Monotona e qualunque giornata di fine agosto: solita vita da cani, trascorsa fra le quattro pareti di vetro della “biblioteca”, cercando di far trascorrere il tempo erudendosi sui massicci e tediosi volumi universitari per accelerare i tempi di làurea. Questa era l’attività di Maurizio Trolco, impiegato della multinazionale “Galactica s.r.l.”, una società di manufacturing operante nel settore dell’elettronica globale multimediale d’avanguardia. Maurizio lavorava nel reparto gestito da Silverio Bestetti, svolgendo la mansione di “Supervisor manager ESD and interactivity quality process”: praticaménte doveva controllare che i tecnici del reparto, osservassero le norme ed i comportamenti in àuge nell’azienda, per fare in modo che le schede elettroniche prodotte non fossero danneggiate da involontarie scariche elettrostatiche. La scrivania di Maurizio era ubicata in fondo al reparto, accanto all’uscita poco distante dal corridoio che divideva la sua area da quella della linea prototipi; alla sua destra era collocata la scrivania di Maggiorino Mauroni, fedele compagno di lavoro, mentre alle sue spalle le ex postazioni di Gianluca Freni e Matteo Lovinetti facevano da cornice a quell’angusto locale, un incrocio fra un ufficio ed un magazzino, dove il silenzio regnava sovrano, invadendo, con la sua impalpabile presenza, gli scaffali di metallo sui quali giacevano componenti elettronici nell’attesa di essere montati su chissà quali schede, poiché la produzione del Bestetti stentava a decollare da due anni a questa parte. Per questo motivo il locale nel quale lavorava Maurizio (lavorava è una parola grossa!), fu battezzato “la biblioteca”, tanto la tranquillità faceva sentire la propria presenza. Il signor Trolco, giovane trentaduenne di belle speranze, studiava ingegneria meccanica da quasi tre anni; felicemente coniugato da otto mesi con una ragazza ucraina, conosciuta in un viaggio alle isole Mauritius, oltre a lavorare in “Galactica s.r.l.” era istruttore di guida presso un’autoscuola di Segrate. Svolgeva il ruolo d’insegnante sia di teoria sia di guida, impartendo lezioni ai propri allievi durante le ore pomeridiane e serali. La giornata tipica di Maurizio Trolco non era certamente da invidiare: sveglia alle sei in punto, per essere al lavoro, e sottolineo il termine “al lavoro”, alle otto e un quarto. Più di mezz’ora alle macchinette del caffè, per incominciare alla grande una dura e faticosa giornata d’affari propri, prima di rinchiudersi fra le pareti di vetro della “biblioteca”, dove lo attendeva una mattinata d’intenso studio, mirato a superare l’esame di “Matematica IV”, nel senso che per la quarta volta provava a superare quell’esame, così òstico e all’apparenza invalicàbile. Una vita monotona, così prégna di problemi e grattacapi; il lavoro, l’università, la scuola guida e la famiglia; Maurizio era prossimo ad una crisi di nervi che tuttavia camuffava egregiamente, esibendo a tutti coloro che incontrava un sorriso smagliante e l’ormai abusato interrogativo: “Tutto bene?”. Quell’istesso pomeriggio il signor Trolco, lasciata l’azienda, si recò direttamente in scuola guida senza passare da casa: “Oggi non ho per niente voglia d’insegnare!”, continuava a ripetere a sé stesso ad alta voce, come se quei lamenti proferiti con rabbia potessero esimerlo dal proprio dovere. “Agost, giù ül zü l’è fosc e quandt al piœuvf rinfresca ül bosc!”, cita un antico proverbio brianzolo: l’aria frizzante di un pomeriggio di fine agosto lasciava presagire che il prossimo inverno sarebbe stato rigido, molto rigido, rigidissimo oserei azzardare. Maurizio arrivò a destinazione dopo circa due ore di viaggio, trascorso per lo più in coda sulla tangenziale est del capoluogo lombardo. “Finalmente è arrivato!”, esclamò un’allieva vedendo sopraggiungere il proprio istruttore. “Ciao a tutti!”, salutò Maurizio i ragazzi, scusandosi altresì per il ritardo. “Forza… Oggi a chi tocca per primo?”, domandò loro con aria stanca e rassegnata di colui che è condannato a morte. “Tocca a me, signor Trolco!”, si levò dal coro l’inconfondibile voce di Vanessa, una fresca diciannovenne tutta pepe, molto carina, simpatica ed irrequieta. “Molto bene Vanessa, vado a prendere le chiavi e sarò subito di ritorno!”, replicò Maurizio. Vanessa Spinelli, audace liceale residente a Milano due, era perdutamente invaghita dell’istruttore; ciò nonostante Maurizio non si era mai accorto di nulla: lui, perdutamente innamorato della moglie Svetlana, non aveva mai approfittato della propria posizione d’insegnante per ricattare o molestare le allieve dei suoi corsi. Si può sostenere che il corretto comportamento morale e professionale del signor Trolco, lo distingueva da Giovanni, l’altro istruttore nonché titolare dell’autoscuola, sempre alla ricerca di un’avventura mordi e fuggi con qualche allieva spregiudicata. La signorina Spinelli quel pomeriggio era abbigliata in modo provocante: i suoi biondi e lunghi capelli erano raccolti in due lunghi codini laterali, che le conferivano un’aria innocente; una canottiera color rosso fuoco occultava il prosperoso seno, lasciato volutamente libero sotto al carmìnio indumento. Una minigonna di pelle color madreperla, nascondeva il suo pube e la parte alta delle cosce, poiché la sciagurata non indossava le mutande quando si recava a lezioni di guida; degli stivaletti in similpelle color nero lucido notevolmente acuminati, completavano l’abbigliamento di Vanessa, mentre un “pesante” e volgare trucco deturpava il suo così bel volto, dai lineamenti tipicamente dolci e femminili. Maurizio sortì dall’autoscuola sventolando le chiavi dell’Opel Corsa: “Coraggio Vanessa, sei pronta?”, le chiese. “Io sono sempre pronta, mio caro…”, replicò la ragazza ammiccando l’occhio all’istruttore. Vanessa salì in macchina, mettendo in bella mostra le proprie stupende e statuarie gambe: avviò il motore, ingranò la marcia e partì chissà verso quale mèta. Il buon Maurizio, che era sì un bonaccione ma non uno stupido, intuì le intenzioni della ragazza: “Strano abbigliamento per guidare… Dopo tutto Vanessa è una bella ragazza, carina, simpatica… Mah, meglio non pensare a certe cose!”, cogitò il signor Trolco. Maurizio fece guidare Vanessa per le vie di Segrate, fino a quando la ragazza, adocchiata una stradina sterrata che conduceva in un vecchio podére, non la imboccò di propria iniziativa: “Che cosa fai Vanessa? Non devi andare nei campi!”, la ammonì l’istruttore. L’allieva sorrise, come se lasciasse intendere alla propria “preda” le làide intenzioni dettate dalla sua giovine mente; Vanessa arrestò il motore in prossimità di un muro di cinta, alto più di tre metri, che eclissava completamente l’intera autovettura da sguardi indiscreti. Alla loro sinistra i campi coltivati a frumento si estendevano a perdita d’occhio, contornando di un velo di romanticismo il bucòlico contesto. Faceva male il signor Trolco non pensare a “certe cose”, poiché erano proprio “certe cose” che l’audace Vanessa era intenzionata a compiere; Maurizio stava per proferir parola, quando la ragazza, con un balzo felino, gli infilò la lingua in bocca baciandolo con un’irrefrenàbile passione. Maurizio non sapeva come comportarsi: fu Vanessa a prendere l’iniziativa, afferrando la mano del proprio istruttore per adagiarla delicatamente al di sotto della minigonna. Il signor Trolco allora, quando accarezzò il ròrido sesso della ragazza, non capì più nulla: la sua mente si spalancò, elìdendo ogni preoccupazione ed ogni freno inibitorio dettato dalla comune morale. La lussuria s’impadronì del suo corpo, facendogli aumentare a dismisura il volume del pene: “Ho voglia di te! Da tempo aspettavo questo momento!”, gli confessò Vanessa, mentre le sue mani stavano liberandogli l’attributo. La signorina Spinelli, chinato il capo fra le cosce dell’uomo, si prodigò in una fellatio che avrebbe fatto perdere i sensi persino ad un elefante; quando constatò labialmente la completa erezione, si levò la canottiera, strusciando il membro di Maurizio sui propri seni. Successivamente si divertì a far scorrere il fallo lungo lo sterno e l’addome, per infine adagiarlo fra la peluria del proprio pube. Fu allora che Maurizio cinse ai fianchi la ragazza, per adagiarla supina sul sedile posteriore della vettura: penetrò Vanessa con ìmpeto e libìdine, dimenticando d’essere un uomo felicemente coniugato, facendo scivolare il proprio membro lungo l’intera profondità dell’amata, finché quest’ultima non orgasmò sotto l’incalzare dei colpi infèrti dall’indemoniata verga. Vanessa rantolò dal piacere, quando il proprio sesso rilasciò l’umore dell’amore: Maurizio non perse tempo, estraendo l’attributo per completare l’appagamento carnale della partner con un colossale cunnilingus. Vanessa questa volta gridò ancor più forte, orgasmando una seconda volta, riversando la propria intima essenza fra le labbra di Maurizio. “Baciami amore!”, gli ordinò la ragazza. L’uomo obbedì senza farselo ripetere: Vanessa voleva assaporare il proprio umore, leccandolo e succhiandolo dalla lingua dell’amante. Quando il suo appetito fu saziato, la bionda s’accovacciò al cospetto di Maurizio, il quale si sedette comodamente sul sedile posteriore, afferrando l’allieva per entrambi i codini, in maniera tale che quest’ultima protendesse ancora una volta le labbra in direzione del membro. “Voglio venirti in faccia!”, le confessò Maurizio, ormai valicato il confine della perdizione. Vanessa dapprima leccò il sesso dell’uomo, soffermandosi in particolar modo sui testicoli, successivamente imboccò quest’ultimo con voracità, incominciando a pomparlo con disinvolta e spregiudicata accortézza; le sbavature di rossetto avevano striato il pene di Maurizio di un rosso intenso, tanto da farlo parer sanguinare. Il signor Trolco afferrò Vanessa alla nuca, quando avvertì prossima l’eiaculazione: impugnò saldamente il proprio attributo, estraendolo velocemente dalla bocca dell’amata. Repentini fiòtti di liquido seminale, imbellettarono il volto della ragazza, la quale sembrò ben felice d’assaporare il seme dell’uomo. Il trucco di Vanessa cominciò a colare sotto l’erosione dello sperma, tanto da renderla pressoché irriconoscibile. “Ti è piaciuto?”, gli domandò l’allieva, fra una leccata e l’altra. “Moltissimo! Sei una brava ragazza…”, replicò Maurizio, al settimo cielo. Quando gli amanti si ricomposero era tardo pomeriggio: la giovane Vanessa aveva raggiunto il proprio scopo, perciò era soddisfatta ed appagata; da quel giorno i maiali continuarono a frequentarsi, fino a quando Svetlana, la moglie di Maurizio, non li colse in flagrante copulare selvaggiamente nel parcheggio di un centro commerciale. La signora Trolco chiese ed ottenne il divorzio dal marito, il quale licenziatosi dall’impiego in corso con la “Galactica s.r.l.”, si laureò con lode in ingegneria meccanica, dedicandosi successivamente a tempo pieno all’attività d’istruttore di scuola guida, collezionando un numero vertiginoso d’avventure occasionali con allieve desiderose di unire l’utile al dilettévole.
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