“OK, dimmi qualcosa di… terribile, di imbarazzante, che non vorresti dire a nessuno” esordì Andrea mentre preparava la tavolozza e la tela. Sandra stava sfilandosi i jeans, chiedendosi perché avesse accettato di posare per un ritratto. Sapeva che avrebbe dovuto spogliarsi, che sarebbe stato imbarazzante, almeno all’inizio, ma voleva provare. “D’accordo, vediamo… mmm, mi piace farmi le canne!” “Naaa, non è una cosa imbarazzante. Comunque, a questo proposito, c’è della bamba se vuoi. Io ti consiglio di sì. E’ buona”. Rapidamente, s’erano sniffati quattro righe ciascuno ed erano tornati ai propri posti. Andrea aveva osservato il corpo sensuale di Sandra e s’era messo a dipingere. “Allora, questa cosa imbarazzante…” “Mi faccio uno studente. E’ più di un anno ormai!” Forse era la coca, forse era convinta che Andrea meritasse la sua fiducia, ma aveva appena detto una cosa che nessuno sapeva. “Ullalà! Questa sì che è interessante. Dimmi di più! Dammi dei segreti, dei perversi e sconci segreti”. Sandra aveva raccontato, a grandi linee, la storia. Andrea la osservava. Sembrava un po’ nervoso, ma forse era solo concentrato. Dopo dieci minuti si sentiva meglio. Il fatto di essere quasi nature davanti ad un estraneo era di secondaria importanza, ora che aveva messo a nudo la propria anima. Sembrava banale, ma era proprio così. “Ah, il fascino di Mrs Robinson!” disse Andrea sorridendole “Ci vuole un caffè, aspettami, non muoverti!” Sandra invece si mosse, tra i dipinti di Andrea, come una ninfa curiosa e dopo averli osservati sgranò i suoi occhioni azzurri. Non era per civetteria, lo faceva sempre quando qualcosa la sorprendeva. E i quadri di Andrea erano davvero… sorprendenti! Osservò una tela. Ne aveva visti tanti, di tramonti: sui libri, nei film, dal vivo, durante i campeggi con gli amici. Ma questo era veramente particolare. C’era un che di indefinibile. I colori, la stranezza delle proporzioni, non sapeva spiegarlo esattamente, tuttavia… tuttavia qualcosa era fuori posto. In fondo erano solo montagne, alberi, nuvole e una palla rossa in cielo, disegnati, per giunta. Eppure sembravano vivi e pulsanti. Se Sandra osservava il quadro poteva sentire l’odore della pioggia in arrivo, poteva udire il cinguettio degli uccelli e il fruscio dei numerosi animaletti che pullulavano tra i cespugli e le rocce. Era sul punto di afferrare l’elemento discordante che rendeva quel paesaggio crepuscolare così mesmerizzante. “Ti piace?” chiese Andrea facendola sobbalzare. Per un attimo si era persa nel dipinto. La cosa la preoccupò un po’, dal momento che la sensazione era leggermente spiacevole. Se avesse dovuto descriverla, avrebbe detto che era sul punto di essere risucchiata. “Moltissimo” rispose mentre prendeva la tazzina di caffè che Andrea le porgeva. “Ma sai che sei proprio sexy mentre sorseggi caffè in reggiseno e mutandine?” commentò Andrea, osservandola attentamente. “Scemo!” rispose Sandra “Stai facendo un ritratto. Devi scacciare i pensieri impuri dalla tua testa”. Sorrise e intrecciò le mani dietro la nuca, spingendo infuori il seno. Andrea riuscì a restare impassibile. Quella donna esercitava un fascino enorme su di lui. Aveva il potere di farlo impazzire solo con un gesto. Ma era una cosa reciproca. Riprese il pennello, si mise dietro il cavalletto e ricominciò a dipingere. Muoveva lentamente la mano, quasi come se accarezzasse la tela. Ogni tanto incrociava lo sguardo di Sandra e sorrideva. Anche lei si stava eccitando, lo sapeva. Seduta sul divano, restava immobile, apparentemente tranquilla. Solo il suo respiro era impercettibilmente più veloce. Era pronta ad esplodere. Andrea decise che era arrivato il momento. Si avvicinò e tracciò una linea rossa sulla sua pancia. Il tocco del pennello fece fremere Sandra di piacere. “Ehi…” protestò. “Silenzio, l’artista sta creando” la interruppe Andrea “Spogliati”. Sandra si alzò in piedi e si denudò completamente. La macchia rossa partiva dallo stomaco e terminava subito sotto l’ombelico. Andrea le dipinse i seni con un verde scintillante. Poi passò al viso, alla schiena e al resto del corpo. Ogni volta che le setole sfioravano Sandra, Andrea la sentiva ansimare. Ma era una femmina tosta. Era determinata a non cedere. Quando terminò l’opera, srotolò un enorme foglio bianco al centro della sala. “Sul tavolo ce n’è un altro poco, se vuoi”. Lenta, pigra, indolente, di mille colori e con il fuoco nella pancia, Sandra tirò altre due righe di coca e le accompagnò con una sorsata di gin. Urlò e si lanciò su Andrea. La coca la faceva sentire incredibilmente bene. La musica techno era veloce come i loro respiri e i colori che aveva addosso l’avevano trasformata in un essere magico in grado di creare disegni mentre l’orgasmo arrivava veloce, intenso, lunghissimo… E poi un altro e un altro ancora. Sembrava non dovesse aver mai fine. Quando Andrea venne, lei era solo carne soddisfatta, senza volontà. Restarono abbracciati, poi si addormentarono. Al risveglio – dopo un paio d’ore – avevano entrambi un leggero mal di testa, colpa della coca. Fecero una doccia caldissima, si rivestirono e tornarono nello studio. Sandra osservò il disegno, un caos apparente. “Lo chiamerò Kamasutra” disse Andrea pizzicandole dolcemente la vita e baciandola sul collo. “E comunque complimenti, come modella sei davvero brava!” Sandra si accese una sigaretta e sorrise dolcemente. Era appagata. Pensò per un attimo che solo il giorno prima Andrea era un perfetto sconosciuto. E adesso non poteva più fare a meno di lui. Sperò che il sentimento fosse reciproco. Chiacchierarono per un’altra mezzora, poi si salutarono. Si sarebbero visti l’indomani a scuola. Mentre tornava a casa Sandra capì cosa c’era che la turbasse nei quadri di Andrea. Qualche minuto dopo che la sua modella era uscita da casa, Andrea fece una telefonata e attese l’arrivo di una persona. *** Sandra si sedette vicino ad Andrea e aprì il suo succo d’arancia. “Pensavo ad una cosa” esordì. Andrea stava divorando il suo yogurt, annuì emettendo un grugnito che significava “Vai avanti, ti ascolto”. “Nei tuoi quadri c’è qualcosa di strano. Mi è venuto in mente proprio quando sono uscita da casa tua. Poi ci ho pensato per tutta la notte. E mi sono resa conto che è come se, a quadro ultimato, qualcun altro avesse aggiunto dei piccoli ritocchi”. Andrea restò in silenzio. La campanella suonò per annunciare la fine della pausa. Sandra tornò in classe. Ancora due ore e poi c’era il weekend tutto per lei. Avrebbe parlato agli studenti della concezione della vita secondo Schopenauer. Un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore. Roberto, uno dei suoi studenti migliori non c’era. Chiese a Samantha, la sua ricchissima ragazza (i genitori avevano una serie di attività commerciali sparse in tutta la Lombardia), dove fosse, ma lei disse che non lo sapeva. *** Roberto era stato un incidente. Nella sua vita aveva fatto le peggiori stupidaggini, ma aveva cercato sempre di farle al di fuori del suo lavoro. Si era fatta pagare per andare al letto con alcuni uomini, ad esempio, pur non avendone bisogno (hai fatto la puttana per due settimane, per pura curiosità, non prenderti in giro, Sandra), ma era in Inghilterra, lontano da casa, dove nessuno (quasi nessuno…) avrebbe potuto riconoscerla. E invece con quel ragazzino esile e dall’aria altera ci era cascata come una quindicenne. Rischiava grosso, rischiava di mandare all’aria cinque anni di ottime referenze nell’ambito scolastico e solo perché non aveva saputo resistere. Per non parlare dell’altro suo particolarissimo segreto. Roberto a letto era incredibile. Se fossero stati coetanei, lui e Sandra sarebbero stati insieme per sempre, dal momento che dal punto di vista del piacere puramente fisico erano fatti l’uno per l’altra. Ma c’erano quindici anni di differenza. E non era solo un fatto di convenzioni o di pregiudizi. Tra di loro c’era un muro enorme, fatto di ore, giorni, anni. Non poteva essere superato o aggirato. Potevano comunicare attraverso di esso in qualche modo, ma la distanza generazionale li avrebbe inevitabilmente separati, prima o poi. Ma quei weekend in cui Roberto diceva alla madre che andava a trovare un suo amico romano erano meravigliosi. Si davano appuntamento in qualche località che fosse ad almeno un paio d’ore di treno e si infilavano nel primo alberghetto che trovavano. Roberto aveva sempre dell’erba ottima. Restavano il venerdì e il sabato chiusi in camera, a mangiare, fumare e, soprattutto, a fare sesso. Per un anno e mezzo – Roberto aveva 18 anni quando erano stati insieme per la prima volta – la storia era andata avanti senza complicazioni. Ma adesso doveva finire. Sandra non sapeva se Andrea fosse l’uomo per lei, ma sicuramente era più… logico di Roberto. Sperò che avergli confessato il suo piccolo segreto non la mettesse nei guai. *** Samantha tornò a casa. Voleva solo che quel mal di testa finisse di tormentarla, ma ci si era alzata. Di solito passava dopo un paio d’ore, ma quel giorno non ne voleva sapere. La sera prima c’era andata pesante, dopotutto era normale che avesse stomaco in subbuglio e testa sul punto di scoppiare. Ingoiò un paio di aspirine e si sdraiò sul letto. Sperò che sua madre non tornasse prima delle quattro. Infilò la mano nei jeans. Cercò di concentrarsi su qualcosa di differente, su una fantasia più “normale”, più adatta ai suoi diciotto anni, su Roberto ad esempio, da tre mesi l’unico uomo con il quale faceva l’amore, ma nulla. La vacca, quella stramaledetta insegnante di filosofia era diventata un’ossessione. Aveva provato in tutti i modi ad ignorarla, ma non ci riusciva. Mentre spiegava Schopenauer si era trovata perfettamente in sintonia con quell’uomo vissuto tanti anni prima. La noia, sua compagna fedele, la spingeva a fare delle cose di cui si pentiva, che la riempivano d’angoscia. Come quando aveva 18 anni ed era partita per Colchester, un paesino vicino Londra. A sua madre aveva detto che andava insieme ad un’amica. Non poteva mica dirle che sarebbe andata con un uomo di quasi cinquant’anni! Giuseppe, Jerry per gli amici, l’aveva ammaliata, conquistata, ipnotizzata. Era biondo, bellissimo con quelle rughe sul viso che lo rendevano così “vissuto”. A vent’anni era andato in America e s’era unito ad un gruppo rock famosissimo. Due anni prima aveva deciso di smettere ed era tornato a Milano. Quando Samantha lo aveva visto per la prima volta, si trovava in un megastore della Ricordi (possedeva tutti quelli della Lombardia) e lui le aveva regalato un CD musicale di musica jazz. “Perché?” gli aveva chiesto. “Oh, perché sei una ragazza inquieta, probabilmente questo potrebbe calmarti un po’”. Non si era calmata, ma la settimana successiva aveva accettato di seguirlo in Inghilterra per due settimane. A Colchester le cose andarono esattamente come aveva pensato. Insieme a Jerry fece cose che non aveva mai fatto. Divenne la sua lolita. Quell’uomo aveva un mucchio di soldi e conosceva le persone più strane del mondo. Era perfetto per lei. E lei era perfetta per lui: dopo aver fatto e visto praticamente tutto in oltre un quarto di secolo di eccessi, aveva tra le mani una minorenne senza paura. Curiosa, ingorda ed eccitabile. Una sera – si trovavano ad una festa dove delle cameriere nude e bellissime portavano vassoi in cui al posto dei sandwich c’erano righe di coca – completamente persi, erano andati via perché volevano qualcosa di diverso. “Cosa ti piacerebbe?” aveva chiesto Jerry mentre il contachilometri della sua Ferrari si avvicinava ai 200. Le aveva permesso di guidare e lei stava spingendo al massimo il motore dell’automobile, come faceva con tutta la sua vita. “Vediamo, fammi pensare… Stiamo lasciando un party in cui tutto è lusso e bellezza, voglio qualcosa di guasto, di marcio, di cattiva qualità”. Ed erano andati in un motel da poche sterline, con le insegne dei bar che luccicavano sulla loro pelle sudata mentre facevano l’amore. Poi Jerry era sceso nella hall ed era tornato su. Avevano atteso l’arrivo di una sorpresa (come l’aveva definita Jerry). Una puttana. Era arrivata dopo qualche minuto ed era esattamente come Samantha immaginava una puttana: bella, ma di una bellezza corrotta, di un fascino decadente. Aveva un profumo di alcol misto a sapone neutro e Samantha si era sentita stranamente eccitata. Le piacevano gli uomini, su questo non c’erano dubbi, eppure quella troia di terz’ordine, che sarebbe finita male nel giro di pochi anni, sfatta e alcolizzata, disposta a fare qualsiasi cosa per un pacchetto di sigarette, aveva monopolizzato la sua attenzione. Jerry, che sapeva che sarebbe stato inutile arrabbiarsi o tentare di cambiare le cose, si era defilato. S’era seduto su una sedia e s’era messo ad osservarle. Samantha si muoveva come se avesse cent’anni di esperienza, ma in realtà si era solo abbandonata a se stessa. Non capiva più nulla, sapeva solo che il domani non contava: c’era solo il presente e il presente era quella donna. E quella donna in quel momento era ciò che lei aveva sempre desiderato: un rimedio alla noia. Il domani sarebbe stato pieno di angoscia per ciò che aveva fatto. Ma non c’era un domani… Il mattino dopo Samantha si era svegliata da sola nel letto. Sul tappeto c’erano Jerry e la puttana avvinghiati in un amplesso bollente. Per un attimo si era sentita avvampare di calore, ma poi si era messa ad urlare e aveva cominciato a dare calci alla ragazza. Jerry aveva cercato di calmarla, ma senza risultato. Così, dopo due settimane di vacanza, quello stesso giorno, se ne era tornata in Italia. Jerry e Sandra erano rimasti un altro po’ di tempo in quello squallido buco, rimpiangendo il fatto che quella ragazzina, magra e flessuosa come un giunco e bella come un giglio fosse andata via così velocemente che sembrava essersi volatilizzata. Samantha, quell’estate, era andata a letto con più di cinquanta uomini. Ciò che era successo la ossessionava. E imprigionava le sue ossessioni tra le lenzuola… Andrea era stato l’ultimo della serie. Un pittore folle e geniale che sapeva farla venire in mille modi differenti. Gli orgasmi che aveva provato con lui in tre giorni erano intensi quasi come quello che aveva provato in Inghilterra con la puttana. Quando l’estate era finita, Samantha e Sandra si erano incontrate a scuola. Così Samantha aveva capito ogni cosa e aveva realizzato che la sua insegnante di filosofia era curiosa e folle proprio come lei. Si gettava a capofitto nelle esperienze più estreme. Anzi, lei, oltre a cercarsele, se le creava da sola. *** Restò a fissare la tela bianca. Non aveva in mente nulla di particolare quel pigro sabato mattina. Voleva solo giocare con le tonalità, provare nuove combinazioni, inventare nuove sfumature. E aspettare mezzogiorno. Aveva appuntamento con Andrea. Ed era affamata di cibo e di sesso e non riusciva a non pensarci. Mentre lo osservava dipingere, aveva capito cosa fosse il “tormento dell’artista”: in quel momento Andrea era un tutt’uno col pennello e la tela, era come se insieme ai colori a tempera anch’egli si consumasse. E lui lo sapeva. Era conscio del fatto che il creare qualcosa comportava inevitabilmente la perdita di una parte di se stessi, ma andava avanti, bruciandosi per realizzare un’opera d’arte. E Sandra avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rivederlo in quello stato di euforia ed eccitazione. E avrebbe fatto qualsiasi cosa se lo avesse rivisto in preda a tale esaltazione! Sorrise e pensò a Roberto. Il suo telefonino era irraggiungibile. Aveva provato a contattarlo, dopo che era uscita da scuola, ma senza risultato. Aveva salutato Andrea, in modo sobrio e formale, il quale le aveva detto sottovoce che si sarebbero visti l’indomani a pranzo. Trascorsero una ventina di minuti; incapace di concentrarsi, Sandra rimise a posto i pennelli e i colori. Troppi pensieri, troppe cose sembravano far presagire grossi guai. Roberto, Andrea, i professori, Samantha, magra come una modella che mai avrebbe potuto capire perché Roberto preferiva “una vacca” come Sandra (le aveva sentito pronunciare proprio questo termine, quando Roberto, chissà perché, le aveva detto che secondo lui la professoressa di filosofia era carina). Questo pensiero la fece sorridere. Si specchiò e si trovò meravigliosa. Un po’ appesantita, rispetto a quando aveva l’età di Samantha forse, ma ancora una “strepitosa scopata” come amava prenderla in giro Roberto, il quale impazziva per le sue forme morbide e tonde. E Roberto non era il solo. Ripensò alla lingua impazzita di Samantha che seguiva la linea dei suoi seni in quella notte folle in cui si erano incontrate per la prima volta legando indissolubilmente le loro vite. Fece una doccia veloce e uscì per le vie della periferia milanese. C’era la neve e tutto sembrava più silenzioso del solito. Passò davanti alla sua edicola di fiducia. Il giornalaio la salutò con un sorriso. “Ecco, Corriere tutto per lei” disse porgendole la rivista. “Grazie” disse Sandra. Il giornalaio le strizzò l’occhio e la seguì con lo sguardo mentre spariva dietro l’angolo. La pagina della cronaca di Milano parlava di un ragazzo scomparso. Sandra lesse in fretta. Si trattava di Roberto. *** La neve ricominciava a cadere. Sandra si trovò davanti al portone di Andrea senza sapere come. Decise di bussare. Non le importava di essere in anticipo di un’ora. Battè alla porta un paio di volte. Quando si girò per andare via, sentì che si apriva. “Ehi Sandra, come stai? Entra, entra, voglio farti vedere in anteprima una cosa. Ci lavoro da ieri sera. Ci ho lavorato per tutta la notte”. Appese meccanicamente il suo cappotto e seguì Andrea nello studio. Nei suoi occhi c’era la luce folle alla quale pensava proprio poche ore prima. Vide il quadro. Era di una bellezza indicibile, da togliere il fiato. Era magia pura. Se un sogno avesse potuto essere messo su carta, sarebbe stato esattamente il dipinto di Andrea. Se un angelo avesse deciso di cimentarsi con l’arte, avrebbe realizzato il quadro di Andrea. Si trattava della tela realizzata grazie anche alle sue prodezze amorose, ma era stata completata con nuovi disegni assai bizzarri. Osservò il rosso cupo che dominava tutto, insieme a tantissime altre tonalità: cremisi, porpora, amaranto, scarlatto… “Sono riuscito a ottenere esattamente i colori che volevo. Sono riuscito a imprigionare le mie ossessioni su una tela. Ti amo Sandra. Manca solo la firma dell’artista” disse sorridendo. Sandra si accorse che la tavolozza dei colori era il cranio scoperchiato di Roberto. *** Samantha rispose al telefonino. Andrea aveva ucciso Roberto. Il fatto non la turbò più di tanto. Indossò il suo vestito più stretto e sexy lo raggiunse. Sapeva della storia che il suo ragazzo aveva avuto con Sandra, quando ancora era vivo, li aveva visti una sera – ancora non si erano messi insieme – mentre si davano il bacio della buonanotte, l’unico che avessero avuto il coraggio di scambiarsi quando non erano lontani da Milano. Samantha ripensò a tutta la storia. Coincidenze. Stramaledette coincidenze che cambiano la vita degli esseri umani e la rendono piena di noia e di angosce. Quella notte dipinsero usando il sangue di Roberto, fecero l’amore e sniffarono fino a svenire. Samantha vomitò due volte, ma non riusciva a fermarsi. Sesso, droga e morte. Finalmente capì cosa la rendesse felice. *** Sandra si avvicinò a Samantha e le appoggiò una mano sul seno. “Mi sei mancata, sai?” “Anche tu, puttana”. “Mi piace quando mi chiami così, sai?” “Ma perché in fondo sei talmente marcia che godi quando qualcuno ti chiama con il nome che ti si addice. Comunque scusami, non dovevo scoparmi Roberto. Ma ero gelosa. Lo sapevo da un paio di mesi. Vi ho visti mentre vi baciavate…”. “E non me lo hai mai detto in tutto questo tempo” rispose Sandra. “Tu non mi hai mai detto nulla! Perché avrei dovuto farlo io? Solo ieri hai avuto il coraggio di confessarmi tutto. E ho deciso di fartela pagare. Deve essere scattato qualcosa. Forse Andrea è più geloso di me”. “Hai ragione, ma non sapevo cosa avresti fatto, come avresti reagito. Comunque è tutto finito, tutto passato, anche se non c’era bisogno di ammazzarlo. Lo avrei lasciato se me lo avessi chiesto. Farei qualsiasi cosa se tu me lo chiedessi, Samantha. O adesso sei Jerry… o Andrea?” “Sono solo Samantha per adesso…”. Sorrisero e si baciarono. Erano soltanto due donne. Soltanto due donne che si amavano di un amore folle e impossibile.
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