(Masturbazioni mentali e … fisiche) Nei giorni successivi non ebbi più occasioni di rivederla. Mia moglie andò un paio di volte al mare a trovare Lorena, ma io, o per impegni di lavoro o per altro, non andai mai con lei, pregandola di scusarmi con Alessia per la promessa non mantenuta di tornare al mare per le lezioni di nuoto.In realtà cercavo di evitare un nuovo incontro, perché sapevo che in sua presenza i miei morigerati propositi non avrebbero retto. Anche in sua assenza, d’altronde, facevo fatica a non eccitarmi pensando a quel giorno. La visione del suo corpo, l’intensa complicità degli sguardi, il ricordo delle sue ingenue e … stuzzicanti malizie e, soprattutto, quello delle due eccezionali erezioni, tornavano spesso ad estasiarmi ed a tormentarmi. Persino quando facevo l’amore con mia moglie mi capitava di stimolarmi pensando di essere con Alessia!Svanite le opportunità dell’estate, per uno di quegli strani scherzi del destino, quell’anno, non riuscimmo più ad avere altre occasioni di vederci da soli.Può sembrare strano, o forse no, ma mentivo a me stesso. Molto seriamente mi dicevo che meno la vedevo e meglio era, mentre in realtà, morivo dalla voglia di avere un’occasione per stare solo con lei. Non lo avrei mai ammesso, però, e non potevo quindi cercarmela, ma speravo ardentemente che il “fato” me l’avrebbe concessa. Solo così avrei potuto scaricare la mia coscienza: io non volevo, avevo fatto di tutto per evitare la tentazione, ma … contro il destino che potevo fare?Il periodo natalizio, nel quale segretamente speravo, capitò immediatamente dopo un lutto familiare di Giovanni, purtroppo il padre, e non ebbe voglia di organizzare feste particolari con i parenti.Con Renata andammo un paio di volte a casa loro, e con Alessia ci vedemmo tra le altre persone e la conversazione non poteva che essere generica, solo gli sguardi ci confermarono che l’estate precedente non era passata invano!Fu un brutto periodo per me, altalenato tra impudiche bramosie e … sensi di colpa. Fu un brutto periodo anche per Alessia.Anche se non fisicamente, le ero molto vicino con il pensiero ed ero un po’ preoccupato per lei perché, da qualche mese, i rapporti con suo padre erano decisamente precipitati. Giovanni non era stato particolarmente severo, finché Alessia era stata bambina, ma si dimostrò incapace di affrontare, con un po’ di comune buon senso, i problemi dell’adolescente. Non capiva che dai suoi tempi le cose erano cambiate radicalmente, che i valori erano mutati, che certe imposizioni i ragazzi, giustamente ritenevo io, anche se i “miei tempi”, in realtà, erano ancora più passati dei suoi, non le accettavano più di buon grado, perché è legittimo e doveroso, per un genitore, consigliarli, ma le scelte di fondo della loro vita futura debbono farle loro, soprattutto alla soglia della maggiore età.D’altra parte anche Alessia aveva un caratterino poco duttile ed anziché accettare il padre così com’era, cercando eventualmente di aggirare l’ostacolo, anche, magari, con la complicità della madre, come succede normalmente in molte famiglie, lei no, voleva avere la ragione dalla sua, contribuendo così allo scontro muro contro muro.Questi problemi, oltre che dalla ragazza, della quale ben conoscevo il punto di vista, che, nella sostanza, anche se non proprio nella forma, condividevo, mi erano portati a conoscenza anche da mia moglie, che mi propinava, avallandolo totalmente, quello dei genitori di Alessia, di sua nipote Lorena soprattutto, che con la zia, appunto, cercava nel contempo sfogo e consiglio, presa nella lotta tra padre e figlia, e che, anche se in cuor suo avvertiva, forse, che il marito stava sbagliando, non era in grado di contrastarlo efficacemente, o, quantomeno, non al punto di turbare i loro rapporti coniugali.Provai una volta io, ma, purtroppo, dovetti subito desistere, perché mi resi conto che, difendendola, rischiavo di peggiorarne la situazione.I contrasti erano sorti qualche anno prima, più o meno quando Alessia aveva compiuto quattordici anni, ed i problemi non erano di poco conto. Lo scontro iniziale, che avrebbe esacerbato i loro animi per il futuro, fu per un motivo apparentemente banale e comune a molte famiglie della mia generazione: l’acquisto dello scooter! La qual cosa le fu prima “quasi” promessa, poi, quando ebbe compiuto l’età legale per guidarlo, più volte procrastinata, sperando che la ragazza lasciasse perdere e quindi, di fronte alle sue reiterate insistenze, tassativamente negata. Inutilmente cercai, in varie occasioni, di far capire a Giovanni ed a Renata, che oggi non è un capriccio od un lusso, che tutti i ragazzi lo usano abitualmente, e che, in fin dei conti, era ben più pericoloso adoperare quello degli amici, magari in due e lei senza casco. Non vollero sentir ragioni!L’altro motivo di conflitto violento e decisivo per l’istaurarsi di rapporti conflittuali tra padre e figlia, fu la scelta della scuola.Per la sua decisione d’imporre, senza alcun riguardo, ad Alessia, il suo volere, lo detestai fortemente, pur evitando di dirglielo con franchezza, non per riguardo a lui, ma per rispetto al desiderio di mia moglie di mantenere cordiali rapporti con i suoi nipoti ed anche … per timore che, guastandomi completamente con il padre, avrei avuto molte più difficoltà a frequentarne la figlia!Alessia è stata sempre brava, un vero talento naturale, per il disegno, specialmente per i fumetti. La sua passione sono quelli giapponesi e già a dieci anni era abilissima a riprodurli a mano libera e poi a svilupparli di sua fantasia. Lei quindi, come tutti ci aspettavamo, voleva iscriversi all’Istituto d’Arte, o a qualche scuola simile, per perfezionarsi in questa sua autentica passione e sfruttarla anche professionalmente nel futuro.Il padre non sentì ragioni e, deridendola per quelli che lui definiva stupidi scarabocchi, impose la sua scelta, coerente con il futuro che aveva concepito per la figlia: medico, come lui, quindi Liceo Classico!Queste le cause più eclatanti, ma a queste vanno sommati tutta una serie di sciocchi divieti quotidiani, d’irrazionali privazioni della libertà, di controlli esasperati sulla persona, dal trucco all’abbigliamento, e sulla compagnia, specialmente maschile, che lei frequentava, arrivando a proibirgli di vedersi con coloro che, secondo lui, non erano “per bene”, in base esclusivamente ai suoi principi morali, infarciti di clericalismo cattolico. L’ultimo dispiacere, in ordine di tempo, Alessia lo provò a causa del cellulare che le avevo regalato.Di tanto in tanto l’utilizzavamo per tenerci in contatto, lei mi chiamava quando aveva voglia di sfogarsi per le angherie subite e trovarne conforto, ed io per avere sue notizie più o meno sulle stesse cose. In primavera cercai inutilmente di farlo, la solita voce registrata mi rispondeva inesorabilmente che l’utente non era raggiungibile. Qualche giorno dopo mi telefonò Alessia, chiamando da casa, in un momento in cui era sola.“Ciao, zio, sono … Alessia!”“Ciao tesoro, come va?”“Uhm! Come il solito, anzi peggio!”“Che è successo di nuovo? Altri problemi con tuo padre?”“E con chi? Veramente con lui esiste solo un problema: lui! Vorrei … vorrei essere orfana!”“Alessia! Non dire stupidaggini, dai! … Dimmi che è successo, invece …”“ma sai c’è la … scuola innanzitutto …”“ma che io sappia non vai male a scuola …”“no, no, penso di no, ma non brillo, come gli hanno detto i professori, sai quella frase idiota tipo è intelligente, ma svogliata, potrebbe fare molto di più!”“Sì, certo, la conosco molto bene, me la sono sentita ripetere per tanti anni anch’io! I tempi cambiano, ma certa gente è sempre la solita, ma … tutto qui?”“No, c’è di peggio, guarda … é odioso! In ogni modo … era già arrabbiato per il mio poco impegno scolastico, quando uno stupido mio compagno di classe, che dice di essere innamorato di me, ma che io non sopporto proprio, qualche giorno fa ha avuto la bell’idea di mandarmi uno SMS sul telefonino, con una dichiarazione d’amore, proprio all’ora di pranzo! Quando ha squillato, purtroppo, lo ha preso per primo mio padre e ha letto sto messaggio idiota. E’ andato su tutte le furie e lo ha … sbattuto in terra e lo ha … rotto. Era il tuo … regalo! Mi ha … mi ha… violentata due volte, nella mia privacy e … nell’affetto per te!” Finì la frase piangendo.Cercai di consolarla come potevo, ma non fu facile, perché faticai a tenere a freno la rabbia verso il padre che quel racconto aveva scatenato in me. Alla fine, sforzandomi di non dar peso alla faccenda, con qualche fesseria riuscii a farle tornare un po’ di buon umore e riattaccammo.La scuola finì ed Alessia fu promossa, anche se con la sola sufficienza, d’altronde non era semplice per lei frequentare quella scuola che detestava, sia come forma d’insegnamento, sia perché frutto dell’umiliante imposizione paterna.Non brillava certo per il profitto, anzi il primo anno, il più traumatico, era stata perfino bocciata! Dopo la bocciatura, ulteriormente nefasta per i suoi già difficili rapporti in famiglia, per non vedersi privare anche della seppur minima libertà che le era concessa, capì che avrebbe dovuto impegnarsi per lo meno l’indispensabile per essere promossa e contenere così le ire paterne.Anche stavolta, infatti, Giovanni prendendo atto del minimalista impegno della figlia, minacciò severe punizioni, ma forse solo per affermare il suo scontento, perché in pratica non fece nulla di concreto.Così ai primi di luglio, Lorena, con i due figli, tornò, come ogni anno, al mare.L’andai a trovare con Renata in un giorno feriale per non incontrarmi con Giovanni, con il quale, come già detto, fingevo un normale rapporto per rispetto a mia moglie ed a mia nipote, ma che, nel mio intimo, oramai, avevo preso a detestare fortemente.L’ultima volta che avevo visto Alessia era stato poco dopo Natale. Già all’epoca mi aveva colpito per la bellezza raggiunta, ma adesso, e per di più in un costume da bagno non proprio “osé” ma neppure “castigato”, era proprio uno schianto. Fisicamente non era cambiata molto, forse qualche centimetro più alta, ed il corpo un po’ più rotondo e sinuoso nello stesso tempo, con i seni decisamente ben sviluppati anche se non grandi.Quello che appariva diverso, invece, era l’insieme del suo atteggiamento, la testa ben eretta, lo sguardo deciso, e, più di tutto, l’incedere con l’andatura e le movenze più da giovane adulta che da diciottenne adolescente! Per tutto il giorno cercammo, inutilmente, di aver qualche momento d’intimità; ma, quando riuscivamo ad allontanarci dalle donne, ci pensava il fratellino a correrci dietro o a richiamare la mia attenzione per i suoi giochi.Ci salutammo, la sera, abbastanza frustrati, pieni solo dei nostri sguardi complici.Il rammarico, quando fui di nuovo lontano da lei, si confuse con un senso di sollievo per non aver avuto l’opportunità d’andare oltre i limiti dei convenzionali rapporti parentali.Dentro di me ironizzavo della mia assurdità: la cercavo, ma temevo di … trovarla! Cullavo la speranza di avere dei momenti in cui stare solo con lei per … per fare cosa? Non ne avevo la più pallida idea o … meglio, quello che avevo in testa m’appariva, lontano da lei, irrealizzabile: Alessia, ammesso che avessi trovato il coraggio di propormi, non avrebbe mai accettato.Però, allora, perché anche lei sembrava rattristarsi ogni volta che non riusciva a stare sola con me? Era “solo” un suo gioco … adolescenziale? Circa un mese dopo, ai primi d’agosto, un giorno che ero particolarmente indaffarato per sistemare certe pratiche di lavoro, prima delle ferie estive, squillò il telefonino.“Ciao, sono Renata, ascolta, ha telefonato Lorena, Alessia si è stancata del mare ed insiste che vuol venire qualche giorno da noi, … vedi se puoi passarla a prendere stasera, quando vieni a casa … mi hai capito?” Alzò la voce, visto che, folgorato da quella notizia, non le rispondevo.“Ma faccio tardi e poi sono con la moto! Come faccio! Accidenti!” Cercai di tergiversare con un tono di voce piuttosto seccato per coprire la gioia che, in realtà, mi stava facendo impazzire!“Ma che dici! Nel bauletto hai il mio casco e poi, non è mica la prima volta che Alessia viene con te in moto!” Insistette mia moglie, esortandomi:“dai deciditi … che devo richiamare Renata per confermarle che passi!”“Ma si, va bene, … uffa! … Dille che sarò li verso … le sette” e chiusi la telefonata.Con il cuore in tumulto per quell’improvvisa opportunità, non combinai più nulla. Smisi di lavorare prima del previsto. Inforcai la moto e presi la strada di casa, facendo la deviazione per passare da Lorena.Al mio arrivo, Alessia mi salutò normalmente, senza mostrare particolare entusiasmo, solo i suoi occhi parlavano e mi parlavano di … felicità, forse la prima volta in quel lungo anno trascorso dalla stimolante esperienza dell’estate precedente.Chissà com’era riuscita a convincere il padre? Io, in effetti devo ammetterlo, avevo cercato, non apertamente, ma in maniera strisciante, di instillare l’idea in mia moglie, perché la girasse poi alla nipote. Forse, Lorena, l’aveva recepita, capendo anche che la figlia aveva bisogno di un po’ di serenità, lontano dall’ambiente familiare, dal padre soprattutto, oramai così ostile.Salutai cordialmente Lorena e Giovanni. L’opportunità che mi davano di stare solo con Alessia, meritava, da parte mia, la finzione di un’amabilità nei loro confronti, che negli ultimi tempi non provavo più, e rimasi, quindi, un po’ con loro a parlare del più e del meno.Giovanni, tuttavia, non perse l’occasione di ricordarmi la persona detestabile che é, non tardando a far cadere il discorso sulle difficoltà che incontrava con la figlia, una ragazza veramente “difficile”, ingrata dell’amore paterno ed arrivando, persino, a considerarla alla stregua di una punizione divina per chissà quali sue colpe! Tutta la sua tiritera, comunque, era rivolta soprattutto a ribadire il suo concetto di educazione dei figli, in modo di averlo ben in mente nei pochi giorni che Alessia avrebbe trascorso in casa mia e non le concedessi troppa indipendenza.Al momento della partenza, la madre, premurosa e rompiscatole come tutte le mamme, cercò di convincerla ad indossare il giubbino di jeans sopra la camicetta, dicendole che in moto c’era molta aria.Alessia, testarda peggio di un mulo, non volle sentir ragioni ed a nulla valsero le mie occhiate supplichevoli, con le quali volevo farle intendere che lo mettesse senza fare tante storie, per farla contenta, poiché, dopo, fuori dalla loro vista, ci saremmo fermati per toglierlo.Nossignore! Lei voleva veder riconosciuta la propria autonomia, anche in una cosa così banale, e già il padre, per ripicca, minacciava di farla restare a casa. “Dai non fa’ nulla se non lo mette, nemmeno io lo porto, è molto caldo e, comunque, Renata non ti preoccupare, vorrà dire che andrò piano per non farle prendere troppa aria” intervenni io, cercando un compromesso che salvasse la situazione.“Sei proprio il Santo protettore delle ragazzine viziate!” Mi disse Giovanni, aggiungendo, stranamente accondiscendente:“fate un po’ come volete, in moto ci siete voi due!”Così, dopo i saluti, e le solite raccomandazioni, Alessia salì dietro di me e partimmo.La mia moto è un custom, per intenderci è di quelle che si guidano stando comodamente seduti su una larga sella e non lunghi sdraiati. E’ abbastanza confortevole, altrimenti mia moglie non ci verrebbe. Dietro il sedile posteriore, c’è il bauletto con uno schienalino imbottito, dove il passeggero può appoggiarsi, avendo poi sotto le gambe le due borse rigide, chi viaggia dietro, non ha alcuna necessità di aggrapparsi al guidatore per tenersi in sella.Alessia, alla partenza, in presenza dei genitori, si sedette compostamente abbastanza indietro, e l’unico contatto che percepivo era quello delle sue ginocchia. Alla prima frenata, entrando in curva, però, colse subito l’occasione per lasciarsi scivolare in avanti, finendo per addossarsi piacevolmente a me. Avvertii immediatamente l’emozionante aderenza della pancia e dei turgidi seni sulla schiena e quella delle cosce, strette sui miei glutei. Accelerai, in uscita dalla curva, e lei, istintivamente, anche se non sarebbe in ogni caso caduta, s’afferrò ai miei fianchi stringendosi forte.La strada per un po’ si mantenne tutte curve e lei rimase avvinghiata: la vicinanza era più che piacevole e cominciavo ad eccitarmi. Mi estasiava soprattutto la pressione dei suoi seni contro la mia schiena; agevolato dalla leggerezza degli indumenti estivi, quel contatto, continuo ed incalzante, mi pareva in gran parte voluto e perciò ancora più sensuale, specialmente nei miei lascivi pensieri, oltre che nello stimolo fisico vero e proprio. Oltremodo piacevole divenne, dopo un po’, il sentir crescere la dura consistenza dei suoi capezzoli, indubbiamente eccitati da quel contatto, allora, per meglio solleticarla in quella zona estremamente sensibile nel gentil sesso, portai il busto leggermente in avanti, staccandolo solo quel poco da lei, da causarle, con il dondolio dell’andatura, un più sensibile sfregamento. Che la cosa fosse di suo gradimento fu subito evidente, perché li sentii sensibilmente inturgidirsi e, quando arrivammo alla strada più rettilinea, e già paventavo la fine del giochetto, lei, invece, rimase appoggiata a me, con il seno aderente, ma non troppo, in modo che il “giochino”potesse continuare, alimentato, ora, dai nostri impercettibili, ma consapevoli, movimenti. Contemporaneamente sentii le sue cosce più serrate sui miei fianchi ed il pube spingere contro il mio sedere, quasi anelasse, immaginai nella mia sfrenata fantasia, a farmi sentire attraverso la rude stoffa dei jeans le palpitazioni della sua vulva eccitata. Quello sconcio pensiero mi diede uno slancio di sensuale … affetto ed allora, approfittando della guida meno impegnativa, le presi una mano e, dal fianco, me la portai davanti, all’altezza dello stomaco. Lei ci portò anche l’altra ed incrociò le dita stringendole assieme. Nemmeno a dirlo mi ritrovai con il pene, già turgido da quel piacevole contatto, che tentava prepotentemente, quanto disperatamente di drizzarsi del tutto, ma che, a causa della posizione piegata e dei jeans stretti, non ci riusciva come avrebbe gradito. Fui tentato di sistemarlo con la mano, ma, con le sue così vicine, ebbi paura che fosse un atto … troppo esplicito e … non osai.Da quando eravamo partiti non avevamo detto una parola, anche perché é pressoché impossibile farlo con i caschi integrali chiusi. Solo mia moglie ci riesce! Rallentai l’andatura, sollevai la visiera del casco e le chiesi:“Come va, Ale? Vado troppo forte, hai freddo?”“No, no, va bene così, … si sta veramente bene in moto!” Rispose lei raggiante ed aggiunse “era da tanto che non mi portavi … mi piace proprio!”Continuammo per diversi chilometri ad andatura lenta, non volevo che finisse quella meravigliosa vicinanza, ma il tormento del pene, che aveva assunto una posizione di traverso e puntava contro la ruvida tela dei pantaloni, facendomi veramente male, mi convinse a trovare un motivo per fermarmi e scendere un momento.Vedendo un bar poco lontano avanti a noi, le chiesi:“Alessia ti andrebbe un gelato o qualcosa da bere?”“Sì, grazie zio, volentieri!” Ci fermammo e finalmente potei scendere ed ammirare la giovanile eccitazione del suo viso e del suo seno che, con il respiro un po’ affannoso per l’emozione provata, si alzava e scendeva ritmicamente, mentre il turgore dei suoi capezzoli traspariva dalla leggera camicetta. Nonostante che il reciproco eccitamento fosse evidente, per sistemarmelo meglio, mi girai da una parte, provando un certo “pudore” a farlo platealmente davanti a lei. L’afferrai con la mano e lo distesi di traverso lasciando che si allungasse naturalmente. Era proprio duro, ed il gonfiore si vedeva sotto i jeans, inoltre, distendendolo, era uscita qualche goccia di liquido preseminale e, sentendomi bagnato, temevo che si notasse.Alessia non disse nulla a proposito della mia “manovra” ma, quando mi girai, colsi il suo sguardo all’altezza della mia vistosa eccitazione e allorché lo riportò sul mio viso, notai che la sua espressione era quella, tra il divertito ed il curioso, di un anno prima in spiaggia.C’incamminammo verso il bar tenendo i caschi in mano, il mio serviva a coprire il gonfiore dei calzoni, lei teneva il suo dalla parte opposta alla mia e così le nostre mani, vicine, erano libere e, camminando affiancati, si sfioravano. Ebbi la forte tentazione di prenderla per mano e, da come anche lei sfiorava la mia cercando quella carezzevole vicinanza, forse era proprio quello che si aspettava da me, in quel momento! Quando era bambina l’avevo fatto tante volte, ma adesso avrebbe avuto un altro significato e, come sempre, all’inizio di questa avventura, al dunque, mi … spaventavo. La guardai: Alessia era ancora una decina di centimetri più bassa di me, ma a diciott’anni si cresce ancora ed al termine dell’età dello sviluppo mi avrebbe sicuramente avvicinato in altezza. Lei pure alzò lo sguardo e mi sorrise come solo una ragazza felice sa fare e … avrei voluto che il mondo finisse in quel sorriso.Purtroppo, pensai, sospirando dentro di me, il mondo, invece, esiste: il lavoro, la famiglia … la sua famiglia! … Come annullare tutto, infischiarmene, far esistere solo lei e … me?Domande retoriche senza risposta! O meglio, domande per le quali la risposta era scontata!All’improvviso fui assalito da un attacco di buonsenso e di … panico: ma che stavo facendo, veramente volevo incasinarmi la vita?Un senso di rabbiosa frustrazione mi pervase e … l’uccello, mal sopportando i pensieri filosofici, si sgonfiò del suo ardore e mi privò di quel senso di beata incoscienza che avevo fin lì provato. Ci sedemmo ad un tavolo, lei ordinò un gelato ed io una birra. Faceva notevolmente caldo, ma all’ombra si stava bene, con la leggera brezza marina che ci rinfrescava. Il bar, a quell’ora, era praticamente vuoto, la gente era in spiaggia o ancora al lavoro.La guardai per un po’ in silenzio, titubante, adesso, d’intavolare una discussione che stimolasse i nostri desideri appena saggiati ed ancora del tutto inespressi, pauroso, anzi, che potessero prendere corpo anche solo a parole ed, allora, banalmente, le chiesi:“com’è che vieni su da noi? Non ti annoierai sola con me e la zia? Le cugine sono grandi ed hanno i loro impegni!”Rimase chiaramente scombussolata per quel mio esordio da “comare”, mentre s’aspettava, probabilmente, parole più in sintonia con quello che i nostri corpi s’erano detti sulla moto ed anche dopo, fino ad un attimo prima, ma, sia pur perplessa, accettò quell’insulsa conversazione. “Veramente mi annoiavo anche lì al mare! Due palle! Sempre le solite cose!”“Come, alla tua età, ti annoi al mare? Chissà quanti amici ti sarai fatta, quanti spasimanti! Quanti cuori infranti!” Aggiunsi con un leggero inutile sarcasmo, per dare a quella conversazione un tono leggero, conviviale, ma che a lei, conoscendomi, dovette sembrare veramente fuori luogo.“Dai, zio, non prendermi in giro, per papà e mamma, da un po’ di tempo, sono una sorvegliata speciale, sono felici solo se esco con quell’antipatica dell’Antonella che mi sta sempre fra i piedi! Quanto agli amici, beh, qualche ragazzo ha provato a fare delle “avance”, ma, sono così cretini, proprio come i miei compagni di scuola, sanno solo giocare tra loro, ma con le ragazze non riescono che ad essere maneschi e maleducati! Non li sopporto proprio!”“Beh! In effetti, un ragazzo della tua età è molto più immaturo, intellettualmente di una coetanea, però, insomma, è sempre la compagnia che più ti dovrebbe piacere!”“No zio! Preferisco stare sola, che con quelli lì, … non si riesce mai a fare un discorso con un senso, non è come … con te …” poi aggiunse d’un fiato “… solo con te mi trovo veramente bene! Quest’ultimo anno poi, l’ho desiderato sempre tanto, ma … non puoi venire ad abitare vicino a noi?” Vista la mia ritrosia si era decisa lei a dire qualcosa di stimolante a me, aspettandosi, forse, a questo punto, una mia decisa presa di posizione, ma …“Beh! Certo …” dissi, un po’ imbarazzato e preoccupato per la piega che la conversazione stava prendendo “… io sono tuo zio …” ed aggiunsi sorridendo a disagio “… e poi sono il Santo protettore delle ragazzine viziate, come dice tuo padre!” Rise di gusto e s’infilò il gelato tra le labbra leccandolo con dolcezza. Mio Dio, mi dissi, speriamo che smetta, di guardarmi così e di leccare il gelato in quel modo … sensuale! Poi, facendosi seria, tirato un gran sospiro, continuò decisa a svelarmi i suoi sentimenti:“non è solo per quello, lo so che sono la tua nipotina preferita, ma è che … che … non lo so spiegare, ma … vicino a te sto bene, e … quando penso a te non mi sento per niente … tua “nipote”, sto … bene, bene e … basta e … mi piace che sia così!” Fu uno dei peggiori momenti della mia vita, quello che finora avevo ricordato con più amarezza, non pensando di dover provare la vuota sensazione di questo momento di definitivo abbandono. Allora sbagliai tutto, come adesso! Ma a quel tempo non ero preparato. Non ero preparato alla sua spontaneità: nel suo linguaggio semplice, ma efficace, lei aveva chiaramente espresso i suoi sentimenti verso me.Io, invece, ero vigliaccamente pronto al doppio gioco: seduzione silenziosa ed un po’ scherzosa, ma senza dichiararlo apertamente, perché poi tutto sarebbe dovuto tornare come prima, o il più possibile come prima, almeno apparentemente.Ero propenso, forse, a fare anche del sesso con lei, non certo un rapporto completo, solo a soddisfare i suoi pruriti giovanili ed i miei … senili, ma senza la complicazione dell’amore, quel sentimento che lei, ora, mi aveva dichiarato, spaventandomi, perché … sapevo anch’io di amarla, anche se continuavo a mentire a me stesso, ed avevo paura delle possibili conseguenze sulla mia vita, piatta e regolare.Lei, in uno slancio di generosa sincerità giovanile, aveva tentato di aprirmi il suo cuore, di mostrare i suoi sentimenti, ed ovviamente si aspettava una risposta da me altrettanto sincera, d’approvazione, forse, tacita o a parole; oppure di rifiuto, più probabilmente, con le motivazioni morali e le lunghe spiegazioni sulle possibili complicazioni, che anche lei doveva intuire. Si aspettava in ogni caso che dessi la giusta importanza a quello che mi aveva detto, alla sua dichiarazione d’affetto, anzi … d’amore! Chissà da quanto tempo l’aveva rimuginata e quanto coraggio le era costato il dirla!Invece di tutto ciò, io rimasi lì, muto, ponderando, tra me e me, la preoccupazione che le sue parole aveva fatto nascere.Certo dal mio viso dovette trasparire tutto ciò, traducendosi per lei in un qualcosa d’indecifrabile che la disorientò nuovamente, pensando, forse, che non le rispondevo perché consideravo una sciocchezza quello che mi aveva appena detto.Avrei dovuto dirle qualcosa anch’io, ma non seppi risolvermi. Ebbi paura dei suoi sentimenti. Ebbi paura, ora, che la sua non fosse solo una pulsione sessuale passeggera, ma un sentimento d’amore vero e radicato. Ebbi paura delle conseguenze. Ebbi paura di parlarle. Persi il momento buono, ed Alessia, con quella particolare sensibilità del suo carattere, che sembrava avere sempre un nervo scoperto, si sentì offesa e s’irrigidì. Tra noi cadde il gelo. Era sorto un muro d’incomunicabilità.Con un leggero sbuffo, come se fino a quel momento avesse trattenuto il respiro, si allontanò da me, appoggiandosi di nuovo allo schienale della poltroncina e continuò a sorbire il suo gelato volgendo lo sguardo altrove.Finii di bere la birra e chiamai il cameriere per il conto, anche Alessia aveva terminato il suo gelato. Ci alzammo, quasi contemporaneamente, ed andammo verso la moto.Camminammo in silenzio ed abbastanza staccati, quando salì non mi si avvicinò, ma rimase appoggiata allo schienalino con le mani sopra le sue gambe. L’unico contatto che mi concesse furono le ginocchia, ma era un contatto obbligato e lo mantenne il più distaccato possibile.Neppure la strada mi aiutava: tutto un rettilineo. Provai, un paio di volte, a frenare più bruscamente del necessario, per farla scorrere verso me, ma, subito dopo, riprendeva la sua posizione. Il feeling era finito.Alessia si trattenne da noi per quattro giorni. Per me furono quattro giorni infernali.Mia nipote mi trattava cortesemente, ma freddamente. A tavola parlava preferibilmente con la zia o con le cugine, non si sedeva mai troppo vicino a me, e non mi rivolgeva più quegli sguardi carichi di simpatica complicità e di affinità di sentimenti. Apparentemente avevo ottenuto, sia pur brutalmente, il mio scopo: Alessia non era più un pericolo per la mia stabilità sentimentale, potevo archiviare le mie paure.I primi due giorni, feriali, distratto dal lavoro, vissi di questa magra consolazione, ma i due giorni successivi erano il fine settimana, passai più tempo in casa e la freddezza del rapporto con la ragazza mi fu molto più evidente e pesante. L’avevo persa, la mia Alessia; io ero oramai un estraneo per lei.Questa constatazione creò in me, per la prima volta nelle mia vita, un vuoto incolmabile, un’assenza insostituibile: mi mancavano le sue briose conversazioni, i suoi sguardi complici, le sue piccole attenzioni, le sue dimostrazioni d’affetto alle quali ero abituato sin da quando era bambina. E c’era dell’altro, m’era venuto meno quello che era successo da ultimo; quelle sconvolgenti pulsioni sessuali che Alessia m’aveva suscitato, dapprima involontariamente, e poi coscientemente, in un gioco ardito e forse più grande di lei; quei miei pensieri osceni, quelle mie illusioni di sesso proibito, affogate, appena nate, nelle paure di un adulto perbenismo!Ad un certo punto, avendola perduta, mi accorsi di rivolerla! Con tutte le mie forze! Non solo rivolevo il suo affetto e la sua stima, ma ebbi la certezza di desiderarla fisicamente, di volerle riprovare, quelle pulsioni, per portarle a compimento, di appagare le mie voglie, certo, ma soprattutto di far provare, io, alla mia Alessia, le prime gioie del sesso, facendola godere con la mia esperienza ed inebriandomi della sua insaziabile giovinezza. E … al diavolo tutto il resto!Ma … come fare, ora? Ora avrei dovuto prendere, io, l’iniziativa. Chiederle scusa? E di cosa? Dirle che l’amavo? Sarei stato ridicolo! E poi chi mi diceva che lei era ancora disposta! E poi a che cosa? Forse era stato solo un gioco, dettato dal suo momento particolare, un gioco e null’altro che, se fosse stato affrontato apertamente da un adulto, l’avrebbe fatta scappare impaurita e l’avrei persa lo stesso.No! Bisognava cercare di ricreare le stesse situazioni della spiaggia o della moto, ed andare, poi, avanti senza più tentennamenti.Nei due giorni del week-end cercai in tutti i modi di rimettermi in sintonia con mia nipote, ma inutilmente, … almeno in apparenza.A nulla valsero le mie attenzioni, le frasi gentili, il cercare di entrare nei suoi problemi, per riacquistare la perduta confidenza. Cercai anche di risvegliare la sua curiosità sessuale, girando per casa semi nudo con la scusa del caldo. Addirittura, la domenica mattina, presto, sfruttando l’erezione spontanea mattutina, entrai, indossando le sole mutande, nella cameretta dove dormiva, che era quella degli ospiti e che ospitava un po’ di tutto di tutti, con la scusa di cercare qualcosa, ma lei, anche se mi notò, non dette segno di vita, né, nelle ore successive, notai, nel suo sguardo, qualcosa che richiamasse quell’episodio. Più tardi, nella stessa giornata, avendo sentito che chiedeva alla zia se poteva fare la doccia, decisi di tentare un’incursione in bagno. Dopo averla vista entrare, lasciai passare qualche minuto, diedi una rapida occhiata al corridoio e, giacché non c’era nessuno, mi chinai per guardare dal buco della serratura. (Cosa può far fare un po’ di “pelo” giovane alla mia età!)Si era distesa dentro la vasca, che essendo laterale rispetto alla porta, mi consentì di vedere solo parte delle sue gambe, dalle ginocchia in giù ed i suoi graziosi piedini che giocavano sotto il getto dell’acqua.Il cuore mi batté eccitato al pensiero della sua nudità, e mi tremarono le gambe mentre un incontrollabile raptus di vedere il suo corpo senza veli, mi fece decidere ad aprire la porta, fingendo una necessità improvvisa, ma quando avevo già la mano sulla maniglia, apparve all’improvviso mia moglie.“Marco lì c’è Alessia che fa la doccia, vai nel bagnetto di servizio.”Mi si gelò il sangue! Da quando era lì? Mi aveva visto guardare dal buco della chiave? La sbirciai, ma dal suo viso non traspariva che paciosa normalità, allora fingendomi seccato borbottai:“certo che in questa casa, con tutte le donne che ci sono, il bagno per me non è mai libero!”Anche in quella occasione, purtroppo, Alessia, che certamente aveva sentito e sicuramente intuito le mie vere intenzioni, non mostrò nessuna reazione.La speranza è l’ultima a morire, ma la mia era già in agonia!L’ultima chance me la tolse Renata all’ora di pranzo. Avevo progettato di riaccompagnare, nel pomeriggio, Alessia dai suoi con la moto, e di fare un ultimo tentativo d’approccio.“Oh, Marco” esordì candidamente mia moglie, “oggi pomeriggio vengo anch’io con voi, perché ho voglia di rivedere Lorena”.“Va bene” dissi con la morte nel cuore e fu come chiudere il coperchio di una tomba.Nel tardo pomeriggio partimmo, in macchina, naturalmente. Nel salire in auto, Renata, avvicinandosi allo sportello posteriore, indicò quello anteriore alla nipote.“Vai tu davanti con lo zio, per favore, ché a me troppa aria condizionata da fastidio.”Alessia salì affianco a me, ma si tenne ben lontana, verso lo sportello. La spaziosità dell’ambiente fece si che la distanza fosse notevole. Appena si sedette non potei fare a meno di notare buona parte delle cosce abbronzate e lasciate scoperte dalla minigonna, ma le teneva pudicamente serrate e ben dritte davanti a se. All’inizio del viaggio scambiò qualche parola con la zia, poi Renata disse di volersi appisolare un po’ ed Alessia tornò a guardare in avanti.Io mi concentrai sulla guida, anche se, ogni tanto, mi partiva una sbirciata, abbastanza evidente, allo spettacolo delle sue gambe perfettamente tornite ed abbronzate. Mia moglie era seduta dietro di me e non la vedevo. Regolai, allora, il parasole in modo da adocchiarla dallo specchietto: dormiva tranquilla, come sempre le succedeva in macchina. Fu un gesto meccanico e non preordinato, ma dopo averlo fatto, mi sembrò, nella mia fantasia, come preludio a qualche schermaglia sessuale con Alessia. “Sciocco” mi dissi “cose d’altri tempi!”Il desiderio si era però insinuato nella mia mente. Il profumo che la ragazza si era dato prima di partire e che finora avevo sì notato, ma senza farci caso, cominciò a solleticarmi le narici e ad acuire le mie bramosie e le occhiate alle cosce si fecero più frequenti ed insistenti. Alessia aveva chiuso gli occhi, sembrava appisolata. Poi, lentamente, si mosse, sempre ad occhi chiusi, girò le gambe un po’ verso di me, tenendole ben unite, ma la minigonna, nel movimento, sali ancora e lasciò intravedere il bianco triangolino delle mutandine. Dormiva? Era solo un fatto involontario? Stava fingendo e voleva riprendere il gioco della mia seduzione? Non lo sapevo, ma, dopo tanta attesa, eccola, finalmente, sollecitata dai miei osceni pensieri, la magnifica erezione che aspettavo!Rallentai la velocità, già contenuta, per prolungare quel momento, ed anche per non causare un incidente, dato che l’attenzione era ormai, più per Alessia, che per la strada.Il pene era già duro e di traverso. Me lo aggiustai senza tanti complimenti sotto gli shorts, e sperai, ardentemente, che Alessia avesse gli occhi solo socchiusi e mi stesse guardando!Che voglia di affondarle una mano tra le cosce, di arrivare fino al pube, scansare le mutandine e toccarle il monte di Venere e, sotto ancora, il sesso, che immaginavo già turgido, all’esterno, e di solleticarne l’interno, bagnato, dalle sue prorompenti smanie sessuali! Un sogno ad occhi aperti, ma che mi portò sul punto di avere un’eiaculazione spontanea! Cercai di calmarmi e di pensare ad altro, ma il cuore andava al galoppo e le vene del collo mi pulsavano furiosamente. La mia mano passava dal pene, stringendolo per alleviarne il dolore, alla leva del cambio, da dove poteva solo sfiorarle le ginocchia.Sentivo l’odore del mio sesso eccitato e mi eccitavo ancor più, sperando che lo avvertisse anche lei. Controllai di nuovo dallo specchietto: Renata dormiva.Anche Alessia sembrava dormire, e, continuando a dormire, cominciò a disunire le gambe, allargandole. Sembrò volersi mettere più comoda sul sedile, scivolando un po’ verso il basso. Adesso era girata decisamente verso di me, le ginocchia a contatto con la leva del cambio, le gambe, leggermente divaricate, una più alta dell’altra, appena coperte dalla minigonna, mostravano, in pieno, le mutandine, piccole e trasparenti che coprivano a mala pena il triangolo del pelo pubico, e quello che coprivano, traspariva dal finissimo tessuto traforato. Sentii pulsare il pene e mi bagnai, ma con uno spasimo mi trattenni dal venire dentro i calzoni. L’odore acre del mio sesso mi saliva al naso e temetti che potesse avvertirlo anche Renata. Guardai di nuovo il “paradiso” d’Alessia, la mia mano sfiorò il cambio, ma mi controllai e non la mossi oltre.Eravamo quasi arrivati. Rallentai ancora. Alessia cambiò nuovamente posizione, e, con movimenti repentini, strinse le cosce tra loro, alcune volte, finché non mi sembrò che emettesse un impercettibile sospiro di soddisfazione. Era venuta? Conosceva già quella tecnica, tutta femminile, di godere senza toccarsi con le mani, stringendo la clitoride tra le cosce? Sembrava di sì, o forse mi ero immaginato tutto io.Dopo un attimo d’abbandono, riportò le gambe davanti a se, aprì gli occhi, ma non mi guardò, si stiracchiò come chi ha fatto una bella dormita, si riaggiustò sul sedile e si sistemò la gonna.Aprii il finestrino per cambiare un po’ l’aria e si svegliò anche mia moglie. Nel frattempo eravamo arrivati.Da parte d’Alessia niente sembrava cambiato. Il suo sguardo era sempre cortese e distante. Mi ero immaginato tutto, lei aveva solo dormito?Mentre le donne scendevano, rimasi un po’ in macchina per calmarmi, ma non ci riuscii. Scesi cercando di non far notare la mia erezione e mi accorsi che i pantaloncini erano leggermente bagnati anche all’esterno. Sacramentai tra i denti! Girando attorno alla macchina, finii vicino ad Alessia, che stava scaricando il suo borsone dal portabagagli, mentre Renata stava già chiacchierando alla grande con Lorena. Giovanni, fortunatamente, non era nei paraggi.“Alessia ti aiuto, dammi il borsone che lo porto in casa” le dissi per avere qualcosa con cui coprirmi davanti.“Grazie zio” mi rispose lei guardandomi con la massima naturalezza e senza dar importanza a quello che cercavo di nascondere senza successo.Entrai in casa con Alessia dietro. “Vado un attimo in bagno” le dissi in fretta, appoggiando il borsone in terra, come chi ha un’impellente necessità.“Fai pure zio” disse lei di rimando “… e fai con comodo” aggiunse quando già stavo chiudendo la porta, e mi sembrò di sentire una nota divertita nella sua voce. … Fantasie?In bagno mi tolsi shorts e mutande e mi sedetti sul bidè per lavarmi. Il pene era ancora duro, lo sfregamento per lavarlo mi eccitò di nuovo, lo sentivo pulsare e mi dolevano i testicoli per l’eiaculazione repressa poco prima, allora, appoggiai la schiena al muro, allungai le gambe, afferrai il pene, socchiusi gli occhi, e, pensando ad Alessia che veniva stringendo le cosce, venni anch’io come da tempo non mi succedeva. Emisi un sospiro di soddisfazione e … un altro mi sembrò di sentirlo attraverso la porta.Istintivamente guardai in quella direzione, coprendomi, contemporaneamente, con una mano. Lì per lì non notai nulla, ma improvvisamente, il buco della serratura, che prima vedevo scuro, fece trasparire la luce, come se qualcuno che lo copriva si fosse improvvisamente tolto: Alessia? Non udii alcun rumore di passi e mi rimase il dubbio.Mi lavai, cercai di pulire i calzoncini all’esterno e li lasciai umidi: avrei detto che lavandomi li avevo inavvertitamente bagnati.Ci ritrovammo tutti seduti in salotto: o io mi ero sognato tutto o Alessia era un’attrice navigata, nulla traspariva dal suo sguardo o dalla sua voce.Fu proprio quella voce, dopo un po’, che mi sorprese.“Papà, gli zii, fra una decina di giorni, partiranno per le ferie in montagna. Ne ho parlato con la zia e lei sarebbe contenta, se io andassi con loro, che ne dici, mi mandi?”Io rimasi come un allocco perché non ne sapevo niente: e brave, tutte e due!“Ma dove vuoi andare, ma non è il caso di disturbare gli zii!” Iniziò subito Giovanni, sempre pronto a negare, per principio, le richieste della figlia.Quella volta non fui io a perorare la causa d’Alessia, ma mia moglie.“Senti Giovanni!” Esordì con affettuosa autorità “Alessia è una cara ragazza e non ci dà il minimo disturbo. Anzi, siccome già da un paio d’anni, le nostre figlie non vengono più con noi, io e Marco ci ritroviamo da soli e la compagnia d’Alessia ci farebbe proprio felici!”Con queste ferme premesse Giovanni e Renata non poterono che acconsentire e così prendemmo accordi per la partenza. Renata e mia moglie cominciarono a discutere sugli indumenti più idonei da far portare alla figlia (Renata é un’amante del mare con nessuna esperienza della montagna).Giovanni ed io di vari argomenti. Alessia, vicina alle due donne, sembrava però estraniata dalla loro conversazione. La tenni d’occhio per un po’ sperando di vedere uno sguardo che mi avrebbe fatto capire tutto. Ma non avvenne e rimasi con i miei dubbi!Anche quando ci salutammo dandoci appuntamento per la ormai prossima partenza, restò cortese, ma distante e fredda al mio tentativo di caloroso abbraccio.
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