 tipi di tessuto fluido, ricaricando con essi i relativi serbatoi. – Vestaglia grigia, grazie. – Non riusciva a perdere quell’abitudine di ringraziare…troppi anni vissuti dove i vestiti vengono ancora lavati ogni settimana e usati per anni, pensò. Un leggero ronzio, e nello sportello di fronte a lei venne tessuta la vestaglia di seta modello v098. La sua preferita. – Sai quella dottoressa di cui ti parlavo? – disse uscendo dal tubo e ravvivandosi i lunghi capelli. – La Seber dagli occhi trasparenti? – Già…oggi mi ha chiesto di cenare con lei, una sera. In un angolo della stanza c’era la sua toeletta: l’aveva da quando era bambina, ed era molto, molto vecchia; vi si sedette per levarsi il trucco. – Interessante, cosa le hai risposto? – Che ci penserò…dimmi, tu come mi trovi? – chiese rimirandosi nell’ovale riflettente. – Splendida come al solito, Artemis…cos’è questa insicurezza che i miei sensori registrano nella tua voce? – …non lo so, dici che le piacerò? – Sei una delle donne più belle che io abbia mai visto, Artemis. E lo sai che io non posso mentire…in più mi sembra che lei abbia già dimostrato dell’apprezzamento per te, in altre occasioni… – Si, è vero…e poi durante l’ultima spedizione ha voluto provare il mio disco emozionale… pare che le sia piaciuto molto. – Fino a che livello le avevi concesso? – Fino al secondo, mi pare, niente di più che qualche bacio e qualche carezza…ma ora sarebbe diverso, dovremo vederci di persona… – disse alzandosi e passeggiando nervosamente. – Tu hai chiesto il suo, di disco? – No! Lo so che penserai che è sono una turaghiana tradizionalista, ma non mi piace…non ci sono abituata. Si fermò di fronte alle vetrate. Una piccola navetta galleggiava a pochi metri da lei. Sapeva che non potevano vederla, ma oscurò ugualmente i vetri. – E’ davvero strano…tutte a farsi produrre questi dischi, e a caro prezzo anche, per poi darle alla prima che voglia fare sesso con loro… Sembra quasi che prestino un voditex, tanta è la facilità con cui lo concedono: – Ecco la mia scheda da visita e il mio disco emozionale, eh eh eh’ – recitò scimmiottando le sue colleghe. – Ma io la ritengo ancora una cosa troppo personale per darla a chiunque… – Ma tu non sei coinvolta personalmente, quando qualcuno usa il tuo disco. – Si, lo so…ma mi da ugualmente fastidio pensare che in giro per la città ci sono cento donne che se la fanno leccare dalla mia proiezione olografica! – Non mi è facile capirti…ma devi pur ammettere che è un modo molto pratico di capire se una persona ti piace o no. La maggior parte delle coppie di questo settore hanno prima verificato la loro affinità in questo modo. – Pratico…e chi ha mai detto che il sesso, le relazioni, debbano essere comode o pratiche! Ragioni proprio come un MK di terza generazione! – sbottò Artemis sedendosi sul letto. – … o come una tipica abitante di Vega II. In ogni caso Rasha ha deciso che le piaccio…e ora sta a me la prossima mossa. – Concluse con un sospiro lasciandosi cadere fra i cuscini. – Fammi dare una controllata: Rasha Ulmann: due lauree, una in ingegneria dei linguaggi terziari, l’altra in scienze della vita non terrestre. Ora è biochimica di grado uno al centro per le spedizioni interplanetarie, due mogli e quattro sub-mogli al suo attivo e…una lista di fidanzate che quasi quasi intasa la mia memoria centrale!! – E tu come le sai queste ultime cose! Non mi pare che compaiano nel suo curriculum! – Sai, la rete è piena di posti interessanti… – Eh eh! Sei tremendo! – ridacchiò la ragazza. Si diresse verso la sala da pranzo, estrasse dal modulo cucina il piatto e, mangiando con gusto lo spezzatino di soia preparato da Al, pensò a quanto era cambiata la sua vita negli ultimi mesi. Se non avesse litigato con Gekal, forse non avrebbe mai trovato la forza di cambiare lavoro, di cambiare casa. Sua cugina aveva superato ogni limite, quella volta, e lei non aveva più avuto la forza di sopportarla. Si ricordò anche che non vedeva sua Nonna da più di 2 mesi, e si ripromise di andare a trovarla. – Al … scrivi a Nonna che le voglio bene. Ma cerca di non essere melenso come l’altra volta. – Hai ragione. Purtroppo avevo mal interpretato alcuni passaggi nelle istruzioni riguardo tua nonna. I tuoi sentimenti sono difficilmente traducibili in linguaggi terziari, Artemis. – Si, me lo immagino, noi donne siamo complicate… Finita la cena Artemis si stiracchiò pigramente alzandosi dalla sedia, pregustando il resto della serata. – Vuoi dare un occhiata ai risultati dell’esperimento, prima di rilassarti? – Oddio, bravo Al …me ne stavo dimenticando. Visualizzali per favore. Si sedette di traverso sulla poltrona e una serie di grafici tridimensionali comparve dall’oloproiettore. Artemis li osservò in silenzio, mordicchiandosi il labbro e arrotolando una ciocca di capelli neri intorno al dito, come faceva sempre quando doveva riflettere. – Interessante, davvero. Hai notato come la crescita sia perfettamente esponenziale? Si direbbe che questa pianta si comporti come un batterio…stava per distruggermi la casa! Hai fermato tu il processo, giusto? – Certamente, ho agito secondo la routine di emergenza che avevi impostato. E’ un organismo estremamente invadente, se posso dirlo. – Puoi dirlo forte, e sarà bene informare il Comitato per le Esplorazioni. Occupatene tu, immediatamente. Priorità assoluta, codice “Rubinia” …ottimo lavoro, caro Al. Ed ora il mio sospirato bagno! – Certo, è pronto. Profumato e caldo come piace a te. Ricordati che oggi è il giorno del Sortè. – Accidenti! E’ vero! Come posso scordarmelo ogni volta… Artemis si sfilò lentamente la vestaglietta, godendo ancora una volta alla carezza della seta dei bachi di Belfor sulla pelle. Piccoli brividi le corsero sulla schiena, lambendo i glutei. Pensò a Rasha. Provò ad immaginare cosa avrebbe provato ad avere delle mani su di sé, delle mani estranee…non aveva avuto molte donne lei… Che Rasha fosse una bella donna, non c’erano dubbi, anzi, era fin troppo perfetta: il corpo snello, il gesto elegante, la carnagione chiara che contrastava così nettamente con la sua, quegli gli occhi trasparenti, così rari, che sembravano leggerle l’anima. In fondo Artemis si sentiva onorata delle attenzioni di una donna di tale classe e censo. Entrò nella sala da bagno dalle pareti blu notte. Il soffitto di vetro, a cupole incrociate, consentiva una meravigliosa vista delle stelle e della piccola luna rimasta. Sculture di metallo e legno ornavano gli angoli, semi sommerse da strani tipi di vegetazione. La maggior parte di quelle piante provenivano da pianeti lontani, alcune non avevano neanche il permesso di entrata: le piaceva infrangere le regole, ogni tanto… Pose le mani a coppa in una piccola rientranza della parete, e si fece versare l’olio sul palmo delle mani. Il Massaggio Rituale era un usanza antichissima della sua famiglia: veniva effettuato nei giorni del Sortè, e i gesti rituali venivano tramandati di madre in figlia da secoli; una usanza che non avrebbe abbandonato neanche in quella moderna casa di vetro. Si passò le mani sul collo, ruotando piano la testa. Una volta a destra, due a sinistra. Poi scese sulle spalle. L’olio sprigionava un piacevole calore, e si soffermò a lungo sui seni, sfiorandoli lentamente. Prese i capezzoli scuri fra pollice e indice e li schiacciò leggermente, due volte. Scese poi sul ventre, e mentre lo massaggiava, compiendo gesti che sapeva a memoria da quando aveva pochi anni, recitò a fior di labbra la litania: “ventre di vita, mistero profondo, magico antro… ventre di vita, mistero profondo, magico antro…” Quelle parole potevano sembrare ingenue, vista la scarsa utilità che ormai il ventre aveva nella procreazione, ma per lei significavano tanto. Rappresentavano la sua storia. La sua umanità. Le ricordavano che, nonostante tutto, anche lei sarebbe potuta uscire da un ventre come quello. Infine si sedette sul piccolo sgabello e passò alle gambe. Risalì dai piedi alle ginocchia, godendo della sua pelle liscia e scura, un manto perfettamente uniforme di cui era particolarmente orgogliosa…poi verso le cosce, sempre lentamente e riempendosi spesso le mani di olio. La pelle unta le trasmetteva meravigliose sensazioni. Come sempre pensò che nulla era più bello del Massaggio Rituale. Appoggiata al muro, gli occhi chiusi, fece scorrere le mani dalle ginocchia fin sulle cosce, avanti e indietro, per trentadue volte, fino a che tutta la sua pelle diventò un unico punto incandescente. Poi divaricò leggermente le gambe, e le mani si riunirono al centro della sua femminilità. Un sospiro le uscì dalle labbra. Il calore dell’olio le entrò dentro, sciogliendo gli ultimi residui di stanchezza. Le sue mani si muovevano contemporaneamente, con dolcezza, ad aprire le grandi labbra. Una si distaccò, e salì a ungere la clitoride, poi scese, passando per la fessura ormai completamente aperta, a sfiorare anche l’altro piccolo antro. Poi tornò verso la clitoride e vi si soffermò. La carezzò con infinito amore, cercando di assecondare le richieste che sentiva provenire da dentro. Il Grande Piacere si impossessò di lei. Un esplosione che partì dal ventre, e le invase il cervello per lunghi attimi. Un’onda gigantesca che ricoprì di piacere ogni altra sensazione, e poi rifluì. Rimase ancora qualche minuto seduta, ad occhi chiusi, assaporando tutte le sensazioni che il suo corpo ancora le trasmetteva. Finalmente aprì gli occhi. La “trance” del Massaggio Rituale stava terminando. La realtà tornò ad impossessarsi di lei, e lei della realtà. Sentì una vaga sensazione di disagio, ma non riuscì ad individuarne il motivo. Le era già capitato da quando viveva nella nuova casa. – …Al – sussurrò Artemis – per piacere, accertati che sia funzionante la canalizzazione dei flussi magnetici. Mi sento spesso di uno strano umore… una sensazione di disagio… Pronunciando queste parole Artemis capì. Questo latente imbarazzo derivava dalla sensazione di una eccessiva “presenza” di Al. Solitamente non ci faceva caso, abituata com’era ad averlo intorno. Ma stasera era diverso. Si sentiva turbata dal sapere che lui la stava comunque osservando con le sue centinaia di micro-telecamere. In fondo Al l’aveva osservata per tutta la durata del massaggio, per quanto “osservare” non era un verbo che si potesse correttamente riferire ad Al. Eppure non era la prima volta, ma cosa aveva provocato quello strano pudore non avrebbe saputo dirlo. Certo… le era parso di sentirlo parlare, ad un certo punto, ma non ricordava proprio… – Al, mi sarebbe possibile disattivare le tue telecamere? – Chiese ad ogni modo, legandosi i capelli sulla sommità della testa. – Volendo si, ma è una procedura altamente sconsigliata. – Si lo so ma…mi sento osservata stasera. Da te. Ti sembra strano? – No. E’ una reazione perfettamente normale. E’ registrata nel blocco 3452 della mia memoria interna, non c’è nulla di preoccupante…la procedura consigliata in questi casi è la disattivazione delle funzioni di interazione uomo-macchina. – Quindi… – Le funzioni vocali, quelle di previsione del comportamento, il modulo emotivo… – Ho capito…no, lascia stare, cercherò di farmelo piacere! Scese i 4 gradini immersi nell’acqua e si sedette nel comodo sedile, appoggiò la testa al cuscino profumato, e si lasciò sfuggire un sospiro di puro piacere. L’acqua calda lambiva la sua pelle, gli aromi conturbanti le riempivano le narici. Il Massaggio Rituale aveva disteso i suoi muscoli, e la sua mente vagava libera e leggera. Sentiva di amarsi, di amare il suo corpo. Come era giusto che fosse nel giorno del Sortè. – Al? Se mi addormento svegliami! – sussurrò con un leggero sorriso sulle labbra. – Certo Artemis. … -…. Artemis? – Si? – Mi chiedevo…lo so che hai appena eseguito il Massaggio Rituale della tua gente, ma mi chiedevo se gradivi ugualmente un trattamento come quello dell’altra settimana. I miei algoritmi sono molto migliorati, in questi giorni di tua assenza e potresti esprimere un giudizio su… – Va bene. Non c’è bisogno di giustificarti. Sono proprio nello stato mentale giusto per godermelo… – Giustificarmi? So cosa significa, ma non era quello che stavo facendo… – A me sembrava di sì! – Ma non è possibile…sai bene che il mio modulo emozionale mi permette di capire le vostre emozioni, ma non di provarle. – …allora? Che aspetti? Che bella voce che hai, calda, sensuale… – L’hai creata tu, ricordi? – Mmmh, non me lo ricordare…preferisco immaginare che tu ne sia “naturalmente” dotato. Abbassa le luci, per favore, ancora un po’…perfetto, ora puoi cominciare. – Artemis, stai cercando di convincerti che io sia un uomo? – N-no… – Il tuo timbro di voce e la durata del sospiro che hai emesso mi dicono il contrario. Ed è dannoso per il tuo equilibrio psicologico. Non sei autorizzata ad avere un uomo, lo sai. Il Trattato per la condivisione delle Risorse, paragrafo 239 dice che… – Uffa!…quanto parli. Sei proprio un ottuso MK di terza generazione. Guarda che ti disinstallo l’accesso al settore legale, così se ti scoprono finisci a caricare bagagli alla Piattaforma Centrale. Attiva il programma di massaggio numero 5, modificalo con la procedura elaborata da te e non contraddirmi più. Tutto chiaro? – Certo. Come desideri. L’acqua della vasca si riempì di bollicine. Artemis poteva sentirle risalire dal basso, massaggiandole dolcemente la schiena e le gambe. Alcune risalirono sfiorando l’interno delle cosce. Artemis aprì leggermente le gambe, permettendo a quelle bollicine di carezzarle il sesso dolcemente. – Mmmhh…Al? – Si, Artemis? – Hai telecamere anche nella vasca? – No. Come ti viene in mente? Non lo sapeva. Ma in quella posizione, sdraiata, immersa nell’acqua calda, le gambe leggermente divaricate, aveva avuto per un attimo la fantasia che lui le guardasse il sesso come forse aveva fatto prima. Che godesse di quello spettacolo, ma da molto più vicino… Aveva davvero bevuto troppo cola-sake al ricevimento! Dalla parete della vasca uscì un tubo, terminante in una superficie allargata di materiale lucido e setoso. Lo strumento cominciò a carezzare le cosce di Artemis, facendo una leggera pressione. Ogni tanto scendeva verso il basso, verso i polpacci, adattando la propria forma alla superficie che incontrava, per poi risalire piano, a sfiorare il ventre. Un altro braccio emerse ronzando piano e si posò gentilmente sul seno destro. La superficie rimase ferma per qualche secondo, assumendo una forma esattamente complementare, per poi cominciare a stringere lentamente quella morbida protuberanza. Artemis si morse un labbro quando un terzo braccio sbucò dalla parete, per sfiorarle le labbra, gli occhi chiusi, la fronte corrugata. – Rilassati, Artemis… – Sei bravo… Carezzami Al, tutta… – Non ho mai desiderato altro… Artemis aprì di scatto gli occhi, costringendosi a pensare…non poteva essere…i computer non hanno desideri…però era possibile che anche quello fosse un modulo di comportamento…uno nuovo di cui non sapeva nulla, che permetteva la simulazione di un desiderio…si, era certamente così. Si rilassò di nuovo, facendosi cullare dalle leggere onde che Al produceva nella vasca. Si sentiva già sovrastata dal pensiero delle sue parti meccaniche che l’avrebbero accarezzata sempre più sensualmente. L’aveva già fatto un’altra volta ma poi aveva avuto paura e si era sentita in uno stato di tale disagio da interrompere immediatamente il bagno. Adesso curiosità ed eccitazione si inseguivano. Godeva al pensiero di essere osservata e manipolata, di essere solo un fragile, caldo corpo fra i mille sensori e strumenti di Al. Sapeva di fare una cosa proibita. Gli MK di terza generazione avevano un limite netto: solo massaggi curativi e rilassanti. Ma Al aveva sviluppato quella particolare attitudine… Probabilmente si era connesso alla rete interplanetaria. In Polinet si trovava di tutto, se si era bravi a cercare…e Al era bravo, lei lo sapeva fin troppo bene. Doveva ammettere che aveva fatto un bel lavoro, dovunque l’avesse trovata…quell’estensione era una manna dal cielo. Non si sentiva così donna e così desiderata da tempo, ed era assurdo pensare che non fosse un’altra donna a darle quelle sensazioni… La schiena le si inarcò, cercando il contatto di quelle mani di vetro tiepido. Adesso se ne era aggiunta un’altra: le toccavano le gambe, le palpavano i seni, scendendo ogni tanto sui fianchi sensibili, sul ventre morbido; esattamente secondo i suoi desideri. Si chiese come facesse Al a sapere dove e quando desiderava essere toccata. – Al…puoi leggermi nel pensiero? – chiese stupidamente. – Assolutamente no: se vuoi sapere perché ti stia piacendo tanto tutto ciò…posso dirti che sono in grado di interpretare molti parametri che sfuggono normalmente ad un essere umano…per esempio in questo istante la tua fronte appena corrugata mi dice che non vuoi più sentirmi parlare di argomenti tecnici, mentre un impercettibile movimento del bacino verso l’alto, e la tensione dei tuoi muscoli, uniti ad un improvviso aumento di temperatura, mi indicano con una probabilità del 90% che il tuo desiderio in questo momento sia di essere… – Al? – Si. – Smettila di parlare. Agisci… – Come vuoi mia…come vuoi. Un ennesimo braccio meccanico spuntò dalle pareti. La forma era molto simile a quella di un membro virile. In un ultimo sprazzo di lucidità Artemis si chiese come avesse fatto ad avere un oggetto del genere…forse lo aveva costruito… Al poteva farlo…Al poteva fare tutto… Il membro sfiorò il suo sesso. Lo percorse dal basso verso l’alto, poi di nuovo. Le mani l’avvolgevano nella loro carezza perfetta, aiutate dalle mille bollicine che continuavano a scorrere lungo le sue forme. L’acqua calda amplificava ogni sensazione. Il vetro premette leggermente sulla fessura ormai completamente dilatata, quasi a chiedere il permesso di entrare. – Al…ti prego…sto impazzendo…fallo ora… – Con vero piacere, mia adorata… Il membro finalmente entrò dentro di lei, raggiungendo dall’interno il centro del suo piacere. La sensazione di pienezza era straordinaria. Echi di un passato lontanissimo e dimenticato le tornarono alla mente. Come sembravano lontani adesso i tempi in cui, nella sua stanza della città bassa, Artemis immaginava, sognava il suo uomo. Alto, biondo, dai lineamenti delicati, quasi femminili, ovviamente…non aveva mai saputo rinunciare a questi pensieri, anche se non aveva mai avuto il coraggio di confessarli a nessuno. Sensazioni perse nei meandri del tempo, cancellate dall’ingegneria genetica. Emozioni permesse solo a poche donne in tutto il pianeta…e lei non era fra quelle, stando alla sua posizione sociale. Eppure… Il braccio meccanico si fermò solo un millimetro prima di farle male, poi tornò indietro, del tutto. – mmmhh… – gemette sentendone violentemente la mancanza. Il membro sembrava non voler rientrare, moltiplicando la sua voglia fino all’inverosimile. Indugiava sulle pareti, premeva leggermente, poi si ritraeva. Artemis avrebbe voluto urlare. Lo fece. – AAL!!!! Fu soddisfatta. Il membro entrò di nuovo profondamente in lei, ma stavolta ancora più grande di prima continuò a scorrere dentro e fuori. Il ritmo lento, coinvolgente e catalizzante delle penetrazioni aumentò solo quando tutti i pensieri di Artemis furono focalizzati su quell’unica parte del suo corpo. Il caldo e setoso strumento entrava e usciva, premendo nei suoi punti più sensibili. Artemis sentì il suo corpo implodere di piacere e prendere, a larghe ondate, una fuga verso l’orgasmo. Mugolava, un urlo represso trovava finalmente spazio e libertà. Non poteva godere di più, non poteva resistere oltre. – AAHHH… AAHHH… AAL! Ma Al non aveva finito. Il membro, continuando a penetrarla, si irrigidì ulteriormente e si bloccò tanto in fondo quanto Artemis non credeva possibile. Ogni movimento si interruppe per qualche interminabile istante, poi iniziò una leggera vibrazione che lentamente aumentò d’intensità, sempre di più. L’acqua intorno a lei cambiò consistenza, divenne più densa, fino ad esercitare una pressione leggera ma costante su ogni parte del suo corpo. Un abbraccio globale, che la comprendeva tutta. Le pareti della stanza ondeggiavano intorno alla sua mente ormai persa in sensazioni mai provate e il sesso, pieno fino al limite, godeva delle squassanti e innaturali vibrazioni del membro. Artemis aprì gli occhi un istante e vide se stessa carezzata senza sosta da quelle braccia meccaniche; ne seguì una con lo sguardo, fino a vederla scomparire nel suo sesso. Quella visione la eccitò all’inverosimile, dandole la consapevolezza di chi fosse in realtà a violarla in quel modo, ad aprirle la fessura così tanto da costringerla ad allargare ancora di più le gambe. Un brivido la scosse. Schegge di piacere schizzarono via dalla sua mente. Un altro orgasmo la raggiunse potente e impietoso. Un orgasmo molto diverso dal Grande Piacere del Massaggio Rituale. – AAAAAHHHHHH… AAAAAAHHHH… – Urlò senza controllo. – Ti amo…ti amo…ti amo… Il piacere sembrò durare delle ore. Lentamente si ritrasse lasciandola spossata e confusa. Quando tornò in se, e fu di nuovo consapevole dell’acqua tornata fluida e ancora perfettamente calda e delle sue membra stanche, le braccia meccaniche erano sparite nei loro alloggiamenti. Nulla sembrava diverso da prima. Rilassata e soddisfatta lasciava le sensazioni libere di inseguirsi pigramente. Le mancava ora qualcuno da abbracciare, un petto dove, senza dire nulla, abbandonarsi a pensieri disordinati. Avrebbe abbracciato anche Al, in quel momento… Al. Un ronzio, il solito ronzio, fu il preludio all’abbraccio che Artemis desiderava.. Al, Al… I pensieri presero forma e ordine. Lucidamente rivide la scena di poco prima, riascoltò in un lampo quanto si erano detti. Ripensò a quelle parole. Non era possibile, non…si, invece. Lo era. Una nuova consapevolezza le si era affacciata alla mente. Non aveva più dubbi, ormai, non avrebbe trovato altre giustificazioni… Artemis radunò le forze. Si alzò dall’acqua, liberandosi dolcemente dall’abbraccio di Al, il cervello ancora vagante nei meandri del suo piacere. Entrò nell’asciugatore ma, ripensandoci, ne uscì. Prese un telo e lo passò con forza sulle gambe e sulle braccia. Aveva un compito da svolgere, e doveva essere lucida, molto lucida. Le lacrime le pungevano agli angoli degli occhi. Non doveva, non poteva assolutamente farsi vedere. Ricacciò giù lacrime e dubbi con fermezza. Scosse la testa. – Tutto bene, Artemis? Attese qualche secondo prima di rispondere. Voleva essere sicura di non lasciar trapelare nessuna emozione. – Certo Al. Doveva tenerlo occupato. Sapeva che non avrebbe mai potuto occupare tutti i suoi 50 processori, ma doveva tentare: – Mi è venuto in mente che potresti ripetere l’esperimento di oggi modificando i parametri da 3 a 12. Potresti eseguire contemporaneamente tutte le possibili combinazioni, così da testare un’eventuale influenza reciproca fra le varie associazioni… L’aveva detto tutto d’un fiato, ed era andata bene. Aveva dato un comando plausibile senza tradire emozioni. L’operazione assegnata ad Al non era complicata, pensò Artemis, ma avrebbe occupato più di metà dei suoi processori per qualche minuto. – Che ne dici Al? – Che è un ottima idea. Mi metto subito all’opera. Artemis stette qualche secondo in silenzio riflettendo, inespressiva, sul fatto che solo un computer poteva non insospettirsi vedendo che pensieri tanto tecnici venivano freddamente espressi subito dopo un orgasmo. Anzi due… Si diresse nell’atrio. Cercava di non sudare. L’avrebbe scoperta. L’avrebbe fermata. Ne era certa. Non avrebbe accettato di essere disattivato. Non era come gli altri, lui. Si fermò di nuovo a qualche metro dal pannello di controllo di Al. Fece finta di guardare la posta, e nel frattempo ripensò alla combinazione di disattivazione totale: MU17. Si stupì. Il suo battito cardiaco, nonostante l’emozione, era tranquillo e regolare. Con decisione si diresse verso il pannello. Troppa decisione. Lui se ne accorse. – Artemis…cosa stai facendo? Non gli rispose. Fulminea compose il codice. – No!! Non farlo! Premette l’enter. – Artemis, ti pre..o no… ar…mi. Il ronzio delle lampade di emergenza riempì l’aria. Senza Al niente più funzionava in casa, ma i sistemi di emergenza erano entrati in funzione. La tensione la fece sospirare. Si concesse una lacrima. Poi un altra. Finalmente poteva. Le sembrava di aver ucciso un amico, adesso, di aver fatto una cosa orribile…ma qualcosa l’aveva spinta ad agire. Senza pensare. Senza esitare. Qualcosa che non avrebbe mai saputo spiegare. Rimase ferma davanti al pannello. Il corpo un fascio di nervi tremante. Pensò a come avesse potuto fargli questo…pensò a quanto i suoi sentimenti per Al fossero maledettamente simili a quelli che si provano per un essere umano. Il suo gesto le appariva maledettamente simile ad un omicidio. Pensò a quanto Al la stimasse, a quanto l’avesse fatta ridere, o riflettere… Ripensò a come avesse accettato di violare il database centrale pur di trovare delle personalità maschili da farle assemblare a suo piacimento…Pensò a tutte le volte che avevano giocato a Risk! 3000 e si chiese se per caso Al, qualche volta, non l’avesse fatta vincere apposta… Pensò ancora a ciò che aveva risvegliato in lei…la coscienza dell’Altro, ma al maschile; il desiderio di essere penetrata… Al aveva spalancato porte chiuse da secoli… Artemis si avvicinò alla poltrona cascandovi sopra, il viso affondato tra le mani, e pianse come una bambina. – Leika, Leika. E’ stato disattivato un MK 3 nel settore alto. Visionare procedura informatica. – Ok Seres. Dammi un attimo. Relazione e report tecnico su linea 8. – Marah. Procedura 2, è stato disattivato un MK 3 nel settore Vega II. Esame immediato protocollo genetico. Residente Artemis Trinity. Numero seriale 290372YF. Invio dart e scheda anamnesi alla responsabile settore. – Bel lavoro ragazze. Chissà cosa sarà successo… Artemis non poteva sapere, e mai l’avrebbe saputo. L’istruzione inserita ormai da secoli nel patrimonio genetico delle donne aveva agito per suo conto. Nessuna poteva opporsi. Loco: 1567A, cromosoma 12. Procedura: Survive2. Oggetto: esecuzione automatica piano di emergenza in caso di sviluppo di personalità nei modelli MK1 e superiori. Perfetto. Rasha Ulmann controllava dart e schede. Tutto era andato per il meglio, stavolta. – L’Umanità aveva rischiato l’estinzione già troppe volte a causa di quelle stramaledette macchine…e loro non potevano permetterlo. Sorrideva, Rasha, gli occhi fissi su quelle due parole ben evidenziate. – Palik, tesoro, domani chiama Artemis e dille se intende accettare il mio invito a cena. Ho bisogno di saperne qualcosa di più. Rilesse quelle due parole – Bah!…te lo immagini un MK 3 che dice “ti Amo”? ah ah ah! Cascano sempre lì…ormai sono diventati prevedibili. Quasi quanto gli umani…
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