Il vento soffiava lento e fresco dalla finestra aperta sulla veranda. Le tende si muovevano sinuosamente sotto lo sguardo fisso di Claudio. Era assorto nei suoi pensieri, il computer lampeggiava vicino a lui ma sembrava a chilometri di distanza, il fumo della sigaretta si spandeva lentamente nella stanza, dolcemente mosso dal soffio del vento. Pensava alla fine del racconto, aveva già tentato di trovare un buon finale per quella storia, una storia vecchia di mesi. Il file era stato creato molto tempo prima, quando qualcosa si era mosso nel suo cervello ed in quel momento, Claudio fu subito convinto che quella non era una storiellina da quattro soldi come le solite, aveva qualcosa in più, qualcosa che non aveva mai scritto prima. Cominciò a scriverla così, di botto e poi si era impantanò in un finale difficile, un gruppo di personaggi che non riusciva più a gestire, una storia che si era allungata per divenire infinita. L’aveva abbandonata, dimenticata nella cartella Documenti insieme a conti delle spese e ricevute dell’affitto. Non ci aveva pensato più per tanto tempo, ma quella sera, subito dopo il bacio della buona notte di Sabrina, era corso al computer, l’aveva acceso e senza rendersene conto aveva riaperto quel file. L’ispirazione gli era tornata come d’incanto, come quella sera di mesi prima. Dopo aver scritto solo qualche riga però, si era ritrovato di nuovo nel fango. I personaggi si erano bloccati ancora una volta e non sembrava che rimanesse nessun barlume di idea. Ora i suoi occhi vagavano nel giardino, attraverso le tende ondulanti, perso in quella maledetta storia che si era fermata forse per sempre. Si alzò per sgranchirsi le gambe, lasciò il computer acceso e si diresse verso il frigo. Trovò la bottiglia di vodka ancora piena, nascosta tra i surgelati. Prese un bicchiere dal lavello e si trasferì in veranda. Era nel punto più calmo del mondo, pensò sistemandosi sul grande dondolo. Le cicale frinivano e la tenue luce dalla camera illuminava il prato davanti a lui. Una brezza leggera ma fredda gli solleticò il viso e lui si passò una mano sugli occhi, come se fosse appena tornato da una grande fatica. Ondeggiava sul dondolo spingendosi piano con un piede, il bicchiere colmo tra le mani e la gola arsa che chiedeva un po’ di pace. Buttò giù una grande sorsata di vodka e dopo aver sentito il bruciore scendergli fino alle budella chiuse gli occhi e sembrò rilassarsi. Era in quella posizione da due minuti quando sentì il passo leggero della sua ragazza scendere le scale. Sabrina indossava una veste bianca leggera, l’unico indumento che sopportava a letto. Le forme abbondanti ombreggiavano sotto alla veste intrisa di luce. La trasparenza e la fragranza del suo profumo avvolsero Claudio in un istante. Aprì le braccia e accolse la ragazza su di lui. I capelli neri gli solleticarono la nuca, mentre la bocca rossa gli si premeva sulla guancia. – Cosa c’è amore? – domandò lei con la sua voce calda. – Nulla, non riesco a dormire. – rispose baciandola sulla bocca. – Ho visto il computer acceso. Stai lavorando troppo, Claudio. Te lo avevo detto, ti stai stancando. – Claudio le diede un altro bacio sulla bocca; amava quelle labbra così grandi e carnose, assaporava in ogni bacio tutta la passione di quella ragazza. Sabrina era sempre stata stupenda, ma da quando si era messa con lui aveva acquisito una forma più alta di fascino, si stava trasformando lentamente in una donna, lasciando le sue ali da ragazzina incosciente accanto a lui. Erano insieme da cinque mesi. Si erano incontrati in un locale dove Claudio era andato a fare un reading di poesie. Lei l’aveva fermato all’uscita con la scusa di una domanda pertinente alla serata, ma dopo una mezzora si erano ritrovati uno di fronte all’altra ad un tavolino di un ristorante del centro. Si intesero subito e così, senza accorgersene, Claudio cadde tra le braccia dell’unico angelo che il cielo gli aveva mandato. Da quando lei si era trasferita lì aveva perfino ricominciato a scrivere qualcosa di buono, l’editore si era complimentato con lui dopo l’ultimo lavoro e gli aveva rinnovato quel contra! tto che sembrava sempre più impossibile da mantenere. Il lavoro al giornale riempiva gli altri buchi di tempo e di soldi lasciandogli una certa tranquillità, nella quale si era abbandonato con Sabrina. – No, amore, non è il lavoro. Stavo cercando di finire una storia vecchia, ora finisco qui e ti raggiungo a letto. – disse trangugiando l’ultimo sorso di vodka e appoggiando la bottiglia sul tavolino. – Non ti ho detto che ho sonno – gli bisbigliò lei all’orecchio. – Ti aspettavo perché mi sentivo sola. – Claudio la strinse in un abbraccio più caldo. La lingua le sfiorò l’attaccatura dei capelli sciogliendo un brivido che le percorse la schiena. Le labbra della ragazza si posarono ancora sul viso di Claudio che l’incrociò con la sua lingua baciandola appassionatamente. Le mani di Sabrina lo accarezzarono dal colla ai pantaloni, dove si fermarono svelte per slacciare i bottoni. Le dita agili si introdussero velocemente nell’apertura, estraendo il pene già duro. Continuava a baciarlo mentre con le mani massaggiava l’asta con una sensibile calma, così da portarlo all’eccitazione lentamente, quasi facendolo aspettare invano. Claudio abbassò la mira delle carezze e scese fino all’orlo della sottoveste che prese e alzò in un attimo, lasciando il bel corpo nudo davanti ai suoi occhi. Sabrina sembrò divertita da quella mossa e si chinò con sorriso sulle labbra fino a baciare la punta di Claudio. Il membro si agitò nella gola calda della ragazza, fino a che lei giudicò sufficiente l’eccitazione. Lasciò l’arnese lucido di saliva e salì con la lingua sul petto abbronzato del suo amante. Le mani forti le allargarono le gambe, facendola sedere esattamente sull’inguine, dove il pene puntava per essere accolto dentro di lei. Con i piedi Sabrina avvolse i fianchi di Claudio che con il piede spingeva il dondolo con più forza, per accompagnare le loro mosse ad un ritmo ancora più stuzzicante. La ragazza si alzò per un istante, ma solo per lasciare penetrare Claudio nel suo grembo, dopodiché si abbandonò alle carezze e sussultò di piacere. Il pene si muoveva al ritmo del dondolo, lasciandoli completamente immobili sui soffici cuscini. Ad ogni ondulazione, Sabrina percepiva il pene entrare di qualche millimetro in più, ed ogni volta inarcava di più la schiena offrendo i seni bianchi alla bocca dell’amante. Dalle labbra rosse uscivano mugolii di piacere, tanto che Claudio si dovette trattenere per non venire subito. Il respiro di entrambi era un crescendo di ansimi e spasimi. Le pelli a contatto sudavano e le piccole gocce grondavano tra le gambe di Sabrina che sembrava sempre più in paradiso. I movimenti ebbero un sussulto e Claudio venne dentro al ventre di Sabrina, lasciandola con un urlo strozzato dall’orgasmo. Erano venuti contemporaneamente, la loro affinità sessuale consisteva anche in questo oltre che ad una buona dose di fantasia. Quando Sabrina si alzò porse un fazzoletto a Claudio che si ripulì in un istante, riallacciandosi i calzoni. Sabrina, in piedi accanto a lui, lo guardava con una dolcezza infinita negli occhi. – Claudio Dessì, tu prima o poi mi manderai ai pazzi! – gli sospirò chinandosi per baciarlo sulla fronte. Claudio ricevette il bacio senza ricambiare, guardando le forme nella trasparenza della veste. Era splendida, soprattutto dopo aver fatto l’amore, pensò sorridendo del suo angelo. – Non mi fare aspettare in eterno – disse lei mentre rientrava in casa e imboccava le scale. – Non voglio dormire da sola anche questa sera; e poi molla quella bottiglia, lo sai che non puoi più bere. – Ma la sua voce era già scomparsa al piano di sopra e gli occhi di Claudio vagavano ancora persi nel buio della sera. Guardò distrattamente l’ora: le undici e quarantacinque. Dopotutto non era ancora tardi, avrebbe potuto bere ancora un bicchiere e poi magari cercare di rimettersi al computer. Versò la vodka nel bicchiere e sospirò quasi felice, ricominciando a cullarsi sul dondolo. Quando fu sul punto di posare definitivamente il bicchiere per raggiungere Sabrina udì uno strano rumore provenire dal fondo del giardino. Il buio non gli permetteva di vedere attraverso i folti alberi che fiancheggiavano il vialetto, ma poté giurare di aver sentito un passo vicino al cancello d’ingresso. Stette un attimo in silenzio e subito sentì un secondo rumore. Questo fu più vicino. Era qualcosa che moveva la ghiaia del vialetto, quasi sicuramente un passo. L’ombra avvolgeva tutto il giardino, la timida luce che proveniva da dentro casa era appena sufficiente a delineare le forme più vicine, ma subito dopo il primo pino era buio pesto. Claudio saltò al terzo rumore. Ora sedeva teso nell’attesa di poter scorgere la sorgente di quel suono. Il terzo era stato sicuramente un passo, molto vicino. Poteva trovarsi a dieci metri da lui, ma i suoi occhi non potevano scorgerlo. Non muoveva un muscolo nell’attesa: Era combattuto dall’idea di correre dentro casa e rinchiudersi a chiave oppure prendere la torcia dalla cucina e sbirciare nell’oscurità. Ancora confuso dal timore e dal coraggio sentì esplodere il quarto passo verso di lui. Saltò nuovamente sul dondolo. I nervi andavano a farsi benedire un secondo dietro all’altro e ancora nessun muscolo si muoveva. Il respiro si fece affannoso e, scrutando sempre meglio verso il buio dei suoi alberi, poté scorgere qualcosa che si muoveva appena. Era una figura di persona, era ferma al limite della luce ma lui poteva percepire ogni piccolo movimento di quell’ombra. Entrambi attendevano qualcosa, Claudio ancora immobile sul dondolo e l’inquietante figura al di là del buio. Sentì le gocce fredde di sudore scendergli sulla fronte, stava per urlare, i nervi avrebbero retto ancora per poco e poi sentiva che sarebbe esploso, scappando in casa oppure gettandosi sull’ombra che lo fissava immobile. L’attesa durò un secondo interminabile, ma proprio un istante prima che la bocca di Claudio si spalancasse per urlare, la figura fece un altro passo in avanti rompendo le tenebre e mostrandosi alla tenue luce. Era una donna. Avvolta in un vestito nero sembrava di una bellezza surreale, indubbiamente la donna più bella che Claudio avesse mai visto. I capelli neri coprivano metà del volto ed il corpo immobile ipnotizzò gli occhi dell’uomo per qualche istante. – Non saluta mai, lei? – fece la donna ancheggiando verso Claudio e rompendo il silenzio con la sua voce che ammaliava più del suo corpo. – Chi… Chi… Chi sei? – domandò lui mentre si ritraeva vedendola avvicinarsi. – Nessuno mi riconosce subito. Siete troppo abituati alle vostre stupide credenze per aprire gli occhi realmente. – Sibilò la donna che oramai era a due metri dal dondolo su cui stava rannicchiato Claudio. – Cosa? – chiese la voce tremante. – Non mi avete mai dipinta così, ma sono io. – disse ancora la donna guardando Claudio dall’alto verso il basso. – Non capisco – biascicò lui. Si avvicinò ancora. Ora i suoi tacchi battevano il cemento della veranda mentre camminava e ad ogni passo Claudio sentiva il cuore salirgli in gola. Il vestito nero rendeva la giusta gloria ai fianchi possenti e al seno prosperoso, una donna tutta da mangiare, avrebbe pensato in un’altra circostanza ma ora sedeva rigido nell’angolo lontano del cuscino. – Non puoi capire perché hai troppa paura di me – sospirò sedendo accanto a lui. – Sono quello che di solito dipingete come un ammasso di ossa coperto da un mantello e con una falce in mano – continuò – La Morte. – Claudio sentì il sangue tramutarsi in ghiaccio. Era sempre più arroccato nel suo angolino mentre quella donna gli sorrideva con aria quasi sincera. – Non devi avere paura – spiegò lei – Non hai paura di nascere, non hai paura di svegliarti, non hai paura di addormentarti o avere fame, quindi non devi aver paura nemmeno di me. La morte è la cosa più naturale del mondo. In fondo ci riescono tutti. – Gli occhi di Claudio squadravano quella bellezza mentre cercava di spiegarsi ma il suo cervello era ancora gelato dalla paura. Non poteva credere a quello che stava sentendo, non poteva nemmeno credere a quello che stava vedendo, ma una strana sensazione gli fece percepire ogni parola come la verità più pura. La donna vide la bottiglia di vodka appoggiata sul tavolo e si alzò per raggiungerla. Per un istante Claudio vide le gambe fasciate dal nylon aprirsi e far scaturire dalle cosce un’eccitazione che mai aveva provato prima. Le dita smaltate di nero avvolsero la bottiglia e, chinandosi con il petto rivolto al povero Claudio, si versò un bicchiere abbondante di vodka. – Ti tratti bene – considerò la Morte guardando la marca della bottiglia. – Sei un vero intenditore. – Claudio non trovò meglio da fare che annuire col capo, lasciando all’ospite un sorriso benevolo tra le labbra che si stavano bagnando avidamente. La donna tornò a sedersi ma portò la bottiglia con sé. La porse a Claudio che tracannò un sorso, tanto per cercare di rilassarsi un poco. – Claudio Dessì, non è vero? – domandò la donna con un’aria professionale. – Sì – rispose lui timidamente. – Beh, allora non c’è dubbio, non ho fatto il viaggio invano. – sospirò contenta divaricando le gambe verso di lui. La vista dei collant senza mutandine mescolò i sensi all’uomo che ancora si sentiva terrorizzato. Lo sguardo nelle intimità dovette protrarsi troppo a lungo, visto che la donna subito dopo richiuse le gambe e ondeggiò il dito accennando un no. – Non sono venuta qui per farti felice. Sono venuta a prenderti. – così dicendo vuotò il bicchiere con un gesto non troppo femminile. – Io? E perché proprio io? – chiese Claudio che stava ancora fissando le belle gambe scure. – Perché? – fece lei – Perché sei perfetto per me. Non potrei trovare di meglio ora. – spiegò. Claudio aveva iniziato a ciondolare la testa come se avesse finalmente compreso che la sua ora era giunta, ma quella strana sottomissione insospettì la donna tanto da farle domandare: – Non mi credi oppure sei convinto di essere eterno? – – Non riesco a capire come posso essere io il prossimo ad andarmene. – disse Claudio tornando a guardare le gambe. – Se ti fai un esame di coscienza ti domanderai com’è che sono così in ritardo, invece. Ma a quanto ne so tu di esami di coscienza non te ne sei mai fatti, non è vero? – Non sapeva cosa rispondere. Effettivamente non aveva certo condotto una vita esemplare, ma da qui a giudicarsi un’anima dannata ne correva parecchio. – Sei sempre stato un tipo irrequieto, hai sempre cercato di dominare le persone accanto a te. Sei goloso di ogni piacere, sei vanitoso, irascibile, scurrile e vizioso. Penso che basti per portarti via con me. – – Non è vero – sbraitò lui quasi con rabbia, tornando però subito ad accucciarsi al suo posto. – Ah, dimenticavo. Sei anche bugiardo. – sentenziò la Morte che aveva di nuovo divaricato le gambe in modo osceno. La peluria leggera del pube era in vista e Claudio non riusciva a staccare lo sguardo. – Senza contare i pensieri impuri. Sei una vera fabbrica di sconcezza, caro Claudio e non c’è di meglio che un po’ di fiamma viva per bruciare la tua passione. – continuò la Morte. – Ho solo tratto piacere da quello che riuscivo a trovare. – cercò di giustificarsi invano, la donna aveva già ripreso a parlare. – Hai una discreta cultura. Leggi molto, oltre che scrivere quelle sconcezze. Hai la libreria piena di classici, D’Annunzio, Dostoevskij, Nietzsche, Goethe, ma nello scaffale in alto a destra tieni De Sade, Bukowski e l’ultimo libro di quel depravato di Andrea Sperelli. Tutte queste perversioni e sconcezze sono il mio pane. Tu sei un vizioso e a casa mia c’è posto per i viziosi. – Claudio non poteva non considerare che quella donna aveva molte informazioni su di lui. Lo conosceva bene, sembrava. Alla luce di quanto quella donna gli stava esponendo si rese conto di non aver mai avuto una coscienza troppo linda. La donna si era versata un altro bicchiere di vodka che le finì subito nella gola. La mano sottile versò un’altra volta e poi porse la bottiglia a Claudio che ne bevve ancora. La morte si tolse le scarpe ed i piedi andarono a posarsi sulle gambe ancora tremanti di Claudio. – Massaggiami i piedi – ordinò lei movendoli sinuosamente vicino all’inguine del suo cliente. Le mani di Claudio avvolsero e iniziarono a massaggiare quelle splendide estremità, tanto che la donna si accoccolò sull’altro bracciolo del dondolo e reclinò la testa abbandonandosi con gli occhi chiusi. – Bene, sei bravo. Sapevo che avevi una dote particolare a letto, ma non nel massaggio – sospirò lei ancora completamente rilassata. Distese meglio le gambe sul grembo di Claudio e disse: – Basta, altrimenti potrei non rispondere più di me. – e buttò giù un altro mezzo bicchiere di vodka. La voce ora era strascicata e confusa, evidentemente la vodka stava producendo i suoi effetti e più la Morte si lasciava confondere dai fumi dell’alcol più Claudio si sentiva sicuro di sé. Le gambe della donna si muovevano sui calzoni di Claudio, lasciandogli assaporare un principio di erezione fermato solamente da un piccolo rimasuglio di paura. – Non hai una canzone francese? – domandò la donna – A volte si sente proprio il bisogno di una bella canzone francese. – – No – rispose lui, sorridendo alla smorfia della Morte che sembrava sempre più ubriaca. D’un tratto, lasciando Claudio basito, ritrasse le gambe e tornò a sedersi in modo molto più pudico. Il pene rimase in quella posizione d’attesa che mantiene solamente in occasioni del tutto eccezionali. – Scusami, mi gira un po’ la testa – confidarono le labbra rosse e carnose – L’alcol mi fa strani effetti. – Il capo di Claudio si mosse in su e in giù come a confermare la sua tesi, mentre le mani si avvicinavano lentamente al collo della donna che teneva la testa appoggiata allo schienale. Gli occhi splendidamente neri erano ancora chiusi; rilassata come durante il massaggio riordinava le sue idee e tentava di allontanare la tentazione di un altro goccio. Le sue difese cedettero quando Claudio le porse il bicchiere ancora colmo di vodka. Il cliente aveva una strana luce negli occhi ora, sembrava che sorridesse dentro di sé per aver azzeccato un piano. – Grazie, anche se non dovrei – sibilò la donna prima di ingollare un gran sorso – E poi eri tu quello con il vizio del bere, non io. – – Le brutte compagnie… – si lasciò scappare Claudio tra le labbra. La donna aprì un sorriso che poco aveva di allegro, sembrava piuttosto una promessa erotica che nessuno avrebbe potuto rifiutare. La bocca si schiuse in un istante lasciando vedere i bei denti bianchi e una piccola parte di lingua calda. Si inumidì le labbra lasciando Claudio fremere dalla voglia, e si sistemò la gonna coprendosi le gambe cercando di darsi un contegno. Si schiarì la voce e assunse un’aria del tutto seria. – E poi, Claudio, quello che scrivi… – continuò con la lista dei peccati – Sono storie veramente sconce, come puoi pretendere che qualcuno le legga? – – Veramente – rispose lui – Non sono più sconce di quelle che ognuno di noi sogna la notte. Non c’è limite alla fantasia, mi pare. – – Certo – fece la donna subito – Ma certe cose… – Claudio l’ammirava dal suo angolino. Era ogni secondo più bella, sembrava che acquistasse fascino ad ogni parola. Sentì che l’avrebbe posseduta. La mano le accarezzò la nuca, scendendo e salendo vicino all’orecchio. Claudio sentì la pelle della donna vibrare un istante e subito la testa ritornò a reclinarsi sullo schienale. – Ti prego – pregò la Morte – Non farmi più bere. Ho già molto caldo e… – Non riuscì a terminare la frase. Il viso di Claudio si era avvicinato al suo ed ora le due bocche si sfioravano impercettibilmente. Il respiro alcolico della donna inebriava la mente dell’uomo, mentre le sue carezze si facevano più audaci. Le dita andarono a sollevare lentamente la gonna mentre con il viso continuava a scrutare quella bellezza maestosa che appartiene solo ai santi o ai demoni. – No, ti ho detto di smettere – sospirò lei quando una mano si insinuò tra le sue cosce. – Ti prego – Claudio non rispose, sapeva di dover continuare il suo gioco. Sapeva che la donna non portava le mutandine ed il reggiseno e dopo un istante un dito si era già infilato nella fessura umida. – No – gemette lei. – Tieni, vuoi un altro sorso – disse la voce calda di Claudio mentre gli porgeva la bottiglia oramai quasi vuota. La Morte non fece in tempo a rispondere, la sua bocca si era attaccata immediatamente al collo della bottiglia, lasciando lo sguardo dell’uomo stranito da quella mossa quasi volgare. – Ti piace, non è vero? – chiese lui spingendo in profondità il suo dito medio. – Sì – sospirò in un soffio allargando oscenamente le gambe. Il vestito si sollevò del tutto lasciando che le forme delle anche apparissero sotto la luce. Con un movimento studiato Claudio la prese e la fece sedere su di sé per poi slacciarsi i pantaloni. La mano della Morte stringeva ancora la bottiglia ed ogni tanto un sorso scendeva giù nella gola. Anche Claudio bevve ma mantenne il controllo di sé, tanto da sentire di avere quella donna in pugno. Allora con un movimento deciso infilò il suo arnese tra le gambe aperte e sentì la Morte urlare di piacere. – Sì! – esclamò di botto. – Così! Muoviti ora! – ordinò oramai completamente preda dell’alcol. Le anche di Claudio si mossero dentro di lei e il piacere sgorgò quasi subito, lasciando colare i succhi femminili tra le gambe della Signora Morte. – Fammi godere! – supplicò con gli occhi chiusi e la voce sempre più roca. – Sono secoli che non godo così! – Sono qui per questo – disse Claudio guardandola trangugiare un’altra sorsata di vodka. La sentiva barcollare sotto ai suoi colpi, dovette tenerle il busto per non farla cadere dal dondolo mentre con le gambe si aiutava a mantenere il ritmo. Passarono alcuni minuti, durante i quali la Morte non sembrava mai scemare il godimento e la mente lucida di Claudio cercava in ogni modo di farla venire. D’un tratto, però, la voce della donna irruppe tra i rantoli e urlò a squarciagola l’orgasmo. – Sì! Sì! Sto venendo… Ecco, sto venendo! – urlò fuori di sé. Poi si abbandonò stremata sul petto di Claudio che la accolse in un abbraccio ed un sorriso soddisfatto. Quando riaprì gli occhi il sole era già sbucato dalle montagne a est e l’aria frizzante della mattina aveva spazzato via ogni sorta di odore, lasciando nell’aria quel profumo dolciastro che si può assaporare solamente all’alba. Si alzò lentamente, la testa le doleva da morire, un martello le stava sfondando le tempie e un conato di vomito le allargò la gola. Stette qualche secondo immobile per riuscire a ricordare dove fosse. Cercò Claudio nel giardino senza trovarlo, sentì il tamburellare veloce delle dita su una tastiera. Entrò in casa ancora barcollando e trovò Claudio intento a scrivere al computer. – Ma cosa… – riuscì a dire prima che un altro conato di vomito le troncasse le parole. – Ciao, vedo che ti sei alzata. Ho una buona notizia: sono riuscito a finire quella maledetta storia, finalmente! – annunciò fiero di sé. La Morte lo squadrò con ira. Era stata giocata come una novellina, come una sgualdrina. – Basta, ora! – Urlò di rabbia – Forza, seguimi! – Claudio chiuse il file, la cartella e girò la sedia verso di lei, trovandosi nuovamente di fronte a quella donna bellissima e un po’ malconcia. – Non credo – disse lui accendendosi una sigaretta.- Cosa? – domandò su tutte le furie – Coraggio non fare storie, alzati! – – Non credo – ripeté sputando il fumo verso il soffitto. – Guarda qui – Un foglio di carta volò dalle mani di Claudio a quelle tremanti della donna. Gli occhi ancora sporchi di trucco sciolto scorsero una riga dopo l’altra. – Cos’è? – chiese lei senza capire. – Sono le regole – spiegò – Non mi avrai preso per un cretino, spero. – La donna scuoteva la testa senza riuscire a spiccicare una parola, gli occhi si muovevano dal foglio al viso Claudio che la fissava sorridendo. – Maledetto! – esclamò. – Se tra i due c’è qualcuno maledetto non sono certo io. – poi continuò. – Come tu ben saprai, quando la Morte arriva si ha un solo modo per scacciarla: fare l’amore con lei. Leggi. – In fondo al foglio c’era una scritta vecchia di chissà quanti anni ma che lei conosceva fin troppo bene. Diceva: Se la morte riuscirai a scopare Senza di te all’alba se ne dovrà andare. Il sorriso di Claudio divenne un riso sguaiato appena la Morte alzò gli occhi dal foglio e lo guardò fuori di sé. Tremava dalla rabbia e se avesse potuto l’avrebbe polverizzato all’istante, ma le regole erano poche e fin troppo chiare, soprattutto per lei che era del mestiere. – Maledetto, me la pagherai! – urlò uscendo di corsa dalla casa. La risata di Claudio l’accompagnò fino a quando si perse tra gli alberi del giardino e subito dopo ritornò il sorriso. Sentì dei passi scendere le scale. Guardò l’ora, erano oramai le otto e Sabrina si era svegliata. Entrò in cucina con addosso ancora la sua veste bianca. Si strofinò gli occhi assonnati e si avvicinò a Claudio sedendogli in braccio. – Con chi stavi parlando, amore? – chiese dandogli il bacio del buongiorno. – Con una mia vecchia amica – rispose ricambiando il bacio. Subito dopo scoppiò in una risata che risuonò per tutta la casa.
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