Roma, 14 a.C., l’Urbe è sempre più affollata. Mercanti che urlano, strepitano, occupano l’intera strada tanto che a stento le bighe riescono ad attraversarla. Il cuore di Roma è costituito proprio da loro, però. Sono loro che movimentano i traffici di denaro, speculano, si arrischiano in affari non del tutto leciti e sono proprio loro alla fine quelli che si arricchiscono più velocemente. Da loro puoi acquistare di tutto, le più svariate mercanzie provenienti dai posti più lontani e bizzarri. C’è chi vende seta, chi cotone, chi pentolame, chi animali, chi schiavi. Proprio chi commercia schiavi riesce a guadagnare di più. Ci sono gli schiavi bianchi, neri, provenienti dalla Grecia, dall’Africa. Per ogni necessità ce ne è uno. Ci sono quelli più adatti ai lavori domestici, quelli più adatti ai campi, poi ci sono quelli da compagnia e via dicendo. In quel periodo il venditore di schiavi più famoso era un certo Tarquinio, proveniente dall’Etruria, un tipo molto grasso, sempre sudato, dai pochi capelli e dalla barba incolta. Era riuscito a far fortuna grazie alle amicizie che aveva in Senato, così era riuscito a far entrare a Roma molte ragazze dall’Africa e dalla vicina Dalmazia che riusciva a vendere a prezzi altissimi, visto che erano tutte splendide ragazze. Alcune di queste le regalava ai suoi protettori, in modo da legarli sempre più a sé. In una delle sue razzie in Africa, catturò una splendida ragazza nera, alta circa un metro e ottanta, seno molto prosperoso, molto magra ma con un culo da favola. Si notava la sua giovane età, non doveva avere più di ventenni. Appena la vide ne rimase estasiato e già prospettava i suoi lauti guadagni futuri. Decise però che un bocconcino così prelibato non poteva lasciarlo solo agli altri e decise, prima di venderla,di spassarsela un po’ con lei. Dopo aver caricato la ragazza insieme ad altre tredici ragazze sulla sua nave, salpò per Roma. Giunto in mare aperto, chiese ai suoi attendenti di continuare su quella rotta perché aveva da svolgere un compito e li avrebbe lasciati soli per un po’. Entrò nella stiva, accese una candela e prese per un braccio la ragazza e la trascinò nella sua cella. La ragazza strillava, piangeva, ma Tarquinio sembrava non sentisse nulla. Le stracciò di dosso i pochi abiti che aveva e si avvinghiò a lei. Quando si avvicinò alla sua figa si accorse che lei era ancora vergine e nella sua mente scattò un meccanismo che lo bloccò. Pensava a quanto avrebbe potuto guadagnare vendendo una ragazza nera illibata. Decise allora di non sverginarla, ma ora era arrapatissimo e così decise di farsi fare un pompino. La ragazza, che l’uomo poi chiamò Venus, aveva sempre vissuto in casa, non aveva mai fatto sesso, né tantomeno quello orale. Appena vide il cazzo di Tarquinio si impressionò, anche se non era di dimensioni enormi e non sapeva cosa fare.“Apri la bocca, stronza nera. Visto che non posso sfotterti almeno fammi un bel pompino!” Così facendo spingeva il cazzo sulle labbra della ragazza che si allontanava sempre più.“Ti prego non farmi del male, non so cosa vuoi da me, lasciami libera, i miei genitori sapranno ricompensarti”.“Ormai è troppo tardi, stiamo andando a Roma, lì ti venderò come schiava vergine e qualcuno potrà divertirsi con te. Ma ora lo vorrei fare io, apri quella bocca e fammi un pompino..”.La ragazza schifata aprì la bocca e Tarquinio infilò il suo cazzo nella sua bocca. Era la prima volta che Venus prendeva un cazzo in bocca. Le uniche esperienze sessuali che aveva fatto erano state delle seghe a suo fratello minore. Di notte, Lucius, questo il nome del fratello, si alzava e la chiamava, Venus lo raggiungeva nel piccolo giardino alle spalle della casa ed era costretta a fargli una sega. Lei odiava questo momento perché suo fratello la palpava dappertutto, i seni, le gambe, il culo e qualche volte si era spinto anche oltre fino a toccarle la figa, ma subito si discostava. Venus aveva un sussulto, un fremito. Non sopportava quel liquido biancastro che usciva dal cazzo del fratello che aveva un odore nauseabondo ed era appiccicoso.Non aveva mai fatto sesso orale e non sapeva come comportarsi. Quel cazzo duro che Tarquinio spingeva quasi nella sua gola tanto da farle venire da rovesciare e che aveva una puzza di sudato ed era appiccicoso.“Lecca, lecca, devi leccare, succhiare”, gridava Tarquinio. Venus era molto impacciata, ma sentendo le urla di quel bruto cominciò a succhiare e con l’altra mano stringeva i testicoli. Iniziò al leccare e sembrava che lo avesse sempre fatto, aveva una bravura innata. Anche cominciava a piacere tanto che cominciò a bagnarsi. Tarquinio vide tutto e si arrapò ancora maggiormente, allungò le mani su quel florido seno e giochicchiava con i suoi capezzoli strizzandoli. Ormai era quasi allo spasmo delle sue forze, stai per arrivare e così fu. Tre, quattro, cinque fiotti di sperma inondarono la bocca e la gola di Venus che quasi affogava. La schiava per la prima volta assaporava lo sperma. All’iniziò provò un senso di disgusto, ma poi sembrò piacerle. Tarquinio, una volta ripresosi si sciacquò con dell’acqua in un bacinella e lo stesso fece fare alla ragazza e dopo la ricondusse nella stiva.La nave impiegò quattro giorni prima di arrivare a Roma. Qui condusse tutte le sue schiave nella sua bottega dove le fece lavare accuratamente dai suoi servi, tranne Venus. Infatti sapeva che i suoi servi erano soliti divertirsi con le schiave ed infatti ciò accadde. Le tredici ragazze furono portate in una grande stanza, dove al centro c’era una grossa tinozza. Le schiave furono costrette a spogliarsi nude e a gettarsi in questa tinozza e furono seguite da tutti i servi, in tutto quattro. Stavano molto stretti, uno attaccato all’altro ma nonostante ciò i servi riuscirono ad abusare delle ragazze. I loro cazzi passarono a turno tutte le fighe presenti in quel bagno, ma non solo le fighe anche bocche e culi. Il tutto accadeva mentre tutte le ragazze piangevano e maledivano quel giorno. Molte erano vergini di culo e i servi non curanti di ciò entravano nelle loro viscere con colpi secchi tali da lacerare i loro ani.Intanto Venus fu fatta entrare in un’altra stanza dove l’aspettavano due ancelle che si presero cura di lei. La spogliarono, la lavarono ovunque, ispezionando ogni suo buco, controllando la sua verginità, spingendo un dito nel suo culo. Dopo l’asciugarono, la cosparsero di un unguento profumatissimo e le fecero indossare una veste bianchissima che faceva da contrasto con la sua pelle color ebano, era uno spettacolo della natura e le stesse ancelle rimasero sbigottite.Anche le altre ragazze furono vestite, ma non di abiti belli come quello di Venus e una volta pronte furono messe su un carretto e portate al mercato, mentre Venus fu costretta ad indossare anche un altro abito che la ricopriva dalla testa ai piedi tanto che chi le stava di fronte non sapeva cosa fosse e fu portata anch’essa al mercato.Qui le aspettava Tarquinio che appena le vide salì sul palco e attirò i clienti attorno a lui.“Oggi vi ho portato tredici schiave più una, poi vi dirò il perché di questa più una, tutte stupende e disposte ad esaudire i vostri piaceri. Cominciamo subito…”.Le ragazze sfilavano uno ad una e per ognuna Tarquinio imbandiva un’asta. Le schiave venivano toccate in ogni luogo, non una parte della loro pelle era lasciata. I più audaci infilavano le mani sotto quei succinti abiti, tastavano i loro seni, i loro capezzoli. C’era poi chi incurante di tutto infilava le mani sotto gli abiti fino a toccare loro la figa. Tarquinio cercava di guadagnare di più rallentando a mestiere l’asta, cosicché le schiave erano sempre più tartassate da quelle mani. Le più fortunate e sicuramente le meno belle, venivano acquistate per i lavori domestici ed utilizzate dai loro padroni, spesso i meno ricchi, per una scopata una volta ogni tanto, così da soddisfare le loro esigenze; ma più spesso erano acquistate per soddisfare le voglie dei servi più vicini al padrone. Le schiave più belle, invece, erano acquistate solo ed esclusivamente per soddisfare le voglie perverse di questi ricchi signori. C’era chi le utilizzava per fare sesso anale, chi per farsi fare pompini mentre mangiavano. Si organizzavano poi spettacoli nelle case più ricche dove queste schiave erano costrette a subire ogni tipo di violenza, le facevano accoppiare con animali, infilavano nelle loro fighe pere, arance, mele, aste di legno.Tarquinio ricavi molto da quest’asta, ma il pezzo pregiato doveva ancora entrare. “Signori, ecco vi annuncio la sorpresa che tanto aspettavate…Che entri Venus”. All’ingresso della schiava ci fu un boato, subito iniziarono a sparare prezzi altissimi, ma l’asta ancora doveva iniziare…“Signori, ammirate la bellezza di questa ragazza, il seno, il suo culo…. Non siate timidi..non lo siete stati finora…!!” e cominciò a ridere. La palparono dovunque, seno, gambe, infilavano le mani sotto le vesta e ogni volta che sfioravano la figa aveva un sussulto.“Si dia inizio all’asta! “ gridò e i ricchi nobili non si fecero indietro con le proposte, ma sembravano ancora troppo basse ed allora si affrettò a fare l’annuncio.“Gentili nobili, ho dimenticato di darvi una delucidazione riguardo la schiava…. È vergine”. Così dicendo indicò a due suoi schiavi di immobilizzare la ragazza, la fecero sedere e le aprirono le gambe, mostrando a tutti la figa. I prezzi aumentarono alle stelle. La ragazza fu venduta ad un nobile romano, ricchissimo, che abitava vicino Anzio dove aveva una lussuosa villa nella quale c’erano più di quaranta schiave. Il prezzo pagato fu pari alla metà di quanto Tarquinio aveva ricavato dalla vendita delle precedenti schiave.La ragazza fu portata nella casa del nobile romano, Quinto Mario, e le altre schiave l’aiutarono a lavarsi e a vestirsi perché come tutte le nuove entrate, quella sera doveva soddisfare le voglie del nobile, e così fu.Dopo averla fatta rifocillare, fu accompagnata in una stanza molto grande dove c’era un letto molto grande, quasi come quello che oggi usiamo definire a tre piazze. Dopo un po’ entrò Quinto Mario che senza parlare, si spogliò e si avvicinò alla ragazza. Venus spaventata non sapeva cosa fare, allora il nobile le disse: “Prendi il mio cazzo in bocca e comincia a succhiarmelo perché stasera voglio farmi proprio una bella scopata”. La ragazza ubbidì e cominciò a leccare il cazzo al padrone. Il Pene entrava ed usciva dalla sua bocca, sembrava che stesse leccando un gelato. Dopo un po’ si accomodarono sul letto e Quinto incominciò a leccarle la figa. A Venus cominciava a piacere, tanto è vero che emetteva sibili di piacere. Poi decise di penetrarla con un dita e la schiava ebbe un sussulto, poi con un secondo e dalla figa scendevano copiosi i suoi umori. Anche Quinto stava raggiungendo il piacere e decise di sverginarla. Le alzò le gambe e con un colpo secco spinse il suo cazzo tutto dentro la figa. Venus emise un urlo di dolore e dalla sua figa uscì del sangue, ma quest’urlo si trasformò ben presto in gemiti di piacere. Quinto stantuffò sempre più velocemente e quando fu al colmo estrasse il cazzo dalla figa ed eiaculò in faccia alla schiava e la costrinse a leccare tutto ed a d ingoiare.Dopo essersi ripreso, Quinto prese la mano della ragazza e la portò sul suo cazzo, iniziò così una sega ed il suo cazzo ben presto tornò duro. Le palpava il seno fiorente, stuzzicava i capezzoli, scese fino al culo, lo palpava e si avvicinò con un dito al suo sfintere, introducendolo all’interno. Questo gesto le fece molto male ed anche dal suo ano cominciò a sgorgare un rivolo di sangue. Imperturbate Quinto continuò nella sua opera, aveva deciso, doveva incularla. La girò a novanta gradi e le disse di alzare bene il culo e di assecondarlo altrimenti le avrebbe procurato un forte dolore. Venus strinse i denti e Tarquinio cercò di penetrarle il buco del culo, ma era troppo stretto, aveva difficoltà. Dapprima riuscì a infilargli solo la cappella, poi pian piano e tra le urla della ragazza riuscì a penetrarla completamente. Il suo cazzo era scomparso tra le natiche della ragazza. Dopo un paio di colpi, esausto, le sborrò all’interno dell’intestino.Quella notte, Quinto la trascorse nel letto con lei ed il mattino seguente alzatosi per andare in Senato, svegliò Venus e la accompagnò tra le altre schiave, anche lei era entrata in quella casa.
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