Ricordo che si era nel 1990, e più precisamente nell’autunno di quell’anno, quando l’appartamento accanto al quale io abitavo, venne dato in affitto ad una giovane coppia di sposini. Lei era bella, alta, sui vent’anni, un fisico slanciato, capelli biondi e lunghi, che le contornavano il suo dolce viso. Lui invece se la mia memoria non m’inganna, sapete sui particolari maschili i miei ricordi si fanno alquanto confusi, avrà avuto intorno ai trent’anni, alto più o meno un metro e settanta per ottanta o novanta chilogrammi di peso, capelli castani tagliati corti, occhi scuri, vivaci, ed un viso paffutello e simpatico. Conducevano una vita tranquilla, ma quel che è certo non era sicuramente monotona. Erano innamoratissimi l’uno dell’altra, lo si vedeva da ogni loro piccolo gesto, da ogni loro singolo sguardo, come è giusto che sia tra due persone che si amano e sperimentano da poco tempo l’eccitante avventura del vivere insieme. Una coppia normale insomma, come tante altre, ma divennero in breve la mia ossessione. Vi starete di certo domandando il perché di un tale stato d’animo, ve lo spiego subito. Tanto per cominciare è bene che voi sappiate un piccolo ma fondamentale particolare: la loro camera da letto era divisa soltanto da una sottile parete dalla mia, cominciate a capire ora il motivo del mio tormento? Non è poi così difficile immaginare che cosa faccia una coppia così innamorata di notte in camera da letto. Così quasi tutte le notti non riuscivo a dormire sentendo i loro gemiti accompagnati dal cigolio ritmico del letto, ed io mi giravo e rigiravo fra le coperte, fino a quando in preda ad una viva eccitazione, mi tiravo giù i pantaloni del pigiama, infilavo una mano negli slip, tirandone fuori il mio cazzo già duro, e cominciavo a masturbarmi freneticamente nel buio della mia camera, ed insieme alla mia mano partiva anche la mia fantasia. Era in pratica come sentire il sonoro di un film hard, ma molto più reale, più vero, perché sapevo che al di la di quella parete, c’erano due persone reali che non stavano facendo del puro e semplice sesso, ma che si stavano amando con intensità trasporto e ardore, ed io cercavo d’immaginarmi i loro corpi nudi, avvinghiati nella passione dell’amplesso amoroso. L’espressione del volto di lei, mentre distesa sul letto con le cosce aperte, ansimava sentendo il cazzo duro e grosso di suo marito che gli si muoveva nella fica, scopandola. I loro gemiti poi si facevano più intensi, la cadenza ritmica data dal cigolio del letto cambiava, intuivo da questo che avevano cambiato posizione, e con gli occhi della fantasia vedevo che ora era lei seduta a cavalcioni sul cazzo di lui, come un fantino in groppa al suo cavallo, e se lo spingeva dentro fino in fondo, cavalcandolo, chiavandolo, e ancora l’immaginavo intrecciati in un godurioso sessantanove, lui con il viso affondato nel soffice pelo della sua fica vogliosa, e lei che si infilava il cazzo in bocca fino in fondo alla gola, succhiandolo, leccandolo con studiata lentezza, e così via in un susseguirsi di fuggevoli immagini in cui li vedevo impegnati nelle più perverse e disparate posizioni amatorie, ed i loro gemiti divenivano più intensi, il cigolio del letto, sotto quei corpi ansimanti e frementi che avevano ormai raggiunto il culmine dell’eccitazione, si faceva più marcato. La cosa che più di ogni altra però mi eccitava, era il sentire i gemiti e l’ansimare di lei farsi più distinti ed intensi, via via che si avvicinava all’orgasmo, ed il sentirla incitare il marito, che per altro se la stava già scopando come un ossesso, a scoparla più forte, a farla godere e a godere con lei. Continuavano in questo modo fino a quando entrambi non raggiungevano l’orgasmo, ed anch’io nella solitudine della mia camera godevo con loro, sentendo fiotti di sperma caldo e denso uscire dal mio cazzo sussultante e bagnarmi la mano che era ancora serrata intorno ad esso. Poi il loro ansimare gradualmente calava, fino a cessare completamente, seguiva qualche attimo di assoluto silenzio, poi li sentivo andare in bagno, ed io dopo essermi ripulito la mano e il cazzo grondante di sperma, con dei fazzoletti di carta, che sempre tenevo riposti nel secondo cassetto della mia scrivania, facevo altrettanto. Qui giunto chiudevo a chiave la porta, mi toglievo i pantaloni del pigiama e gli slip, e mi lavavo accuratamente il cazzo, arruffandone i folti peli che lo contornavano, e massaggiandomi le palle, che sentivo ancora gonfie e piene di sperma. Dopo essermi asciugato, mi rinfilavo gli slip e i pantaloni del pigiama, e ritornavo finalmente a letto, a dormire, o meglio a cercare di dormire. L’aspetto più inquietante della situazione era proprio il fatto, che ormai ero arrivato al punto di dormire poche ore per notte, riuscivo ad addormentarmi soltanto a notte inoltrata, ed alle cinque del mattino sempre più faticosamente, riemergevo dal mondo dei sogni per recarmi al lavoro, dove la mia presenza era puramente fisica, la mia mente, infatti, dissociatasi dal resto del corpo, vagava in altri mondi sconosciuti e lontani. Ed anche durante il giorno, quando riacquistavo la coscienza necessaria per poter formulare pensieri coerenti, mi ritrovavo spesso a pensare a loro, a quello che avevo sentito ed immaginato la notte precedente attraverso la parete, e a quello che avrei potuto sentire quella stessa notte, poi un senso di angoscia mi assaliva al pensiero che forse quella notte esausti avrebbero semplicemente dormito. Più passavano i giorni, anzi le notti, e più la situazione si aggravava, fino a quando mi resi conto che il sentirli e l’immaginarli mentre scopavano, non mi bastava, volevo andare oltre tutto questo, volevo vederli realmente mentre facevano l’amore, magari, perché no, seduto proprio accanto al loro letto, trasformandomi così in un perfetto guardone. Sentivo la parte razionale della mia mente che cercava di farmi comprendere l’assurdità e la perversità di un simile pensiero, ma la sua voce mi giungeva flebile e lontana, come la voce di un uomo che grida dal fondo di un pozzo profondo, e veniva ben presto sopraffatta dalla voce suadente e forte della mia perversione, che blandamente cercava di convincermi dell’assennatezza dei suoi propositi, dicendomi: “Pensaci bene, loro sanno perfettamente che al di la della camera da letto c’è la tua stanza, e di certo non possono non sapere che tu di conseguenza senti i loro gemiti, i loro mugolii di godimento mentre scopano, e sanno anche che ti masturbi sentendoli, e non capisci che è proprio questo che li eccita? Perché loro in realtà sono degli esibizionisti, persone che al solo pensiero di essere ascoltate o meglio ancora guardate morbosamente mentre chiavano, si eccitano enormemente, accrescendo il loro piacere sessuale”. Questo pensiero mi rimbombava nella mente intontendomi, ogni qual volta li incontravo per le scale, o si affacciavano sul balcone, sempre perennemente insieme, e mi sembrava di poter leggere tutto questo nei loro sguardi, che mi apparivano complici e maliziosi. Fino a quando una notte accadde qualcosa che neanche la mia mente, per quanto perversa potesse essere, avrebbe mai potuto immaginare, ma forse è bene procedere per ordine cronologico nella narrazione degli avvenimenti che seguirono. Era una notte come tante altre, o meglio credevo fosse tale, mi sentivo esausto, il peso delle molte notti passate insonni si faceva sentire sempre più distintamente, è così verso le 22:00, dopo aver passato il resto della serata come inebetito davanti al televisore, decisi di andare a letto. Anche perché in cuor mio speravo che, vista l’ora, prima che i miei vicini cominciassero le loro consuete effusioni, io sarei già stato profondamente addormentato. Seguendo tale proposito, mi alzai dalla comoda poltrona su cui ero seduto, e lasciai il soggiorno, dove i miei letteralmente sprofondati sul divano, ammaliati dalle immagini che scorrevano sullo schermo, credo stessero guardando l’ennesima replica di un vecchio film in bianco e nero con Totò, non si accorsero nemmeno del fatto che io me ne ero andato. Forse a ben pensarci non sapevano neanche che ero stato lì fino a quel momento. Andai in bagno per la rituale pisciatina prima di andare a letto, fatto questo diedi una energica scrollata, a quello che in circostanze normali avrei giustamente chiamato cazzo, ma che in quel momento mi parve solo la parodia di ciò che avrebbe dovuto essere, lo rinfilai quindi nelle mutande e chiusi la lampo. Girandomi non potei fare a meno di vedere la mia immagine riflessa nello specchio che sovrastava il lavandino, ciò che vidi non mi piacque molto. Avevo gli occhi arrossati e gonfi, e il mio viso era insolitamente pallido ed emaciato, distolsi lo sguardo da quella pietosa immagine di me stesso, aprì il rubinetto ed infilai le mani sotto lo scrosciante getto d’acqua che ne scaturì, lavandomele accuratamente. Una volta ultimate tutte le consuete operazioni igieniche del caso, spensi la luce e mi richiusi la porta del bagno alle spalle, ritrovandomi nel lungo e angusto corridoio, appena rischiarato dal tenue bagliore proveniente dal televisore in soggiorno, passando davanti al quale diedi distrattamente la buona notte ai miei, i quali altrettanto distrattamente contraccambiarono. Quando fui nella mia stanza, annaspai alla ricerca dell’interruttore della lampada che si trovava sul comodino accanto al letto. Trovatolo lo premetti e il buio che regnava in essa, si dileguò, al diffondersi di una luce calda, flebile venata di un malinconico color arancione, al chiarore della quale presi a spogliarmi. Fatto questo indossai il pigiama, spensi la luce e mi infilai sotto le coperte, in attesa che il sonno prendesse il sopravvento. In effetti tale attesa non durò a lungo, ben presto tutto intorno a me si fece vago e confuso. Il suono ridondante del televisore, e le fragorose risate dei miei alle argute battute di Totò divennero sempre più lontane e indistinte, fino a quando non scivolai nel sonno, e non vi fu più niente nessun suono né rumore, solo impalpabile ed assoluto silenzio. Non ho idea di quanto tempo rimasi addormentato, ma ricordo perfettamente tutto quello che accadde dopo. D’improvviso quel velo di profondo silenzio e torpore da cui ero stato piacevolmente avvolto, fu lacerato da un suono secco e vibrante che mi riportò bruscamente alla realtà, come se qualcuno mi avesse versato addosso un secchio d’acqua gelata. Lì per lì confuso e disorientato non riuscì a capire da dove provenisse o cosa lo avesse provocato. Poi gradualmente cominciai a focalizzare la situazione, arrivando alla saggia, ma allo stesso tempo inaccettabile conclusione che molto probabilmente si era trattato di un rumore proveniente dall’esterno, magari lo scoppiettio del tubo di scappamento di qualche vecchia automobile. Intanto in tutta la casa regnava il silenzio, da questo dedussi che i miei avevano finalmente spento il televisore e se ne erano andati a dormire. Anche dalla stanza accanto non giungeva alcun suono, e se invece fosse stata proprio la coppietta di sposini a generare quel rumore? Magari la testiera del letto che sbatteva fragorosamente contro la parete mentre più irruenti del solito si lasciavano andare alla foga amorosa, ed ora se ne stavano lì silenziosi ed ammutoliti in attesa che io mi riaddormentassi per poter riprendere le loro effusioni? No totalmente assurdo, o se l’avessero fatto di proposito per attirare la mia attenzione? Ancora più assurdo ed inconcepibile, intanto al di la della parete il silenzio era totale. Decisi di smetterla di arrovellarmi il cervello con le mie insensate elucubrazioni, e mi girai e rigirai nel letto, quasi volessi scacciare in quel modo ogni pensiero dalla mia mente, con l’intento di riprendere sonno. Quando cominciavo nuovamente ad assopirmi, il rumore si fece risentire, questa volta però non ebbi più alcun dubbio, lo sentì distintamente proveniva da sopra la mia testa. Qualcuno nell’altra stanza, aveva bussato alla parete, io mi rizzai a sedere sul letto, avevo tutti i sensi tesi e pronti a cogliere anche il minimo rumore. La sonnolenza e la stanchezza che avevo avvertito sino ad allora erano svaniti d’incanto, al loro posto era subentrato un senso di elettrizzante curiosità. Rimasi in attesa immobile per qualche minuto che mi sembrò un’eternità, avvolto com’ero nel buio più completo a fissare ciecamente la parete che mi stava di fronte, fino a quando udì un leggero bisbiglio. Devo ammettere che il suono inaspettato di quella voce proveniente dal muro, sommersa nelle tenebre, mi fece accapponare la pelle, era una voce profonda, calda, maschile che in un sussurro mi disse: “So benissimo che mi stai ascoltando, che ci hai sempre ascoltato, perché siamo stati noi a volere che così fosse, ci eccitavamo eccitandoti capisci? Ora però questo nostro gioco, rischia di diventare troppo monotono e ripetitivo, che ne dici di ravvivarlo un po’? Vieni da noi ora, ti spiegheremo come fare”. Sbigottimento e stupore, fu quanto provai nell’udire quelle parole, che costituivano la prova che tutto quello che avevo pensato, immaginato, tutte le mie congetture, non erano frutto della mia fantasia, o di una morbosa fissazione, come ero stato indotto a credere, ma la realtà dei fatti. L’aspetto però più sconvolgente consisteva nell’invito, così allettante, volevano che io andassi da loro, subito, quella notte stessa, solo all’idea mi sentivo svenire. Passato il primo momento di euforia, tutte queste emozioni cominciarono a vacillare sotto il peso dei dubbi. Approfittando di questa momentanea incertezza, prese il sopravvento Mister Razionalità, sentì la sua voce sottile e pungente farsi strada nella mia testa divenendo sempre più forte e penetrante, dicendomi: Quanto sta accadendo non è reale, te ne rendi conto vero? Niente di tutto quello che percepisci lo è. La voce che hai sentito non è uscita dal muro, come tu credi, ma è nella tua mente, e ti ha semplicemente detto tutte le cose che volevi sentire, niente altro che questo. L’artefice di quanto ti sta accadendo è la tua fervida immaginazione, che oltrepassato ormai ogni razionale ostacolo galoppa a briglie sciolte, impedendoti di percepire i confini tra la realtà e la fantasia. Mentre ero dibattuto da simili pensieri, mi alzai dal letto, era come se il mio corpo avesse già preso una decisione, e si muovesse per volontà propria, indipendentemente da quanto il mio cervello gli comunicava. La sensazione era quella di essere alla guida di un’auto che improvvisamente non risponde più ai comandi. Nel buio più totale aprì la porta della mia stanza e mi inoltrai nel corridoio, era un ambiente a me familiare, quindi non faticai molto ad orientarmi. Arrivato in fondo girai la chiave nella toppa della porta d’ingresso e l’aprì, oltrepassai la soglia di casa e fui nell’atrio, che era appena illuminato da una fioca luce lunare, che filtrava attraverso una finestrella situata in alto sulla parete alla mia destra. Al pallido chiarore della luna vidi che di fronte a me a non più di quattro metri c’era la porta dell’altro appartamento, ed è verso di essa che le mie gambe si diressero. Mister Razionalità cercò di opporsi affinché ciò non accadesse, cercando d’imporre il proprio controllo, ma ogni suo sforzo fu vano, e dovette ben presto desistere. Giunto davanti alla porta mi fermai, vidi il pulsante del campanello e la mia mano, che sembrava dotata di volontà propria, dirigersi verso di esso allungare l’indice e premerlo, producendo un trillo argenteo e sibillino, che sembrò assordante nel placido silenzio della notte. Mentre l’eco di quel suono si perdeva nelle tenebre, sentì la stizzita e fastidiosa vocina di Mister Razionalità, domandarmi: “Bravo hai suonato il campanello, ma in realtà nessuno ti ha invitato, e quando lei, dopo essere stata bruscamente svegliata nel cuore della notte verrà ad aprire la porta, e ti troverà lì in pigiama, che cosa le dirai? Da buon vicino le chiederai se per caso ha dello zucchero? Ti rendi conto di quanto sarai ridicolo? Fui intimorito da quel pensiero, e roso dal dubbio, se Mister Razionalità avesse ragione? Se quella voce fosse stata solo frutto della mia fantasia? Stavo quasi per tornare indietro, quando sentì un lieve rumore di passi e poco dopo la porta si aprì, non potevo più rimediare al mio errore. Fui inondato da un fascio di luce accecante proveniente dall’interno dell’appartamento, al centro del quale intravidi una sagoma indistinta. Poi i miei occhi si abituarono alla luce e vidi che davanti a me c’era lei, la mia vicina, aveva i suoi biondi e lunghi capelli sciolti sulle spalle, indossava una camicia da notte bianca , anche se il termine indossava in questo caso rappresentava un puro eufemismo. La sua camicia da notte era talmente trasparente che praticamente era come se fosse nuda. Potevo benissimo vedere i suoi seni, non grossi ma belli, sodi, sormontati dal lieve gonfiore dei delicati e rosei capezzoli, i fianchi sinuosi, le gambe lunghe e tornite ed il triangolo più scuro della fica fra le sue cosce, e avvolta com’era nella luce mi sembrò quasi una celestiale apparizione. Appena mi vide, sul suo volto comparve un’espressione di allarmato stupore che fece tramutare il mio timore iniziale in vero e autentico panico, dunque non ero atteso? Che cosa le avrei detto ora? Quale improbabile scusa mi sarei inventato? Nonostante questa mia agitazione interiore, il trovarmi davanti agli occhi una donna così bella, seminuda, quella stessa donna che avevo sentito gemere e godere nelle lunghe notti passate insonni, non poteva lasciarmi del tutto indifferente, e in effetti sentì il mio cazzo inturgidirsi, fino a formare una vistosa protuberanza nei pantaloni del pigiama. Provai un misto di eccitazione e imbarazzo quando vidi il suo sguardo posarsi su quel rigonfiamento che avevo in mezzo alle gambe, alla vista del quale le sue labbra si distesero in un sorriso compiaciuto, mi guardò negli occhi con fare allusivo e mi invitò ad entrare. Io un po’ titubante, disorientato da quel repentino ribaltamento della situazione, entrai, lei chiuse la porta e mi disse di seguirla. Feci quanto mi aveva detto senza riflettere, come un automa, ero completamente frastornato dal precipitoso evolversi degli eventi, anche se a dire il vero più che seguire lei seguivo, quasi ne fossi stato ipnotizzato, il conturbante ondeggiare del suo invitante culetto, accompagnato dal lieve fruscio della camicia da notte. Attraverso il piccolo corridoio mi condusse in camera da letto. La stanza era illuminata a giorno da un bellissimo lampadario, appeso al centro del soffitto, ornato da una miriade di gocce di vetro, che irradiavano per tutto l’ambiente mille riverberi e luccichii. Su un lato era situato un grosso ed imponente armadio in laccato bianco, tutto specchi, in cui si rifletteva un raffinato letto matrimoniale con rifiniture in ottone, su di esso era disteso supino suo marito, completamente nudo. Il suo fisico tozzo e robusto, il petto villoso, e il cazzo già eretto, mi fece pensare stranamente ad un toro pronto per la monta. Alla vista di tutto questo, la frastornante confusione che era in me si dissolse come neve al sole, cedendo il posto alla più sfrenata, conturbante ed elettrizzante eccitazione. Mentre ero preso nel vorticoso turbinare di simili sensazioni, lei, che mi si trovava ancora davanti, si girò e mi disse: “Come vedi ti stavamo aspettando, ora accomodati, quello è il tuo posto”. Così dicendo, indicò una poltroncina rossa situata ai piedi del letto, di cui prima non mi ero neanche accorto, tutto quindi era come avevo sempre desiderato che fosse, fin nei minimi dettagli. Mi sedetti su di essa, abbassai i pantaloni del pigiama insieme agli slip e presi a massaggiarmi il cazzo, preparandomi ad assistere al libidinoso spettacolo che la giovane coppia voleva offrirmi. Lei, infatti, non perse tempo, la vidi avvicinarsi con un ancheggiare suadente al letto, il suo sguardo voglioso focalizzato sul cazzo del marito, e con un gesto carico di sensualità sfilarsi la camicia da notte lasciandosela scivolare sofficemente ai piedi, rimanendo completamente nuda, ed io potei ammirare quel corpo perfetto in tutta la sua affascinante bellezza. Poi si accovacciò accanto al marito, gli afferrò il cazzo, massaggiandoglielo dolcemente in un lento ed estasiante su e giù, strofinandoselo sul viso, sulle labbra, inumidendolo, baciandolo. Lambendogli la cappella con dei rapidi ma intensi colpi di lingua, succhiandola, infilandosi tutto il cazzo sempre più a fondo nella sua famelica bocca. Mentre faceva quel succulento pompino al marito, il suo sguardo intenso, felino era fisso su di me, sul mio cazzo ormai duro. Era come una tigre affamata che fissa una gazzella, cercando di ammaliarla, prima di saltarle addosso per poterla sbranare. Suo marito, intanto, le aveva infilato una mano fra le cosce, aprendogliele, permettendomi così di vedere la sua dolce fica, contornata da una folta peluria bionda e riccioluta. Vidi le dita di lui accarezzargliela dolcemente, giocherellare con il clitoride, stuzzicandolo, eccitandolo, inturgidendolo, per poi infilarsi prepotentemente dentro di lei, strappandole dei gemiti di autentico godimento, soffocati dal cazzo che continuava a succhiare smaniosamente. Il suo bramoso sguardo ora andava dal mio cazzo, agli specchi dell’armadio che si trovava alle mie spalle in cui poteva vedere l’immagine di se stessa nuda, con un grosso cazzo in bocca, le sue cosce aperte e la fica spalancata, penetrata dalle dita di suo marito. Credo che questo la eccitasse enormemente, facendo nascere in lei un piacere perverso ed estremamente eccitante, che la spingeva a succhiare e a leccare quel cazzo con più voluttà, spingendoselo fino in fondo alla gola, ed il respiro di lui di conseguenza si faceva sempre più affannoso e pesante, segno inequivocabile del suo godimento. Lo invidiai per questo, avrei voluto essere al suo posto, e mi vidi alzarmi dalla poltrona su cui ero seduto, affondare le dita fra i folti capelli di sua moglie, afferrarle la testa fra le mani ed infilarle il cazzo in bocca, spingendoglielo dentro fino in fondo. Volevo che me lo succhiasse, che lo leccasse fino a farmi venire sul suo viso, sul suo seno. Riemersi da questa mia perversa allucinazione, e notai che nel frattempo i due avevano invertito le loro posizioni, stupito mi chiesi quanto tempo fosse durato quello stato allucinatorio. Rendendomi conto solo allora di aver perso la cognizione del tempo e del suo trascorrere, era come se mi trovassi in un’altra dimensione in cui la concezione del tempo, come noi la conoscevamo era inesistente. Ora era lei distesa supina sul letto, che gemeva, strizzandosi e palpandosi i seni, pizzicandosi i capezzoli per altro già duri ed eretti come le teste di due grossi chiodi, mentre il marito con la testa fra le sue gambe gli leccava la fica, aprendogliela con le grosse e callose mani. Ricordo che la sua lingua era grossa, direi quasi bovina, e dal modo in cui la leccava, rievocò nella mia mente la bizzarra immagine di un cane assetato, che affonda la lingua nella ciotola dell’acqua lambendone grosse sorsate. Intanto lei godeva, nel sentire quella lingua grossa, calda e umida leccarle il clitoride, ed intrufolarsi ancora più a fondo dentro di lei, quasi volesse penetrarla, lo vedevo dal sussultare spasmodico del ventre e dall’espressione estasiata del suo volto. Continuò a leccarle la fica, a succhiarle, mordicchiarle il clitoride, affondando sempre di più il viso fra le sue cosce, strofinandole il naso fra i folti peli, fino a quando non raggiunse l’orgasmo. A quel punto lei gli afferrò la testa fra le mani, sollevandogliela di modo che potesse guardarla negli occhi, e gli disse: “Ora voglio essere scopata, voglio che mi infili il cazzo nella sorca”. Suo marito che non aspettava altro, sollevò il suo massiccio busto, rimanendo in ginocchio sul letto, si masturbò velocemente davanti alla fica aperta ed invitante di lei, fino a quando non sentì il cazzo divenire sufficientemente duro, allora afferratolo saldamente, lo premette fra le sue cosce, strofinandogli la cappella nel folto pelo bagnato dalla sua saliva e dal caldo umore di lei, del suo piacere. Le sfiorò il clitoride, facendole scivolare il cazzo fra le grandi labbra, in un movimento lento e rotatorio, carico di erotismo, poi inaspettatamente, con un colpo secco e deciso glielo spinse dentro fino in fondo. Lei sentendosi penetrare in quel modo così violento e selvaggio, emise un autentico ululato d’intenso e primitivo piacere, serrando con un gesto convulso le sue mani sui glutei del marito, attirandolo a se di modo che potesse penetrarla ancora più a fondo. Il suo cazzo che ormai era entrato in lei fino all’attaccatura delle palle, prese a muoversi nella sua fica, scopandola ad un ritmo sempre più veloce fino a divenire forsennato, ed il letto cominciò a cigolare in quel modo ritmico a me così familiare. Si distese poi sopra di lei, baciandola, leccandola, con la sua grossa lingua, che come impazzita, la lambiva ovunque, sui seni, sul collo, si intrufolava prepotentemente nella sua bocca, invadendola, riempiendola fin quasi a soffocarla con lunghi e focosi baci. Intanto lei scossa in tutto il corpo dai possenti colpi di quel poderoso cazzo, che le stava sfondando la fica, facendole provare mille inebrianti sensazioni, con la voce rotta da un’ansante piacere, incitava il marito a chiavarla più forte. C’era qualcosa di animalesco in lui, nel modo in cui la scopava, e ritenni che fosse proprio questo ad eccitarla in quel modo, il sentirsi posseduta da una furia animalesca e selvaggia. Presi ormai da un inebriante passione i loro corpi imperlati di sudore si intrecciarono, stringendosi l’uno all’altro, in un voluttuoso abbraccio, iniziando a girarsi e rigirarsi in quel letto che era ormai divenuto il teatro della loro battaglia amorosa. In fine quando si fermarono lei si ritrovò seduta a cavalcioni sul cazzo del marito, con un repentino movimento del capo, si ravviò i lunghi capelli che le erano finiti sul viso ed iniziò a muoversi, a sobbalzare su quel cazzo poderoso, che la sua fica intrisa dei suoi caldi ed umidi umori, lasciava scivolare con più facilità, permettendogli di penetrarla sempre più a fondo. Inebriata all’idea di essere lei, ora a fottere lui, in breve il suo movimento si fece più rapido e concitato, fino a divenire una furiosa cavalcata, in cui i suoi lunghi e biondi capelli presero a fluttuare nell’aria, come mossi dal vento, facendola sembrare un’indemoniata amazzone in groppa al suo stallone. Sentivo il suono secco dei suoi sodi glutei che sbattevano violentemente sulle cosce del marito e vedevo le sue ballonzolanti tette schiaffeggiare il viso di lui, che cercava disperatamente di succhiarle, di morderle di baciarle, mentre lei con una voce sensuale, resa concitata dall’eccitazione, gli sussurrava: “Voglio farti venire, voglio sentire il tuo sperma sulla mia fica”. Lei però ancora non paga, quando sentì che lui si apprestava a godere, si sfilò dalla fica quel godurioso cazzo che rimase maestosamente eretto, come un obelisco al centro di un’antica piazza, e si alzò in piedi sul letto. Vidi il suo corpo statuario, luccicante di sudore, girarsi verso di me, e accovacciarsi sul cazzo del marito, lo prese in mano masturbandolo brevemente e se lo infilò di nuovo nella sua insaziabile fica, riprendendo la sua inarrestabile cavalcata. Adesso lei si trovava di fronte a me con le cosce aperte e la goduriosa fica riempita da quel possente cazzo, fonte della sua indescrivibile eccitazione, su cui si muoveva come un ossessa, godendo, gemendo, urlando tutto il suo libidinoso piacere di donna. Vidi i lineamenti del suo volto estasiato, stravolti dalla passionale irruenza di quella forte indescrivibile sensazione chiamata orgasmo, l’ultimo e il più intenso dei tanti provati in quella lunga ed infuocata notte, di sesso e amore, da cui lei si fece invadere e travolgere, come una barca in balia dei flutti. Ripresasi da questa inebriante sensazione di appagamento, serrò le affusolate dita intorno al cazzo fremente del marito, lasciando che sgusciasse fuori dalla sua fica bollente e se lo strofinò sul clitoride, fino a sentirsi inondare da caldi e densi fiotti di sperma che si spalmò sul ventre, fra le cosce, sui seni, ed infine si portò la mano intrisa di quel bianco nettare alla bocca, leccandola avidamente, mentre il suo sguardo lussurioso e provocante era fisso sul mio cazzo che avevo continuato a masturbarmi mentre assistevo alle loro evoluzioni amatorie. Sentire il peso di quello sguardo focalizzato su di me, accrebbe la mia eccitazione, al punto che desiderai fosse il mio cazzo ad essere leccato con tanta passione e libidinoso piacere, e non la sua mano, a quel pensiero non potei più trattenermi ed oltrepassai quell’impercettibile confine, che separa la semplice eccitazione, dal più profondo e puro godimento. Il mattino seguente risvegliandomi nell’abituale monotonia della mia stanza, fui attanagliato da un’inquietante dilemma: era stato un sogno così intenso da sembrare reale o una realtà così eterea da sembrare un sogno? Al di la di questi Marzulleschi giochi di parole una cosa è certa, se tutto quello che avevo vissuto la notte precedente, tutte quelle sensazioni, quelle immagini così reali e vivide, dense di particolari, fossero state semplicemente generate da un sogno, seppure particolarmente vivido, un tale tipo di attività onirica avrebbe avvalorato la teoria del buon vecchio Freud, secondo cui i sogni sono la realizzazione dei desideri, ma in verità io credo che il più delle volte siamo noi a volere che qualche nostro desiderio rimanga solo un sogno, nel timore che la realtà possa rovinare anche i nostri desideri più belli.
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