Il mio nome è Salvatore, ma tutti mi chiamano Salvo. Sono nato in un paese del profondo sud. All’epoca di quanto vi sto raccontando avevo 22 anni e vivevo in un paese della provincia di Milano da otto anni. Lavoravo in una ditta metalmeccanica dell’hinterland e non ero sposato né fidanzato. Era arrivato finalmente il momento di andare in ferie e dovevo passare a salutare i miei genitori, per poi raggiungere i miei amici al mare. I miei mi aspettavano per sabato, ma per evitare il traffico intenso del fine settimana avevo chieste un giorno di permesso in più ed avevo anticipato la partenza il giovedì sera. Avevo viaggiato per tutta la notte, fermandomi solo un’ora per fare un sonnellino. Alle undici di quel mattino d’inizio agosto pioveva che Dio la mandava e mancavano ancora quattro chilometri per arrivare al mio paese. Riuscivo a fatica a vedere davanti a me, ma andavo avanti lo stesso perché la strada era tutta dritta. Volevo arrivare a casa dei miei prima di mezzogiorno per pranzare insieme ai miei genitori e poi andare a dormire. Mio padre doveva essere già arrivato da un paio di giorni. Per fortuna la pioggia cessò all’improvviso così com’era iniziata. Alle undici e dieci entravo nel panificio-pasticceria-gelateria per comprare una vaschetta di gelato da portare a casa. Al banco dei gelati stava Filomena (Fifì), la figlia del proprietario, mia compagna di scuola sia all’elementari sia alle medie. Quando eravamo alle elementari ci eravamo anche fidanzati per qualche mese. Aveva un corpo da sballo: alta, tutta curve e soprattutto con un culo che era la fine del mondo. L’unico problema, il più importante, era la faccia, orribile. Era piena di brufoli e con una folta peluria sotto il naso. Appena mi vide entrare mi corse incontro, mi abbracciò, mi baciò sulle guance e, mentre sfregava il suo seno sodo contro il mio petto, mi fece un sacco di domande sulla mia vita al nord. Sentire i suoi capezzoli sul mio corpo mi eccitò, perciò, non volendo darle false speranze, mi staccai da lei. “Non ho tempo adesso, vorrei essere a casa per l’ora di pranzo. Ci vediamo poi in un altro momento, così possiamo chiacchierare con più calma” le dissi “Dovresti darmi per piacere una vaschetta di gelato misto.” Mentre Fifì metteva il gelato nel contenitore, le guardai le mani e notai che non aveva la fede al dito: evidentemente non aveva ancora trovato un uomo abbastanza cieco o disperato da sposarla. Ad un tratto sentii giungere dall’esterno una voce trasmessa da un altoparlante che molto lentamente si avvicinava sempre di più: “Donne è arrivato l’arrotino e l’ombrellaio.” “Chi è? Le chiesi. “E’ Mariano!” “Ancora vive? E’ un pezzo che non lo vedo” “Ma che strano!” fece Fifì “E’ già venuto questo lunedì. Che ci fa ancora qui?” Mariano! Lo conoscevo molto bene! Quanti anni erano passati? Avevo dodici anni. Mariano arrivava a casa nostra una volta al mese. Mio padre, che anche allora faceva il camionista, spesso e volentieri era fuori casa, anche per intere settimane. Quando arrivava l’arrotino, conoscendo la mia passione per la pesca, mi portava sempre delle esche vive. Tutto contento prendevo la mia canna ed andavo a pescare nel fosso. Le esche erano proprio miracolose: prendevo un sacco di pesce. Ero così preso a pescare che il tempo passava senza che me ne accorgessi. Era mia madre che veniva a chiamarmi per pranzare. Una volta, però, ho rotto la lenza appena arrivato al fosso ed, avendo dimenticato nel magazzino la mia cassetta degli attrezzi da pesca, tornai a casa per prenderla. La macchina dell’arrotino era ancora nel cortile, ma non ci feci caso e mi diressi verso il magazzino. Quando fui all’altezza della cucina sentii dei lamenti provenire dal di dentro. Che cosa stava succedendo? Senza fare rumori e cercando di non farmi scorgere, mi accostai alla finestra e guardai dentro. Mia madre era china sul tavolo con il vestito sollevato sulla schiena, mentre l’arrotino, con i pantaloni abbassati, era alle sue spalle e la colpiva con il bacino sulle chiappe e la teneva giù per i capelli. Pensai subito che le stesse facendo del male e volevo entrare per farlo smettere, ma, quando vidi il viso di mia madre, capii che a lei stava piacendo quel trattamento e rimasi di stucco. Mia madre stava tradendo mio padre. Il rancore che mi prese all’inizio lasciò il posto ad una sorta d’eccitazione. Il mio pisellino era diventato duro. Lo tirai fuori dai pantaloni e mi masturbai. Decisi che non avrei raccontato niente a mio padre. La giustificai nella mia mente. Mia madre aveva 30 anni ed era molto bella. Aveva lunghi capelli neri che le arrivavano a metà della schiena e che teneva sciolti. Aveva due occhi scuri e grandi come mandorle, una bocca larga, labbra pronunciate e denti forti e bianchi. Era alta, formosa. Aveva un seno grande, la vita stretta ed un sedere che faceva venire voglia di toccarglielo e i fianchi larghi. Se mio padre era così fesso da lasciarla da sola per tanto tempo, il meno che gli potesse capitare era che sua moglie trovasse chi apprezzasse tanto ben di dio. Tra l’altro mia madre, dopo le visite di Mariano, era più allegra, cantava ed era più affettuosa con me. I suoi occhi, poi, brillavano come brillanti. Da quel giorno, tutte le volte che arrivava Mariano, facevo finta di andare a pescare, ma tornavo a spiarli e mi masturbavo. Fino a 15 anni. Perché, non avendo voglia di studiare, mio padre mi fece andare al nord a casa di suo fratello, che mi trovò un lavoro da apprendista. Da allora non avevo più rivisto l’arrotino e, dopo qualche anno, avevo dimenticato i tradimenti di mia madre. Quando uscii con il mio sacchetto contenente la vaschetta, vidi che l’automezzo era quasi alla mia altezza. Mi fermai curioso a vedere come fosse diventato. Mostrava una sessantina d’anni, con i capelli quasi del tutto bianchi. Lui non mi riconobbe o se mi aveva ricociuto non lo aveva dato a vedere. Ripresi la mia marcia, attraversai tutto il paese e dopo la curva imboccai la strada sterrata che porta alla casa dove sono nato. Era piena di pozzanghere e fangosa. Si vedevano chiaramente le impronte fresche di pneumatici non molto grandi. Non potevano essere quelle del camion di mio padre. Probabilmente o mio padre o mia madre erano passati con la Fiat Uno. Avendo visto una doppia fila d’impronte, ero convinto di trovare in casa entrambi i miei genitori. Arrivato in cortile, però, vidi che il camion non c’era e che la Uno aveva le gomme pulite. Chi era passato in quella strada, considerato che essa portava solo alla nostra casa? Mariano, naturalmente, pensai. Mia madre si faceva ancora scopare da Mariano! Ma mio padre dov’era? Tesi l’orecchio per sentire se mia madre stesse cantando. Niente! Sentii, invece, aprirsi la porta. “Che altro vuoi, ades……? Salvo! Bambino mio! Come mai sei già qua. Non dovevi arrivare domani?” “Sono partito un giorno prima per evitare il traffico. E papà dov’è? Non doveva arrivare l’altro ieri?” “Tuo padre è fermo in Germania con il camion rotto e non sa quando potrà venire. Ma lasciati guardare. Quanto sei bello! Il mio bambino è diventato proprio un uomo.” Ci abbracciammo e ci baciammo affettuosamente. Presi i miei bagagli ed entrammo in casa. La guardai mentre mi faceva strada e non vidi i suoi occhi brillare, come invece mi aspettavo. Si illuminava solo quando mi guardava. Mi venne il dubbio che Mariano non fosse venuto a trovarla; ma le impronte allora? Andai in camera a sistemare le valigie. Era un forno per cui aprii la finestra ed accesi il ventilatore a soffitto. Poi andai in bagno a lavarmi le mani e raggiunsi mia madre in cucina. “Potevi avvertirmi che saresti arrivato oggi. Non ho preparato niente” “Mamma più che fame, ho sonno. Due uova e un po’ di formaggio con qualche fetta di pane vanno più che bene” Mangiai con appetito e bevvi un bicchiere di vino. Non volli il caffè ed andai subito a dormire. Lasciai il ventilatore acceso al minimo e mi buttai sul letto con addosso un paio di boxer e basta. Dormii fino alle sette di sera. Ero intontito e rimasi a letto ancora per qualche minuto. In casa non si sentivano rumori, ma ero sicuro che mia madre fosse in casa a prepararmi una cena coi fiocchi. Faceva ancora caldo, per cui rimasi in mutande ed andai in cerca di mia madre. Pensavo di trovarla in cucina, ma vidi che era in soggiorno seduta sulla poltrona che leggeva una rivista. Le piacevano le storie d’amore e leggeva un giornale dove le donne confessavano le loro esperienze sentimentali. Indossava uno scamiciato di cotone leggero azzurro con fiorellini bianchi. Quando mi vide lasciò la rivista e si alzò. “Ciao Salvo! Hai dormito bene? Ho aspettato che ti svegliassi per incominciare a cucinare. Non volevo fare rumori che ti potessero svegliare” mi disse mentre si spostava in cucina. “Come un ghiro. Sono ancora in coma.Mi faccio una doccia, così mi sveglio del tutto.” Rimasi sotto la doccia per più di un quarto d’ora a crogiolarmi sotto l’acqua bollente. Quando uscii dal bagno, mia madre mi gridò di raggiungerla in cucina. “Vieni qua, così chiacchieriamo un po’”. Era girata verso il lavello mentre stava lavando l’insalata. Mi sedetti su di una sedia vicino al tavolo, un po’ in diagonale, così avremmo potuto parlare senza bisogno che si girasse. La sua figura si stagliava contro la porta finestra ed in trasparenza potevo scorgere il suo corpo. Potevo distinguere la forma del suo seno libero da ogni costrizione e la linea delle sue forme armoniose, un ventre ancora piatto ed un sedere abbastanza tonico, solo un po’ più abbondante di come lo ricordassi. “Quando mi farai conoscere la tua ragazza?” mi chiese. “Quando l’avrò sarai la prima a saperlo” le risposi. “Non mi dire che non hai la ragazza alla tua età! Non senti necessità di avere una relazione con una donna? Mica continuerai a masturbarti?” “Mamma, io sto al nord. Lì non c’è mica bisogno di essere fidanzati o sposati con una ragazza per avere con lei rapporti sessuali! Si va in discoteca, ci si conosce, si balla assieme, si fa amicizia e, se lei mi piace ed io piaccio a lei, si finisce per fare l’amore. A volte ho avuto rapporti anche con donne sposate che, per una sera, volevano trasgredire. Erano quasi tutte giovani, ma qualcuna aveva circa la tua età.” “Anche donne sposate? E i mariti le fanno uscire la sera da sole? ” mi domandò molto interessata con la voce impastata, girandosi leggermente verso di me. “Ed anche molto più vecchie di te?” Era eccitata! E la cosa, aggiunta alla visione del suo corpo in trasparenza ed ai ricordi giovanili, fece eccitare anche me. Senza accorgermene il mio pene era diventato duro e non potevo nascondere la mia erezione che deformava i miei boxer. Sperai che mia madre non si fosse accorta della mia condizione, distolsi gli occhi e cercai di pensare ad altro, ma senza risultato. Ma l’eccitazione era presente tra di noi: il mio pene era sempre in tiro e la voce di mia madre era sempre impastata. Non vedevo il corpo di mia madre, ma quello di una femmina desiderabile. Avevo voglia di alzarmi ed andarle vicino per farglielo sentire e …… Ma rimanevo immobilizzato dalla paura. Come avrebbe reagito? “Apparecchia che mangiamo.” L’erezione cessò progressivamente mentre provvedevo all’incombenza. Mentre cenavamo andammo avanti a parlare: io le raccontai dei parenti che erano al nord e lei mi riferì dei parenti e degli amici rimasti al paese. Dopo cena la aiutai a sparecchiare e, mentre lei era intenta a riempire la lavastoviglie, mi ritornò l’eccitazione nel vedere il suo sedere sollevarsi quando si chinava. Mi appoggiai al tavolo, mangiandomela con gli occhi. Come se non avessimo interrotto la conversazione avuta prima di cenare, riprese a chiedermi: “Ho capito bene? Sei andato anche con donne della mia età? Non sono troppo vecchie per un ragazzo di 22 anni? Che gusto ci provi a scopare con una donna che magari ha il corpo disfatto dalle maternità?” “Scopare una donna matura è un’esperienza esaltante. E’ lei che ti prende per mano e ti porta a godere come mai immagineresti. E poi ci sono quarantenni che hanno un corpo che non ha niente da invidiare a quello di una ventenne, anzi hanno quel di più che le rende più desiderabili.” “Forse per le donne del nord che vanno in ufficio e in palestra; ma noi qui che stiamo sempre in casa è diverso. Vedi me, per esempio, pensi che il mio corpo possa competere con quello di Fifì?” aggiunse con voce tremante. Non so come, mi trovai alle spalle di mia madre. L’abbracciai appoggiandomi al suo sedere, posai le mie mani sui suoi seni, le titillai i capezzoli già duri e, con voce rotta dall’emozione, le sussurrai in un orecchio: “Sei mille volte più bella e poi il tuo corpo farebbe eccitare anche un eunuco” Mia madre rimase ferma per un attimo. Temetti che si fosse offesa, invece prima premette le sue chiappe contro il mio pene, poi si girò verso di me e guardandomi negli occhi appoggiò il suo corpo al mio. “Senti, senti com’è allupato questo sporcaccione.” Fece, spingendo il suo ventre contro di me. Aprì leggermente le labbra e le appoggiò sulle mie, introdusse la sua lingua nella mia bocca. La mia lingua rispose attorcigliandosi alla sua in un bacio lungo e frenetico. Le mie mani percorrevano il suo corpo accarezzandolo, palpandolo, stringendolo per farlo aderire ancora di più. Lei mi accarezzava i capelli, mi teneva la testa tra le mani per baciarmi con più forza, mentre si strusciava contro la mia erezione. Dopo i primi attimi frenetici durante i quali ci trasmettemmo tutta la nostra eccitazione, senza staccare le nostre bocche, ci scostammo leggermente.Le sbottonai lo scamiciato e lo lasciai cadere sul pavimento, mentre lei mi sfilava l’unico indumento che indossavo. Mi staccai dalla sua bocca e, mentre lei continuava ad accarezzarmi, continuai a baciarle gli occhi, il mento, il collo, il petto. Le baciai i seni, presi in bocca i capezzoli ritti e grossi. Scesi a baciarle l’ombellico, il suo ventre piatto. Con la bocca incollata sulla sua pancia, le abbassai le mutandine che scesero lungo le sue gambe e che lei sfilò prima da un piede e poi dall’altro. Ripresi a scendere frugando con la lingua tra i peli del suo folto cespuglio scuro, già umido d’alcune gocce de suoi umori. Ma così in piedi non potevo continuare nella mia opera. La feci sedere sul tavolo, con le mani appoggiate all’indietro e le gambe piegate, mi inginocchiai tra le sue gambe e ripresi l’esplorazione. Aiutandomi con le dita liberai l’organo di mia madre dal quale ero uscito 22 anni prima e incominciai a baciarlo. Con la lingua scostai le grandi labbra ed andando verso l’alto trovai il suo clitoride che presi a mordicchiare leggermente. Mia madre gemeva per il piacere. Introdussi la mia lingua nell’umida caverna come un pene per assaggiare la consistenza delle sue pareti. Mi ritrovai con il mento che toccava il buco dell’ano. Retrocessi per stuzzicare ancora il clitoride con frequenti colpi di lingua. Quando le toccavo il clitoride esternava sonoramente il suo gradimento, invitandomi a continuare, per cui mi dedicai al suo trattamento alternando la lingua ai denti, finchè non percepii che stava per avere un orgasmo. “Veeeengo! Veeeengo! Oh Dio, che piacere mi stai dando!” tremante gridava, mentre si reggeva con una mano e con l’altra si strapazzava i seni, pizzicandosi i capezzoli. Con la lingua tornai nella vulva per leccare tutta l’abbondante secrezione, provocandole nel contempo il prolungamento del godimento. Quando sentii cessare l’effetto dell’orgasmo, mi alzai, mi distesi su di lei e la baciai con passione. “Mamma, ho voglia di scoparti qui sul tavolo. Prendo i preservativi e sono subito da te” le dissi cercando di allontanarmi. Mi disse di non preoccuparmi, perché prendeva la pillola. “Lo voglio dentro! E’ tanto che non provo più un cazzo duro nella fica!” Diceva. Il mio membro si trovava all’altezza del suo sesso. La cappella era puntata tra le labbra della vulva, che si aprirono prontamente, per accogliere la mia verga, appena accennai a spingere. La sua vagina era un lago e subito le fui tutto dentro. Le mie mani nel frattempo continuavano ad accarezzare i suoi seni, stringendo i capezzoli tra le dita. “Scopami, bambino mio! Fammelo sentire com’è duro. Fammi godere ancora.” Presi a pompare con frenesia. Volevo godere anch’io, ma, quando fui sul punto di venire, mi fermai, perché lei non aveva ancora goduto. Mi chinai leggermente su di lei per coinvolgere nello sfregamento anche il clitoride e ripresi ad andare avanti e indietro più lentamente roteando il bacino per farle sentire il mio pene sulle pareti della vagina. I risultati non si fecero attendere. “Veeeengo! Mi stai facendo godere di nuovo, e tu? Godi anche tu! Voglio sentire la tua sborra nella mia fica!” gridò scossa da un nuovo orgasmo. Il piacere mi giunse intenso, mi fermai un attimo ed incominciai a sborrarle dentro con fiotti copiosi e numerosi. “Veeeengo mamma! Oh come mi piaci. Oh che godimento.” Gridai a mia volta. “Oh come la sento che mi riempie tutta la fica. Com’è bollente. Ma quanta ne hai?” “E’ tutto merito tuo. Nessuna mi ha mai eccitato come te. Sei una femmina meravigliosa! L’amante più arrapate che abbia mai avuto.” Le sussurrai nell’orecchio, mentre disteso su di lei, glielo baciavo. Rimanemmo così, con il membro ancora dentro, per qualche attimo ancora, fino a quando, persa del tutto l’erezione, fuoriuscì bagnato degli umori vaginali. Mia madre mi fece alzare, scese dal tavolo, si inginocchiò tra le mie gambe e prese in mano il mio sesso e lo strinse. Con la lingua raccolse gli ultime gocce che fuoriuscirono, girò intorno al glande, solleticò il prepuzio e tornò a colpire lo spacco. Poi se lo introdusse in bocca ed incominciò un lento pompino, mentre mi guardava con gli occhi che le sorridevano, prevedendo il piacere che ci saremmo dati successivamente. Il lavoretto che mia madre mi stava facendo me lo fece ridiventare più duro di prima. Quando fu certa del risultato, lo tirò fuori dalla bocca, si alzò e, tenendomi per il membro, mi condusse nella camera matrimoniale. “Adesso voglio scoparti io!” mi disse, facendomi stendere sul letto e montando a cavalcione del mio inguine. Afferrò il mio membro e lo indirizzò verso la sua vagina. La cappella si fece strada tra le sue grandi labbra ed il mio pene fu inghiottito per tutta la sua lunghezza. Mia madre, impalata sul mio sesso, iniziò a dimenarsi, sollevandosi e discendendo con un ritmo accelerato, rispondendo all’unisono ai colpi che menavo sollevando il bacino, mentre la mia bocca era attaccata al suo seno, succhiando alternativamente i due capezzoli. Il suo viso era paonazzo, i suoi occhi strabuzzavano, dalla sua bocca uscivano oscenità che non le avevo mai sentito dire. Quando….! Quando ad un tratto suona il telefono. “Non rispondere!” la implorai. “Potrebbe essere tuo padre!” replicò, del tutto bloccata. Rassegnato sollevai la cornetta e gliela passai. “Pronto!” disse ancora ansimando. “?” “Ho fatto una corsa perché ero lontana dal telefono” “?” “Come non puoi venire? Salvo è già arrivato ed è contrariato di non averti trovato a casa” “?” “Si lo so che devi ricuperare i soldi spesi per la riparazione del camion, ma il tuo è proprio un lavoro di merda. Sei sempre via, ed io sono sempre qui da sola. Ma quando pensi di poter venire?” “?” “Alla fine del mese??? Non fai neanche le vacanze quest’anno! Hai bisogno anche tu di riposare, se no mi schiatti.” “?” “Sai che riposo è tre giorni in quella fottuta città tedesca. Va bene! Chiederò a tuo figlio di rimanere per qualche giorno in più. Almeno mi godo lui.”. Mentre lo diceva roteava il bacino intorno al mio membro ancora più duro per la situazione. “?” “Si, è a letto. Vuoi che te lo chiami?” “?” “Si glielo dirò! Adesso, però, mettiamo giù se no spendi un capitale e devi lavorare ancora di più.” “?” “Anch’io ti amo e sento la tua mancanza. Ciao!” Mi passò la cornetta. I suoi occhi brillavano per la lussuria. Si chinò su di me per baciarmi. Sembrava volesse violentare la mia bocca, tanto era scatenata. “Amore mio, hai sentito? Tuo padre non ci romperà le palle fino alla fine del mese. Sarebbe meraviglioso se tu potessi rimanere per tutto il tempo.” Mi soffiò sulla bocca interrompendo momentaneamente di baciarmi. “Non ci pensiamo ora, per adesso ho deciso che le vacanze le passo qui e non vado al mare.” Le risposi appena potei parlare. Riprendemmo la galoppata, che si protrasse per diversi minuti, durante la quale mia madre, in preda alla lussuria, pur avendo un orgasmo dopo l’altro, non sembrava mai paga ed, anche quando le scaricai nella vagina continui getti di sperma, continuò a dimenarsi come un’ossessa. Si martoriava i capezzoli, si ficcava le dita in bocca succhiandole avidamente. Il mio pene non fece a tempo ad ammosciarsi. Ridiventò duro prontamente in modo poderoso e con l’erezione mi tornò la voglia di scopare. Senza sfilarmi da lei, mi sollevai aggrappandomi alle sue spalle e ripresi a martellare, sfregandomi contro il suo clitoride, procurandole un ennesimo orgasmo. Ci prendemmo per alcune ore in tutti modi possibili, fino a quando, esausti, non ci accasciammo sul letto, ansanti e felici. Lei posò il suo capo sul mio petto, mentre io le accarezzavo i capelli. Ci addormentammo in quella posizione. Mi svegliai sentendomi baciare i capezzoli. Dalle persiane filtrava la luce del giorno: era già sabato mattina. Le accarezzai i capelli e a voce bassa, come se in casa ci fosse qualcuno, le sussurrai: “Sei fenomenale! Sprizzi sensualità da tutti i pori. Senti come ti ama il mio lui!” “Non ti posso fare un po’ di coccole che subito s’inalbera. Chiacchieriamo un poco!” disse mentre tornò a rannicchiarsi tra le mie braccia. “Di che cosa vogliamo parlare?” le chiesi. “Di sesso, naturalmente! Dimmi un po’, hai mai sodomizzato qualche donna?” “Che fai mamma! Ti vergogni di me? Vuoi sapere se le ho scopato il culo? Certamente! Ed è stato bellissimo.” “Ma non fa male?” “Non ho un’esperienza diretta, ma sembra sia piacevole, se lo si fa nel modo giusto.” “Tu sai come fare?” “Vuoi provare?” “Si! Voglio che mi svergini il culo. Vedi che non mi vergogno!” La trassi a me e la baciai attorcigliando la mia lingua alla sua ed esplorando il suo palato. Andai avanti a baciarla su tutto il corpo mentre la feci girare a pancia in giù con le gambe piegate. Con la lingua, passando dalla schiena, arrivai a leccarle i glutei e l’interno delle chiappe. Introdussi la punta nell’orifizio anale cercando di forzarlo. Lo lubrificai con la saliva, ne assaggiai la resistenza con un dito che avevo infilato in vagina e poi introdussi il mio pene nella vulva perché si lubrificasse a sua volta, lo estrassi bagnato degli umori vaginali, appoggiai la cappella sul buchino e spinsi con delicatezza, aspettando la reazione di mia madre. “Fai piano!” “Farò pianissimo e solo se lo vorrai. Se vuoi che mi fermi dimmelo.” E ripresi a spingere. Mi fermai quando la cappella fu dentro quasi interamente. “Ahi che male. Ma non ti fermare!” Ripresi in modo lento ma continuo. Centimetro dopo centimetro il mio membro veniva avvolto dalle pareti anali. Quando il mio pube fu contro le chiappe chiesi a mia madre come andasse. “Per adesso ho solo sentito male, ma sono sicura che il piacere arriverà. Adesso scopami il culo, ma fai piano. Così bravo! O che bello!” Dopo alcuni andirivieni, lo estrassi lasciando dentro solo la cappella. Attesi la sua reazione. “Che cosa fai? Non ti fermare. Fammi sentire il tuo bel cazzone tutto dentro. Dai! Spingi bene adesso! Fai forte! Più forte! Sfondami il culo! Così! Si! Così! Così! Così. Oh Dio vengo! Vengo! Ma è bellissimo! Sto ancora godendo! Si! Scopami ancora! Godo! Godo!” Stavo per venire anch’io, i miei movimenti divennero più lenti. Mia madre percepì la mia prossima eiaculazione. “Dai amore vieni! Sborra nel culo di tua madre. Riempi tutto le mie viscere con il tuo bollente sperma!” E finalmente arrivò un orgasmo che mi svuotò tutto. Con i getti di sperma uscivano anche le mie forze. Quando ebbi finito, mi distesi sulla schiena di mia madre per riposarmi. Poi mi lasciai cadere sul letto esausto. “Mamma sei la fine dl mondo!” le sussurrai. “Finalmente! Sai da quanto non scopavo?” “Ho visto Mariano in paese. Non è passato di qua?” “Cosa ne sai tu di Mariano?” “Sai quante seghe mi sono fatto mentre voi scopavate?” “E bravo il mio porcello! Come mai non hai detto niente a tuo padre?” “Perché vedevo che dopo tu eri felice e mi volevi più bene. Allora Mariano?” “Non è più il Mariano che conoscevi tu. E’ diventato vecchio. Era già stato lunedì e siamo riusciti, a fatica, a fare una scopata. Quando ho saputo che tuo padre non sarebbe venuto a casa, visto che tu saresti dovuto arrivare stamattina, giovedì sera ho tentato di contattarlo sul cellulare per dirgli di passare il giorno dopo, ma aveva il cellulare spento. Ho tentato ancora venerdì mattina presto senza risultato. Sono riuscito a trovarlo verso le dieci. Mi ha detto che non sapeva se avrebbe potuto accontentarmi, dato che aveva già visitato un’altra cliente. L’ho pregato di passare lo stesso, sicura di saperlo eccitare quanto bastava per una scopata. E’ arrivato, ma non c’è stato niente da fare. Non sono riuscita a farglielo venir duro abbastanza. Alla fine ho dovuto fargli un pompino per non lasciarlo con le palle doloranti e sono rimasta con la voglia addosso.” “Me ne sono accorto! Benedetta la vecchiaia di Mariano. Ma adesso, scusami mamma, ma vorrei dormire qualche ora. Ne ho bisogno. Ed è bene che lo faccia anche tu.” E così ci addormentammo sfiniti. Non ho raggiunto i miei amici al mare. Ho passato le vacanze a casa dei miei, scopando con mia madre tutte le volte che ne avemmo voglia. Sono andato in paese solo per fare provviste e per mettere in opera quello che avevo deciso con l’assenso di mia madre. Non sono più tornato in Lombardia. Ho trovato il paradiso e non l’ho voluto più lasciare. Ho sposato Fifì. Per non lasciare la mamma sempre da sola, siamo andati ad abitare in casa dei miei, nell’appartamento al primo piano. Sono andato a lavorare nel negozio di mio suocero e ho imparato a fare il pane. Vado a lavorare che è ancora notte e torno a casa nella tarda mattinata, quando mia moglie è impegnata nel negozio. Mia madre mi aspetta con le braccia aperte, cioè con le gambe aperte. Abbiamo tempo per una salutare serie di scopate e poi vado a dormire. Quando poi mia moglie torna a casa, vuole anche lei la sua razione di sesso. E la cosa non mi dispiace per niente. Dopo che ci siamo sposati, Fifì è diventata quasi bella. I brufoli sono scomparsi e con un po’ d’acqua ossigenata i peli sotto il naso quasi quasi non si vedono. Aveva proprio bisogno di un manico. Le mie donne non sono gelose una dell’altra. Penso che mia moglie immagini quali siano i miei rapporti con mia madre e che approvi. Chissà come si evolveranno le cose in futuro!
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