Sandra era una bella donna, che a quarantatré anni poteva dirsi pienamente soddisfatta della propria vita e del proprio aspetto: gambe non eccessivamente lunghe ma ben affusolate, un fondoschiena pieno, forse solo negli ultimi anni con un chiletto in eccesso, un seno enorme, prorompente, sodo, che lei non nascondeva ne metteva in mostra, un viso splendido, solare, incorniciato in un baschetto di capelli corti, castano scuro. Aveva sposato, venticinquenne, Roberto, di due anni più vecchio, ingegnere di belle speranze, e mai, in tutti quegli anni, aveva pensato al tradimento, neanche quando lui, in trasferte di lavoro, restava assente talvolta anche per mesi. Quando lui tornava, ogni volta, lei si concedeva, felice, ma mai il sesso era stato al centro dei suoi pensieri. Lui, in ogni caso, l’aveva sempre soddisfatta appieno, per quel poco che bastava a soddisfarla. Tutto molto normale, senza amplessi sfrenati o rapporti orali. Sandra trovava riprovevole l’idea di prendere in bocca il cazzo del marito, e tantomeno tollerava che lui le leccasse la fica. Ma, nell’ultimo periodo, le cose stavano cambiando. Già più volte si era sorpresa a guardarsi nuda allo specchio, un gesto che mai, neanche da ragazza, aveva fatto, e si era scoperta ancora, con sua sorpresa, bella. Un giorno, mentre Roberto era lontano, e Paolo, il figlio diciottenne, nato poco dopo il matrimonio, era a scuola, mentre Sandra era in bagno, un dito birichino si era insinuato in lei. Seduta a gambe aperte sul water, si era sgrillettata così, quasi con furia, gemendo come la peggiore delle troie, finchè l’orgasmo le era montato in pancia, prorompente, quasi doloroso, e l’aveva lasciata lì, ansimante, con la mano zuppa del suo stesso miele. Non sapeva cosa le stesse accadendo. Ma, col passare dei giorni, mentre la mancanza di un maschio andava facendosi per lei, abituata a ritmi sessuali così blandi, sempre più intollerabile, si era più volte masturbata violentemente, prima con un dito, poi con due, poi con tre, sola in casa, sul water, sul divano, nella doccia, ogni volta immaginando un grosso uccello che la riempisse come desiderava. Ma, ogni volta che l’orgasmo andava affievolendosi, lei si sentiva in colpa. Roberto era suo marito, l’unico che avesse il diritto di prenderla. Ma Roberto, per le prossime due settimane, sarebbe stato nel Sud America per lavoro. Seguitò a masturbarsi sempre più frequentemente, nei posti più disparati. Le bastava un piccolo stimolo, la vista di un bel giovane, per farle bagnare le mutandine, per indurla a riempire da sola ciò che nessuno poteva riempire. Si masturbò in autobus, passandosi la mano sopra la gonna, con fare indifferente, come se la lisciasse continuamente, mentre un ragazzo la guardava con insistenza e lei ricambiava. Il suo corpo si tese alla fine, con un mugolio sommesso, mentre il giovane la guardava esterrefatto ed eccitato. Si masturbò in taxi, immaginando il grosso membro del conducente africano che, nello specchietto retrovisore, assisteva estasiato alla vista di quella passera che lei, incurante metteva in mostra, grondante di umori. Poi, una notte, svegliatasi di soprassalto senza un perché, accese la tv nel tentativo di riassopirsi. La vista di un programma soft-core bastò ad eccitarla, e spinse le sue dita ormai esperte dentro, solleticandosi il clito, gemendo, ansando, arrivando a infilare il dito medio in quel buchetto roseo che mai aveva concesso a nessuno. Si mise alla pecora, senza vergogna, godendo come la troia che, per tutti quegli anni, aveva ignorato di essere. Avrebbe voluto qualcuno che la prendesse così, come suo marito mai l’aveva presa, in modo animale. E poi venne, venne strillando, con la sbroda che colava giù, sino alle lenzuola, lasciandola svuotata di ogni energia. Paolo, incredulo, guardava nello spioncino sua madre, quasi senza accorgersi che, da quando si era alzato sentendo la tv e aveva visto suo madre masturbarsi, aveva dato inizio ad una lenta, implacabile sega. Sandra parve riaddormentarsi, e Paolo, con il cazzo eretto tornò nella propria camera, dove si sfogò come doveva fare, macchiando le lenzuola col suo schizzo. Il mattino seguente, ancora incredulo se fosse stato un sogno o no, decise di tendere una trappola alla madre: avrebbe finto di andare a scuola per rientrare poco dopo, mentre lei, come era solita fare appena lui usciva, andava in bagno. Passò la notte agitato, domandandosi cosa avrebbe fatto, trovandosi di fronte alla madre che si toccava e che da lui veniva sorpresa. Si addormentò tardi, dopo una ripetuta masturbazione. Ma, al mattino, decise di agire. Sarebbe rientrato. Aveva sempre amato sua madre. L’aveva sempre desiderata. Si era sempre masturbato pensando al suo seno, al suo culo così tondo. E lei voleva essere scopata. Lui lo sapeva. Così, dopo averla salutata in fretta, urlando un “Ciao ma’!”, aveva bevuto un caffè al bar vicino a casa, prima di rientrare dopo pochi minuti, infilando la chiave nella toppa con la massima delicatezza, dopo aver lasciato le scarpe fuori dalla porta per far meno rumore. Entrò, e vide la luce accesa in bagno. Guardò nello spioncino: Sandra si toccava le tette con una mano, mentre con l’altra si riempiva la fregna, mugolando in calore. Il cazzo di Paolo si tese nei jeans. Doveva farlo, doveva entrare. Spalancò la porta. Sandra lo guardò, sudata, con le poppe fuori dalla camicia da notte, le gambe aperte, la fica scura in bella mostra: “Amore ma che…” riuscì appena a dire, prima di lanciarsi in un “Guarda che non è… che io…” Ma il figlio la interruppe, aprendo la patta dei jeans, tirando fuori un pene duro, enorme, con una cappella rossa, che Sandra guardò basita. Paolo brandì il cazzo con la mano, poi guardò la madre: “E’ questo che vuoi, mamma. E’ questo cazzone che vuoi al posto delle dita?” Sandra cercò di ricomporsi, lei che aveva sempre cercato di impartire al figlio un linguaggio adeguato: “Come ti permetti…” Ma mentre apriva la bocca, Paolo la schiaffeggiò in faccia, da una parte all’altra, col suo cazzo duro. La lieve resistenza di Sandra cadde, immediatamente. “Ti piace, eh?” diceva il figlio, mentre Sandra, per la prima volta nella vita, prendeva un cazzo in bocca. “MMMMMMMMMGGGGGGHHHHHHHH!” farfugliò, impegnata a succhiare. Ma Paolo non voleva venire. “Basta!” le disse “Tu questo lo vuoi dentro.” Sandra annuì, mentre, alzandosi e appoggiando le mani al muro, con le spalle rivolte verso il figlio, gli offriva la sua fica. Paolo non se lo fece ripetere due volte, e iniziò a sgrillettare la splendida madre, che adesso, in preda alla foia, lo incitava vergognosamente: “Ahhh… così, così, mettici tutte le dita, mmmmmmmmmmm… cosìììììì…” urlava, incurante di poter essere udita dai vicini. Paolo continuò il ditalino finchè fu Sandra, stravolta, a supplicarlo: “Ti prego, Paolo, scopami, fammelo sentire dentro.” disse, supplichevole. Allora, Paolo la penetrò. Così, ruvidamente, come lei voleva, spingendolo tutto, sino in fondo. Sandra, ormai senza ritegno, felice di essere finalmente piena, iniziò a spingere all’indietro, assecondando la penetrazione del figlio. “Ohhhhh, sìììììììììììì, sììììì Paolo, fottimi, fottimi fottimi, sfondami, lo voglio sentire bene… fino in pancia, ancoraaaaaaaaaaaa…………” Ormai il piacere aveva avuto la meglio sulla morale della donna, che non accennò alla minima reazione quando Paolo, improvvisamente, estratto il cazzo rapidamente come l’aveva infilato, le ordinò, come a una puttana: “Giù, a pecora!” Sandra obbedì, inginocchiandosi e rivolgendo il proprio sedere verso l’alto. Paolo le montò sopra, infilò due dita nell’ano materno, strappando un grido di dolore alla madre. Poi vi appoggiò la cappella, ormai rosso fuoco e affondò con fatica in quel buco ancora inviolato. Iniziò a pompare, mentre Sandra urlava: “Oh Diooooooooo, noooooooo, nooooo, la fica, fottimi nella fica… non in culo!” cercò di implorare al figlio ma rendendosi ben presto conto che quello che per pochi attimi era stato un dolore atroce stava divenendo un piacere ancor più travolgente. Iniziò a godere come aveva mai goduto, mentre l’enorme uccello le riempiva la pancia. L’orgasmo le squassò le budella: “Oh… sii! Sborrami in culo… amore, riempimelo tutto del tuo caldo sbrodo.” ansimò, l’orgasmo che si affievoliva. “Oh mamma, vengo, vengo, vengooooooooooooooo………..” urlò Paolo, estraendo l’uccello e lasciandosi andare a una copiosa sborrata sulla schiena di Sandra. Adesso, con la schiena inondata del seme del figlio, Sandra capiva che Roberto, il marito, avrebbe avuto il suo da fare per riconquistare i suoi favori.
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