Ciao a tutti, mi chiamo Marika sono una ragazza di 22 anni, classico tipo mediterraneo; scura di capelli, che formano un bel baschetto, alta circa 1 e 72, abbondante di seno, per me, porto una quarta misura, forte di fianchi e con un fondoschiena che molto spesso trova ammiratori. Sto completando il mio ciclo di studi e voglio raccontarvi cosa è successo due mesi fa, quando mi trovavo in una azienda, collegata con la mia università, per terminare lo stage di formazione che abitualmente frequento nei mesi estivi. In quel periodo ero stata aggregata al reparto chimico dello stabilimento e svolgevo la mansione di analista delle acque di scarico con l’incarico di eseguire periodici prelievi di acqua presso i punti di raccolta ed, analizzandola, verificare che i parametri degli agenti inquinanti rientrino nei parametri della legge sull’inquinamento. Solitamente svolgevo questo lavoro affiancata ad una persona dello stabilimento, ma quella settimana, a causa delle periodo di ferie, mi ritrovai sola a svolgere questa attività. Causa il caldo estivo non avevo indossato i consueti abiti da lavoro ma, soltanto un top per la parte superiore, uno striminzito tanga ed una gonnellina a portafoglio che mi arrivava poco sopra le ginocchia, il tutto coperto da un camice da laboratorio. Nel secondo giro di prelievi di quel lunedì mattina, mentre ero intenta a calare una bottiglia di campionamento all’interno di una vasca di decantazione non mi sono accorta di assumere una posizione alquanto provocante, infatti, mi sono chinata senza piegare le ginocchia e, data la posizione, la corta gonnellina è risalita mettendo in mostra il mio posteriore. Completato il campionamento ho raccolto le bottiglie e mi sono avviata verso il laboratorio di analisi, ma, dopo pochi passi mi trovo la strada sbarrata da un operaio che evidentemente avendo goduto dello spettacolo ora, probabilmente provava ad ottenere qualcosa di concreto, infatti, ha iniziato a dirmi quanto fossi appetitosa e che mi avrebbe fatto un servizietto molto volentieri; nel contempo movendosi impercettibilmente cercava di incastrarmi tra il suo corpo ed il muro dell’edificio. Mio malgrado mi ritrovai così costretta a subire le sue vogliose attenzioni; infatti, stava passando dalle parole ai fatti, cercava di baciarmi sulla bocca ma visto che non collaboravo me lo ritrovai che mi leccava un orecchio e nel contempo mi sussurrava frasi colme di lussuria. Sul ventre iniziavo a sentire che il suo bastone si stava inturgidendo e poco dopo potei constatare che le sue dimensioni non mi erano del tutto indifferenti. Nonostante tutto alla fine riuscii a sgusciare fuori da quella scomoda situazione, e correndo, potei mettermi in salvo nei locali del laboratorio. Cercai di riprendere fiato, ed analizzando quanto mi era successo, mi accorsi che avevo i capezzoli eretti e duri per l’eccitazione, tra le gambe sentii che la mia fighetta era bagnata perché, anche se mi dispiaceva ammetterlo, quanto era successo mi aveva eccitata. Decisi che potevo in qualche modo trarre piacere da una simile storia e pertanto feci un piano di azione per provocare quell’energumeno ed ottenere così le sue attenzioni senza chiederlo apertamente ed essere considerata in seguito una ragazza dai facili costumi. Il giorno successivo, prima di recarmi nel punto di prelievo, mi recai in bagno e mi tolsi il perizoma, ravvivai il piccolo ciuffetto triangolare di peli che orna la mia passera, mi detti una rapida rinfrescata, mi rassettai i vestiti sbottonandomi completamente il camice ed uscii verso questa avventura. Arrivata sul punto di prelievo armeggiai ripetutamente con la bottiglia chinandomi più volte, come se qualcosa non fosse regolare nel prelievo, mostrando in modo esplicito il fatto che fossi senza mutandine e che la mia fighetta depilata fosse nuda come quella di una bambina. Ebbi subito la sensazione che non fossi sola, mi sentivo osservata in ogni mio movimento anche se non riuscivo ad individuare da dove; contenta di questo, raccolsi tutte le mie cose e mi avvia nuovamente verso il laboratorio; subito fui raggiunta dallo stesso operaio che più arrapato che mai cercò di bloccarmi, mi pose le mani sul seno lasciando tracce di grasso e di sporco sul tessuto del top rendendolo uno inguardabile. Inveendo contro di lui per il danno subito, gli dissi che era un porco, un animale che non riusciva a tenere a freno i suoi ormoni, che a causa sua ero costretta a recarmi negli spogliatoi per sostituire l’indumento insozzato e che doveva lasciarmi perdere perché da lui non mi sarei mai fatta toccare e che in definitiva poteva andare al diavolo. Intanto però i miei capezzoli e la figa mi stavano tradendo mostrando quanto invece mi piacesse quella situazione, in cuor mio sperai che anche quell’uomo così rozzo se ne fosse accorto e che si comportasse di conseguenza. Dirigendomi verso gli spogliatoi evitai di guardarmi indietro e una volta dentro andai diretta verso il mio stipetto dove avevo gli abiti da lavoro sicuramente più pesanti ma almeno puliti. Mi tolsi il camice e sfilai il top rimanendo a seno nudo; in quella tenuta cercai di pulire in qualche modo l’indumento. Mentre ero intenta in questa operazione, china sulla panca che serviva da sedile, sentii afferrarmi i seni da dietro e nel contempo appoggiarsi nel solco del mio culo un rigido bastone che dalle dimensioni riconobbi sicuramente appartenere all’operaio. Mi sussurrava all’orecchio che ero una troia, che mi stavo comportando come la peggiore delle puttane e che adesso mi avrebbe sfondata, che mi avrebbe fatto godere come mai in vita mia. A parole cercavo di negare ma nel mio intimo sapevo che era vero e lo seppe anche lui una volta che inizio ad esplorare la mia intimità che ritrovò gocciolante di piacere; questo fu il segnale che stava aspettando. Mi rigirò e mi ritrovai con la sua bocca incollata sulla mia, con la lingua che cercava di trovare un passaggio per allacciarsi alla mia. Le mani, sembrava che ne avesse otto, iniziarono a percorrere tutto il corpo, mi slacciò la gonnellina che scivolò a terra e mi ritrovai nuda tra le sue mani. Delicatamente mi fece sdraiare sulla panca si mise con la testa tra le mie gambe ed iniziò a leccare la mia passera con lunghi e precisi colpi di lingua che cercavano di intrufolarsi tra le mie labbra che per l’eccitazione iniziavano ad inturgidirsi e si imperlavano di succhi vaginali; tra una leccata e l’altra stuzzicava il mio bottoncino succhiandolo e mordicchiandolo. Sentivo la miscela di saliva ed umori colare lungo il perineo. L’energumeno, intanto, stava armeggiando con i propri vestiti nel tentativo di liberare la bestia dalla costrizione; una volta riuscitoci oramai privo di qualsiasi remora, si posizionò cavalcioni sul mio petto stringendo tra le mie mammelle il duro e lungo cilindro di carne. Potevo ora vedere l’enorme e violacea cappella che si avvicinava al mio viso, inebriata dall’afrore non potei resistere dall’estrarre la lingua ogni volta che arrivava a tiro, riuscii più volte a infilarne la punto nel taglietto da cui stavano uscendo le prime gocce di liquido lubrificante. Dopo alcuni istanti potenti getti di sborra mi colpirono sul viso, centrandomi sia la bocca, sia gli occhi che i capelli; preso che ebbe il suo randello in mano, prima che perdesse completamente il suo vigore, iniziò a sbattermelo sulla bocca ed a strusciarmelo sulle guance spalmandomi su di esse un sottile velo di sperma. Trattata a quel modo mi sentivo una puttana e non mi scomposi quando l’energumeno rimessosi in piedi mi costrinse, facendomi mettere seduta sulla panca, a prendergli in bocca il pene che anche se floscio era di ragguardevoli dimensioni. Man mano che il pene riprendeva vigore avevo sempre maggiori difficoltà a tenerlo in bocca finché non fui costretta a sfilarlo per non soffocare; l’operaio non soddisfatto mi sollevò prendendomi sotto le ascelle, gli gettai le braccia al collo per permettergli di tenermi da sotto il culo. La sua mano mi aprì, mi carezzò con le quattro dita unite nel solco del culo, mentre il pollice si introduceva nella vagina spingendo verso l’alto, verso il clitoride gia eretto. Cercai di allargarmi più che potevo, consapevole che presto il pollice avrebbe lasciato lentamente il suo rifugio per far posto al pene dell’uomo. Gli allacciai le gambe ai fianchi, facendomi scivolare lentamente sul suo nerbo mi impalò, riempiendomi come mai nessuno aveva fatto. Mentre l’uomo mi stava possedendo non preoccupandosi delle notevoli dimensioni del suo membro che mi stava lacerando, cercai in ogni modo di aiutarlo a strisciare nel mio corpo. Con il tozzo dito indice, lubrificato dagli abbondanti umori che stavano uscendo dalla mia vagina, forzava le resistenze della mia rosellina posteriore, in breve mi ritrovai presa in entrambi i buchi. Farmi scopare da uno sconosciuto, in un luogo in cui potevo essere vista mi portò presto verso un godimento mai provato; i miei succhi stavano letteralmente gocciolando, impregnandole, sulle palle del mio amante. Il seno, sotto le spinte pelviche, strusciava sulla fitta peluria del torace dell’uomo; i capezzoli turgidi all’inverosimile, per questa azione, sembravano che volessero scoppiare. Oramai, come una bambola di pezza, ero completamente alla mercé di quell’uomo che, prossimo a venire, si sfilò dal mio corpo e fece in modo che arrivassi in terra sulle ginocchia. Aprendo gli occhi mi trovai la cappella liscia , paonazza, odorosa di figa goduta davanti al viso che come animata da vita propria iniziò a emettere corposi schizzi di sborra che mi centrarono il volto. Terminato che ebbe di godere, l’uomo si pulì il membro sui miei capelli, riprese i suoi vestiti e con disinvoltura si allontanò lasciandomi in terra stramata. Lentamente mi sollevai da terra e dolorante nelle parti intime mi recai verso le docce per lavare dal mio corpo le tracce di questo incontro.
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