D’un tratto udì un fitto parlottare, risate soffocate, gente che chiaccherava confusamente e allora smise di farsi domande e attese, coi nervi all’erta e i capezzoli tesi dentro le pinze di metallo, per il terrore e l’eccitazione!Si spalancò una porta e il suo ingresso fu accolto da un lungo applauso.Francy rabbrividì.Era circondata da una folta schiera di uomini e donne, tutti con indosso lunghe tuniche scure, allacciate con un solo bottone sotto il mento.Sotto erano tutti completamente nudi.Attraversando la sala Francy potè vedere decine di cazzi tesi e già duri, coglioni gonfi e pieni come frutti maturi. E po fiche coperte da cespugli più o meno fitti, ricciuti, grondanti eloquenti umori, oppure già gonfie, aperte, disponibili a lussuriosi giochi.Era un’orgia in piena regola, un incontro di maschi e femmine arrapati come scimmie, disposti a tutto pur di godere!Francy se lo sentiva, nonostante non potesse vedere i loro volti perchè coperti da alti cappucci neri e appuntiti: parevano i partecipanti di una strana congrega, di una setta forse, che comunque alla base di tutto e come punto di arrivo di qualunque cosa, avevano il sesso, la lussuria, la libidine.Sentì che i due uomini l’abbassavano lentamente e l’adagiavano sul tavolo che troneggiava in mezzo alla stanza e che era apparecchiato di tutto punto per almeno trenta persone.Lei, sopra quella specie di rudimentale vassoio, fu posta nel centro, quasi fosse stata una porchetta cotta al forno e pronta da sbranare a morsi da tutti quanti. – Signori, a tavola! – gridò qualcuno.E allora tutti si precipitarono al loro posto e senza attendere oltre allungarono le mani sulle varie portate.Francy voltò la testa da una parte all’altra e li vide mangiare avidamente, addirittura, alcuni, senza usare le posate e poi bere grandi boccali di vino attraverso il foro praticato nel cappuccio all’altezza della bocca. Ridevano nel frattempo e parlavano fra loro, lanciando occhiate divertite e, a volte, fameliche al suo indirizzo.Lei non poteva fare altro che guardarli in silenzio, senza fare un gesto, completamente offerta in quell’umiliante posizione. Aveva il ventre gonfio e teso come un tamburo, la fica colma fino a dolerle, le mascelle sembravano volersi slogare da un momento all’altro e la cera che colava sopra le tette la faceva sobbalzare di dolore. Le parve di non sentire più i capezzoli per l’indolenzimento delle mollette dentate che li stritolavano, eppure nessuno si prodigò di alleviare, almeno un po’, la sua sofferenza.Parevano interessati unicamente a mangiae e bere, almeno finchè non furono abbastanza pieni da cominciare a snobbare il cibo.Francy capì che il momento era giunto quando vide l’uomo al suo fianco infilare una mano sotto la tunica della donna che aveva accanto e strizzarle i capezzoli fino a farla gemere, e lei che contraccambiava afferrandogli il membro e smanacciandolo lentamente.Quelli di fronte a loro li imitarono subito e, mentre la donna si chinava su un cazzo duro con la bocca spalancata, i due uomini che le stavano al fianco tuffarono una mano ciascuno in mezzo alle sue cosce e con le dita presero a frugarle la fica umida e spalancata.I giochi degenerarono rapidamente in complicatissimi amplessi e lussuriosi avvinghiamenti. Poi qualcuno scostò bruscamente con la mano bottiglie e stoviglie e adagiò sopra la tavola una giovane donna dalla fica pruriginosa e in tre si chinarono a slinguarla dal collo fino alle punte dei piedi che presero a succhiare come se gli alluci fossero stati piccoli cazzi. Lei godeva e di buon grado si lasciava toccare e rovistare, poppando con foga il grosso cazzo che qualcuno le aveva ficcato in gola.Francy li guardava affannarsi l’uno sopra l’altro e la scena, del tutto simile ad un baccanale, le mise addosso uno strano fremito. Sicuramente, se fosse stata libera si sarebbe buttata nella mischia, ma in quelle condizioni…Tra l’altro dopo le umiliazioni subite, e le torture, accondiscendere ai loro giochi erotici non sarebbe stata certo una dimostrazione di dignità: tanto valeva dichiarare apertamente di essere una grandissima troia, disposta a tutto e a lasciarsi maltrattare in qualunque modo pur di raggiungere poi l’orgasmo tanto agognato.La cera che le colava sui capezzoli la rese frenetica, la stuzzicò, procurandole una serie di brividi irrefrenabili dappertutto e poi quel rimescolamento dentro il ventre non l’aiutava certo a stare tranquilla.Si accorse che avrebbe desiderato da pazzi essere libera di gettarsi nella mischia, specialmente quando un uomo, abbandonata tra le braccia di un altro la donna già a sua disposizione, le si avvicinò, allungò la lingua e prese a leccarle le tette coperte di miele.Abbassò un poco il viso e lo sentì sospirare di piacere, mentre accucciata sotto la sua tonaca c’era una ragazza che gli spompinava il cazzo in tutta tranquillità. – E’ deliziosa: mi sembra proprio il caso di dirlo! – sospirò l’uomo spostandosi verso il ventre di Francy e tuffando il viso tra i suoi riccioli, impiastricciati di miele. Francy mugolò sommessamente: non aveva alcuna intenzione di gridare, ma piuttosto di pregare l’uomo di leccarle e accarezzarle la fica, ma l’arancia che aveva in bocca glielo impediva.Comunque lui capì lo stesso perchè si tuffo sul cappuccio teso del suo clitoride, lo prese tra le labbra e lo scappucciò come fosse stato un piccolo pene. Francy sobbalzò e tentò di spingere i fianchi contro la sua bocca. Voleva vederlo succhiarla e slinguarla, ma il gonfiore smisurato del ventre glielo rendeva impossibile. Poteva soltanto godersi le sensazioni violente, i sospiri dell’uomo, e i gemiti della ragazza accucciata sotto di lui. Ma non poteva vedere.Aveva ormai gli occhi lucidi di desiderio, il respiro affrettato e i capezzoli così turgidi dentro le pinze d’acciaio, che il metallo quasi le trapassava.Mugolò come un animale braccato, attirando l’attenzione di qualcun altro. – Oh, ma abbiamo dimenticato il dessert! – esclamò qualcuno tra l’ironico e l’arrapato, quasi che lei fosse stata solo un oggetto e non una persona in carne e ossa, costretta a subire l’umiliazione di venir offerta a tutti quegli sconosciuti, anche contro la propria volontà.Certo era eccitata, ma non le piaceva l’idea di dover soddisfare chiunque, dalle donne agli uomini, da quegli stessi energumeni che si erano divertiti a torturarla sadicamente, fino alle ragazzine insensibili che, incuranti delle sue urla, le avevano riempito il ventre con l’aceto bollente.Improvvisamente si sentì come un giocattolo e poi usata, sfruttata.A tutta quella gente non importava praticamente nulla che lei godesse o meno. Non erano affari loro se la sua fica smaniava di desiderio, mentre il ventre le doleva per la tensione a cui era costretto. Pensavano solo al loro piacere, alla loro soddisfazione: nient’altro aveva importanza.E come per confermare questi suoi sospetti si avvicinò una delle ragazze più giovani che, con voce roca, le domandò: – Ti piacerebbe se ti togliessi questa cosa di bocca? -Francy annuì vigorosamente: aveva le mascelle completamente indolenzite dopo essere rimaste spalancate per tanto tempo e aveva voglia di tornare a respirare liberamente.Annuì quindi, implorò la ragazza con uno sguardo eloquente.Lei allora sorrise.Saltò sul tavolo, le tolse il grosso frutto dalla bocca, ma prima che lei potesse dire qualunque cosa, o anche solo ringraziarla, le si era già sistemata a cosce larghe sopra il viso e le spingeva la fica gocciolante contro le labbra.Francy tentò di divincolarsi, di scuotere la testa ma fu inutile.La ragazza le si avvicinò ancor di più e si strofinò contro di lei fino a quando gli umori le bagnarono il viso imponendo al suo naso una puzza asprigna, una mescolanza di urina e di succhi femminili. Allora fece penetrare la lingua nella fessura lubrificata della ragazza e s’affannò a leccarla, a succhiarla doverosamente.Contemporaneamente qualcuno le staccò le pinze dai capezzoli. Le candele erano ormai completamente consumate e le avevano ricoperto tutti i seni di calda cera che le andava velocemente solidificandosi contro la pelle: nel centro rimanevano scoperte solo le punte violacee dei capezzoli martoriati.Un’altra donna si tuffò immediatamente in avanti, li prese ghiottamente in bocca e con forza li strinse fra i denti finchè il ricordo del dolore, provocato dalle pinze d’acciaio, non fu granchè in confronto alla furia di quei morsi. Francy tentò di urlare, ma il suo gemito si perse in fondo all’utero della ragazza che aveva sopra. Il piacere provato poco prima si trasformò subito in un’ennesima sofferenza: ora non c’era solo il dolore della tortura, ma anche la frustrazione di aver voglia di godere, nonostante tutto, e non poterlo fare!In compenso doveva continuamente impegnarsi a sollazzare tutto quel gruppo di sadici arrapati!Le venne voglia di gridare, di vendicarsi, e istintivamente chiuse i denti attorno alle labbra di quella fichetta giovane, e addentò la tenera carne con forza e rabbia.La ragazza lanciò un urlo straziante e balzò in piedi, inorridita, spaventando anche tutti gli altri. – Mi ha morso!… Mi ha morso questa troia. Guardate qui! – gridò con le lacrime agli occhi.In effetti sulle pallide labbra del suo sesso erano impresse le impronte dei denti di Francy, che approfittando di quell’attimo, urlò che li avrebbe denunciati tutti quanti una volta tornata in libertà!Ma poi non riuscì più ad aprire bocca. Le si avventarono sopra come furie e se anche prima avevano forse avuto qualche remora nell’usarla esclusivamente come un oggetto di piacere, ora ciò non esisteva più, ora si sentivano in diritto di punire quella piccola vipera, quella puttanella arrogante e prepotente.Un grosso cazzo congestionato le si ficcò in gola sino all’elsa facendola tossire e lacrimare, mentre il proprietario le intimava di non osare morderlo o realmente avrebbe passato dei guai e, per convincerla, prese a strizzarle selvaggiamente le punte dei seni.Qualcun altro le si accostò alla fica con le labbra, afferrò con i denti il filo che ne sporgeva e tirò. Immediatamente una piccola albicocca rotolò fuori, lucente grazie agli umori vischiosi e caldi della ragazza. Francy sentì lo strappo, qualcosa che dentro la vagina le si muoveva, facendola rabbrividire di piacere e allora, suo malgrado, di nuovo, un denso flusso la inumidì tra le cosce, inzuppando la frutta che ancora custodiva nel ventre.Sospirò prendendo a pompare con più partecipazione il grosso glande violaceo, illanguidita dall’eccitazione di una nuova bocca accostata alla sua fica. Ogni strappo le rubava un gemito di piacere, un brivido irrefrenabile. Era completamente scossa dal desiderio e quando si trovò con la fica vuota, senza più ritegno, cominciò ad implorare che qualcun altro gliela riempisse, magari con un portentoso cazzo.Quelli attorno si guardarono soddisfatti: erano riusciti a farla cedere, ad averla in loro completo potere. Era una troia, non c’era più alcun dubbio e lei stessa era disposta ad ammetterlo: infatti cominciò a singhiozzare. – Vi prego, riempitemi di nuovo, non posso resistere così, ho bisogno di un cazzo vero dentro il ventre! -Si avvicinarono in fila indiana, disposti a darle ciò che si meritava, quando un altro uomo incappucciato li bloccò. Non disse nulla, non aprì bocca, si limitò ad ordinare che la ragazza venisse sciolta, girata sotto sopra e messa alla pecorina.Francy gridò e si dimenò selvaggiamente.Aveva intuito le intenzioni di quell’uomo ed era proprio ciò che aveva temuto fino a quel momento potesse accaderle…Lui infatti le fece sollevare le chiappe in aria e con un gesto brusco e deciso le strappò, dal grinzoso buchetto, la cannula di plastica. Francy urlò ancora ed immediatamente la pressione al basso ventre divenne insopportabile e incontenibile. Lo stimolo a scaricarsi fu indomabile.Urlando e piangendo per l’umiliazione che annullava, in un solo istante, il piacere accumulato in tante ore, evacuò tutto il liquido che le tendeva il ventre, lì, in mezzo al tavolo e di fronte a tutti.Non si rese conto che tutto ciò non fece che arraparli ancor di più, al punto che non potendo attendere oltre si gettarono uno sull’altro e l’abbandonarono nelle mani del misterioso incappucciato. Questi, del resto, aveva gradito la scena non meno di tutti gli altri e, soprattutto, aveva goduto delle lacrime di frustrante umiliazione della ragazza al punto che il cazzo gli era balzato subito in furiosa erezione.Attese che gli spasmi del suo sfintere si acqietassero e poi, senza concederle tregua, si apprestò a sodomizzarla. Le appoggiò la grossa cappella a fungo all’ano ancora palpitante dello stimolo ad evacuare e poi la spinse dentro con un colpo solo. Francy emise un urlò agghiacciante e fece un balzo in avanti per sfuggire a quella dolorosa introduzione, ma fu subito bloccata da un paio di incappucciati che si gustavano la scena.Il cazzò le entrò dentro come un maglio, andando a riaprire le ferite che il grosso paletto di legno le aveva provocato appena qualche ora prima. L’uomo la inculò, inzuppando il suo cazzo nel sangue, che usciva in una certa quantità.Francy sentiva un dolore fortissimo. Credeva di essere inculata da un cazzo di carta vetrata. Il sangue aveva indubbiamente lubrificato il buco, ma il cazzo dell’uomo, andava a sfregare contro le ferite. Si piegò tutta in avanti, per cercare di sentire meno dolore, lanciando dei gemiti e delle implorazioni.Non ne poteva più.L’uomo estrasse il cazzo tutto insanguinato, lo guardò soddisfatto e poi lo infilò nuovamente dentro facendola urlare ancora e ancora, il calore che trovò nel suo corpo, acceso e infiammato dal clistere di aceto, lo fece gridare di goduria e prorompere, dopo altri pochi colpi, in un lungo e copioso orgasmo.Francy gridò insieme a lui, sentendosi allagare l’intestino.Ebbe la netta sensazione di venir inondata di un nuovo calore e ora che aveva sfogato tutta la tensione se lo poteva godere al meglio.Nascose il viso, stringendo i denti per scacciare il dolore e vergognandosi come non mai, ma non potè rinunciare all’orgasmo che andò a scuoterla in ogni particella del proprio corpo. Francy aprì gli occhi lentamente, muovendosi piano.Era completamente indolenzita e si sentiva ancora un bruciore insistente dentro l’intestino. Allungò una mano per stringersi la vulva, quasi nel timore che un movimento un po’ più brusco l’avrebbe mandata in frantumi. Si guardò attorno ma Sergio non era accanto a lei. Le bastò solo un rapido giro della casa per accorgersi che era sola.Doveva aver sognato, certamente!Aveva avuto un incubo in cui misteriosi uomini incappucciati la violentavano ripetutamente, sottoponendola ad un’interminabile serie di torture e umiliazioni.Prese l’abito dal pavimento e andò in bagno e qui, di fronte allo specchio appeso alla parete, si bloccò.Aveva i polsi e le caviglie coperti da profondi solchi bluastri, i capezzoli martoriati, il corpo segnato dai lividi delle frustate, i seni arrossati come fossero stati scottati.Possibile che non fosse stato un sogno? Eppure il suo corpo era perfettamente pulito.Gettò subito un’occhiata verso la vasca del bagno e sul fondo vide abbandonati due robusti pezzi di corda.Sospirò, chiudendo gli occhi.Dunque era stato tutto vero!Non ricordava cosa fosse accaduto dopo quell’infernale orgia nel monastero, ma qualcuno, uomo o donna che fosse, doveva averla ricondotta a casa di Sergio, e ripulita, anche se non ricordava quegli ultimi particolari.Si coprì gli occhi con i palmi delle mani, ma le immagini di quell’inferno erano ormai dentro di lei, quasi incise nel suo corpo: non avrebbe mai più potuto dimenticarle. E neppure sarebbe servito tapparsi le orecchie come fanno i bambini, per non sentire più le sue stesse urla di sofferenza e godimento, o le frasi sconce di quanti le stavano attorno, dell’uomo che infine l’aveva rovistata con forza disumana, sfondandola completamente e imponendole un orgasmo che era una pubblica dichiarazione di resa incondizionata.Si buttò sotto il freddo getto della doccia, ma neppure questo le fu di sollievo.Ciò che voleva scacciare era dentro di lei, ma lo aveva vissuto: le sarebbe stato impossibile liberarsene, ormaiNon poteva, pur volendolo con tutte le sue forze, dimenticare le umiliazioni subite, il dolore ma soprattutto Sergio, che aveva voluto tutto ciò per lei.Lui l’aveva mandata in quel luogo, lui l’aveva gettata tra le braccia di quell’orda di maschi famelici: solo con lui doveva prendersela.Sentì un dolore acuto dentro il petto, qualcosa che la dilaniava, la lotta tra l’amore prepotente che voleva continuare a sopravvivere, ad ogni costo, e la ragione che le imponeva di andarsene, di lasciare quella casa e il suo proprietario prima che fosse troppo tardi.Doveva farlo! Doveva scordare l’amore, questa volta!Si vestì in fretta, scappò verso la porta, ma proprio mentre aveva serrato la mano sulla maniglia, squillò il telefono.Francy non aveva alcuna voglia di tornare indietro, di fermarsi, di rispondere al telefono. Sapeva di non doverlo fare, che doveva essere “lui”.Restò immobile. Che senso aveva parlargli se stava tentando di sfuggirgli?Che cosa aveva ancora da dirgli, se non che lo disprezzava, lo odiava e sperava di non incontrare mai più, in tutta la sua vita, qualcuno che somigliasse anche lontanamente a lui?E poi perchè concedergli un’altra possibilità di inventare scuse, spiegazioni, coincidenze, per giustificare quello che aveva fatto?Perchè permettergli di avere la meglio ancora una volta?Doveva dimenticarlo, non c’era altra soluzione.Ma il telefono continuava a squillare, e forse lui aveva avuto un incidente, forse stava male e aveva bisogno di lei! Come poteva essere certa che non fosse così?Corse all’apparecchio prima che fosse troppo tardi, prima che il suono cessasse. Sollevò il ricevitore col cuore in gola e il respiro affrettato. Aveva bisogno di lui come dell’aria per respirare! – Cosa stavi facendo? – le domandò con voce tagliente.Lei si guardò attorno spaesata, vide la sua sacca con la sua roba vicino alla porta. – Niente! – rispose, ma la voce le tremò leggermente. – Dimmi la verità! – insistette lui.Francy esitò, non poteva dirgli che stava tentando di andarsene, non era più certa di volerlo fare o forse temeva la sua reazione: temeva che la implorasse di restare, di non lasciarlo, e che non sarebbe stata capace di tener fede al suo proposito. – Dormivo – disse in un sussurro. – Mi fa male dappertutto… -Ecco, l’aveva detto, ora sicuramente lui avrebbe finto di non capire, di non sapere a cosa si riferisse e lei non avrebbe trovato il coraggio di accusarlo apertamente. – Lo so! – rispose invece Sergio, contro ogni aspettativa. – Ti fanno ancora male i polsi? – aggiunse poi.Francy non poteva credere alle proprie orecchie: veramente credeva di poterne parlare con tanta tranquillità? Come se si fosse trattato di una passeggiata nel parco, trascurando ogni responsabilità? – Certo che mi fanno male! Che ti credi? – esclamò stizzosamente. – Ma questo t’importa? -Lui tacque qualche secondo e Francy temette che avesse riattaccato. – Come credi che ne saresti uscita se ti avessi lasciato nelle loro mani, quando imploravi che ti prendessero, che ti sfondassero senza pietà?! – le domandò di rimando.Francy ammutolì e rivide davanti agli occhi il profilo dell’uomo incappucciato, che aveva allontanato gli altri bruscamente per strapparle la cannula dal culo. Arrossì violentemente, ma per fortuna questo lui non poteva vederlo. – Tu mi hai mandata là dentro! – protestò pensando alla vergogna provata, all’umiliazione subita. – Tu hai voluto farmi del male e sentirmi urlare di dolore! – gridò ormai con gli occhi pieni di lacrime.Non voleva rivedere tutto ciò. Voleva andarsene e ricordare solo i momenti belli e l’amore. Nient’altro. – Hai goduto, però. – disse lui.Francy non rispose. Non voleva dargli la soddisfazione di sentirselo ammettere, non lo meritava. – Rispondimi! Hai goduto? – chiese Sergio.Francy si dimenò. Poteva andar via prima che fosse troppo tardi, prima che riuscisse ad incastrarla di nuovo, ad incatenarla a sè con giochi di parole e promesse. Ma Sergio non aveva intenzione di promettere proprio nulla. Ciò che lo spingeva ad essere così duro con lei, il piacere di averla in suo potere, sarebbe svanito non appena lei gli avesse ubbidito in cambio di qualcosa.Voleva possederla totalmente, poter disporre di lei in qualunque modo e in ogni occasione, ma solo perchè lei desiderava realmente tutto ciò.La sentì gemere sommessamente dall’altro capo del filo e allora qualcosa gli si mosse dentro e fremette. – Solo ripensarci ti eccita, non è vero? – disse. E sapeva che era così. – No, non è vero! – gridò Francy, un po’ troppo velocemente perchè non si capisse che non ne era affatto convinta.Sergio sapeva di non sbagliare. Se la ricordava perfettamente di fronte a se, col culetto per aria, implorante un cazzo duro che la rovistasse in profondità. Era come una gatta in calore, un animaletto inquieto capace di lasciare prevalere l’istinto sulla ragione, era questo che amava in lei: la capacità di vivere sensazioni, di lasciarsi sopraffare dalle emozioni. La voleva. La voleva subito, in quel preciso istante. Voleva affondare nel suo corpo, sentirla avvinghiare le cosce attorno ai suoi fianchi come per non lasciarlo più fuggire. Voleva sentire i brividi che la scuotevano in tutto il corpo mentre le teneva i polsi serrati con la forza e poi, inevitabilmente, desiderava anche le sue urla, il dolore e le lacrime. Voleva sentirla urlare, ma non sottrarsi alle sue stoccate furiose e accoglierlo dentro di se, nonostante la sofferenza.Voleva avere la sensazione esaltante di possederla, di poter disporre di lei come meglio credeva, lei glielo avrebbe concesso. Ecco, forse per questo la odiava a volte, perchè riusciva a convincerlo di essere completamente nelle sue mani. Come avrebbe fatto quando sarebbe finita? Quale altra donna sarebbe stata capace di fargli vivere la follia e l’estasi, il rimorso e l’esaltazione, contemporaneamente? Aveva quasi quarantacinque anni eppure, quando se la trovava di fronte, impaziente di gettarsi in quell’ossessionante lotta corpo a corpo, tornava ragazzo e si spogliava degli anni come di un indumento superfluo. Come avrebbe continuato a vivere senza l’emozione di trovarla ogni giorno traboccante di voglia di darsi? La rabbia per ciò che sarebbe stato senza di lei gli montò dentro come un torrente in piena. – Spogliati! – sibilò dentro al ricevitore. – Non mi piace essere trattata come un giocattolo! – strillò lei di rimando.Sergio fremette: riusciva sempre ad esasperarlo, a fargli venir voglia di coprirla di baci e di sberle. – Ti ho detto di spogliarti, immediatamente! – ripetè con voce roca. – No! – gridò lei.Sergio riattaccò il ricevitore.Era solo una piccola vipera capricciosa, se l’avesse avuta tra le mani avrebbe saputo bene come farle cambiare idea.Credeva veramente di poter fare la dura con lui?Il telefono squillò.Lui alzò il ricevitore e non parlò. Era Francy, lo sapeva bene. – Sono nuda, cosa vuoi che faccia? – domandò lei con voce tremante.Lui strinse gli occhi.Ecco, ecco che lo investiva di un potere che gli faceva battere il cuore più velocemente, che lo faceva fremere e rabbrividire.Sentì il membro che gli si ergeva possente e il rombo del sangue che gli batteva alle tempie. – Siediti e allarga le cosce. – le ordinò, brusco.Francy ubbidì e mentre seguiva le sue istruzioni e il piacere di ubbidirgli, di sentirsi sua, la faceva tremare come una foglia, si rese conto che non aveva possibilità di scampo. Non se ne sarebbe mai più andata, almeno finchè non fosse stato lui a volerlo. Gli apparteneva e il legame che li univa era qualcosa di talmente profondo e morboso che, spezzandosi, li avrebbe sicuramente distrutti, annullati entrambi.Abbassò gli occhi e si guardò la fessura boccheggiando, ma senza toccarsi, così come lui le aveva ordinato. – Sarai una brava bambina? – domandò Sergio, con voce insinuante.Lei chiuse gli occhi e sospirò.Certo che sarebbe stata brava, non aveva già più volontà poichè i desideri di lui erano i suoi, il piacere di lui era il suo!Le disse di guardarsi intorno, di descrivergli tutto ciò che aveva a portata di mano. Lei non capiva: era casa sua, avrebbe dovuto ricordare, ma ugualmente gli parlò dell’agenda telefonica, del portapenne, del tagliacarte d’argento, del portacenere di cristallo e della statuetta africana. – Ecco! – disse lui. – La statua… -Francy guardò il soprammobile, l’omino stilizzato alto e magro, di ebano intagliato e l’afferrò. – Fallo lentamente – sussurrò lui. – Infilatelo dentro piano piano così che, attraverso i tuoi sospiri, possa sentirtelo sgusciare in fondo al ventre. -Francy gemette: era troppo grosso quell’affare, aveva un diametro di base che misurava almeno dieci centimetri! Tentò di convincerlo che era un’impresa assurda, ma lui minacciò di riattaccare, di staccare il telefono e allora si trovò senza scelte. Prese la statuetta, la soppesò, poi strinse il palmo della mano attorno a quel rigido cilindro. Era enorme, spaventoso, l’avrebbe sicuramente sfondata!Sergio le disse di aprirsi le labbra della fica con due dita e allora lei chiuse gli occhi e si sentì improvvisamente invasa da un calore ben conosciuto. Era possibile che tutto ciò la eccitasse tanto? Che fosse quell’imperativo, quell’ordine deciso che la faceva fremere al punto da non sapervisi opporre?Infilò due dita nella vagina e si scoprì già bagnata di caldi umori, ma non tentò di accarezzarsi il clitoride teso: lui voleva solo che si preparasse ad accogliere il rigido giocattolo di ebano. – Apri le cosce e mettitelo dentro, non fare niente altro! – ripetè l’uomo nel ricevitore.Francy annuì, poi puntò la testa liscia contro la fessura impaziente e spinse dentro lentamente. Sospirò, mentre piano, centimetro dopo centimetro, si riempiva, quasi che la sua mano fosse dotata di vita propria e agisse da sola. – Ti piace, vero? – domandò lui ansimando. – Oh si, certo che mi piace, certo che lo voglio! – gridò Francy godendo di quella testa di ebano che le scivolava nel ventre e la colmava, la riempiva con le sue protuberanze, proprio nei punti giusti e più sensibili.Sergio chiuse gli occhi.La sentiva gemere come fosse stata sotto di lui, poteva quasi immaginare ogni smorfia del suo viso, ogni fremito, ogni palpito. Aveva il cazzo enorme, duro, congestionato. Non poteva resistere al desiderio, alla smania di godere, di possedere un giovane corpo. Schiacciò un tasto sul ricevitore, pur senza interrompere la comunicazione con Francy, e la donna che lo aspettava in anticamera si precipitò nella stanza. La guardò, con quelle tettine sode che sembravano dire mordimele, e poi il culo, strizzato nell’abito aderente, avrebbe sicuramente fatto la gioia del suo cazzo! Era lei che menava le danze in quel monastero ed era venuta a trovarlo per prendere accordi su future sedute di piacere. Le fece segno di stare zitta e di avvicinarsi. Lei ubbidì, girò attorno alla scrivania come lui le aveva a gesti indicato e si accorse finalmente del portentoso membro che gli si annidava nei calzoni: il profilo era evidente e inequivocabile. Lui la prese per mano, se la tirò vicino e quando riuscì a farla chinare di fronte a sè, le prese la nuca e le spinse la testa tra le proprie gambe. Sospirò, mentre glielo tirava fuori dai calzoni e poi glielo prendeva tra le tumide labbra e cominciava a succhiare diligentemente. – Oh, tesoro, sto impazzendo di voglia! – ansimò Francy col rigido giocattolo affondato nel ventre e l’orgasmo ormai alle soglie.Sergio sospirò. – Brava, così, non fermarti, continua così! – disse, e avrebbe potuto riferirsi sia all’una che all’altra donna e questo lo rese ancor più impaziente. Helen, quella tra le sue cosce, non fece commenti: era una donna abituata a far godere gli uomini, e spompinava di gran lena con una mano affondata tra le cosce, senza pretendere nient’altro. Sergio abbassò il viso e la guardò mentre faceva guizzare la lingua lungo tutta la sua turgida asta e poi si soffermava in cima al glande gonfio e violaceo. Poi lei succhiò voracemente e tornò a dardeggiare anche il gonfio ammasso dei testicoli. – Continua, forza, più in fretta! – esclamò ormai eccitatissimo, e si sentì rispondere da Francy. – Si, si amore, ecco: godo, lo prendo tutto dentro! -Gli pareva di scopare con due donne contemporaneamente e i gemiti convulsi di Francy non fecero che arraparlo ancora di più. Voleva quella troietta accucciata sul pavimento, la voleva subito. Non aveva mai fatto nulla di simile nel suo ufficio, ma Francy l’aveva proprio arrapato, Francy l’aveva costretto ad avere bisogno di una calda fica come dell’aria per respirare: era lei che trasformava tutto in passione, desiderio e voglia!Prese Helen per i capelli, la fece alzare e la stese sulla scrivania, le alzò il vestito, le spalancò le cosce e le scostò le mutandine. – Sono tua! – ripeteva Francy attraverso il viva voce che lui aveva inserito. – Fa’ di me quello che vuoi. -Helen ascoltò con gli occhi sbarrati e a quel punto anche per lei la situazione divenne tremendamente arrapante: godeva come una pazza solo per il fatto di poter essere tra le braccia di Sergio al posto di quella ragazzetta che si faceva passare per la sua amante. – Eccolo il tuo uomo, ecco quanto ti ama! – avrebbe voluto gridare, ma sapeva che Sergio non glielo avrebbe certo perdonato.Non disse nulla quindi, mentre Sergio ansimava, pompandola come un toro. – Voglio spaccarti, voglio distruggerti, voglio vederti sanguinare, per causa mia, per me! – gridava l’uomo.Helen spalancò quindi ancor di più le cosce, non immaginando neppure quel che i due in realtà stavano comunicandosi.- Tutto, tutto quello che vuoi! – gemeva Francy, a cui pareva di impazzire di fronte al desiderio di lui.- Il tuo sangue! – sussurrò lui di nuovo. – Voglio aprirti fino a veder sgorgare il sangue, fino ad affondare dentro di te, nel tuo calore, nel tuo corpo, nella tua anima! – Helen chiuse gli occhi. Le pareva insolito come gioco ma godeva e null’altro importava. – Si, il mio sangue – sussurrò Francy mentre afferrava il tagliacarte d’argento e se lo puntava contro un polso. – Dentro il tuo sangue! – ansimò lui.Poi Francy fece scorrere la lama sulla propria pelle e allora il sangue zampillò veramente. Per lui. Sergio diede una violenta stoccata in quel ventre boccheggiante al punto che Helen non potè più tacere e gridò come una furia che godeva, che veniva, che se lo prendeva tutto quel suo enorme cazzo.Sergio chiuse gli occhi e affondò le unghie nelle spalle di lei, come avrebbe voluto affondare nel corpo e nel sangue di Francy e poi venne, sprofondando in un rosso baratro. Spalancò la porta, col fiato corto e le ginocchia che parevano improvvisamenete quelle di un vecchio. Francy era là, dove doveva essere, dove l’aveva immaginata: distesa sulla poltrona, accanto al telefono, nuda. Il ricevitore penzolava ancora oltre il bracciolo, adagiato sul suo ventre come avrebbe potuto essere un amante, il suo amante. Sul pavimento c’era il tagliacarte d’argento e una grande macchia di sangue scarlatto.Sergio urlò, ma lei non rispose. Quando si riprese era a letto, nel letto di Sergio. Sentì le mani pesanti come macigni e, abbassando lo sguardo, si accorse che le erano stati fasciati i polsi.” Perchè? ” si domandò.Poi voltò la testa. Sergio era seduto su una poltroncina accanto al letto, con la testa abbassata sul petto: dormiva. Lo scrutò attentamente: aveva i capelli arruffati, il viso stanco, la barba di due giorni che gli ombreggiava il volto pallido, pareva più vecchio, molto più vecchio. Sporse un braccio fuori dalle lenzuola e lo sfiorò leggermente. Ricordava tutto perfettamente, ricordava la telefonata, il desiderio, il rantolo di lui, le grida dell’altra donna, quella che aveva goduto insieme a lui, al suo posto.Sergio spalancò gli occhi, si alzò in piedi, confuso. – Che è successo? Stai male? – domandò osservandola da capo a piedi, mettendola di nuovo giù, contro i cuscini.Lei scosse la testa negativamente e avrebbe voluto dirgli qualcosa, qualcosa che avesse potuto essergli di conforto, che lo avesse potuto tranquillizzare, ma non le venne in mente niente. Non sapeva cosa dire.Lo guardò e non le riuscì di sorridere. Lui capì, abbassò lo sguardo.” Cosa sarebbe successo adesso? ” si domandò. Come le avrebbe spiegato, fatto capire che la follia che lei innescava in lui era come una bomba ad orologeria che doveva esplodere in un modo o nell’altro? Lui non poteva tenersela e soffocarla dentro!Osservò il suo corpo pallido, fragile. Non aveva voluto farle del male, aveva voluto farla godere, solo farla godere. Lei alzò un braccio, si scoprì completamente e non si mosse: era nuda, così come Sergio l’aveva sistemata sotto le lenzuola il giorno prima. Sergio non si mosse, non aveva alcun diritto di godere di lei… Non dopo ciò che era successo!Eppure, eppure un calore liquido lo invase, una sorta di lento formicolio. La smania di averla, di possederla, pareva partirgli direttamente dal cervello per espandersi a macchia d’olio in tutto il suo corpo, in ogni anfratto, in ogni cellula.Strinse i pugni abbandonati lungo i fianchi nell’ostinato tentativo di dominarsi. Non aveva il diritto di farlo, non poteva, non era giusto….Possibile che il rimorso fosse così poca cosa accanto alla passione che lei suscitava nei suoi sensi, di fronte al suo morbido ventre, offerto come un dono inaspettato?Si chinò su di lei e abbassò la testa tra le cosce spalancate. Lei non si mosse e lasciò che lui le insinuasse la punta della lingua tra le labbra della vulva e la leccasse lentamente, gustando il suo dolce, genuino sapore. Si muoveva lentamente, quasi imponendoselo con sforzo disumano. Voleva che assomigliasse ad un rapporto normale, tranquillo, che non gli divorasse l’anima e la mente come un incendio.Guizzava dentro e fuori da quelle tenere carni offerte e non si soffermava il tempo di annusarla, di divorarla, di farsela entrare in circolo, nel sangue.Lei chiuse le cosce, lo trattenne dentro di se. Voleva che rimanesse ancorato in lei come una appendice del proprio corpo, che non se ne staccasse mai più.Il dolore che sentiva ancora in tutto il corpo era meno prepotente di essere parte di lui, di essere in lui, ad ogni costo. Strinse le cosce ancor più forte, imprigionando il suo collo nei muscoli saldi e tesi, con forza.Lui non si scostò. Lo sentì respirare più faticosamente, ma non tentare di allontanarsi, di sfuggirle. Spalancò gli occhi, lucidi ed eccitati, mentre un calore folle, una luce accecante le invadeva la mente, il cuore. Strinse.Cazzo, cosa stava facendo, cosa tentava di fare?Lui non si dimenò.Continuava a muovere la lingua lentamente nel suo corpo fremente, ma non si scostava.Perchè? Eppure il respiro era irregolare e vedeva bene, sollevandosi sui gomiti, che le vene del collo si gonfiavano nello sforzo di cercare aria per continuare a respirare.Sentì il suo rantolo.Stava tentando di trarre aria dal suo corpo, di respirare nella sua fica, eppure lei non cedeva, nonostante fosse ben conscia della pericolosità del suo gesto.Lo poteva avere dentro di se, per sempre: questo pensò un attimo prima di sporgersi e afferrarlo per i capelli, per strapparlo dal proprio ventre con violenza.Percepì tutto il dolore che quel gesto le procurava, quasi si fosse strappata da sola un braccio o una gamba, una parte di sè! Comunque lo fece in tempo e volutamente, quando già il volto di lui assumeva colori violacei.Guardò i suoi occhi lucidi e folli, li scrutò e vi vide qualcosa di selvaggio, qualcosa che comprendeva perfettamente, che riconosceva, quasi fosse stata di fronte a uno specchio.Poi lui le fu sopra, letteralmente, con un balzo.Le affondò dentro il ventre con forza selvaggia, rovistandola senza pietà, senza incertezze. Francy si aprì sotto di lui, lo accolse, lasciò che le squassasse il ventre e che si dimenasse nelle sue profondità. Lo voleva.Voleva la rabbia, la forza, il dolore, l’estasi. – Rimani per sempre! – implorò, mentre lui si ancorava al suo collo. – Rimanimi dentro per sempre! – – Rimani, rimani! – supplicò con le lacrime agli occhi e la voce spezzata da quelle mani che come artigli le avvinghiavano la gola.Sergio chiuse gli occhi, si lasciò trafiggere da mille lame di luce e colori. Sentiva la vita, la gioventù di lei che gli entrava nell’anima e lo colmava, mentre lei si rilassava, si abbandonava sotto la sua furia. Lui gridò. O forse fu Francy a gridare; capì solo che una fitta lancinante gli trapassava i lombi da parte a parte e poi un pezzo di sè si staccava e andava a colmare il vuoto della sua adorata. La inondava della sua linfa, si annullava in lei e annullava lei sotto di sè. Rabbrividì e l’orgasmo li travolse, mentre le mani di Sergio scivolavano via dal collo di Francy. Poi galleggiarono uno sull’altra, come naufraghi alla deriva, riprendendosi, recuperando le forze e il fiato. Non avevano più nemmeno voglia di parlare, non era più necessario.Francy sentiva Sergio ancora dentro di se, radicato così profondamente che niente avrebbe potuto strapparglielo dal ventre. L’aveva dentro di nuovo, finalmente, e mai più se ne sarebbe andato. Era come riunirsi all’universo, trovare la pace, la condizione perfetta. Era con lui, niente avrebbe più potuto farla soffrire…Nemmeno Sergio aveva voglia di muoversi. Stava acquattato nel suo corpo caldo, che fremeva impercettibilmente ad ogni minimo movimento, e non avrebbe voluto essere altrove.La follia era finalmante scemata, rimaneva solo la consapevolezza, la coscienza che niente li avrebbe più separati.Strinse la ragazza sotto di se e sentì perfettamente la sua pelle in alcuni punti ancora tumefatta, distrutta dai colpi inferti con furia selvaggia al monastero. Non doveva più succedere nulla di simile, non doveva più avere la possibilità di scatenare quel lato disumano, o forse troppo umano, che li rendeva folli e insaziabili. Era già troppo tardi, in fondo, per tornare indietro, ora potevano solo proseguire su quella strada fino all’ultimo atto.Sergio guardò Francy, leggermente intontita dal sonno, abbandonata sotto di lui languidamente. – Potremmo tentare, e separarci, e andare lontano, senza cercare di reincontrarci. – sussurrò, pur non credendoci neppure lui, ormai.Francy scosse la testa e sorrise. – No, sarebbe inutile – disse. – Morirei lontano da te, morirei comunque… -Lui annuì.Era così, non c’era altro da fare, altra possibilità.Vivere o morire, ma insieme.Lasciarono che il torpore li cullasse pigramente, li trasportasse lontano, abbracciati stretti, mentre i loro corpi sembravano invischiati del rosso scarlatto del loro sangue, della passione che li aveva travolti e sopraffatti.Poi lo scarlatto divenne nero…
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