Francy rispose al telefono con il cuore che le saltava nel petto. Erano cinque giorni che non lo vedeva, e adesso era lui, se lo sentiva. – Amore, quando ci vediamo? – fu la prima cosa che gli domandò. – Vorrei prima che tu facessi una cosa per me! – fu ciò che Sergio propose, con voce secca.Francy voleva vederlo, ormai non resisteva più, e non solo parlare per telefono! – Certo, okay – rispose. – Ma quando ci vediamo? Vieni a casa mia? – – Ora ti darò un indirizzo, dove ti attenderà una persona. Voglio che tu ci vada subito! – disse l’uomo senza badare alle domande di Francy.La ragazza scosse la testa rabbiosamente: possibile che fosse così difficile tentare di farlo rispondere ad una semplice domanda? – Ti ho detto che va bene, Sergio, tutto quello che vuoi! – precisò. – Ma prima vorrei vederti, devo parlarti. -Lui rispose che non aveva tempo. – Allora, ci andrai? – domandò. E nella sua voce non c’era il minimo calore, neppure un briciolo di tenerezza, quasi che tutto ciò che era avvenuto in quegli ultimi tre mesi fosse stato solo il frutto della sua fantasia. – Ma perchè? Chi devo vedere? – chiese lei stizzosamente, innervosita dal fatto che lui si limitasse sempre a pretendere senza dare nulla in cambio. – Voglio che tu ci vada! – precisò l’uomo.Francy sbuffò, disse che non le piaceva il suo comportamento, ma che ci sarebbe andata ugualmente, se questo era ciò che desiderava. – Però poi ci vediamo? – domandò lei fiduciosa, ma lui aveva già riattaccato.Lo avrebbe ucciso volentieri quando si comportava in quel modo! Perchè arrivava a odiarlo! Lo odiava veramente, con tutte le sue forze. Si rigirò tra le mani il foglietto di carta su cui aveva annotato l’indirizzo e la tentazione fu di gettarlo nella spazzatura e infischiarsene dei desideri di quell’essere insopportabile, ma poi, visto che quel giorno non aveva neppure ore di lezioni da dare a scuola, decise di andare all’appuntamento. – Chissà che non trovi qualcuno più interessante di lui! – pensò stizzita, vestendosi rapidamente.Francy pagò il taxi ma si pentì quasi subito di non aver detto all’autista di aspettarla! L’indirizzo doveva essere sicuramente sbagliato, non aveva neanche il cellulare con se, e tornare a Milano sarebbe stato un bel problema se non fosse riuscita a trovare un telefono.Alzò la testa e osservò incuriosita l’antico edificio che le si stagliava di fronte. Pareva un monastero, o un convento, qualcosa di austero comunque, che, volutamente, avevano cercato di isolare dal resto del mondo tramite gli alti muraglioni che lo circondavano.Vi girò attorno osservando le antiche torrette diroccate, poste sugli angoli, e sul retro un’ala assolutamente cadente. Poi tornò al punto di partenza e si decise a suonare il campanello dell’ingresso. Era quasi certa che nessuno avrebbe risposto e invece, una voce, attraverso il citofono, le disse di entrare.Non le chiesero il nome, quasi la stessero aspettando. Francy avanzò nel giardino, stranamente ben curato, ed entrò nell’antica costruzione. Un brivido inspiegabile la fece tremare non appena mise piede oltre la soglia. Strinse gli occhi per abituarsi alla penombra del luogo e, mentalmente, maledisse Sergio che l’aveva obbligata ad andare in quel posto così lugubre, degno di un film dell’orrore.Attese. E dopo un attimo vide avanzare nello stretto corridoio una figura scura, incappucciata, avvolta in un lungo saio nero che strisciava sul pavimento. Guardò con occhi sbarrati l’avvicinarsi di quel misterioso personaggio, immaginando che sotto il cappuccio sarebbe sicuramente apparso un teschio sghignazzante, o un viso deforme e orribile. Oppure…Il personaggio sollevò la testa e, incorniciato dal cappuccio, Francy si trovò di fronte uno splendido viso di donna. Le morì in gola il grido d’orrore che si era già preparata a lanciare e si sentì sicuramente sciocca e paurosa come una bambina. La donna la guardò dolcemente, ma non sorrise. Era una ragazzina, non poteva avere più di venti o ventidue anni, ed era così pallida che in lei risaltavano ancor di più i grandi occhi azzurri.Le fece segno di seguirla e Francy, di buon grado, le andò dietro, camminando per antichi corridoi, umidi e bui, infilandosi in cunicoli dalle volte basse in cui sibilavano spifferi gelidi e sinistri scricchiolii.Poi, finalmente, giunsero in una stanza quadrata, arredata con un’unica panca di legno. E qui la ragazza le disse di aspettare. Francy annuì, ringraziando, e quando le venne in mente che avrebbe anche potuto chiederle in che luogo si trovavano, lei stava già per uscire. Rinunciò perciò alla domanda e la guardò scivolare via, mentre uno spiffero d’aria le faceva sollevare il lungo saio e le scopriva i piedi nudi e la caviglia, attraversata da un lungo spillone d’acciaio lucido, infisso nella carne viva.Spalancò gli occhi: sicuramente non aveva visto bene, non poteva trattarsi veramente di una punta d’acciaio. Si alzò di scatto per raggiungere la ragazza, ma la porta le venne bruscamente chiusa in faccia.Era prigioniera.Il panico la travolse, mentre nuovamente malediva Sergio e se stessa, per essersi fidata di lui. Cominciò a gridare, a picchiare i pugni contro la pesante porta di legno, finchè, dopo un poco giunse qualcuno: un’altra donna incappucciata. Questa però aveva un’espressione che a Francy non piacque. Aveva occhi scuri, luccicanti, da pantera, e una bocca sottile: pareva sibilare invece di parlare.Francy la investì di un fiume di domande, di richieste e proteste sul modo in cui l’avevano trattata, ma la donna non le badò e le suggerì, semplicemente di seguirla. La condusse in una grande stanza, in un luogo ubicato ancor più in basso, rispetto al cortile, in un sotterraneo forse. Francy non si rese ben conto dell’arredamento del luogo e le ci volle qualche minuto per farle sbollire la rabbia e per farle alzare la testa e guardarsi intorno.Ma quando lo fece rimase sbigottita.Le parve di essere ritornata indietro nei secoli e di essere capitata in una di quelle stanze degne di un museo e arredate secondo il costume del tempo dell’Inquisizione. C’erano catene arrugginite appese alle pareti, e anelli di metallo, e attrezzi di varie forgie, e tavolacci di legno e poi un marchingegno strano, fatto di corde e carrucole, appeso al soffitto. – A che diavolo serviranno? – si domandò.Nello stesso istante, da una porticina nascosta nella parete di fronte, entrarono due uomini incappucciati.La guardarono, con un ghigno poco rassicurante stampato sui visi sotto ai cappucci, e Francy rabbrividì spaventata.Avrebbe voluto domandare loro chi fossero, cosa volessero ma, man mano che quelli avanzavano verso di lei, si rendeva conto che non ci sarebbero state risposte alle sue domande e che comunque, ormai, era troppo tardi per farle.In un attimo rivide le lunghe ore passate con Sergio!Ore, per lei, di amore, ma anche di soffernza e di gioia. Le proprie grida le tornarono a pulsare nel cervello insieme alla percezione, quasi fisica, del dolore e del piacere che lui sapeva darle. Sergio era stato la causa di tutto ciò, e Sergio, ancora una volta, sarebbe stato la causa di ciò che stava per accadere.Urlò, tentando di fuggire verso la porta dalla quale era entrata, ma i due energumeni l’avevano già saldamente afferrata e la trascinavano, senza troppe cerimonie, verso l’infernale marchingegno.Le legarono i polsi alle estremità di una sbarra di legno lunga un metro e le caviglie, allargate al massimo, ad un’altra sbarra analoga: si trovò praticamente in croce, imprigionata con grosse corde ruvide, da cui non sarebbe mai riuscita, da sola, a liberarsi. Poi si sentì strappare l’abito di dosso, il reggiseno, gli slip, le calze, fino a rimanere completamente nuda. Francy gridava, scuotendo la testa, ripetendosi che non poteva essere stato veramente Sergio a volere tutto ciò: lui l’amava, l’aveva sentito gemere e sospirare tra le sue braccia, come poteva volere qualcosa di così atroce? Era certa che si trattava di un equivoco. Era certa di essere capitata per errore in un covo di maniaci assatanati. Ma proprio quando stava convincendosi di tutto ciò, l’uomo più grosso e muscoloso la riportò alla realtà ghignando crudelmente. – Il tuo amichetto sarà contento del trattamento che ti riserveremo; non avrà di che lamentarsi! – disse.Francy lo guardò incredula. – Di che state parlando? – gridò con le lacrime agli occhi.L’altro le si avvicinò, la guardò da capo a piedi e poi allungò una mano su lei che si ritraeva e le ficcò due dita nella fica, con violenza. – Dice che ti piacciono tanto le maniere forti e che adori le catene! – sibilò spingendo ancor più in profondità le dita, fino a farla gemere.Francy non poteva credergli, le pareva di vivere un incubo.Ma gli incubi non fanno tanto male quanto gliene stava facendo lui, rovistandole il fondo della vagina con quelle falangi dure e grassocce, le cui unghie la graffiavano nella carne viva fino a farla urlare. Lui la scrutò attentamente e fissò le lacrime che le colavano lungo il viso con gusto perverso: gli piaceva da pazzi farle del male, questo era abbastanza evidente. L’altro intanto seguiva la scena con una mano sotto la lunga tunica, masturbandosi lentamente. – Strilla come una gatta! – sussurrò col respiro corto all’amico.L’altro sorrise. – Non sa che queste sono solo carezze in confronto a quel che le faremo assaggiare! – aggiunse alzando l’altra mano per prenderle una tettina e strizzarla fino a lasciarle impressa nella carne le impronte delle proprie dita.L’altro non potè resistere alla goduria di un simile gesto e quindi, con la bocca spalancata, si tuffò su di lei.Le afferrò il capezzolo tra i denti e lo morse, rabbrividendo per il piacere. Francy gridava, tentava di divincolarsi ma era tutto inutile: non poteva assolutamente muoversi d’un millimetro. E più si divincolava, più le corde le bruciavano i polsi e le caviglie, fino a farglieli sanguinare. – Vi prego, non potete violentarmi… Vi prego! – supplicava la ragazza.Ma quelli avrebbero sicuramente continuato a torturarla se non fosse entrata la donna di qualche minuto prima che, con occhi furenti, ordinò ai due di lasciarla immediatamente. – Non vi ho autorizzato a spassarvela con lei! – sibilò, scacciandoli con una sonora sferzata della frusta che aveva in mano, un gingillo di cuoio a più listelli, una specie di gatto a nove code.Poi puntò l’attenzione su Francy, la squadrò attentamente, sfiorandola col manico di cuoio intrecciato del flagello, dal collo fino alla fica. Poi le andò dietro, si abbassò leggermente, insinuò l’attrezzo tra le sue natiche e lo puntò contro lo stretto buchetto dello sfintere. Premette con violenza e le fece penetrare appena di poco il manico nell’ano.Francy gridò, si tese, si arcuò. – Siamo strettine! – esclamò la donna. – Bisogna porvi rimedio, subito! Nessuna esce dalle mie grinfie senza avere il culetto adatto a ricevere qualunque cosa vi si voglia infilare! -Poi fece un gesto autoritario agli uomini, e ordinò loro di azionare l’argano e di sollevare in aria la ragazza.Francy si ritrovò sospesa a mezz’aria, le braccia stirate dolorosamente. Aveva mani e piedi legati e il corpo completamente esposto agli occhi voraci degli uomini, alla frusta impaziente di Helen. Così diceva di chiamarsi la donna. – Piantala di singhiozzare! – gridò questa rabbiosamente, facendo schioccare la frusta sul corpo tremante. – Detesto questi piagnucolii. Possibile che non ti renda conto che tutto ciò non è nulla in confronto a quello che dovrai subire? -Francy scosse la testa, non voleva ascoltare, non voleva credere che lui l’avesse veramente consegnata nelle mani di quella specie di setta. – Lui mi troverà! – gridò disperatamente. – E mi libererà! -L’altra ghignò con quell’aria perfida che le induriva i lineamenti del viso fino a stravolgerli in una maschera di odio e ferocia.Poi le abbattè nuovamente lo scudiscio sopra il ventre, sulle cosce, sulle tettine, finchè non fu ricoperta di gonfi segni scuri e il sangue prese a scorrere.A niente valsero le suppliche e le preghiere: Helen era sicuramente la donna più malvagia che Francy avesse mai incontrato e pareva godere di ogni suo sospiro, di ogni suo gemito convulso, di ogni suo grido. Le si avvicinò, le si appostò proprio dietro la schiena, sistemandosi col viso all’altezza del culo della prigioniera. Parve volerla ispezionare attentamente, infine allungò una mano per sondarle lo sfintere con un dito. Affondò fino alla prima falange.Francy strinse i denti, aspettandosi da un momento all’altro, una violenta stoccata, ma non andò così.Helen si limitò a massaggiarle lo sfintere senza dire una parola. Le ficcava dentro la punta di un dito, lo estraeva, lo inumidiva leccandolo e tornava ad infilarglielo, ma senza mai affondare.Poi le aprì le chiappe con entrambe le mani, le spalancò al massimo e accostò la bocca all’orifizio increspato.Francy non riusciva a capire: perchè d’un tratto la trattava con tanta delicatezza?Sentì la lingua di lei che le inumidiva tutta la parte e poi s’insinuava all’interno, gustandola golosamente.Senza nemmeno rendersene conto si trovò tutta tesa indietro, con le chiappe protese verso quella bocca vorace e gli occhi socchiusi per il godimento.Le piaceva! Cazzo se le piaceva e il bruciore delle frustate parve scomparire di fronte al lento e abile lavorìo di quella lingua.Le sfuggì un’esclamazione di goduria, un sospiro estasiato e questo parve compiacere la sua aguzzina che aveva coscienza dell’umidore che colava all’interno delle cosce della ragazza. – Mi piace! – sussurrò Francy che sentiva un calore nuovo e violento nel fondo dell’intestino, dove l’altra l’aveva tanto stuzzicata da renderla sensibile al minimo sfioramento. Dimenò i fianchi, impaziente di godere, di ricevere dentro qualcosa che alleviasse la lenta sofferenza di quella ferita boccheggiante che ora aveva al posto dell’ano. – Ti prego! – sussurrò con occhi lucidi, nonostante non le piacesse dimostrarsi così vulnerabile davanti a una donna che, solo fino a qualche minuto prima, l’aveva picchiata a sangue. Ma la voglia era prepotente, e Francy non fu capace di dominarla. – Penetrami ti prego, non posso più resistere! – ansimò mentre sentiva un calore liquido e denso che le serpeggiava all’interno delle cosce. – E dove vuoi essere penetrata? – le chiese sorniona la donna continuando a mantenerle le chiappe spalancate. – Davanti o… dietro? – – Dove vuoi, non m’importa, ma penetrami, ti prego! – boccheggiò Francy, quasi disperata ormai. – Lo vuoi veramente? – chiese Helen con una dolcezza imprevista nella voce. – Vuoi che ti faccia gridare di godimento, che sazi questo buchetto voglioso riempiendolo con qualcosa di duro? – insistette lei.Francy annuì, scuotendo la testa da una parte all’altra, frenetica e impaziente. – Si, si, fa’ presto! – gridò, così arrapata che persino i due uomini sotto di lei furono contagiati dal suo animalesco desiderio e si trovarono con cazzi enormi come proboscidi che scalpitavano sotto la tunica. – Daglielo, forza, daglielo Helen: è ciò che vuole! – ansimarono. E questa volta lei non li zittì, ma seguì il loro consiglio.Fece segno di avvicinarsi e di manovrare l’argano.I due si precipitarono con gli occhi spalancati e lucidi d’eccitazione, le mani che tremavano. Helen si scostò da Francy, troppo eccitata per accorgersi di ciò che avveniva sotto di lei, neppure si rese conto delle loro manovre. Semplicemente si trovò distesa supina, ondeggiante nel vuoto, a mezz’aria, mentre Helen le indirizzava il culetto su qualcosa di rigido e grosso che avevano sistemato sotto di lei.Sentì le sue mani che la tenevano ferma e poi l’argano che si abbassava improvvisamente, mentre il peso del corpo la faceva cadere dritta sopra quel grosso punteruolo. Lo sentì appoggiare contro l’apertura fremente dello sfintere e ancora non capiva di cosa si trattasse. Percepiva solo che era molto grosso e se la facevano scendere ancora quel coso l’avrebbe sicuramente storpiata. Poi l’argano si abbassò ancora e Francy urlò sentendosi spaccare, urlò a squarciagola, tendendosi tutta, mentre se lo sentiva sgusciare dentro l’intestino e il dolore le si diffuse dall’ano a tutto il corpo come una spirale inarrestabile. Il dolore cominciò piano piano, ma inesorabile, finché giunse ad un tale livello che cercò di gridare a squarciagola, poi svenne.La risvegliarono con i sali, dopodiché ritentarono l’impresa.Gridò, gridò a più non posso. Gridò con quanto fiato aveva in gola. Gridò il suo dolore, nel sentire un attrezzo dalle misure enormi, entrare nel suo culo.Le carni sembravano staccarsi letteralmente da lei, e svenne nuovamente.La risvegliarono, in un’altalena di sofferenza e svenimenti.Non volevano divertirsi solo con il suo corpo; volevano che lei dimostrasse e facesse sentire “il dolore” che provava.L’enorme attrezzo riuscì, dopo molti tentativi, ad entrare nel culo di Francy. Per un attimo non riuscì neppure a respirare, boccheggiò, senza però avere la forza di divincolarsi e, mentre un sudore freddo le bagnava tutto il corpo, si convinse che quell’affare le aveva già bucato qualche organo interno, e che non sarebbe sopravvissuta.Era tutta un manto di sudore, e la voce oramai era roca.La testa cominciava a farle male.Era impalata, completamente riempita da un paletto di legno liscio del diametro di otto centimetri, ma questo non l’avrebbe uccisa: semplicemente le sfondava il culo, allargandoglielo abbastanza perchè quando il rigido balocco le fosse stato estratto, esso mai più sarebbe tornato a dimensioni normali. – Te l’avevo detto che per prima cosa ti avrei allargata a dovere, non ricordi? – sussurrò Helen allungando una mano per pizzicarle i capezzoli.Francy non aveva neppure la forza di rispondere e tanto meno quella di muoversi: le pareva che al più piccolo gesto quel coso le sarebbe entrato ancora più in profondità, fino a distruggerla. E in effetti la faccenda stava proprio in quei termini: c’erano ancora dieci centimetri buoni di legno che potevano entrarle dentro al minimo comando della sua carnefice. Dieci centimetri di duro legno di frassino lungo il quale il sangue del suo ano lacerato stava cominciando a scorrere in rivoletti densi. Francy si azzardò a guardare sotto di se, vide il grande tavolaccio sopra il quale stava sospesa e capì che da lì partiva il rigido paletto che aveva nelle chiappe.Intuì quindi che solo una volta completamente adagiata sul tavolo l’avrebbe avuto dentro tutto, non prima.Implorò Helen di risparmiarle quell’ulteriore seguito di tormento, perchè sicuramente non avrebbe sopportato un’altra porzione di quel coso nel fondo dell’intestino.Con le lacrime agli occhi balbettò, piangendo disperata, le gridò accorata che era già completamente piena e che non sarebbe sopravvissuta ad altro dolore, non rendendosi conto che fu proprio la sua disperazione a convincere Helen ad arrivare fino in fondo al suo proposito. Erano il dolore, le suppliche, le preghiere che la eccitavano da pazzi, a cui realmente non sapeva resistere. E quella biondina piagnucolante aveva un’espressione così vulnerabile, distrutta, implorante che non potè attendere un solo istante di più.Ordinò ai due uomini di mollare completamente la carrucola. Le catene si allentarono, penzolarono molli, ma il corpo di Francy non si mosse, non scivolò, non appoggiava ancora sul tavolaccio ed era sostenuta sostanzialmente dal suo ano che faceva presa sul paletto che aveva infilato nel culo. La ragazza gridò terrorizzata con tutto il fiato che aveva in gola, ma bastò quel solo gonfiare i polmoni per urlare a sentenziare la sua fine: riprese a scendere sul fallo mostruoso che ormai le riempiva l’intestino, scivolando sul suo stesso sangue che fungeva da lubrificante. Stavolta provò ad impedirlo cercando di tirarsi su e dando inutili colpi di reni, ma non faceva altro che facilitare la sua autosodomizzazione. Piano, molto piano, e poi più velocemente, ma inesorabilmente, scese giù urlando al cielo la sua agonia, allargando le mani spasmodicamente come per afferrarsi a qualcosa, stirando le gambe e i piedi, arcuandosi, in un tentativo inutile di evitare quella tortura, andò giù come se nulla ormai potesse fermarla, ma il colpo che ricevette cadendo sul duro legno del tavolaccio, mentre riceveva nel culo l’ultima porzione di quel bastone, la fece quasi svenire di nuovo.Si zittì all’istante, annaspando, quasi le mancasse l’aria, con le cosce che rabbrividivano e il ventre che si inarcava e contorceva nel vano tentativo di sfilarsi da quel mostruoso fallo.Fu tutto inutile: Helen aveva già gli occhi lucidi per la goduria. Si strappò di dosso il lungo saio e rimase completamente nuda, mettendo in mostra un corpo superbo, asciutto, energico. Aveva tette non molto grandi e dritte dai capezzoli duri come noccioli e un folto pelo ricciuto da cui sporgeva un grosso fallo in latex che le svettava dritto e rigido contro il ventre.Francy voltò il capo e la vide tra le lacrime che le appannavano gli occhi.Era intontita dal dolore e non riusciva a capire con precisione se lei fosse ancora la donna di qualche minuto prima o un’altra, e cosa significasse quel cazzo mostruoso che teneva legato in vita mediante cinghie di cuoio.Aprì la bocca, tentando di dire qualcosa, ma non vi riuscì.Le pareva di avere un unico dolore sordo e pulsante in tutto il corpo, di essere stata riempita a forza, fino alla gola quasi, con qualcosa di enorme, di rigido e appuntitoNon poteva compiere un solo gesto e non tanto perchè era ancora legata mani e piedi, quanto perchè il minimo movimento le procurava un dolore insopportabile.Vide la donna avanzare verso di lei e la paura trasformò i suoi occhi in pozzi di orrore senza fine.Con un gesto Helen le fu sopra, a cavalcioni dei fianchi, seduta sulle sue cosce. Il peso spinse la ragazza ancora di più perpendicolarmente sopra il paletto di legno e glielo fece sparire fino all’ultimo millimetro all’interno del retto. Spalancò la bocca, ma solo un flebile gemito modulato, di animale agonizzante, le sfuggì dalla gola ormai riarsa dal tanto urlare. Vedendola, sdraiata sul tavolo, nessuno avrebbe immaginato che nascondesse dentro il proprio corpo qualcosa di così grosso e lungo.Helen si insinuò tra le sue cosce spalancate, puntò il grosso fallo che le adornava il ventre contro l’imboccatura della sua fica, ormai asciugatasi dagli umori che l’avevano poco prima imbrattata, lo appoggiò sotto il clitoride e poi spinse con ferocia, affondandole dentro con un solo colpo di reni. Francy spalancò nuovamente la bocca, ansimò, boccheggiò, sbattè i piedi convulsamente sul tavolaccio, ed ebbe la precisa sensazione di morire, la sua agonia fu atroce, il dolore inimmaginabile. Ebbe la netta sensazione che quei due cilindri si sfiorassero dentro il suo corpo, si strofinassero l’uno contro l’altro, che avessero abbattuto tutte le barriere e le avessero aperto un’unico buco nel ventre.Le pareva di avere un’unica enorme voragine all’interno del proprio corpo, un’unica galleria di carne pulsante e stillante dolore da ogni singola fibra in cui quei due freddi spadoni duellavano convulsamente.Helen le si stese sopra lascivamente, si aggrappò alle sue spalle e prese a scavarla con forza. La montava come fosse stata uno stallone, con frenesia e violenza, ansimando e sospirando parole sconce con voce roca.Francy guardò il suo viso sconvolto dall’eccitazione, la fronte imperlata di sudore, i corti capelli biondi, gli occhi scuri e balenanti di lussuria, le mani che le affondavano nella carne, quasi per impedirle di fuggire proprio nel momento in cui il godimento la devastava. – Prendi, piccola puttana, fatti sfondare e fatti riempire! – gemette chinando la testa sui suoi capezzoli per addentarglieli rabbiosamente. – Ti lascerò un culo così largo che non strillerai più quando un uomo te lo ficcherà dentro, ma implorerai che ti sfondi, implorerai di avere cazzi sempre più grossi per riempirti l’intestino! -Poi, nel velo di torpore doloroso che le velava gli occhi, Francy si accorse dei due uomini che si erano sistemati accanto a loro e che scrutavano entrambe con espressioni bramose.Non attesero il permesso di Helen questa volta! Del resto lei era troppo intenta a scopare la ragazza per occuparsi di loro, e quindi si slacciarono le tuniche e misero in mostra due robusti cazzi, grossi e solcati da vene scure e turgide, già tesi e lucenti delle prime gocce di secrezione preorgasmica.Si avvicinarono al tavolo e presero a strofinare le cappelle violacee contro il viso di Francy, che per quanto scuotesse la testa da una parte e dall’altra incontrava sempre il membro dell’uno o dell’altro. – Prendi, succhia, troietta! Perchè cerchi di sfuggire? Non hai scampo! – sussurrò uno dei due. – Non fare la schizzinosa, ti piacerà vedrai. E poi con quella bocca puoi solo fare pompini! – gli fece eco l’altro. – A Sergio non diresti mai di no, non è così? – sussurrò Helen con gli occhi lucidi e ammiccanti.Francy guardò il viso che si protendeva verso di lei, lo guardò come per capire se avesse sentito proprio bene. – Sergio ti ha mandato qui, come te lo devo ripetere! – continuò la donna, affondando dentro di lei con forza.Per Francy quelle parole furono una sorta di doccia fredda, una mazzata terrificante che le si abbattè sul cuore.Improvvisamente ricordò il suo uomo, i mesi trascorsi con lui, i loro giochi violenti, la sua voglia di vederla piangere e soffrire e tutto ciò assunse quindi una dimensione più umana, più reale.Si, era possibile che lui l’avesse mandata da quei pazzi scatenati. Era possibile che avesse voluto farla soffrire fino a quel punto, che l’avesse amata e che ancora l’amasse tanto da volerle far provare l’emozione di un dolore insopportabile.Pensò a lui e rabbrividì. Di desiderio.Questo era il suo volere, quel che lui le aveva riservato: come poteva ribellarsi all’uomo che amava?Improvvisamente il dolore parve attenuarsi, tramutarsi in un calore liquido e denso che andava ad inondarle tutto il corpo, così come aveva fatto tante volte lo sperma dell’uomo che amava.Non era stata abbandonata, anzi! Lui era lì, con lei, dentro di lei, sotto forma di quel dolore che l’aveva quasi fatta impazzire. Chiuse gli occhi e rivide il suo volto acceso di desiderio, che si chinava su di lei, e beveva le sue lacrime. Le parve di sentire le sue labbra che le sfioravano il viso in cerca di gemiti di cui saziarsi. Aprì gli occhi e tra le labbra si trovò invece la cappella congestionata di uno degli uomini. L’accolse con un gemito di piacere, un singhiozzo di nostalgia. Poi prese a leccare e a succhiare, senza più esitazione, senza più ripensamenti.Ecco, questo era ciò che lui voleva, non poteva che ubbidirgli.Helen vide i suoi occhi improvvisamente lucidi di voglia, quasi trasformati da una misteriosa alchimia e allora riprese a stantuffarla con forza, a montarla selvaggiamente, spingendola con portentosi colpi di reni contro il randello di legno che le affondava nel culo. Guardò Francy che, impaziente, voltava la testa da una parte e dall’altra, per succhiare entrambi i cazzi, per far godere ognuno dei due uomini e poi che muoveva i fianchi incontro al fallo finto con cui la impalava, scivolando su e giù, attorno al paletto di legno che sbucava dal tavolo. Si stava fottendo praticamente da sola, si offriva e si lasciava sfondare violentemente.A quel punto si sarebbe anche lasciata uccidere, spaccare completamente, per amore di Sergio.Helen lo capì.E lo capirono anche gli altri due uomini, e tutto ciò li fece arrapare così violentemente che non poterono più resistere. L’orgasmo li travolse e trascinò con sè anche Francy, ormai completamente ricoperta di sperma e di sangue, ma boccheggiante di felicità. Sergio aveva osservato tutta la scena da uno spioncino nel muro. Aveva rabbrividito con Francy quando quel palo di legno le si era conficcato interamente nel culo! Aveva sospirato quando Helen era riuscita a farla gemere di piacere ed aveva combattuto una furiosa lotta con se stesso quando le sue urla erano risuonate in tutte le stanze dell’antico monastero, quando l’aveva vista sbiancare e quasi svenire per le sofferenze indicibili e avrebbe voluto correre da lei e liberarla… E prometterle che niente di simile sarebbe mai più accaduto!E invece non aveva fatto niente per lei!Era rimasto immobile contro la parete a guardare e ad ascoltare, sapendo che, prima o poi, lei avrebbe capito e che il dolore, inevitabilmente, si sarebbe trasformato in piacere.Era ciò che lei voleva: la totalità delle emozioni!E lui quello le avrebbe dato!Amarla poteva realmente poter dire anche non fare nulla per salvarla da quei tre pazzi scatenati: darle l’emozione di quel dolore che sarebbe sempre rivissuto sulla pelle di lei, ogni volta che la minima cosa glielo avesse ricordato.Sergio, a tratti, si era odiato per ciò che le aveva fatto, eppure, a tratti, aveva anche goduto. Si, nuovamente aveva goduto delle lacrime, della sofferenza e del tormento della donna che amava.Aveva sospirato insieme a Helen mentre la frustava e la sua pelle delicata si apriva dopo ogni sferzata; aveva goduto del fallo di gomma della donna che le si conficcava nella fica e la spalancava, scavandole un tunnel profondo nel ventre e, inevitabilmente, il cazzo gli era diventato duro anche quando i due uomini le si erano avvinghiati contro, ficcandole le grosse cappelle in bocca e rovistandole il palato, senza pietà.Aveva immaginato di esserci lui, con il proprio cazzo, fra quelle labbra, ma forse in quel caso il piacere non sarebbe stato identico a quello che provava vedendola violata da due altri uomini.L’amava! L’idea di cederla a qualcun altro lo faceva impazzire, ma, allo stesso tempo, lo desiderava: voleva che ciò avvenisse, e sotto i suoi occhi!Questo lui voleva, questo lo faceva boccheggiare di desiderio.E le due donne che aveva in quel momento accucciate a propri piedi, inginocchiate di fronte al proprio cazzo scalpitante, intente a leccarlo e a succhiarlo voracemente, non gli davano, sicuramente, la stessa emozione che sapeva procurargli Francy, gridando che non poteva più sopportare tanto dolore.La follia lo rendeva cieco e impaziente.Per questo neppure si accorse dei mugolii emessi da quelle due che gli succhiavano, di buon grado, il glande paonazzo, e neppure badò alle deboli proteste che sollevarono appena le afferrò per i capelli e se le spinse ancor di più contro il proprio cazzo; o quando, scosso da brividi irrefrenabili, intontito e confuso dalle urla agghiaccianti di Francy, affondò le unghie nelle tenere carni delle due, con violenza, fino a farle sanguinare.Ciò che veramente avrebbe voluto era di avere Francy sotto le unghie, e aprire la sua di pelle, la sua carne, e vederne sgorgare il sangue, il suo giovane sangue bollente…E invece aveva pazientato, sapendo che la gioia più grande sarebbe venuta assistendo al suo dolore che si trasformava in piacere. Non si era mosso e aveva goduto insieme a lei quando l’orgasmo l’aveva travolta, e il desiderio di ubbidire ai suoi ordini indiretti, così come le aveva confermato Helen, l’aveva resa vogliosa e impaziente come una troietta.Francy voleva essere la sua schiava, appartenergli, ubbidire incondizionatamente ad ogni suo ordine. E ciò che lei stava facendo e subendo ne era la prova inconfutabile. Avrebbe accettato qualunque cosa le fosse derivata da lui, dalla sua volontà, sia che fosse piacere oppure… dolore! Le tre ragazze incappucciate le giravano attorno frettolosamente, con aria sicura e competente. Sapevano esattamente dove posare le mani e cosa fare. L’avevano slegata e l’avevano fatta stendere su una larga e lunga asse di legno, poi le avevano saldamente legato polsi e caviglie, ancora escoriati e sanguinanti, agli spigoli. – Perchè mi legate nuovamente, non siete ancora sazi di ciò che mi avete fatto? – domandò Francy con la sensazione che forse mai più sarebbe uscita da quel luogo e forse Sergio si era già dimenticato di lei.Ma le donne erano ben addestrate e non risposero alle sue domande. Le avevano già medicato l’ano ferito e lo avevano cosparso di una pomata lenitiva e astringente, che già era stata assorbita dalla sua pelle. Le sistemarono un cuscino sotto le reni perchè l’interno delle cosce rimanesse un poco sollevato e quindi facilmente raggiungibile, poi una di loro si avvicinò con una grande pentola in cui ribolliva dell’acqua. La posò sul tavolo e attese che un’altra ragazza le passasse un lungo tubo di gomma provvisto di un grosso beccuccio appuntito all’estremità. Dall’altra parte fissarono una specie di imbuto, molto largo.Francy poteva vederle trafficare con quegli attrezzi, ma nonostante continuasse ad implorare spiegazioni nessuna si degnò di rivolgerle la parola.Ridacchiavano tra loro, come ragazzine intente a preparare qualcosa di eccitante e divertente, commentando con disinvoltura l’effetto che i loro traffici avrebbero sortito sulla ragazza.Un’altra si avvicinò con una bottiglia piena di un liquido scuro e leggermente rosato. – Helen ha detto di aggiungere anche questo! – disse alle altre ragazze.La guardarono indecise. – Ma le farà molto male! – osservò una di loro.L’altra per tutta risposta alzò le spalle. – Sono le regole, lo sapete bene. – disse.Allora versarono il contenuto della bottiglia dentro l’acqua calda, fino all’ultima goccia, e poi presero un mestolo di legno e lo rimescolarono con cura.Si avvicinarono a Francy.Una reggeva la pentola, l’altra l’imbuto e la terza si chinò ad insinuare le mani tra le cosce di Francy e a spalancarle le chiappe.Le infilò un dito nel culo senza difficoltà. – Ha un bel buco, dopo il trattamento che ha appena ricevuto, e bisognerà fare attenzione. Potrebbe perdere tutto il liquido appena glielo introdurremo dentro! -Francy spalancò gli occhi. – Cosa? Non potete farlo, non provateci neppure! – Non le badarono neanche, ma si munirono di un fazzoletto che arrotolarono stretto attorno all’estremità del beccuccio di plastica, perchè non andasse sprecata neppure una goccia di quel liquido bollente. Poi, mentre Francy si dibatteva e gridava per l’orrore, le conficcarono a forza la cannula nell’ano, la inserirono fino in fondo, la bloccarono e presero a versare il liquido dentro l’imbuto. Francy cominciò a urlare non appena le giunse all’imboccatura dell’intestino.Divenne tutta rossa, prese a dimenarsi convulsamente, ma inutilmente. Le ragazze guardarono il suo viso contratto in una smorfia di sofferenza indicibile, ma non si fermarono. Dovevano già essere abituate a effettuare simili trattamenti. Le fecero entrare nelle viscere tutto il liquido, circa due litri, sino all’ultima goccia. Francy sentì il bruciore dell’acqua bollente e quello dell’altro liquido che vi era stato versato. Qualcosa che dall’odore assomigliava all’aceto puro. Si contorse mentre il corpo le si copriva di una patina di sudore freddo e poi smise persino di gridare. Le ragazze le lasciarono dentro la cannula, avvolta nella parte terminale dal tessuto del fazzoletto che faceva da guarnizione, staccarono il tubo e procedettero al resto della preparazione.Non badarono alle lacrime che colavano lungo il viso di Francy e perchè non le venisse in mente di ricominciare a gridare, le ficcarono tra i denti un’arancia, in modo che non potesse nè gridare, nè sputare il grosso frutto. L’arancia la costringeva a stare con la bocca spalancata all’inverosimile e le mascelle dopo un poco cominciarono a dolerle, per un attimo credette di soffocare, ma poi si abituò anche a quella nuova tortura.Si sentiva un oggetto ormai, un giocattolo.Non poteva muoversi, non poteva parlare, nè gridare, e aveva il ventre gonfio a dismisura di quel bruciante liquido che pareva giungerle fino in gola. Le tolsero il cuscino da sotto la schiena e, mentre una ragazza le fissava due candele dritte sopra i capezzoli mediante delle mollette di metallo munite di dentini acuminati, l’altra si avvicinava con un fiammifero. Accesero gli stoppini e lasciarono che le fiammelle divampassero nette. Poi soddisfatte, cominciarono a cospargerle tutto il corpo di una sostanza chiara e appiccicosa. I capezzoli, straziati, la stavano facendo impazzire.Francy non riusciva a comprendere cosa potesse significare tutto ciò: le pareva un gioco assurdo, inutile. Vide una delle ragazze immergere un dito nella vaschetta da cui traeva la sostanza e portarselo alla bocca. – E’ delizioso! – sospirò leccandoselo per bene. – La divoreranno! -Francy strabuzzò gli occhi e allora finalmente una di loro ebbe pietà. – E’ semplicemente miele – disse. – Non fare quella faccia terrorizzata! -E per dimostrare che diceva la verità si chinò tra le sue cosce, dove era già stata ampiamente cosparsa e prese a slapparle golosamente il dolce succo d’api, nonchè le labbra della fica.Francy chiuse gli occhi: non era certo il momento migliore per illanguidirsi, ma quella linguetta vorace che la rimestava velocemente, con ingordigia, gustandola come fosse stata realmente un dolce, le faceva venire i brividi in tutto il corpo. Ma poi una goccia di cera bollente, la prima di mille e mille, le scivolò sulle tette e la riportò alla realtà.Aprì gli occhi e vide una delle ragazze infilare con un grosso ago munito di un robusto filo dei piccoli frutti colorati: albicocche, prugne, ciliege e quando ne ebbe fatta una bella collana ordinò all’altra ragazza di allargarle per bene le labbra della fica. – Non ti sembrano troppi? – domandò quest’ultima.L’altra scosse le spalle. – Può darsi, comunque deve prenderli dentro tutti, è necessario! -E così dicendo cominciò a infilare dentro la nicchia buia della vagina quei frutti tondeggianti, ad uno ad uno, finchè non rimase all’esterno che la punta di un’albicocca. – Ecco, è perfetta! – disse soddisfatta. – Pare un dolce di Natale! -Ridacchiarono tutte, mentre Francy si sentiva il ventre sempre più gonfio per il liquido rovente e la frutta colorata. Avvertiva crampi dolorosi attanagliarle le viscere e lo stimolo di evacuare si faceva ogni istante più pressante.A questo punto tornarono nella stanza gli uomini, che sollevarono sulle spalle l’asse di legno su cui era legata e la trasportarono fuori, attraverso cunicoli scuri e antichi corridoi.Francy era terrorizzata.Cosa sarebbe successo?
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