Sassonia 1936. Sulla collina di Brummerland si ergeva il castello del Duca Hesfeltd. Con l’avvento del nazismo il Duca, 30 anni, fisico asciutto e atletico, forgiato nei migliori campi d’addestramento della Germania, aveva deciso di ritirarsi a vita privata, sperando di poter cogliere i piaceri della vita prima che, come andava spesso ripetendo : "il fuoco della guerra avrebbe bruciato ogni cosa". Il Duca viveva nel castello nelle stanze ai piani alti, avendo dispensato i primi livelli alla servitù e alle celle di rigore dove dovevano "purificarsi" le ospiti del maniero. Unico suo assistente, che del resto era l’unico a potergli rivolgere la parola, il vecchio Boris un maggiordomo sovietico di oltre 70 anni che era stato assieme al Duca l’unico superstite alla strage che nel 1910 aveva visto perire tutti i membri di casa Hesfeltd nel corso di un tentativo di furto.Era Boris ad occuparsi di ogni cosa al castello ed era lui che reclutava nei vicini villaggi della regione le fanciulle che il Duca avrebbe "sacrificato". Il sacrifico si compiva due volte al mese, al tramonto del sole, quando il cielo si faceva color piombo e una coltre di nubi oscurava qualsiasi luce potesse riflettersi sulla terra. Solo la luce dei tuoni poteva squarciare il silenzio e il buio che doveva avvolgere il castello per il rituale del Duca.La sala centrale, chiamata Sutterdome, aveva arazzi alle pareti color bordeaux, pelli di orso come tappeti e lampadari di candelabri neri che calavano dal soffitto penzolando da catene anch’esse nere che contribuivano a rendere ancora più tetra (se ce ne fosse bisogno)l’atmosfera di quel luogo. Al centro della sala era collocato l’altare in marmo bianco sul quale il Duca si ergeva con indosso solo un mantello di velluto nero, per pronunciare la formula di iniziazione del rito. Il rito era una rievocazione delle feste magiare della fertilità ed il Duca vi si dedicava con assiduo furore ritenendo che solo in quel modo sarebbe potuto sfuggire alla terribile sorte che era stata segnata per il mondo. Il rito prevedeva dopo la formula d’iniziazione, che al buio completo Boris introducesse una per volta venti donne di puro sangue tedesco, tutte completamente nude che dovevano eseguire ogni ordine del Duca, che durante i periodi di pausa da un sacrificio e l’altro organizzava nei minimi particolari il rito successivo; se una donna si rifiutava di eseguire un ordine del Duca, o tentava di fuggire sarebbe stata decapitata e data in pasto ai lupi dell’abetaia. Quella sera tutto era pronto e Boris si sentiva particolarmente fiero della "cacciagione" che aveva procurato al suo Signore. La prima creatura ad essere introdotta fu Erika, una donna di 26 anni bella come Amore, bionda, pelo pubico perfettamente rasato, i capelli lunghi ed ondulati, un seno prorompente e gambe lunghissime. Il sedere perfettamente rotondo aveva colpito Boris, antico sodomita, che aveva il permesso di assaggiare le vittime prima di introdurle al suo padrone. Entrata ovviamente scalza nella stanza, Erika si mosse, come Boris le aveva detto, diritto davanti a sé finchè fu afferrata per un braccio dal Duca. Sentiva il suo calore, e con una mano cominciò a palpare il suo torace per assaporarne gli addominali pronunciati e scolpiti. Frattanto il Duca tenendola sempre per un braccio cominciò a baciarla sul collo e a graffiarle la schiena con qualcosa di metallico che lei non seppe identificare. Cominciava ad avere paura, ma un latrato come di lupi le fece ricordare il triste destino che le sarebbe spettato in caso di rifiuto o disobbedienza. Così il Duca terminato il trattamento di graffi alla schiena cominciò a baciarla dalla nuca alle natiche come a volerla ripagare del dolore infertole, con la lingua si soffermava sui graffi ed Erika fremeva per il dolore frammisto al piacere che cominciava a percepire. Il Duca giunto in ginocchio dietro di lei lasciò che aprisse le gambe divaricandole, finchè disegnassero un triangolo con il suolo. Poi le aprì le fantastiche natiche e cominciò ad annusare il nettare del suo corpo come a volerlo rapire. Cominciò a palpare e a premere con forza le natiche, leccando il forello bruno che poteva solo percepire attraverso il tatto, affinchè ben umettato potesse cedere ad una penetrazione. Erika poteva solo subire l’iniziativa del Duca contraendo il ventre piatto per tenere il respiro dall’emozione. Sapeva di poter toccare tutto del Duca, ma non il suo arnese che secondo il rituale poteva essere usato dalle vittime solo dopo che il Duca avesse provveduto a sodomizzarle. L’uomo frattanto continuò ad armeggiare nel culo di Erika, introducendo prima una poi due dita in profondità. Cominciava così a rendere omaggio al buco principale, allagando le grandi labbra umide con la lingua e scivolando dentro come una lama nel burro. Il silenzio era rotto solo dal rumore osceno della lingua del Duca e dai sospiri mozzati di Erika che faceva di tutto per trattenersi temendo di rischiare la vita. Dopo che Erika venne lasciando tracce visibili del suo piacere sul viso del Duca, Egli compiaciuto di quello che il trattamento aveva provocato, e teso come mai fino ad allora, spinse con una mano sulla schiena di Erika spingendola leggermente in avanti: il segnale era chiarissimo: sodomia! Ben accucciata in posizione a quattro zampe Erika aveva imparato da Boris che quella era la posizione più adatta per sopportare meglio quel tipo di assalto, ma il Duca deciso a non concederle trattamenti di favore la fece rialzare e allargatele le gambe a compasso cominciò a spingere contro il forellino posteriore. Solo allora Erika cominciò ad avere coscienza di quanto mostruoso e brutale potesse essere il trattamento che il Duca le aveva riservato, il piano era chiaro: voleva impalarla lì al buio, lubrificato della solo dei suoi umori vaginali e per di più in una posizione che certo non facilitava la penetrazione. Così lei chinò il busto in avanti, questo il Duca lo concedeva spesso alle vittime, sempre che in questa posizione avesse potuto torturare anche il seno, e in questo Erika era molto ben dotata.Cominciata la penetrazione, il Duca cominciò ad accellerare il ritmo del suo respiro che si fece quasi affannoso, Erika sentiva le crespe del buchetto tendersi all’inverosimile per accogliere quel mostro di carne pulsante e svettante che era deciso a fermarsi solo in fondo all’intestino. Con le mani il Duca stringeva torcendo i capezzoli bruni e grossi di Erika che a causa del suo orgasmo precedente erano diventati ancora più visibili e duri, le punte urtavano contro il palmo della sua mano, mentre il culo accoglieva centimetro dopo centimetro il colosso del Duca che a fatica avanzava nello stretto sfintere riempiendo e allargando la donna. Arrivato in fondo cominciò a staccarsi lentamente da lei, ma senza mai uscirle dal culo, per riaffondare con violenza quando sentiva la punta vicino all’uscita del solco anale. Continuò così per un buon quarto d’ora a pompare e a palpare fino a che un gemito profondo di Erika sancì il suo orgasmo anale. La prima parte del sacrificio era compiuto. Terminata la penetrazione anale, il membro del Duca, ancora in forze e senza alcun segno di cedimento fu ricacciato dal caldo antro della donna. Erika allora si chinò in un gesto quasi d’amore per succhiarlo e ringraziarlo del piacere che le aveva procurato. Cominciò a leccare su tutta la lunghezza dell’asta e poi d’improvviso ingoiò tutta la punta succhiando avidamente quella cappella fatta a fungo che a stento le stava in bocca. Il Duca le aveva appoggiato le mani sulla nuca e conduceva il gioco dando il ritmo a quella schoccante suzione, a suo modo insieme dolce e violenta. Quando Erika percepì che il momento stava arrivando, sentendo il membro pulsare forte tra le sue labbra vogliose, se lo stacco col rumore di una ventosa che si stacca all’improvviso e si gettò ai suoi piedi pronta ad accogliere nel suo ventre il seme bollente del Duca. Questi raccolse l’invito della donna le montò addosso e con una spinta pelvica penetrò agevolmente in lei effondendo il suo sperma caldissimo nella vulva fracida di umori, mentre un tuono spaventoso suggello la fine del primo sacrificio.
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