Chiara è una puledra appena diciottenne che mi ispira al solo guardarla il desiderio di scoparmela selvaggiamente, ma che sino a qualche giorno fa si limitava a dirmi romanticamente: "ti amo!", "mi ami?"; non proferiva mai espressioni più realistiche che dicono pane al pane e vino al vino, né tanto meno quelle "sconcezze" che sono il sale (o meglio: il pepe) dell’amore. Tra le lenzuola, comunque, è una bomba: insaziabilmente vorace di cazzo, esperta pompinara, disponibile a lasciarsi sfondare il culo ogni volta che glielo chiedi. Insomma: troia sino al midollo osseo; ma guai se glielo dicevi, neppure per scherzo… Da una settimana, però, non è più così: Chiara ha subìto una piacevole metamorfosi, che l’ha convinta a superare ogni ipocrita inibizione.Stavamo a letto e come al solito io la stavo sapientemente eccitando con qualche massaggio tra le gambe, insinuando le dita nella sua fregna perennemente umida. Lei mi baciava sul collo e sul torace, con colpi rapidi di lingua e piccoli morsi che mi facevano provare i brividi della libidine. Mi venne la felice idea di farla spazientire: avrebbe voluto essere chiavata subito, con foga, mentre dolci parole d’amore avrebbero dovuto ritmare come al solito il sali e scendi dei suoi glutei sul mio cazzo. Ma io rimasi muto e… fermo: le feci intuire che quella volta avrebbe dovuto meritarsi la sua razione quotidiana di godimento. Lei non sapeva come fare a sbloccarmi e infine, in preda all’eccitazione, giunse a implorarmi: "Voglio essere la tua schiava, fammi tutto quello che vuoi". L’afferrai dolcemente per i lunghi riccioli neri e le chiesi se si rendeva conto di quello che stava dicendo. Lei, sempre più infoiata, confermò la sua disponibilità a ridursi in mia completa schiavitù. Le dissi che ad un padrone tutto è permesso nei confronti della sua schiava: avrei potuto dirle e farle quello che desideravo; avrei, soprattutto, costringerla a dire e a fare anche ciò che lei non voleva. Chiara, maliziosamente incuriosita, annuì. E io, allora, la presi in parola. La strattonai per i capelli, stavolta con violenza, e le dissi con tono perentorio che era una porca. Poi la costrinsi ad ammettere che era la mia troia: le parole stentavano ad uscirle di bocca, ma appena l’addossai al muro allargandole le cosce e puntando la mia cappella turgida sulla sua fica, si lasciò andare: "Sì, sono una troia, voglio essere la tua puttana, trattami come una schiava, mi sento una porca in calore". La penetrai con forza, mentre finalmente mi sfogavo anche verbalmente: "Sì, sei una gran porca; voglio sfondarti, troia". E lei: "Sì sfondami, padrone, sono la tua schiava". Ed io: "Sei la mia schiava? E allora chiava!".Chiavammo a lungo, tra mugolii orgasmici e reciproci complimenti osceni. Fu una scopata estenuante e… sincera: finalmente io potevo dire ad alta voce quello che pensavo di lei ogni volta che facevamo l’amore, e lei si sentiva libera, salutarmente disinibita, sapendo che io la desidero proprio perché lei è una gran troia.
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