Willy aveva predisposto tutto con grande cura. Era riuscito a farsi assegnare la suite più bella, quella col balcone di fronte al mare azzurro, dove sorgeva il sole. Aveva raccomandato a Nicolina, la cameriera italiana, di comprare dei fiori, senza specificare, però, quali voleva far trovare alla moglie, che attendeva con tanta ansia. “Con Rory, Rose Mary,” -aveva detto a Nicolina- “siamo married da venti anni. Non la vedo da moltissimi mesi, troppi.” Aveva scosso la testa, sorridendo. Il Grand Hotel era stato requisito dall’Autorità Militare per alloggiarvi gli Ufficiali del Comando, e di solito le suite erano occupate dai Generali. In quei giorni, però, Harris Woolbery, il Comandante in Capo, the Chief-Commander, era tornato in Patria per curare gli strascichi d’una ferita che richiedeva un piccolo intervento risolutivo. William Edward Cage, brillante colonnello dei Royal Engineers, comandava il Genio militare dell’Unità con la quale aveva partecipato alle difficili e pesanti operazioni del Nord Africa. Ora ricopriva un incarico di tutto prestigio e riposo nella bella e assolata città liberata (occupata?) dagli Alleati. La guerra, ormai al termine, per loro era molto lontana. Willy bussò leggermente alla porta ed entrò senza attendere risposta. L’Ufficiale si alzò di scatto e lo guardò interrogativamente. “Piero, sto andando all’aeroporto per accogliere Rose Mary. Vuol venire anche lei?” “Certo, signore.” Parlavano in Inglese. Piero Martini, Tenente dell’Esercito italiano, era stato assegnato al CRE, Commandig Royal Engineers, come ILO, Italian Liaison Officer, Ufficiale di collegamento. Non aveva ancora venticinque anni, con la tesi in ingegneria già presentata, ma non ancora discussa perché la sua città era al Nord, appena ripresa alle forze tedesche. Era considerato un elemento di sicuro avvenire. Non molto alto, ben proporzionato, buon conversatore, abile nel favorire e mantenere i non semplici rapporti tra vincitori e vinti, anche se a questi ultimi era stata riconosciuta la qualifica di cooperatori. La spaziosa Humber li attendeva, con Sid, l’autista, in piedi vicino allo sportello aperto. Il Colonnello Cage, disse a Sid di togliere il vessillo dall’asta sul parafango, perché non era in servizio ufficiale. Sid scattò sull’attenti. “Yes, Sir.” E vi provvide immediatamente. “Si, Piero, è da più di un anno che manco da Chelmsford, dalla mia casa, e ne sento nostalgia, malgrado il mio mestiere mi abbia sempre tenuto lontano dalla mio Paese. Sto seguendo Rory durante tutto il suo viaggio, dal momento in cui avrebbe dovuto lasciare la casa, dopo aver salutato Paul e Eileen, i nostri ragazzi, e averli affidati a Mary Rose, sua madre. A Brenton Wood, hanno voltato a destra, e poi sono andati verso Waltham Abbey, Flamstead, Slip End, ed eccoli, finalmente, a Luton, all’aeroporto. Anche noi ci siamo quasi. Spero che il volo sia stato sereno, tranquillo.” Avevano raggiunto l’edificio del Comando della RAF. Willy era molto amico del Capo Ufficio Operazioni, che lo rassicurò. L’aereo aveva avuto un volo tranquillissimo, era sul mare e tra pochi minuti avrebbe toccato il suolo. Piero fece un cenno a Sid. L’autista aprì il capiente portabagagli e si avvicinò ai due con uno splendido fascio di rose. “Mi sono permesso, signore, di far preparare dei fiori, certo che lei vorrà darli alla signora Cage.” “Un pensiero molto gentile, Piero, ma preferisco che sia lei a offrirli a Rose Mary, essendo suo il pensiero, e sono certo che vorrà anche porgerle il benvenuto in Italia. E’ la prima volta che mia moglie viene in questo splendido Paese. Ma ecco l’aereo.” “Come desidera, Signore.” Il grosso velivolo era a terra, e si avvicinava rapidamente. Si fermò a pochi metri dalla palazzina, dopo poco si aprì un portellone, alcuni militari inglesi vi avvicinarono una scaletta, apparve un Ufficiale dell’aviazione e subito dopo una donna, che salutò con la mano, e gettò un bacio verso Willy. “Venga, Piero, porti le rose.” I due uomini si avvicinarono ai piedi della scaletta. Rose Mary corse tra le braccia di Willy. L’uomo si distaccò subito dall’abbraccio, salutò l’Ufficiale che aveva accompagnato la donna, e presentò Piero alla moglie. “Questo è Piero Martini, Ufficiale Italiano in servizio al mio comando, e ti vuole porgere il benvenuto.” Piero la salutò militarmente, Rose Mary gli porse la mano. “Benvenuta in Italia, Signora, e spero che trovi gradevole il suo soggiorno nella nostra terra, al di là del piacere di incontrare suo marito. La prego di gradire questi fiori, sono rose, non belle quanto lei, ma le sono offerte con il più profondo e deferente augurio.” Rose Mary ringraziò, commossa, e baciò Piero sulla guancia. “E’ la prima volta che ricevo fiori così belli, accompagnate, inoltre, con parole così belle, ed é la prima volta che bacio un Italiano. Grazie, Piero. Sono certa che la mia permanenza sarà incantevole e spero che lei vorrà mostrarmi le bellezze della sua terra. Willy mi ha scritto di lei, ne é entusiasta. Non dubito che presto condividerò il punto di vista di mio marito. Grazie ancora.” Era alta, slanciata, di gradevolissimo aspetto, bionda, occhi colore del cielo, con un aspetto giovanile che manifestava molto meno dei quarant’anni che aveva, cinque meno di Willy, come gli aveva confidato il colonnello. Piero lo sapeva, e la guardava, ammirato, attratto dai lineamenti delicati del volto, dalle labbra perfettamente disegnate, d’un corallo non troppo vivo che risaltavano sulla pelle rosea, con qualche piccola impertinente lentiggine. Forse, l’essere inglese avvolgeva la donna in un’aureola di stampo straniero che la faceva apparire ancora più bella di quanto, in effetti, fosse, ma quel fisico così armonico non era un miraggio. Il seno, s’intravedeva, sodo e prepotente e denunciava l’assoluta assenza di qualsiasi sostegno. I fianchi squisitamente disegnati, ponevano in rilievo quello che certamente era un sederino veramente attraente, ornato da due splendide gambe deliziosamente tornite. Piero si sorprese a pensare i due coniugi nell’intimità, dopo tanta lontananza, e gli sembrò vedere, non immaginare, lo splendore di Mary Rose, in tutta la sua nudità. Era la prima volta che, aitante venticinquenne, si sentiva affascinato da una quarantenne. Era vero, però, che le si sarebbero attribuiti dieci anni meno. Indulgendo ai soliti commenti che scambiava coi colleghi, a proposito di belle donne, concluse che era proprio una bella giumenta. Rose Mary salì in auto, e volle portare i fiori con sé. Il marito le sedette a fianco, Sid aveva caricato i bagagli nell’apposito vano, Piero stava per prendere posto accanto all’autista, ma Rory si accostò al marito e lo chiamò. “Piero, please, seat here, by me.” I garofani rosa, comprati da Nicolina erano nel grosso vaso, sul tavolo. Rose Mary guardò Willy e lo ringraziò per il suo gentile pensiero, lei andava matta per i pinky carnations. “Grazie, Willy, sei sempre amabile, so lovely. Ti prego, fa portare un altro vaso, per i fiori di Piero.” Willy telefonò qualcosa. Poco dopo apparve Nicolina con un recipiente di cristallo trasparente. Salutò la signora e si apprestava a mettere le rose nel vaso. Rose Mary le sorrise, e le fece comprendere, indicando sé stessa, che ci avrebbe pensato lei, e quando la cameriera uscì prese il vaso, lo mise sulla toletta, vi sistemò accuratamente le rose, andò nel bagno e tornò con una bottiglia d’acqua che vi versò dentro. Riportò la bottiglia vuota a posto, tornò nella camera e andò a sedere alla toletta. Lo specchio la ritrasse, col volto felice, carezzato dalle rose. Spiro Papas non aveva mai chiuso, nei giorni feriali, il suo piccolo negozio, sulla strada principale che, dal mare, termina alla stazione. Pochi metri quadrati, con un angolo, riparato da una tenda, che funge da camerino per eventuali prove. Spiro doveva avere dei depositi inesauribili, in qualche posto segreto, sfuggito alle più accurate ricerche della concorrenza. Chi era disposto a pagare, trovava quasi tutto, come quando le industrie lavoravano a pieno ritmo e le importazioni erano possibili. Le signore eleganti erano sue abituali e assidue clienti. La biancheria intima, le calze più velate, la guepière più osé, la camicia da notte più vaporosa e trasparente, sorgevano, come per incanto, dagli scaffali di Spiro, ancor oggi, dopo cinque anni dall’inizio della guerra. Molti uomini erano stati turbati dalle mises che Spiro aveva fornito alle loro donne. Willy aveva invitato Piero a cena, al Club degli Ufficiali di Sua Maestà. Solo loro tre. Voleva festeggiare il decimo giorno dall’arrivo di sua moglie. Una cena leggera, allietata da un bianco vinello locale, che aveva riscosso l’entusiasta accoglienza di Rose Mary. Erano in un angolo del Club, ora, e il cameriere s’era avvicinato chiedendo se desiderassero qualcosa. Willy si rivolse a Rory, interrogandola con lo sguardo. “Ancora un po’ di vino bianco, per favore.” “Non berrai troppo, cara?” “Solo un po’ Willy, ti prego.” “All right.” Willy passò l’ordinazione al cameriere e aggiunse che lui avrebbe preso uno scotch, poi si rivolse a Martini. “Piero?” “Uno scotch anche per me, grazie.” Il cameriere si allontanò verso il banco del bar, per tornare poco dopo con quanto richiesto. Rose Mary bevve un piccolo sorso. “Mmmmm… delicious….” “Piero” -chiese Willy- “é venuto con la sua Jeep?” “Si, Signore.” “Cosa ne pensa di un giretto in Jeep, sul lungomare, e poi fino al faro?” “Certo, Signore.” Rory aveva annuito festosa. Finì il calice di vino in un fiato. “Scusate, vado a incipriarmi il naso, sarò di ritorno in un minuto.” E si allontanò. “Piero, le dispiace di guidare lei?” “Ne sono lieto, Signore?” “Non la disturba?” “No, Signore.” Willy chiamò il cameriere e lo pregò di avvertire il suo autista che era libero, lo avrebbe atteso all’Hotel l’indomani mattina, alla solita ora. Rose Mary era tornata. Allegra, pimpante. Sulla porta del Club, Piero disse che sarebbe andato a prendere la Jeep, nel parcheggio. Fu di ritorno prestissimo. Rory, con una certa vezzosità, chiese al marito se potesse sedere avanti. “Of course, dearling.” Salì con molta agilità, e sedette senza curarsi del vestito che s’era alzato fino a metà coscia. Willy sedette dietro. “Let’s go, Piero, thank you.” Piero s’allontanò lentamente dal marciapiede, girò subito a destra, imboccò il lungomare, procedendo senza fretta. L’aria era tiepida, alla vigilia dell’estate, e dal mare veniva un piacevole venticello, con delle leggere folate che muovevano i capelli di Rory e le sollevavano sempre più il leggero vestito, fin sopra l’attacco della giarrettiera alla calza.. Belle gambe -pesò Piero- sode e nervose. La pelle dev’essere liscia come la seta. Gli sarebbe piaciuto accertarsene. “Troppo vento, Signora?” “Oh, no, é bellissimo.” Si voltò verso il marito e gli fece cenno di avvicinarsi a lei. Gli sussurrò qualcosa nell’orecchio. Willy assentì. “Piero?” “Si, signora?” “Per favore, non mi faccia sentire vecchia. La smetta di chiamarmi Signora, il mio nome é Rose Mary, per gli amici Rory, e lei vuole considerarmi sua amica, vero? Che ne dici Willy?” Willy si disse d’accordo “Certamente cara. Bisogna sentire Piero.” . “Allora, Piero?” “Si Signora… scusi, con piacere Rory. Grazie.” Rose Mary gli appoggiò la mano aperta sulla gamba, a suggellare l’accordo, e sembrò quasi lo carezzasse mentre la ritraeva lentamente. Proseguirono fino alla rotonda, prima del faro. “Desidera ancora un drink, Signore?” Prima ancora della risposta di Willy, Rose Mary battè le mani, come una bambina. “Si, Willy, voglio entrare in un locale italiano.” “Ma tu hai già bevuto abbastanza, cara, cosa potresti prendere?” “Entriamo Willy, poi vedremo.” “Bene, fermi pure Piero.” Il bar era semivuoto. Rose Mary disse che non voleva sedersi, preferiva restare al banco, appollaiata su uno degli alti sgabelli. L’entrata di un alto Ufficiale Inglese, accompagnato da un tenente Italiano e da una bella signora, visibilmente straniera, sollevò la curiosità e l’attenzione dei pochi avventori, e del personale. Rose Mary guardò intorno, curiosa, interessata, con un sorriso e un cenno di saluto per tutti, che risposero chinando la testa. “Cosa bevono, Piero?” “A quest’ora, in genere, un digestivo, a digestive drink. Diciamo, una anisetta.” “Oh, yes, anisette. I like anisette.” “Lei, Signore?” “Anisetta per tutti, Piero?” Piero ordinò tre anisette. Rory l’assaggiò con una certa diffidenza, malgrado quello che aveva detto, era la prima volta che beveva tale liquore. L’assaporò attentamente. Il suo volto espresse un aperto gradimento. La bevve abbastanza in fretta, Ne chiese un’altra, incurante dell’evidente disappunto del marito. “Willy, dobbiamo comprare anisetta italiana, é veramente superiore.” Quando tornarono in auto, fu Rory ad alzare volutamente il vestito, e a sventagliarsi un po’. Vino e anisetta non erano senza effetto. “Piero, penso che sia tempo di andare in Hotel.” “Certo, Signore.” Quando imboccarono le strade centrali e illuminate, Rose Mary rassettò il vestito, con uno sguardo malizioso a Piero. “Piero, per favore, non fermi dinanzi l’Hotel. Meglio un po’ prima.” “Si, Signore.” Fermò, scese, porse la mano alla donna aiutandola a smontare. Willy era già sul marciapiede. Piero si rivolse al Colonnello. “Grazie per la cena, Signore, é stata deliziosa, e grazie per la compagnia, della Signora e sua.” “E’ stato un piacere averla con noi, Piero. Vero Rory?” La donna annuì e tese la mano a Piero. Willy seguitò. “Dovrei disturbarla ancora, Piero. Mia moglie vuole vedere qualche negozio, e forse farà anche qualche acquisto. So che é una cosa che noi uomini detestiamo, ma lei comprende che non sarei capace di muovermi, da solo, in questa città. Posso chiederle di fare da guida a Rory, domattina?” “Ne sarò lieto, Signore.” “Diciamo, qui alle dieci? Per te va bene cara?” “Diciamo alle nove, prendiamo un caffè e poi iniziamo il giro. Che ne pensa, Piero?” “Sarò qui alle nove, Signora… pardon, Rory.” Mary Rose era seduta in un angolo della hall, vicino al bar. Vide subito entrare Piero e lo salutò, sorridendo, con un cenno della mano. Aveva un volto radioso, giovanile. Indossava un vestito leggero, d’un tenue color albicocca, con gonna svasata. L’ampia scollatura, sovrapposta, s’allargava notevolmente al suo chinarsi verso il tavolino, sul quale era un bicchiere d’acqua, mostrando generosamente due splendide tette bianche e rosa. “Sieda qui, Piero, di fronte a me. Prende qualcosa? Ho atteso lei per ordinare.” “Grazie, un caffè.” Chiamò il cameriere con un cenno. “Two coffees, please, italian style…” Mise il gomito sul tavolino e appoggiò il mento sulla mano, regalando a Piero lo spettacolo incantevole del suo seno, “E’ stata una splendida serata, ieri, I enjoyed wine, anisette… your company.” E lo guardò intensamente, con le nari dilatate. Piero cominciò a pensare a Rory come a un bel pezzo di donna, malgrado i non pochi anni che aveva più di lui, che valeva la pena coltivare. Tanto, sarebbe presto ripartita per l’Inghilterra. “Anche per me é stata una magnifica serata. Non m’era mai capitato di andare in auto con una bellissima signora inglese e di poter ammirare le sue stupende gambe, i suoi capelli d’oro scompigliati dal vento,” “Le sarà capitato con signore italiane.” “Non così belle.” “You are a flatterer, Piero.” “No, Rory, non sono un adulatore, sto solo dicendo la verità.” “Grazie, allora…. Vorrei vedere qualche negozio, fare qualche spesa. Comprare delle calze meno ordinarie di quelle che si vendono in Inghilterra.” “Un mio amico, Spiro, ha un negozio di biancheria intima, lingerie, e troveremo sicuramente, reggiseni, camicie da notte, calze di seta…” “Calze di seta? Seta pura?” “Certamente.” “Dobbiamo andare, desidero anche qualche altra cosa, nighties, panties, non reggiseno perché non ne adopero, I’m braless…” Sorrise ammiccando, e si sporse ancor più in avanti perché Piero potesse meglio constatarlo. “Devo chiedere a Willy di farmi visitare i trulli, e vorrei andare a Taranto.” “Io ho degli amici, a Taranto, saranno lieti di ospitarla.” “Devo dirlo a Willy. Ma adesso, andiamo. Non prenda la Jeep, desidero passeggiare, vuole?” “Certamente. Vorrei telefonare a Spiro, per accertarmi che sia aperto il negozio. Solo un momento.” Andò verso la cabina telefonica, entrò, formò un numero. “Pronto, Spiro? Sono Piero Martini, tra poco verrò con la moglie del mio colonnello inglese… Si é una signora inglese… Ti prego, fa finta di non conoscere la sua lingua, parla solo Italiano.. Grazie… Ciao.” Tornò da Rose Mary. “Siamo fortunati, é aperto. Ci attende. Possiamo andare.” Spiro aveva le più belle calze di seta che Rory avesse mai indossato. Ne scelse un paio e chiese di provarle. Non c’era bisogno di andare dietro la tenda, poteva farlo li, seduta sulla poltroncina ch’era nel negozio. Slacciò le vecchie calze, le sfilò rapidamente, indossò le altre, le tirò bene e le fermò al reggicalze, incurante di mostrare le sue belle gambe fin quasi all’inguine. I due uomini la guardavano ammaliati. Lei era felice, raggiante. Ne scelse di altri colori. Le avrebbe prese tutte. Spiro, con fare distratto, disse che aveva altri articoli di seta finissima. Mostrò una splendida camicia da notte, in crespo rosa, lunga, bordata di un delicato ricamo ecru, aperta davanti, dalla cintola in giù. Rose Mary la toccò delicatamente, la palpava quasi con golosità. “Una cosa così l’ho vista solo in film. E’ una mise hollywoodiana. non immaginavo che si potessero comprare liberamente.” “Rory, Spiro dice di provarla, può andare dietro la tenda c’é anche uno specchio.” “Provarla? E per quale ragione? Costerà una somma che non mi posso permettere.” “La provi, Rory, almeno avrà il piacere di averla indossata.” La donna lo guardò negli occhi, con un lampo di eccitazione, e un fremito nelle labbra. Prese la camicia e andò dietro la tenda. Spiro accese il faretto che la sovrastava. Si udì un lungo fruscio di stoffa. Poi, silenzio profondo. Piero chiamò. “Rory…” “Yes, Piero, venga qui, per favore.” Piero scostò un po’ la tenda ed entrò in quell’angolo, molto illuminato e con la luce che lo specchio rifletteva. Sulla sedia, da una parte, gli abiti di Rory, anche le calze, le mutandine. Aveva indossato la camicia da notte sulla pelle nuda. Era scalza. Aveva un particolare sfolgorio negli occhi. Alzò le braccia e girò lentamente su sé stessa. Il seno, alto, spingeva la seta trasparente coi piccoli capezzoli turgidi, le natiche, perfette, non avevano mistero, dall’apertura, davanti, si scorgeva il cespuglio d’oro che le spuntava tra le gambe. “Piero, é meravigliosa, stupenda.” “E’ Rory meravigliosa, seducente, ammaliante, una visione che incanta.” Rose Mary gli gettò le braccia al collo, si strinse a lui. Si staccò di scatto, lo guardò turbata, rabbuiata. “Scusi, Piero, l’entusiasmo di indossare questa cosa bellissima mi ha fatto perdere il senso la misura. Come può constatare il self-control degli Inglesi é solo una leggenda. Almeno per me. Scusi, adesso, se lei va via, mi rivesto e riconsegno la camicia. Non credo di poterla comprare.” “Se si sente più sicura, Rory, posso restare qui, mentre si cambia.” Scosse sconsolatamente la testa. “Grazie, Piero. Ma vada, se lei resta qui non mi sento assolutamente sicura di me stessa. Grazie, vada.” Dopo un po’ tornò, vestita di tutto punto. Rimasero in silenzio, mentre Spiro preparava un pacchetto, con le calze scelte, la camicia da notte di seta, e una deliziosa vestaglia da camera, perfettamente intonata alla camicia. “Piero, non credo di poter pagare tutto questo. Non ho con me nemmeno la somma necessaria.” “Non si preoccupi, Rory, io aiuto molto Spiro per le sue pratiche commerciali, lei non deve niente.” “Non posso accettare una cosa simile. Cosa direbbe Willy?” “Gli parli solo delle calze. Il resto lo tenga da parte, lo tirerà fuori al momento opportuno, penseremo cosa raccontargli.” “Non credo che sia leale, da parte mia.” “Quello che si tace non costituisce slealtà.” “E’ un principio italiano?” “E’ una verità universale.” Piero si rivolse a Spiro. “Arrivederci, Spiro.” Rose Mary era imbarazzata, prese il pacchetto, come un automa, si avviò all’uscita. Si voltò verso Spiro e sussurrò, quasi affannata: “Goodbye.” A Willy erano sopravvenute delle notevoli grane da sbrigare, al Comando. Proprio adesso che aveva la moglie con lui. E c’era anche un’altra cosa, intima, delicata, che la sua riservatezza lo costringeva a serbare come un segreto imbarazzante. Rose Mary, dopo solo tre giorni, aveva avuto le sue regole mensili, e lui doveva allontanarsi proprio quando stavano per terminare. Del resto, non era la prima volta che il servizio interferiva sulla sua vita privata. Non poteva, inoltre, accompagnare Rory ad Alberobello e tanto meno a Taranto. “Che peccato, Willy, pensare che a Taranto Piero ha degli amici che ci avrebbero potuto ospitare. Tu resterai nella zona, e poi mi hai detto che già conosci sia i trulli che Taranto, io, invece non avrò mai più l’occasione di tornare da queste parti. Pensare che ci poteva accompagnare Piero. E’ una guida perfetta e gentilissima. Mi ha detto che Lecce é molto interessante con i suoi monumenti barocchi. Sono tutte cose che da noi non ci sono.” Willy ascoltava, in silenzio. “Mi hai detto che devi allontanarti per qualche giorno, e che non posso venire con te. Forse é meglio che torni subito a casa,” “No, Rory, ti prego, resta. Sarò lontano al massimo tre giorni. Siamo un gruppo di Ufficiali. Per questo non posso averti con me.” “Viene anche Piero?” “No, é solo un incontro anglo-statunitense. Piero resta qui.” “Allora potrebbe accompagnarmi Piero a vedere i trulli.” “Ma Piero non é il tuo autista, si seccherebbe moltissimo. E poi non rientra tra i suoi compiti accompagnare in gita la moglie del colonnello. E’ una richiesta non regolamentare, non gliela posso fare. Già é stato inopportuno chiedergli di accompagnarti a fare lo shopping.” “Permetti che lo sondi io, con delicatezza?” “E quando lo faresti?” “Gli ho chiesto di condurmi in un ristorante italiano, a mangiare quello che mangiano gli Italiani.” “Povero Piero, lo stai torturando.” “Ma no, é così disponibile…” “Si, verso la moglie dell’Officer Commanding…” “Io vorrei tentare…” “Tenta. E buona fortuna.” Piero si presentò all’appuntamento con un’automobile civile, quasi fiammante, e molto elegante. Una Spyder, Alfa Romeo, che aveva avuto in prestito da alcuni amici, grossi produttori e commercianti di olio e mandorle. Rose Mary, vi girò intorno, incantata. “E’ un’auto bellissima, complimenti.” “L’auto adatta a tale signora.” “Un pensiero galante, Piero, devo stare in guardia.” “In guardia come con un nemico?” “No, in posizione di difesa verso me stessa.” “Andiamo un po’ fuori città, in un luogo dove si mangia pesce fresco. Le piace il pesce?” “Ne vado pazza.” Piero andò allo sportello, aprì, l’aiutò a salire. “Preferisce che apra la capote?” “No, adesso é meglio così.” S’avviarono verso la periferia, poi imboccarono una stradina secondaria che costeggiava il mare. Percorsero qualche chilometro, e giunsero a un ristorante caratteristico, edificato su una palafitta, sul mare, nel mare, collegato alla riva da un ponte levatoio. L’insegna diceva “Al Pesce d’oro”. Erano attesi. Il tavolo, nell’angolo più avanzato, sembrava lambito dalle onde, e se ne sentiva lo sciacquio, sotto. Rose Mary guardò intorno, s’avvicinò alla vetrata, vi appoggiò la fronte, e vi rimase per qualche istante. Piero era alle sue spalle. La donna fece un lungo sospiro e andò al tavolo, aiutata da Piero, sedette. “Se permette, Rory, la guido io nella scelta del cibo e del vino. Lei assaggi quello che vuole. Inizieremo con frutti di mare, crudi, sorseggiando spumante locale, poi una cucchiaiata delle caratteristiche orecchiette con le cime di rapa, e, per finire, aragosta bollita, condita con olio e limone. Il vino é sempre del luogo, bianco, fresco, gradevolissimo.” “Mi affido a lei, Piero, sicura che non potrei trovarmi meglio.” Rose Mary degustò ogni tipo di frutti di mare, di qualcuno ne chiese ancora, si disse entusiasta delle orecchiette e assicurò che non aveva mai mangiato un’aragosta così deliziosa. Il vino, poi, era per lei meglio della bevanda degli dei. Better than ambrosia. Il caffè nero, forte, le dette un brivido. “Adesso, Piero, dobbiamo abbassare la capote e fermarci di fronte al mare.” Erano andati sulla riva ghiaiosa, a pochi centimetri dalla battigia, seduti nell’auto scoperta. Rory aveva una deliziosa espressione di beatitudine dipinta sul volto bianco-rosa con le labbra tumide e le nari che sembravano fremere aspirando la leggera brezza che veniva dal largo. Si stiracchiò, pigra. “Scommetto che l’Eden non era più bello di questo luogo. Che ne pensa, Adamo?” “Sono perfettamente d’accordo con Eva.” Gli poggiò la mano sulla gamba, confidenzialmente, e lo guardò negli occhi, con aria birichina. Come quando una bambina chiede qualcosa che desidera ma che teme di non poter avere. “Look, Piero, devo pregarla di un favore.” “Non importa quale, ma sono sempre ansioso di soddisfarla.” “Grazie. Sono certa che lo farà. Ascolti. Desidero tanto visitare i trulli, Lecce, forse anche Taranto, ma Willy is too busy, non può accompagnarmi, vuol farlo lei, per piacere?” “Il piacere sarà mio.” “Well, diciamo nostro, allora. Posso contarci?” “Da questo momento.” “Diciamo da domani. Grazie.” Lo baciò sulla guancia. Lui mise, con indifferenza, il braccio sulla spalliera dove lei era poggiata e sentiva il calore delle belle spalle, la sericità dei capelli dorati. Quella donna lo eccitava, stimolava i suoi sensi. “Qualcosa non va, Piero?” “Devo confessarle, Rory, che esserle così vicino mi turba, mi agita.” “Shaked da una donna che potrebbe essere quasi sua madre?” “Quasi, sovverte tutto. Non crede?” Rose Mary non rispose, guardava nel vuoto con un’espressione enigmatica. “Questo, Piero, cancella la nostra gita?” “Questo, Rory, mi rende ancor più ansioso di rivederla al più presto, per poterle di nuovo esserle vicino.” “Lei é veramente caro.” Gli si avvicinò e lo baciò di nuovo, quasi sulle labbra, abbracciandolo. Piero la strinse a sé e trovò il modo per carezzarle audacemente il seno, al di sopra del vestito. Rose Mary si ritrasse molto lentamente, quasi controvoglia, carezzandogli il viso. Il bagaglio di Rory non era gran cosa. Piero lo mise sul piccolo sedile posteriore. Lei indossava un leggero abito di cotone, abbottonato davanti. Sorrideva, ma negli occhi si leggeva qualcosa di insolito, quasi un senso di perplessità, di dubbio, d’incertezza, d’esitazione. Aveva l’aria della candidata che teme l’esaminatore, e non sa se affrontare la prova o ritrarsi. La titubanza, del giocatore che sta per puntare tutto e teme di perdere tutto. Scrutò Piero attentamente, cercando in lui qualcosa. Ma cosa? “Un penny per i suoi pensieri, Rory.” “Willy é partito, sono preoccupata per lui.” “Vuole restare qui ad attenderne il ritorno?” Scosse il capo, negativamente. “Vogliamo iniziare il viaggio che ci attende?” Annuì. Si avvicinò all’auto, allo sportello che Piero aveva aperto. Salì, sempre meditabonda. Tirò un profondo sospiro, si rilassò, sorrise a Piero. Aveva deciso di giuocare la carta. Attendeva di vedere la mossa decisiva dell’altro. Piero le sedette accanto. “Buongiorno, Rory. Grazie del sorriso.” Si avviò lentamente verso il lungomare, per uscire dalla città. Erano, ormai, fuori del traffico, sulla strada nazionale che conduceva a sud. “Di solito, Rory, iniziando una gita usiamo prendere un buon caffè. Vuole?” Assentì col capo, senza parlare. Poco distante dalla strada v’era un chiosco. Piero vi accostò l’auto. “Vuole che glielo porti qui, il caffè?” Nuovo segno di assenso. Piero tornò presto con due tazze di caffè su un vassoio che poggiò sul cofano. Lei bevve in silenzio e restituì la tazzina al giovane. Piero riportò le tazzine al chiosco e fece ritorno di nuovo. “Piero…, per favore…” Lui si avvicinò accanto allo sportello. Gli fece cenno di chinarsi, gli cinse il collo e lo baciò, lievemente, sfiorandogli le labbra. Piero andò di nuovo al posto guida, e la guardò felice. Guidò lentamente, entrando nel boschetto vicino, fermandosi al riparo di una folta siepe. “Piero, I realized che non sono sua madre, né voglio esserla. Sono una donna meno giovane, tanto meno giovane, di lei, ma sono sempre Eva.” Questa volta fu Piero a baciarla, appassionatamente. Lei ricambio con focosa avidità. “Non avremmo dovuto farlo, Piero, mi sto facendo travolgere in qualcosa che dovrei sfuggire, evitare.” “Perché?” “Noi, donne inglesi di mezza età, siamo tremendamente romantiche, fino al ridicolo, ed io arrossisco a tale pensiero: cadere tra le braccia di uno splendido giovane italiano. Mi sembra di perpetuare il luogo comune della tardona in cerca d’avventura. Così, per raccontare in segreto alle amiche che ha conosciuto un latin lover.” Piero la attirò a sé, la fece sedere sulle sue ginocchia. “Mi piaci da morire, Rory, I need you. Ho bisogno di te.” Le baciò gli occhi, le labbra, la gola. Le infilò la mano nella scollatura a carezzarle le tettine bianche e sode, i capezzoli color ciliegia. Le parlava in italiano. “Sei uno schianto, inglesina mia, sei proprio un bocconcino.” Sentiva muovere quel bel sederino tondo, sulle sue ginocchia, eccitandosi sempre più. La sua mano andò sotto la gonna, sempre più su, a cercare, esperta, nel cespuglio morbido che la accoglieva fremente. “Piero, mi fai morire, nessuno mi ha mai carezzato così, I’m coming… coming… Oh, darling, honey….” Piero non voleva prenderla in quella scomoda posizione, nell’angusto abitacolo dell’auto. La baciò ancora, l’aiutò a tornare al suo posto. Ansante, eccitata, accaldata. “Andiamo ad Alberobello, Rory, avremo un trullo tutto per noi, il più bel trullo del paese. L’esterno é quello originale, l’interno é stato trasformato in elegante e moderno soggiorno, con ogni comodità.” Viaggiavano, a moderata andatura, verso Monopoli. “Cos’é un trullo, darling?” “Una costruzione tipica della zona, con pianta circolare e tetto conico.” “Conico? Ha un riferimento fallico?” Piero la guardò sorridendo. “Ricorda più una bella tettina che non un fallo.” Lei ricambio il sorriso. “Rory…” “Yes.” “Dicevi che nessuno ti ha mai carezzato come ho fatto io. Sono stati molti?” “Sei geloso, ragazzo?” “Forse.” “Fino a questa mattina ero una puritana rigorista, moralista, formalista, allevata in un ambiente in cui il sesso era considerato qualcosa di dirty. Non ho conosciuto nessuno prima o dopo Willy, che mi ha sposato quando avevo diciannove anni. La mia é stata una esclamazione incontrollata. In effetti, nessuno ha frugato tra le mie gambe, neppure Willy. I nostri rapporti si sono sempre svolti secondo le più puritane delle tradizioni, non dico che restiamo vestiti, ma quasi. E la luce é sempre spenta. Soddisfatto?” “Ho apprezzato molto quel fino a questa mattina. Credo, però, che tu abbia perso molto.” “Lo credo anch’io.” Rory era stata seria, nel parlare. Per riportare l’atmosfera ai splendidi momenti vissuti dietro la siepe, Piero le pose la mano sul grembo. Lei lo guardò e gli sorrise, prese la mano e gliela baciò. “Non essere tesa, Rory. Relax and enjoy.” “Yes, I will.” Poco dopo Putignano cominciarono a vedersi i primi trulli. All’entrata d’Alberobello, voltarono in una stradina alberata, fino a un monumentale cancello in ferro battuto. Entrarono con l’auto, andarono a fermarsi dinanzi a un grosso trullo, con la base imbiancata e il tetto scuro terminante in qualcosa che sembrava una palla schiacciata. La porta s’aprì e apparve una giovane donna, che salutò sorridendo. Espansiva. “E’ tutto pronto, signorì. Io ho preparato tutto, e se non vi servo vado a casa. E’ passato mezzogiorno. Se avete bisogno di qualche cosa dovete solo girare la manovella del telefono, rispondo io. Anche se dovete telefonare in paese o fuori paese dovete sempre passare per me.” Piero tradusse rapidamente a Rory. “Staremo soli?” “Hai paura?” “Solo di me.” Piero ringraziò la donna. “Venite, signorì, vi faccio vedere dove sono le cose che possono esservi utili.” Li precedette nel trullo, e mostrò dove aveva conservato il pranzo, dov’era dell’altro vino, le bottiglie d’acqua minerale, come azionare la doccia, e così via. Poi salutò e uscì. “Ci fermeremo molto qui, Piero?” “Quanto vorrai.” “Posso fare una doccia?” “Certo. Vieni, é nel locale bagno. Vi si accede dalla camera da letto.” Le mostrò anche dov’erano i teli di spugna e l’accappatoio. “Ti prego, non entrare, mentre faccio la doccia.” “Certo che no, ti attendo nella sala da pranzo.” Rory rientrò dopo circa venti minuti, con i capelli in perfetto ordine, le guance e le labbra appena ravvivate dai rossetti. Era serena, col volto disteso. “Grazie, darling.” Lo baciò teneramente sulla bocca. “Rory, hanno preparato un desinare tipicamente contadino. Quello delle feste. Pasta al forno, pollo con patate, mozzarella fresca, pane croccante, vino fresco. Hai appetito?” “Si.” “Prego, siedi, porto tutto in tavola.” Rory assaggiò un po’ d’ogni cosa, con evidente compiacimento. Specie la crostata di amarene e il vinello limpido. Il caffè non era buono come quello del bar. “Cosa desideri fare, Rory?” “Aspetta qui, devo andare un momento di là.” S’alzò e tornò nella camera da letto dove la donna aveva portato il bagaglio. Dopo non molto, chiamò. “Piero, come here.” Piero entrò. Nella penombra, vide Rory sul letto, nella camicia di seta rosa, avvolta nei suoi lunghi capelli d’oro. “Spegni la luce e vieni qua, Piero.” La voce era sicura, ferma. “Invece accenderò tutte le luci, tesoro, perché voglio vederti in tutto il tuo splendore.” Accese le luci, andò a sedere nella poltrona, ai piedi del letto. “Adesso alzati, ti prego.” Rory si alzò. Era seducente, col volto raggiante. “Fa cadere la camicia.” Lo guardò con occhio smarrito, incerto, timoroso, senza muoversi. “Ti prego, lascia cadere la camicia.” Con dita tremanti, indecise, scostò le spalline dalle spalle, e lasciò che lentamente la camicia s’afflosciasse al suolo. Era nuda, bellissima. Va verso lo specchio, amore.” Sembrava un automa, con passo indeciso. “Ora, voltati, viene verso me. Avvicinati” Quando le fu dinanzi, vicina, la prese per i fianchi e affondò la testa nel grembo dorato di lei. Cominciò a baciarla. Piano. Poi la lambì con la lingua, insistentemente, cercò avidamente tra le grandi labbra, oltre.. sentì il piccolo clitoride che rispondeva fremente.. ancora…ecco, la sua lingua era nel caldo palpitante della vagina, la carezzava, ne raccoglieva i succhi che distillava, mentre il bacino di Rory sembrava impazzito… Poi, s’alzò, la prese sulle braccia e la condusse sul letto, deponendola delicatamente sul candido lenzuolo. Cominciò a spogliarsi. La forte illuminazione che inondava la camera, celò le ombre della sera che erano calate rapidamente. Le ore erano trascorse tra palpiti e sospiri. Era rimasta in trepida attesa di riceverlo, quasi col desiderio di conoscere qualcosa di nuovo, di diverso. E lo accolse con un piacere sconosciuto, avvolgendolo ardentemente per esprimergli la sua estasiata e voluttuosa sorpresa. Dunque, era quella l’unione tra una femmina e un maschio. Era così che s’impazziva di passione, si desiderava che non finisse mai, si bramava l’orgasmo liberatore… Ed eccolo… “Darling…. Darling…. Honeyooooney… undreamabre… what a cum.. . yu’re my delicious invader…” Godeva la deliziosa invasione. Rory s’era sentita trasportare nel più alto dei cieli del piacere, precipitare nel vortice della voluttà, più volte, insaziabile e nel contempo soddisfatta come non mai, come non avrebbe creduto poter essere. Il suo corpo aveva vibrato come le corde di un’arpa sapientemente toccata. Non immaginava di avere in sé un tale vulcano di passione, di desiderare talmente il corpo d’un uomo, di Piero, di volerlo annullare in sé, e tenerlo così per sempre. Non un millimetro di lei era rimasto inesplorato. “Piero, baby, ti voglio scaldare ancora, ti desidero ancora, voglio ancora sentirti in me.” E tornò a giacere su lui. Brindisi, Lecce, Taranto, e il piccolo albergo di Monopoli, sulla via del ritorno, furono testimoni dei palpiti, dei sospiri, dei fremiti di Rose Mary, tra le braccia d’un sempre più sorpreso e appassionato Piero, la cui travolgente giovinezza veniva messa a deliziosa ma severa prova. I suggerimenti del Kamasutra furono sbaragliati dalla fervida fantasia della splendida e bramosa figlia d’Albione. Non un angolo del suo corpo fu ignorato dall’esplorazione delle conturbanti dita di Piero, dalla prepotente turgidità del suo fallo, dal balsamo del suo seme. Rory, in quei giorni, visse momenti che non immaginava, e che, soprattutto, non avrebbe mai creduto poter vivere. E con così tanto godimento. Willy tornò poco dopo il rientro di Rory in Hotel. Rose Mary lo attendeva nel piccolo salotto della suite, sfogliando una rivista. Un lieve sfiorarsi di guance, una doccia ristoratrice e Willy venne a sedere nella poltrona di fronte alla moglie. “Hai avuto un lavoro duro, caro?” “Molto, con mille contrarietà e difficoltà di rapporti. E non é finito, perché dovremo ancora discutere sul da farsi. E tu, cara, ti sei stancata? Hai trovato sufficienti comodità dove hai soggiornato? E’ stato interessante il giro? Ti ha fatto buona scorta Piero?” Gli sorrise con dolcezza. “Mi spiace per le contrarietà che hai dovuto incontrare e che ancora ti attendono. In quanto a me, grazie per l’interessamento, é andato tutto bene. Il viaggio é stato molto interessante, non ne ricordo di altrettanto piacevoli. Non mi é mancato nulla. Piero é stato al di sopra d’ogni attesa, sono stata riempita da lui, di premure.” “Ne sono veramente contento. Mi sarebbe piaciuto essere con voi” Rory assunse un aspetto serio, un po’ imbarazzato. “Willy.” “Si, cara.” “Sono imbarazzata, ma devo dirti una cosa.” “Dal tuo aspetto devo dire che si tratta di cosa seria.” “Spero che si tratti di qualcosa di rapida soluzione. Devo consultare un medico.” “Stai male?” “Provo un certo disagio a parlartene.” “Sono tuo marito, cara.” “Vedi, sai che ho avuto le mie mestruazioni, nei giorni scorsi e sembrava che tutto fosse finito, Adesso ho degli strani disturbi. Comprendi il mio disagio, vero?” “Ma Rory, se non ne parli con me, lontana dal tuo ambiente, dal tuo medico, a chi vorresti parlarne?” “Grazie, caro, sapevo della tua comprensione.” “Chiedo subito l’indirizzo d’un bravo ginecologo, all’interprete dell’Hotel… forse é meglio se lo chiedessi a Piero…” “No, ti prego, non a Piero, non voglio che in qualche modo venga a conoscenza di miei particolari che considero della massima intimità” “Va bene, faccio intervenire Vittorio, l’interprete. Me ne interesso subito.” Chiamò la direzione dell’Hotel, chiese di Vittorio, e gli disse ciò che desiderava. Vittorio lo avrebbe richiamato tra qualche minuto. Dopo poco il telefonò trillò, Willy rispose, prese nota di qualcosa sul taccuino che era sul tavolino, ringraziò e riattaccò il ricevitore. Tese il foglietto alla moglie. “Doctor Lino Pepe é master gynaecologist, il migliore dell’Università. Ti attende domattina alle dieci. Parla la nostra lingua. Questo é il suo indirizzo. Se non vuoi che ti accompagni Piero, devo cercare…” “Piero va benissimo, per accompagnarmi e riportarmi in Hotel. Gli dirò solo l’indirizzo, non é necessario fargli sapere che devo consultare un ginecologo.” Piero non le chiese cosa dovesse fare all’indirizzo al quale Rory volle essere accompagnata. Non gli dispiaceva di farle da autista, di averla a fianco, nella Jeep, con la speranza di poterla ancora stringere tra le braccia. Rose Mary gli sorrise, incantevole, seducente, con gli occhi lucidi, raggianti. Lo studio del medico non era lontano. “Ti attenderò qui, poi ti accompagno a gustare un gelato.” “A casa tua?” Non attese risposta, entrò nel portone. Aveva visto la targa: Prof. Dr. Lino Pepe, Ordinario di ginecologia…I° piano. Rose Mary fu subito introdotta nello studio del medico. Lino Pepe le andò incontro e la fece accomodare in una delle poltrone del salottino in angolo. Le sedette di fronte. Sul tavolino, tra loro, un grosso blocco di carta e una stilografica. “Lieto di conoscerla, Madam, in cosa posso esserle utile?” Il medico parlava un ottimo inglese. “Sono venuta per un controllo, conoscendo il suo valore, approfitto della mia permanenza in questa città per un controllo. Ho superato i quaranta, sia pure da poco, e alla mia età possono cominciare i soliti problemi delle donne non più giovani.” “Complimenti, Madam, non dica a nessuno la sua età, perché dal suo aspetto non le si possono dare più di trent’anni.” “Grazie, dottore.” “Vorrei visitarla, d’accordo?” “Naturalmente, dottore.” “Chiamerò la mia assistente per aiutarla a spogliarsi, nella stanza a fianco, poi dovrà sdraiarsi sul lettino che é dietro il paravento. Intanto, però, mi dia qualche notizia per la anamnesi familiare e personale.” Prese il blocco e aprì la penna. “Il suo nome da nubile, prego.” “Rose Mary Moss, nata a Chelmsford, Essex.” “Età?” “Quarantuno il prossimo mese.” “Quando il menarca?” “A tredici anni.””Sposata?” “Da circa ventuno anni.” “Figli? Quanti, di che età? Nati a termine? Parto regolare?” “Due, di venti e sedici anni, a termine, regolare.” “Aborti, spontanei o terapeutici?” “No.” “Che lei sappia, ne ha avuti sua madre?” “Non mi risulta.” “Malattie importanti?” “Le solite dell’infanzia.” “Pratica sport?” “Un po’ di bicicletta, nuoto, palestra.” “Si accomodi con la mia assistente.” Premette un pulsante che era sulla scrivania. Entrò una giovane, in camice bianco, sorridente, che fece cenno a Rory di seguirla. Pepe tornò alla scrivania e mise il foglio del blocco in una cartellina.” Quando Rose Mary fu dietro il paravento, si alzò dal suo posto e vi andò anche lui. Rory era distesa sul lettino, con addosso una specie di lungo camice, aperto sul dorso. Il medico le guardò gli occhi, le fece tirar fuori la lingua, aprire la bocca per esaminare denti e gola. “Adesso abbassiamo un po’ la camiciola.” Prese lo stetoscopio e auscultò il bronchi, il cuore.” “La prego, si metta seduta.” Stesso lavoro per i polmoni. Batté con le dita in più parti della schiena. “Si rimetta giù, per favore.” Batté le dita sul torace. Palpò accuratamente il seno. Abbassò di più quella che aveva chiamato camiciola, per palpare l’addome, il pube. Le fece piegare le gambe, una alla volta, poi insieme, Saggiò la consistenza dei muscoli delle gambe e delle cosce. “Ora, Madam, la mia assistente alzerà lo schienale del lettino e abbasserà la parte opposta, metterà degli appoggiagambe e lei dovrà assumere quella che chiamiamo la posizione ginecologica.” Lui si avvicinò a un armadietto, prese dei guanti di gomma e li infilò, andò di fronte a Rose Mary. L’assistente scoprì un recipiete metallico che era sul tavolino. “Le chiedo scusa, Madam, da devo accertarmi delle condizioni del suo apparato genitale. Le ovaie sono perfette, nessun dolore o fastidio alla palpazione. Deve avere un po’ di pazienza.” Le poggiò la mano sinistra sul pube e infilò l’altra nella vagina, esplorando, premendo. Rory ebbe una piccola smorfia di fastidio. Strinse un po’ le labbra. “Male?” “No, fastidio.” “Tutto bene, finora.” L’assistente gli mise sul capo una specie di corona con una piccola lampadina accesa e gli porse un divaricatore. Pepe infilò il divaricatore nella vagina, girò la vite per farlo aprire, guardò dentro, al raggio della lampadina che illuminava le pareti interne. Chiuse tutto, sfilò, e si avviò al lavandino, sfilandosi i guanti, “Si rivesta, Madam, per favore, e venga vicino alla mia scrivania.” Quando Rory fu seduta di fronte a lui, aveva finito di scrivere gli appunti relativi alla visita medica. “Mia cara Madam, lei ha un fisico invidiabile. Non ho trovato nulla da rilevare. Un corpo sano, ben proporzionato, e ottimamente conservato. Congratulazioni. Non credo di dover aggiungere altro, né di prescrivere qualcosa. Tornando a casa, mi saluti l’Inghilterra che amo moltissimo.” Si alzò per salutarla. “Il suo onorario, dottore?” “Mi mandi una cartolina da Chelmsford, e se tornerò a Londra, come mi capitava spesso prima di questa maledetta guerra, verrò a salutarla.” “L’aspettp.” “Ci conti, arrivederla, complimenti e auguri.” Piero era poco discosto dalla Jeep, come la vide uscire dal portone, le andò incontro. “Gelato?” “Ne hai, a casa?” “Veramente, no.” “Bene, fammi conoscere dove abiti. Vivi da solo?” “Io e un mio collega abitiamo in un piccolo villino, alla periferia, in due appartamentini. I nostri attendenti, e una donna di servizio curano che tutto sia in ordine. Il gelato lo possiamo comprare prima di arrivarci.” “No, andiamo a casa tua. Non mi chiedi dove sono stata?” “Non voglio essere indiscreto.” “Sono stata da un ginecologo.” “Stai male?” “Mai stata così bene e il medico lo ha constatato e confermato. Sai, anche lui mi ha detto che non dimostro gli anni che ho.” “Bella scoperta. Ma perché ci sei andata?” “Perché ti amo alla follia, e fin quando sarò qui non voglio avvicinare alcun altro uomo.” “Non capisco.” “Ho detto a Willy che stavo male, che avevo bisogno di un ginecologo. Ora gli dirò che i miei fastidi richiedono una lunga cura e soprattutto che vietano qualsiasi attività sessuale almeno per un mese, il tempo che rimarrò ancora qui.” “E’ vero?” “Per Willy, certamente. Per il resto… ma non arriviamo mai a casa tua?” Rory sembrava in preda a una smania insaziabile, più trascorrevano i giorni e più desiderava Piero. Aveva anche trascurato la necessaria riservatezza, si faceva trovare a casa di Piero, dal quale s’era fatta dare la chiave, né la interessava che la vedessero l’attendente o la donna di servizio. Accoglieva Piero nella suite dell’Hotel. Più si avvicinava il momento della partenza più chiedeva a Piero di tenerla tra le braccia, di farla sua. Quel giorno arrivò, quasi all’improvviso per Rory. Erano nel piccolo letto di lui. “Sono trascorsi trentasei giorni dalla prima volta che siamo stati insieme, nel trullo. Ricordi?” Lui la strinse ancor più a sé. “Domani tornerò a casa, e tu mi dimenticherai subito.” “Non potrò mai dimenticarti, Rory, non vivrò mai i giorni che mi hai fatto vivere tu. E tu, mi dimenticherai? Sono stato l’avventura italiana?” “Non credo che potrò dimenticarti. Tuo figlio, mi parlerà di te ogni giorno.” “Mio figlio?” “I’m pregnant, Piero, pregnant by you, darling, sono la donna più felice del mondo…” “Sei incinta?” “Si, amore, e solo tu puoi essere il padre, perché dal mio ultimo menstrual period ho fatto l’amore solo con te. E’ una cosa meravigliosa, emozionante.” Uscì dalla casa di Piero, senza voltarsi indietro, tenendosi per mano a lui, salendo sulla Jeep senza parlare. Sulla poltrona, ai piedi del lettino, aveva lasciato la vestaglia e la vaporosa camicia di seta rosa. “Purtroppo, Willy, domani tornerò a casa, Spero di poterti riabbracciare presto. Come mi dispiace che questa mia indisposizione non mi abbia consentito di essere una vera moglie, per te. Questa sera, però, lo faremo. Non voglio lasciarti senza farlo.” E si sforzò di pensare a Piero, in quei momenti. Ma era tutta un’altra cosa. Il Colonnello W.E.Cage era seduto dietro la sua scrivania. Piero entrò e restò in piedi fin quando Willy non gli disse di sedere. “Caro Piero, apprezzo moltissimo che lei abbia chiesto di essere trasferito ad altro incarico, e desidero ringraziarla per l’intelligente lavoro che ha svolto. Desidero anche dirle che ho compreso subito, fin dal primo momento, la sbandata che Rory ha preso. E’ comprensibile. Una matura signora Inglese é abbagliata dal brillante, giovane e bello, Ufficiale italiano. Dovevo prevederlo, ma una volta che Rory era qui non potevo evitarlo senza distruggere per sempre il mio matrimonio. Le sembrerà strano, ma sento di esserle quasi grato. Ha fatto ringiovanire Rory di anni. Voi Italiani sapete far sentire veramente donne le donne. Rory ha avuto la fortuna di vivere un periodo che forse non avrebbe mai conosciuto se non fosse venuta qui. Le auguro buona fortuna, e non mi giudichi male. Si ricordi che a Chelmsford c’é sempre qualcuno che la ricorderà e l’attenderà. Appena potrà, venga a conoscere suo figlio. Goodbye, Piero.”
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