Il padre e la madre di Simona furono tra i primi genitori a giungere nell’edificio di mattoni rossi in cui aveva sede il commissariato di polizia.Erano entrambi piuttosto euforici e troppo ricercatamente vestiti per l’occasione, essendo stati strappati da uno dei loro impegni sociali terribilmente importanti.Presso l’esclusivo Country Club della cittadina si teneva quella sera l’annuale ballo di beneficenza per la raccolta di fondi da devolvere in borse di studio per gli allievi bisognosi della locale scuola superiore. L’offerta per ogni consumazione di champagne e caviale era stata fissata in duecentocinquanta euro, il ricavato sarebbe stato poi equamente suddiviso fra quattro diplomati bisognosi. Come presidente d’onore della serata era stata scelta quell’anno la signora Lamberti. – E’ un impegno molto gravoso, – aveva detto la signora Lamberti quando il comitato esecutivo l’aveva informata che la scelta per l’organizzazione del ballo era caduta quell’anno su di lei, – che però vale la pena di sobbarcarsi. Offrire a quei poveri ragazzi la possibilità di continuare gli studi è una delle cose più importanti che noi… uhm… privilegiati possiamo fare. -Simona se ne stava adesso quieta fra i suoi genitori, mentre suo padre, la mano posata sul ripiano della scrivania per frenare il vacillare da sbornia delle ginocchia, ascoltava il poliziotto calvo e basso che leggeva i capi d’accusa contro la propria figlia. Lei e le sue due amiche, alla pari di tutti gli altri suoi compagni sorpresi in quell’appartamento, erano stati arrestati per possesso di droghe pesanti, per comportamento osceno e per disturbo della quiete pubblica. Freddo e distaccato, il poliziotto li mise al corrente dei diritti legali di Simona e disse che, la figlia poteva essere affidata alla loro custodia evitandole così di trascorrere la notte in carcere.Carlo Lamberti accettò sull’istante la custodia della figlia, firmò tutto quello che c’era da firmare e, dopo avere assicurato la presenza della figlia all’udienza fissata per le dieci di due giorni dopo, i Lamberti diedero la buona notte al poliziotto e si fecero strada tra la folla che ormai accalcava il commissariato.Sembrava che per qualche perversa ragione il ballo di beneficenza si fosse trasferito dall’elegante club al posto di polizia illuminato a giorno. Le gonne lunghe, i gioielli e i vestiti neri stonavano in maniera stridente contro l’intonaco verde della sala d’attesa del commissariato. Carlo e Viviana Lamberti, con la figlia al seguito, si scambiarono concisi cenni di capo con alcune coppie che stavano entrando e poi, in silenzio, si diressero verso la macchina posteggiata nei paraggi.Una volta dentro la grossa Mercedes nera, naturalmente provvista di aria condizionata, la madre di Simona, seduta dietro, si scatenò contro la figlia. – Come hai potuto farci questo, Simona? – le urlò nell’orecchio. – Maledetta ingrata!… Io… Io ho lavorato così sodo per la perfetta riuscita di questa serata e tu l’hai rovinata… Si, forse ci hai rovinati in maniera permanente… Se questo scandalo scoppierà… come faremo, tuo padre e io, a salvare la faccia?… Oh Dio… Oh Dio… che vergogna! -E la sua voce venne soffocata da un pianto isterico e le lacrime salate le rigarono comicamente il pesante trucco. – Su Viv, cerca di controllarti. – tentò di confortarla il marito. Infilò una mano nella tasca interna della sua giacca da sera, prese un fazzoletto di seta accuratamente stirato e piegato e lo allungò a Simona. – Passalo a tua madre. – le disse.Viviana prese il fazzoletto che le porgeva la figlia e si asciugò le lacrime, dando il colpo definitivo alla sua maschera ormai irrimediabilmente compromessa. – Allora veditela tu con tua figlia… la puttanella. – disse tra un singulto e l’altro. – Certo, certo, – rispose il padre di Simona mentre imboccava il lungo vialetto che portava alla loro grande villa in stile coloniale. – Ma domani mattina, quando saremo tutti più calmi! – – No! – gridò la mamma di Simona. – Nient’affatto! Le metterai un po’ di sale in zucca, e lo farai stasera!… Stasera stessa!… Siamo intesi Carlo!… – Viviana Lamberti esigeva naturalmente la vendetta.Scese dall’auto e si diresse inviperita verso la massiccia porta d’ingresso, seguita da Simona e da suo marito. – Okay, lo farò stasera. – Accondiscese Carlo Lamberti una volta entrati nel grande atrio d’ingresso. – Ma perchè ora non sali in camera? Testadrogata ed io ce la vedremo nel mio studio. -Carlo Lamberti guardò la sua bella moglie trentottenne salire regalmente l’ampia scalinata in marmo, i suoi mille riccioli ancora perfettamente laccati e in ordine. Si girò quindi verso sua figlia. Nei suoi occhi azzurri lesse un’espressione di aperta sfida e si sentì montare il sangue alla testa. – Ora sentiamo cos’hai da dire a tua discolpa. – sibilò fra i denti e prendendola rudemente per un braccio la guidò verso il sontuoso studio e si chiuse la pesante porta intagliata alle spalle.Carlo Lamberti ignorò la propria figlia finchè non si fu versato un bicchiere pieno di ottimo cognac. Poi, dopo una generosa sorsata, si rivolse verso Simona con un glaciale: – Ebbene? – – Va a fanculo. – rispose altrettanto fredda Simona. – Cosa?… Cosa hai detto?… – biascicò incredulo Carlo. Il bicchiere gli sfuggì di mano per la sorpresa e cadde senza fare rumore sul soffice tappeto rosso, formando un’umida macchia scura presso le sue scarpe di vernice nera lucidissime. – Ti ho detto di andare a far in culo, ubriacone. – Simona sembrava sorprendentemente calma davanti all’incombente tempesta. Parecchie ore prima, quando era stata arrestata nella retata avvenuta nell’appartamento del suo ragazzo, si era detta che quella sarebbe stata la sua ultima notte in quella cittadina, e il pensiero della sua imminente libertà la rendeva deliziosamente euforica. – Ma sentila… sentila, la fottuta e ingrata sgualdrina! – gridò lui, riducendo minacciosamente le distanze.Era la prima volta che Simona sentiva il riservato e sempre compito Carlo Lamberti, suo padre e, incidentalmente, primo vicepresidente della multinazionale mutui e prestiti di Milano, imprecare, e la parola ” fottuta ” la divertì talmente da farle dimenticare l’imminente pericolo: non si accorse del minaccioso avvicinarsi del padre. Questi l’afferrò per le spalle e la scrollò violentemente. – Sudicia, ingrata sgualdrina! – urlò, la faccia devastata dalla rabbia.Carlo Lamberti, comunque, era parecchio ubriaco e non fu difficile per la ragazza liberarsi di lui. – Cosa vuoi fare, paparino? – lo prese in giro Simona, allontanandosi da lui quasi a passo di danza. – Sculacciarmi? -Simona era una ragazza capace di un sorriso assai accattivante e Carlo Lamberti si fermò nel suo barcollante inseguimento, improvvisamente colpito dalla bellezza della propria figlia.Ultimamente, si era trovato parecchie volte ad ammirare la trionfale fioritura di sua figlia a donna, con un interesse non propriamente paterno. La settimana precedente gli era capitato di passare davanti alla porta socchiusa della stanza di Simona mentre questa si stava spogliando. E si era fermato, i nervi in tensione, quando nel rettangolo di luce vide la figlia sfilarsi la maglietta dal suo corpo sinuoso e biondo. Gli occhi sgranati, guardò la maglietta azzurra e rossa rialzarsi, mettendo in mostra prima il ventre piatto e liscio, poi le morbide parti inferiori dei giovani seni rotondi. E in quel punto la maglietta s’impigliò e Simona, le braccia incrociate davanti alla faccia, dovette dimenarsi tutta per sfilarsi l’indumento. La vista dei seni nudi gli strappò dalla gola un forte sospiro. Si portò istintivamente la mano alla bocca, pregando Dio di non essere stato sentito. Simona, il capo ancora avvolto nell’indumento, non l’aveva udito. I seni tondi, delicati, sodi s’alzavano perfetti da quel corpo fascinoso. Erano di uno stupendo colore oro crema e da ciascuna delle arroganti aureole cupe s’alzava un delizioso capezzolo rosso scuro. Una non troppo familiare eccitazione cominciò a formicolargli fra le gambe. Si sentiva terribilmente imbarazzato e cercò di allontanarsi, ma i suoi piedi sembravano essersi fatti di piombo. Rimase con gli occhi incollati sulla propria figlia diciottenne, il corpo nudo dalla cintola dei Levi’s a vita alta in sù e non potè negare di desiderarla. Il pene s’ingrossò nei suoi pantaloni mentre s’immaginava quel corpo giovane e flessuoso sotto di se, la vagina (ancora vergine, si disse), che lo avrebbe fasciato come un guanto stretto, ben lubrificato. Poi Simona alzò lo sguardo e lo vide. Imbarazzata, riparò la propria nudità con la maglietta e fu solo grazie a uno sforzo sovrumano che Carlo Lamberti riuscì a girare il capo e ad allontanarsi.Dopo quell’incidente, gli tornò spesso alla mente il ricordo dell’inebriante nudità di Simona cui s’accompagnava un’immancabile erezione. Sognava di accarezzare il suo corpo morbido, dorato e si svegliava in un sudore gelido, terrorizzato dai propri pensieri.All’idea dell’incesto, Carlo Lamberti si sentiva percorrere la propria spina dorsale diritta, bianca, puritana, cattolica da brividi di paura e nascondeva il capo sotto il guanciale, sperando di spegnere il fuoco del male che divampava in lui.E ora la giovane Salomè danzava ancora davanti a lui, solo che stavolta aveva gli occhi aperti. Non stava sognando. E la realtà di quel corpo di sogno era a soli pochi centimetri dalle sue mani. Simona se ne stava in piedi, le mani sui fianchi, i seni ansanti che lo irridevano nella loro rotonda arroganza da sotto la maglietta viola. – Puttana diabolica! – sibilò tra i denti e, afferrandola per un braccio, la trascinò verso il divano in pelle dello studio. – Te la farò pagare cara, sgualdrinella! – Era pazzo di rabbia, ma, nel contempo, fremeva di passione per lei. Si sedette quindi sul divano e si tirò rabbiosamente la figlia sulle ginocchia, a pancia in giù. – Bravo paparino, – continuò a stuzzicarlo Simona. – Ora rialzami la gonna, tirami giù le mutandine e sculacciami… Ti sfido a farlo… -Prima d’allora, Carlo Lamberti non aveva mai alzato una mano sulla propria figlia, ma ora nulla al mondo avrebbe potuto fermarlo. Tenendola ferma con la sinistra, il respiro rotto in rauchi aneliti, le rialzò con la destra la gonna, arrotolandogliela attorno ai fianchi e mettendo in mostra un culetto delizioso con due natiche perfettamente tonde che tendevano il nylon leggero delle mutandine. Il pene di Carlo si fece d’improvviso duro come roccia. Nella sua impazienza, afferrò le mutande per la fascia elastica e gliele abbassò con forza fino alle ginocchia, strappandole. Il bianco alabastro del sedere nudo parve illuminare l’intera stanza. Abbagliato da tanto splendore, per poco non si lasciò scivolare Simona dalle ginocchia. La sua mente sprofondò nel caos. Stava punendo il male o soccombendo ad esso, commettendo il più sordido e disgustoso di tutti i peccati carnali? L’animale che era in lui non gli lasciò comunque il tempo di pensare. – Ah, Dio, aiutami! – biascicò e calò con tutta la sua forza la destra aperta sul sedere nudo della figlia. Il colpo risuonò terribilmente nella stanza rivestita di pannelli di quercia. E subito sul sedere bianco di Simona risaltò l’impronta rossa della mano di suo padre. – Ehii!… – gridò Simona torcendo il capo verso l’alto, – che cazzo fai, non così forte!… – – Chiudi il becco, puttana! – ringhiò il padre. – Questo è solo l’inizio. -La consapevolezza di farle effettivamente male ingrossò in lui una nuova ondata di eccitazione che s’abbattè poi su ogni fibra del suo corpo. E la colpì ancora e ancora, sempre più forte, colorando di rosso ogni centimetro delle sue natiche. Ogni impatto con quella carne morbida, nuda lo infiammava e lo spingeva a ripetere l’azione, a ristabilire il contatto con quella pelle deliziosamente serica e calda. Non sentì neppure Simona che strillava, piangeva e lo implorava di smetterla. Quando lei cominciò a dimenarsi e a scalciare per liberarsi, il padre non fece che stringere la presa, il braccio sinistro che ora la cingeva completamente, la mano che toccava il seno sinistro. Guidato ora completamente dall’istinto, chiuse la mano sul seno, che riempì perfettamente il cavo del palmo. Sentì la gemma rosea del capezzolo che cominciava a inturgidirsi contro la linea della vita del suo palmo. Appiattendo quindi la mano, cominciò a pressarla contro il seno prigioniero e a muoverla in cerchi lenti, piccoli, sorpreso dall’elasticità di quei globi che sembravano seguire il movimento della sua mano e ricambiarne con forza eguale la pressione.La testa turgida del pene faceva violenza alle mutande e si dibatteva per la propria libertà. Incapace d’ignorarne l’urgenza, Carlo smise di sculacciarla e, tenendo sempre Simona inchiodata contro le proprie ginocchia, si aprì la cerniera dei pantaloni. Il pene sobbalzante, quasi fosse innestato su una molla, scattò fuori dalle mutande. Lo impugnò sull’istante e, spostando leggermente Simona, cominciò a sfregarglielo contro le cosce. La pelle femminile era così satinata e fredda che lui prese a delirare, allentando la presa sulla ragazza. Simona ne approfittò per liberarsi e rotolò dalle ginocchia del padre sul pavimento ricoperto dallo spesso e morbido tappeto.Il suo sedere era di fuoco e bruciava per la violenza della battuta. Le sembrava che mille e mille aghi infiammati si fossero divertiti a punzecchiarla. Simona tentò di alzarsi in piedi e di scappare da chi le aveva inferto tutto quel dolore, ma prima che potesse tirarsi in piedi, Carlo le fu sopra e la risospinse contro il tappeto. Grugnendo come un animale, le strappò via la maglietta con due violenti colpi. Simona era troppo scioccata per tentare di resistergli. Lo guardò incredula, consapevole di ciò che stava per succedere, ma rifiutandosi di accettarne la realtà. ” Non può essere vero, ” pensò. ” Sua madre… la moglie di quell’uomo… era ancora sveglia nella sua camera soprastante lo studio, mentre lui… suo padre… stava per violentarla… ” anche se lo riteneva impossibile.Supina sul pavimento, con indosso soltanto un reggiseno trasparente e una gonna che ormai le faceva soltanto da sciarpa attorno alla vita, le mutandine strappate che le penzolavano dalle ginocchia, Simona si rese d’improvviso conto di quanto fosse vulnerabile. Si sentiva impotente davanti a quell’attacco sferrato da un uomo grande e grosso e in preda a delirio. Pensò di gridare, ma non lo fece. Vedendosi puntato contro quel pene turgido di passione, provò una voglia matta di toccarlo. Allungò la mano e ve la distese sopra. ” E’ così grosso e duro! ” pensò Simona, percorrendolo con la mano in tutta la sua marmorea lunghezza. Toccò quindi con un dito la testa fiammeggiante e umida di liquido precoitale.Carlo si lamentava estatico, temendo di non riuscire a trattenere più a lungo le ondate schiumose dell’orgasmo. E mentre Simona percorreva con la mano il pene come se fosse un clarinetto, lui si sdraiò vicino alla figlia, le mani che farneticavano sul suo corpo giovane e inebriante. Le impastò i seni, le prese un capezzolo turgido fra pollice e indice e lo strinse abbastanza forte da mozzarle il fiato e farla mugolare. Le rigò quindi il ventre piatto e poi le cosce dorate, fermandosi infine sul morbido e biondo cespuglio pubico. Simona spalancò le gambe, permettendogli il pieno accesso al roseo taglio vaginale che s’allungava sotto la mano in esplorazione. Sollevò i fianchi dal tappeto, in segno di saluto. Un dito maschile scivolò tra le umide labbra vaginali, allargandole e distendendole. Il dito s’insinuò in lei, solleticò la sensibile clitoride, accarezzò le labbra tumide e poi sprofondò totalmente nel condotto vaginale. – Puttana… sgualdrina!… Non sei nemmeno vergine… – ansimò Carlo ansante e col fiato corto, mentre il suo dito andava su e giù, lentamente e ripetutamente. Simona si lamentava estatica a ogni nuova inserzione, la sua mano perduta in un frenetico preludio col pene pulsante del padre. L’impazienza li prese entrambi, nessuno dei due seppe attendere un altro istante.Carlo Lamberti si mise in posizione fra le cosce spalancate della figlia e, dopo essersi tirato i pantaloni sotto le ginocchia, abbassò il proprio peso su di lei. La fica succosa di Simona si spalancò affamata nell’attesa. Inarcandosi a benvenuto, guidò il pene roccioso del padre nel proprio sesso. La testa era così grossa che dovettero dimenarsi entrambi per farle superare le labbra vaginali. Solo dopo tre spinte impazienti Carlo riuscì finalmente a varcare lo stretto portale. E poi fu completamente in lei e il giovane corpo femminile parve impazzire dalla gioia.Era da molti, molti anni che Carlo Lamberti non provava sensazioni così forti e sentì quasi all’istante il suo carico di sperma passare dai testicoli al pene. Non v’era forza al mondo capace di fermare quella piena devastante. E con un grido rauco, carico d’esplosiva libidine, venne nelle viscere della propria figlia.Simona percepì nettamente le violente contrazioni … una … due … tre … quattro … del pene gigantesco di suo padre e gli schizzi irruenti e schiumosi di sperma contro le sue gonfie pareti vaginali. Lo strinse decisa nella morsa delle proprie gambe. Carlo fu sorpreso da quell’inesorabile presa. Ormai svuotato dall’orgasmo, non potè fare altro che abbandonarsi alla violenza dell’uragano che impazzava sotto di lui, che spazzava ogni cellula del corpo femminile.Simona pompava frenetica, vorticando i fianchi, spremendo all’impazzata il pene ancora duro e rigido del proprio genitore. Allungò quindi le mani e si trastullò con i pesanti testicoli penzolanti e poi le dita gli risalirono la schiena e lacerarono la costosa camicia di seta indossata per la serata di gala. – Scopami, paparino, – gli gridò nell’orecchio. – Oh, paparino caro, è meraviglioso … oh… OH … -E le sue parole si fecero incomprensibili quando l’orgasmo spazzò via con violenza di uragano il suo corpo in convulsione. E con un ultimo, vorticoso inarcamento, raggiunse l’apoteosi. La stretta ferrea delle cosce dorate s’allentò, permettendo finalmente al padre di liberarsi. Lentamente Carlo, lo sguardo cupo, si sollevò. Osservò, con un ghigno che gli deformava la bocca, la figlia abbandonata e lasciva sotto di lui. Con presa ferrea l’afferrò per i fianchi e la rivoltò prona, la pancia premuta sul tappeto e il culetto ancora arrossato che svettava insolente verso di lui.- Ora voglio mettertelo dietro… – le disse con voce arrochita. Simona, allarmata, si voltò a guardarlo con un’espressione preoccupata sul viso. – Ti prego, così non l’ho mai fatto!… – sussurrò. – Beh… Sgualdrinella, è venuta l’ora di provarci… – le sorrise Carlo e iniziò a palparle estasiato il culo, a passare un dito nel solco sudato, si soffermò sul buchetto grinzoso, spinse, si intrufolò… affondò. – Ahi!….. – urlò Simona, – …. mi brucia! – – Cos’è che ti brucia troietta?… – chiese Carlo sempre più invasato. – ….. Mi brucia il culo…. dentro… – rispose Simona affannata, agitando le natiche e serrando il buchetto. – Ti prego paparino, non voglio sentire male… – – Vedrai che ti piacerà e poi qualcuno prima o poi te lo doveva fare no?… Ora cercherò di infilartelo, cerca di collaborare se no ti farò un male cane…. – Estrasse il dito e, appoggiando la cappella sull’ano, iniziò a forzare il tenero bocciolo cercando di introdursi nel culetto vergine. Simona emise un urlo strozzato attutito dalle pareti ricoperte di pannelli di quercia della stanza. – Aaaahiiiii!!…. Mi fai malee….. mi brucia da morire…. per favore, papà no… -Carlo, concentrato, si reggeva il pene con una mano e spingeva sull’ano serrato sentendolo dilatare lentamente, mentre la ragazza tremava e stringeva i denti e le natiche. – Ora te lo metto tutto dentro… – le soffiò sul collo. – Fai un bel respiro angelo e cerca di sopportare. – Con un colpo più forte riuscì a forzare lo stretto canale e a introdurre la grossa cappella oltre lo sfintere che si richiuse palpitante attorno alla corolla. – AAAAAAAAhhhhhhh!!!!!!……. Mammaaaa …. NNNOOOO!!! …. Mi stai spaccando…. ti prego, ti prego, ti prego…… aaaaahhhiiiii!!!!… fa male!…. Basta!… Basta!… – – Sssssst…. Non gridare stronza, vuoi farti sentire da tua madre?… Ancora ce n’hai solo metà dentro. Ora te lo metto tutto. – e con una spinta forte e decisa arrivò a introdurlo fino in fondo. – Noooo…. Aiutooo!!!….. Non resistooo!!….. Mi sento in fiamme…… Bruciaa! … Bruciaa!…. mi brucia il culooo …… -Incurante dei contorcimenti spasmodici e delle urla di Simona che potevano essere uditi dalla moglie, Carlo iniziò a scorrere nel retto dolorante di sua figlia, mentre, infiammato dalla libidine, le parlava all’orecchio. – Ecco, cara sgualdrinella, il peggio è passato… Fa un po’ di male all’inizio vero?… Ma poi vedrai che ti piacerà anche così … Cazzo ce l’hai strettissimo… e bollente…. Non riesco a muoverlo di quanto ce l’hai stretto… Mi stai strizzando il cazzo col tuo culetto vergine…. – – Aghhhhhh!!!!!….. Che maleee!!!!… Ce l’hai troppo grossoooo…. cazzo che male… mi stai spaccando il culo… Papi basta!… Esci ti prego basta…. Smettila!… Lo rifacciamo un’altra volta, ma ti prego ora esci… per favore… – Simona singhiozzava, squassata dal dolore. – Sta zitta troietta! – Incalzò Carlo mentre intanto iniziava a pomparla con violenza. – Stai zitta e goditi questo cazzo nel culo. Devi essere punita. Ti voglio rompere il culo brutta stronza e troia. Te lo riempio fino all’intestino…. troietta… Cerca ti muovere tu il culo, dai!… -Simona pianse e singhiozzò disperata, squassata dai colpi violenti del cazzo che le occupava tutto il retto. – Ti prego papà….. mi stai spaccando….. me lo stai rompendo….. ahiii….. più piano….. ti prego fai più piano….. mi stai sfondando…. – Il dolore le martellò feroce tutti i sensi ad ogni colpo del pene paterno che le arrivava fino alle reni. Distrutta, affranta, choccata da tutte le sensazioni dolorose che l’attanagliavano, ormai rassegnata a quella violenza, cercò di prendere il ritmo, mentre sentiva il palo di carne intrappolato nel retto che andava su e giù sfregandole le pareti irritate e doloranti.Suo padre le si sdraiò completamente sopra, schiacciandola sul tappeto e pesandole addosso, sodomizzandola con forza bruta. In questa posizione il cazzo enorme del padre arrivava ancora più in profondità dandole delle fitte di dolore inaudite, che le mozzavano il fiato e le trapassavano il cervello. Sentire quel palo bollente che la rovistava negli intestini fu una sensazione atroce che Simona non aveva mai provato e le fece giurare a se stessa che mai più, mai più si sarebbe lasciata convincere da un uomo a farsi possedere in quel modo spaventoso. – Ti sto inculando angelo mio, – le sussurrava intanto suo padre all’orecchio. – Te lo sto spaccando a sangue, così imparerai a essere più rispettosa dei tuoi genitori e a non compiere azioni che possono nuocere al buon nome della nostra famiglia. – E Simona, ormai soggiogata, si morse a sangue le labbra sudando freddo pregando che tutto finisse presto. – Ti piace il mio cazzo nel culo?… troietta smorfiosa… Dai dillo mentre ti sbatti sul mio cazzo… – – Nno… no… NOO!… Mi stai facendo morire di dolore maledetto… Dai sbrigati e falla finita, porco depravato, che sto impazzendo dal dolore… -Carlo si mise a pompare veloce sentendo lo sperma salire gorgogliando dai testicoli e scorrere bruciante nel pene congestionato. L’orgasmo fu terrificante e lunghe spruzzate di sperma caldo, bollente invasero le viscere di Simona, allagandole, e facendole emettere nuove urla strozzate. Quando la piena passò e la marea dell’orgasmo scemò, Simona, disfatta dalla sofferenza, giacque immobile, come morta, sentendo ancora quella presenza calda, insopportabile, dentro di lei, che si agitava e fremeva come un serpente. Lentamente, dolorosamente, Carlo Lamberti districò il proprio pene infiammato e impiastricciato dello sperma suo e del sangue di sua figlia. Si lasciò quindi scivolare giù da lei e s’abbandonò supino sul tappeto, incapace di muoversi. Era spompato e a corto di fiato. Poi, d’improvviso, capì tutta la mostruosità del suo atto e si sentì come trafiggere il cuore da una spada fiammeggiante. E per un momento pensò di vomitare anche l’anima. – Oh, Dio, aiutami! … Aiutami! … – singhiozzò e, giratosi su un fianco, la schiena verso Simona, si strinse la faccia fra le mani e cominciò a piangere disperatamente. L’angoscia più cupa era caduta su di lui.Simona ascoltò per un attimo quel pianto di disperazione ultima e si sentì sinceramente dispiaciuta per lui. Sapeva che suo padre non si sarebbe mai più liberato della vergogna che adesso lo lacerava. Avrebbe portato il peso schiacciante della propria vergogna per il resto dei suoi giorni. Simona avrebbe desiderato consolarlo, offrirgli una parola di conforto, dirgli qualcosa come ” Su, via papà, non te la prendere … In fondo hai goduto e… mi hai fatto godere … è stato meraviglioso! ” oppure ” Ormai è fatta, mettiamoci una pietra sopra e dimentichiamo tutto. “, ma era certa che non avrebbe neppure udito le sue parole. Si chiese perchè non provasse anche lei un analogo senso di colpa. Ad essere sinceri, a parte il sedere che le faceva ancora un male cane, si sentiva particolarmente euforica per quanto era appena successo. Quante ragazze potevano vantarsi di una bella scopatina o di una bella inculata da parte del proprio vecchio e, per giunta, subito dopo aver fatto l’amore con la propria migliore amica?” La vita è certamente piena di piacevoli sorprese ” pensò eccitata. Incesto, omosessualità e un arresto per detenzione di droga e per atti osceni: tutto nella stessa serata. Era stata molto impegnata, senza dubbio.Ridendo sommessamente, si rialzò soffocando una smorfia di dolore: l’ano le doleva maledettamente. Raccolse da terra i suoi indumenti sbrindellati, uscì dallo studio e si avviò verso la propria camera da letto, lasciando suo padre con la faccia contro il tappeto che piangeva disperatamente, come un bambino.Era davvero un peccato che lui e la fottuta società borghese e puritana cui apparteneva non sapessero godersi quanto di bello la vita poteva offrire. Questo sarebbe stato il suo obiettivo primario da ora in poi: godersi la vita.
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