Il letto era lo stesso, solo un poco più polveroso, mi sembrava di rivedere mia madre che mi accarezzava i capelli quando stavo per addormentarmi rannicchiato. Il tempo era lo stesso, piovoso ed opprimente, e come allora presi ad accarezzarmi, toccandomi fra le gambe. Ricordavo benissimo quel giorno, la mamma cuciva con la Singer, poco lontano, io, ragazzino magrissimo e problematico scoprii per la prima volta un uso alternativo e piacevolissimo del mio pisellino, che stava rapidamente diventando un pene da uomo. Certo, come tutti i bambini, da sempre mi toccavo e lo trovava piacevole, ma era un gesto meccanico, automatico, come starnutire, quel giorno invece stavo acquisendo la consapevolezza, mi toccava lì sapendo dove volevo arrivare, sentivo che diventava sempre più caldo, che cresceva, come il piacere e, d’un tratto quella sensazione diventò una contrazione che si estendeva per tutto il corpo, ad onde, a scosse, finché mi ritrovai la mano bagnata di uno strano succo, che non pareva pipì ed aveva un odore mai sentito che solo lontanamente poteva ricordare il latte di mandorle che la nonna mi preparava. Il godimento sembrava finito, ma restava un senso di meraviglia, di entusiasmo per la nuova scoperta, misto ad un poco di paura per aver fatto qualcosa di non lecito. Ricordai le domande del parroco Don Antonio sugli atti impuri e mi sentii come quando rubavo la marmellata che la mamma nascondeva accuratamente nel fondo di quella madia. Ma era troppo grande la novità, sotto le coperte si sentiva quel nuovo odore, e senza farmi sentire dalla mamma ricominciai a muovere la mano sempre più forte, guardò il piccolo glande, violaceo, le gocce di sperma, che con quel trattamento era diventato schiumoso, come la panna montata, continuai fino a sentire un altro acme, che non sapevo si chiamasse orgasmo, e dopo un attimo ancora una volta, e ancora, ancora, ancora…. Scoprii che potevo continuare all’infinito, finché il cazzetto non faceva davvero male. Avevo imparato tutto questo, ma non ad associarlo ad una donna, mi davo piacere solo per me stesso, per il gusto di darmelo, senza ancora immaginare una attività in due di cui avevo solo vagamente sentito parlare. Solo qualche mese dopo mia cugina Anna Maria, di qualche anno più grande e che era in vacanza da me, in quella casa di campagna mi fece toccare la sua passerina e cominciai ad accarezzarla, con un misto di curiosità, piacere e disgusto per quella cosa molliccia. Le ragazze di solito sono più grandi e mature dei coetanei e presto Anna Maria si stufò di quel bamboccio timido, introverso ed anche un po’ bruttino che ero io. Ora ero grande, la mia mano stringeva il pene, tra le dita il succo colava, sporcava le lenzuola, non avevo pensato prima a procurarsi un fazzoletto di carta. Mi alzai con i pantaloni abbassati e la mano colante di sperma, per cercare un asciugamano, quanto mi sentii chiamare, da una voce che sembrava molto vicina. Trasalii, Improvvisamente tornai alla realtà, come potevo aver dimenticato che ero tornato in quella vecchia casa insieme ai miei amici e parenti per festeggiare la pasquetta? La voce insisteva: * Mario, Mario, vieni torna giù che fra poco si mangia! Era la voce di Anna Maria, mia cugina, che si era unita alla comitiva con suo marito ed i figli. * Sono qui sopra, adesso arrivo, urlai per farmi sentire Mia cugina era ancora una donna interessante, solo con qualche chilo di troppo, accumulati nel corso delle gravidanze ed a causa della sua totale allergia allo sport. Il viso sempre bello, gli occhi azzurri, le labbra prosperose, ben evidenziate da quel rossetto brillante, lo sguardo che le lievissime rughe rendevano ancora più stimolante. Il seno abbondante, ma sodo, bianco, e quel suo modo di muoversi che metteva subito in agitazione. Tante volte quando accavallava le gambe o mostrava una scollatura prosperosa immaginavo di continuare il discorso troppo presto interrotto molti anni fa, e in quelle occasioni mia cugina diventava la causa dei miei fortissimi arrapamenti ed il pensiero fisso delle mie sedute masturbatorie. Forse lei immaginava il mio interesse, perché quando le guardavo sfacciatamente le gambe lei sembrava vergognarsi, tirare giù i lembi della gonna, troppo corta, per poi incrociarle ancora di più, scoprendo una porzione di pelle ancora non vista. A volte sembrava mi cercasse, volesse rimanere volentieri a parlare con me, quando il marito si appartava a giocare a carte con gli altri del gruppo. Ma non c’era tempo di continuare i pensieri, perché senza bussare Anna Maria entrò in camera. Per un po’ rimanemmo impietriti a guardarci, lei vicino la porta, io vicino al letto, con il pene ancora in erezione che non sapevo come nascondere, entrambi con le gote arrossate, mi vergognavo terribilmente, ma non potevo non ricordare quando 30 anni fa lei, proprio vicino a quella porta mi alzò la gonna e mi fece toccare la sua passerina ancora implume. Stavo per fuggire sotto le coperte, nascondermi, scusarmi, dire qualcosa, quando lei sorrise in modo strano, come quando, da piccola voleva fare una birichinata, chiuse lentamente la porta alle spalle e mi s’avvicinò. Non disse nulla, mi prese la mano piena di sperma, con gesto naturale, accarezzò i tendini del dorso con un dito, lo faceva scorrere lentamente, poi avvicinò il dito bagnato alle labbra, lo succhiò, muovendo lentamente le sue bellissime labbra, strinse la mia mano, l’attirò a se, la poggiò sul suo cuore, sotto il leggero vestito. Lo sentivo battere forte, come quando, da piccoli ci abbracciavamo dentro al letto, eccitati ma senza sapere che fare. Adesso sapevamo bene che fare, anche se avevamo paura che qualcuno ci scoprisse. Io muovevo la mano, sotto il vestito e stringevo tremando il seno, sfioravo il capezzolo duro, Anna Maria gemeva. Lei la sua mano la mise sul mio cazzo, la fece scorrere lentamente, era di nuovo diventato durissimo, teso, quasi dolete. La mano, scorrendo, donava contemporaneamente sollievo ed ulteriore tensione. Ci buttammo sul letto, la sua bocca si trovò vicino alla mia cappella, non aspettò oltre, la fece sparire in bocca. Succhiava, aspirava, roteava la lingua con forza, dandomi come delle scosse elettriche, che mi risalivano lungo la schiena. Io le arrivai con le mani tra le gambe: Erano bagnate fino a metà della coscia. Risalii la pelle morbida e liscia, accarezzai le mutandine, le scostai, titillai i peli, infilai un dito, due, tre, in quella meravigliosa figa, era colante di umori, era grande, larga, calda… Lei continuò a succhiare, aspirare, leccare, finché esplodemmo in un orgasmo travolgente. Mi risvegliai lentamente, mi guardai in giro, nella stanza in penombra, ero tutto sudato, dal piano di sotto si sentiva la musica e le voci degli amici. Non riuscivo a capire se era stato tutto vero o avevo sognato.
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