Le cose si complicanoLa mattina successiva mi svegliai in preda ad un nervosismo crescente. Marito e figli mi giravano al largo, come sempre capita quando sono arrabbiata. Lo considerano un evento naturale, come il mare mosso o il cattivo tempo. Non si preoccupano affatto di sapere cosa ha scatenato la tempesta, pensano solo a schivarne gli effetti, certi che prima o poi passerà. Per il momento decisi che mi conveniva stare al loro gioco. Mi inventai un impegno con un rappresentante di elettrodomestici, lasciai i bambini al doposcuola ed all’asilo, il marito al lavoro, ed alle due del pomeriggio ero in casa. Stupidamente, ma è inevitabile per una donna, mi preoccupai che la casa fosse in ordine, misi anche dei fiori sopra il camino.Alle due e mezzo, puntualissimi, suonarono alla porta. Alzai la cornetta del citofono ed aprii il cancelletto, andando inesorabilmente incontro al mio destino. Si presentarono due ragazzi in tuta da lavoro, molto educati, alti, sui trent’anni. Uno aveva un paio di baffi rossi ed un sorriso accattivante. Mi dissero che erano li per il “lavoro” ed io li feci entrare. “Lei resti qui in salotto, noi saliamo di sopra disse l’uomo con i baffi, che dei due era evidentemente il capo stia tranquilla, non sporcheremo nulla”. Li sentii armeggiare per circa 20 minuti. Poi scesero. “Bene, si accomodi pure di sopra, noi lavoreremo qui, nella zona giorno e da basso, nella tavernetta”. Obbedii senza replicare, anche se continuavo a domandarmi cosa diavolo stessero facendo. Passai l’ora successiva ad ispezionare le camere da letto ed il bagno del primo piano, ma non riuscii a trovare nulla. “Venga pure signora, abbiamo finito”. Scesi le scale, mi ricordai delle parole di Milena, presi il portafogli dal comò e chiesi quanto dovevo. I due scoppiarono a ridere. “Accidenti disse il capo anche a lei non hanno spiegato niente”. I due si slacciarono la patta delle tute, ed estrassero i rispettivi membri, già quasi del tutto eretti. “Il conto signora, si paga in natura”. Mi ritrassi spaventata, non volevo, no proprio non volevo. “Via signora, sa cosa succederebbe, suvvia, è un attimo, vedrà che non ci metteremo più di dieci minuti”. Ero paralizzata dalla paura e dalla vergogna. Il capo, gentilmente, mi prese per mano e mi fece sedere sul divano, mi alzò la gonna e mi sfilò le mutandine. “Vedrà che non sentirà male”. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un tubicino di crema, mi fece coricare sulla schiena, si appoggiò le mi gambe sulle spalle, e delicatamente mi spalmò un po’ di crema sulle piccole labbra “Non abbia paura, le mani sono pulite”. Poi appoggiò la punta del pene, si assicurò che fossi ben lubrificata e mi penetrò. Io tenevo la testa girata e gli occhi chiusi, sperando che tutto finisse in fretta. Aumentò il ritmo, si fermo in fondo e venne; rimase immobile qualche secondo e poi si ritrasse. Con le dita raccolse un po’ di liquido vischioso e me lo mise sulle labbra. Rimasi immobile, sapevo che anche l’altro avrebbe voluto la sua parte. “Per me niente crema disse solo girati a pancia in giù” Come un automa mi rigirai pancia sotto, appoggiandomi al tappeto con le ginocchia. Anche lui mi appoggio delicatamente il pene all’imbocco della vagina, e poi entrò. Pochi vigorosi colpi, poi si ritrasse. Appoggiò il membro fra le natiche mentre le stringeva con le mani, e quasi subito venne, mentre grossi schizzi di sperma mi piovevano sulla schiena. Si rivestirono in silenzio, mentre io stavo li immobile, paralizzata dalla vergogna. “Le lasciamo la ricevuta in questa busta disse il capo mi raccomando, la legga attentamente”. Mi ci vollero quasi dieci minuti prima che trovassi la forza di alzarmi. Per prima cosa andai a farmi una doccia, ma lo sporco che era dentro di me non venne via. Poi andai in sala, attenta a cancellare ogni traccia, anche minima di ciò che era successo, ma i due erano stati di parola: non avevano sporcato nulla. Ed infine mi cadde l’occhio sulla busta che mi avevano lasciato. La aprii e lessi il biglietto: “http:/***.***.** user name: ********* password:******” Il messaggio era chiaro, anche per un’analfabeta informatica come me. Andai nello studio, accesi il pc, digitai l’indirizzo internet ed attesi il collegamento. Lo schermo diventò completamente nero, solo al centro due campi bianchi. Inserii la user name e la password e clickai invio. “Benvenuta Anna” recitava fredda la home page. Lo schermo si riempì di piccole icone. Ne vidi una che lampeggiava “new photo gallery”, ci clickai sopra col mouse ed il terrore mi invase. A tutto schermo si aprirono una serie di mie fotografie, che mi ritraevano mentre venivo scopata dai due operai. Era un servizio completo. Le foto erano nitidissime, si riconoscevano perfettamente i particolari dell’arredamento, degli abiti, e gli atti sessuali erano ripresi alla perfezione. Ero perduta, ne ero certa. Ritornai alla home page, e questa volta un’altra icona lampeggiava: “hai un nuovo messaggio”.”Cara Anna, ti sarai chiesta sicuramente cosa ti è capitato in questi ultimi giorni. Lascia che Mi presenti, io sano il Conte. Ho l’onore di essere il Presidente di una società che ha ramificazioni in tutto il Paese. Quello che accomuna i nostri Soci è una morbosa passione voyeuristica per il sesso, oltre che la ricchezza. Ora, abbiamo scommesso su di te. Tu sei molto nota in città, una stimata dottoressa, una moglie irreprensibile, una mamma d’esempio. Abbiamo voluto vedere se, e fino a che punto, potevi diventare una femmina da letto. Certo abbiamo barato, senza quel cocktail drogato non ce l’avremmo mai fatta, ma tutto il resto è una tua scelta, e continuerà ad esserlo. Domani riceverai un anello con brillante in un pacchetto anonimo. Te lo infilerai al dito anulare della mano sinistra, accanto alla fede nuziale (hai capito benissimo cosa significa). Sotto la pietra dell’anello è installato un potentissimo sensore, che analizzerà continuamente il tuo battito cardiaco. In questo modo sapremo molte cose di te: innanzi tutto se lo stai indossando (e dovrai indossarlo sempre!), quali sono le tue emozioni, se stai provando un orgasmo… Inoltre il sensore è un potentissimo microfono, per cui noi potremo udire anche il più piccolo bisbiglio intorno a te. In questo modo, come avrai intuito, avremo un costante controllo su di te, sulle tue azioni, anche, quasi, sui tuoi pensieri. Telecamere nascoste ti riprenderanno ovunque: in casa, in auto, in ospedale, ne abbiamo anche in quasi tutti i locali pubblici delle città. I Membri della nostra Società potranno seguirti via internet dal sito a cui ora sei collegata, anche in questo momento, mentre leggi questo messaggio, ti stiamo osservando. Pensa, non è eccitante solo l’idea? Una ventina di uomini e donne, molti dei quali tu conosci benissimo, ti stanno osservando, entreranno nella tua intimità, ma tu non hai idea di chi possano essere. Il Consiglio della Società è composto da tre donne e tre uomini, più il sottoscritto; è il Consiglio che prende le decisioni sulla conduzione del gioco; sfortunatamente per te, a due delle tre Donne non sei, per usare un eufemismo, molto simpatica, per cui Loro propendono per prove molto dure; gli Uomini invece, ed il Sottoscritto, sono benevoli nei tuoi confronti, ma si annoiano facilmente, per cui starà a te cercare di tenere viva la Loro attenzione, e la Loro benevolenza. Bene, basta con le divagazioni, entriamo negli aspetti pratici. Tutti i giorni dovrai collegarti con questo sito e leggere le istruzioni che ti saranno impartite; le troverai sempre sotto la voce “nuovo messaggio”. Avrai 24 ore di tempo per eseguire le istruzioni che ti verranno date, altrimenti sai cosa succederà (i DVD, la commercializzazione dei filmati etc.). Per oggi una cosa molto semplice: questa sera NON farai l’amore con tuo marito. Ti ricordo di accettare e di indossare immediatamente l’anello che ti sarà recapitato domani mattina in Ospedale. A Mauro dirai che si tratta di un dono di una paziente a cui sei molto affezionata. Quasi dimenticavo: da giovedì prossimo tu e tuo marito andrete a scuola di ballo, Milena vi aspetta.”Spensi il pc, mi presi il viso fra le mani e cominciai a singhiozzare disperatamente. C’ero dentro fino al collo, e non avevo idea di come uscirne, ne potevo chiedere aiuto all’unica persona che amavo: Mauro, mio marito.

