Verso mezzanotte, qualcuno entrò nella camera e si avvicinò al letto guidato dal mio respiro. Si spogliò in silenzio e scivolò sotto le lenzuola. Mi toccò il ventre, scese a giocherellare con i peli, mi accarezzò il clito, quindi tentò di infilare dentro il dito. Respinsi la mano. “Mi fate male!” Lui finse di non riconoscere la mia voce e: “Ma allora tu non sei la mia Nina.” giocando alla perfezione la parte del sorpreso. “No, sono un’amica di Nina.” risposi •”Be’, chiunque tu sia, metti la mano su questo arnese che non vuol certo farti male.” “No, ho paura, mi metterete nei guai.” “Fidati di me, piccola. Non voglio farti del male né metterti nei guai.” Quindi si spostò su di me e cominciò a spingere il bastone contro il mio sesso. Ricordando quello di Joe mi sembrò ancora più grosso di quando lo sentii in giardino; mi parve un uccello di dimensioni enormi, e ogni volta che la testa veniva in contatto con le labbra mi tiravo indietro. Lui mi supplicava di farlo entrare solo un pochino, giurava che sarebbe stato molto gentile con me, e alla fine riuscì a superare l’adito con mezza cappella. “Oh, fate piano! Oh, mi lacererete! Oh, che male!” “Ecco, così, adesso è dentro. Gioia mia, vedrai che non ti farò poi molto male,” e intanto muoveva la verga molto lentamente avanti e indietro, e io, che ci provavo un gusto matto, avendo prodotto in gran quantità quella sborretta che serve a lubrificare l’accesso, cominciai a spingere in su le anche e a muovermi a mia volta. Alzai le cosce, incrociai le gambe sul suo dorso. Lui faceva scorrere il membro nel mio ventre palpitante, smanioso, con una deliziosa frizione, e in quella sentii una morbida mano che mi toccava il culo e poi delle dita che giocavano sfregando in modo circolare e delicatamente la parte più alta del mio sesso. Capii che si trattava di Nina. Ero ebbra ed infoiata di piacere e di lussuria . Stringevo il sedere per “schiacciare” il cazzo che avevo dentro. “Magnifico! Chi ti ha insegnato questo bel giochino? Fallo ancora. E’ magnifico!” Sentii che Nina entrava nel letto e abbracciava l’uomo dal di dietro. Mio padre,accorgendosene, disse: “Ah, Nina, sei arrivata giusto in tempo; fammi sdraiare su di te: sto per venire e voglio venirti dentro.” L’uomo cavò fuori l’uccello dalla mia micetta dicendomi: “Ti ho promesso di non comprometterti, e come vedi non ti sono venuto dentro. Ma Nina non si preoccupa del rischio, lei è una pratica, lei conosce mille modi per non restare incinta, e del resto sa che, se le capitasse di restarci, io mi prenderei cura di lei.” Quindi si mise tra le cosce di Nina e mi disse di aiutarlo. Toccai la vagina di Nina: era caldissima e bagnata. Presi l’uccello di mio padre, lo misi sull’apertura, e lui spinse ed entrò. Mi sdraiai su di lui e, tenendolo per i fianchi, strusciavo il mio pube contro il suo culo, mentre lui si congiungeva con Nina, sfrugugliandogli le palle per aumentargli il piacere non dimenticando che avrebbe goduto vieppiù con un mio dito anche nel buco del suo didietro. Infatti eiaculò quasi immediatamente litri di sborra crollando subito pesantemente su Nina. Con un poca di delusione da parte mia , che forse segretamente speravo in un altro assalto, ci augurò la buonanotte e se ne andò mentre noi due eravamo ancora ansanti ancorché appagate. Nina mi pregò di scusarla. Disse che aveva sentito tutto quel che stava succedendo e che si era eccitata a tal punto da non poter fare a meno di unirsi a papà e a me. Le chiesi: “E papà sapeva chi era la tua amica?” Rispose che non ne era certa, ma che credeva di sì. La prova l’ebbi il mattino seguente: c’era qualcosa di particolare e di nuovo, nell’atteggiamento di mio padre. Mi prese più volte tra le braccia, chiamandomi la sua dolce ragazza, la sua cara cocchina. Mi disse che stava facendo i preparativi per mandarmi a Londra a completare gli studi; mi aveva già prenotato un posto sul primo volo che sarebbe partito di lì a un mese. Risposi che ne ero molto contenta, ma che mi dispiaceva molto lasciarlo. E gli buttai le braccia al collo e lo baciai; nel trasporto lo baciai sulla bocca. Lui mi prese in braccio, mi portò sul divano, mi distese, si sedette accanto a me. Infilò la mano sotto la veste, mi palpò il culo nudo. “Tesoro mio,” disse, “lasciati accarezzare. Ti voglio tanto bene e mi mancherai moltissimo.” “Carissimo papà, puoi fare con me tutto ciò che vuoi, sono felice di farti contento.” Mi baciò calorosamente, infilandomi la lingua in bocca, mi girò, mi sollevò il vestito, mi aprì le cosce, mi guardò il culo, mi fece mettere in ginocchio, mi guardò tra le gambe da dietro. “Sei bellissima, bambina mia. Dimmi, tesoro, per caso eri tu stanotte nel letto di Nina?” mentendo sapendo di mentire con faccia di tolla. “Sì, caro papà. Ho fatto male?” “Ma per niente, mia cara. Mi hai dato il piacere più dolce che abbia mai provato in vita mia. E a te è piaciuto?” “Tanto, era proprio delizioso.” “E mi permetteresti di farlo ancora?” “Ma certo, papà, se ti fa piacere.” Mi fece sdraiare sul divano allargandomi bene le cosce. Poi, inginocchiatosi sul pavimento, mi baciò la micia, mi mordicchiò l’interno delle cosce. Aprì le labbra, entrò dentro con la lingua, muovendola avanti e indietro, poi mi leccò tutta la fica scendendo con rapidi colpetti all’ano, quindi risalì al clitoride, lo prese in bocca, lo succhiò piano, contemporaneamente muovendo la lingua dentro la bocca in modo che il piacere fosse doppio. Venni quasi subito. E, mentre gemevo a occhi chiusi, si alzò in piedi, mi venne sopra e mi mise dentro l’uccello, muovendolo a piccoli colpetti avanti e indietro, e ogni tanto sprofondando dentro di me con gran colpi d’anca. Badavo a stringere il culo e a “schiacciargli” il cazzo con i muscoli della fica. “Ti piace, papà?” “Sì, tesoro mio, mi piace tanto. La tua fica è una meraviglia. Invidio l’uomo che ti sposerà.” Osai allora chiedergli un favore che mi era venuto in mente quando mi aveva detto della sua intenzione di mandarmi in Inghilterra. “Vorrei che tu permettessi a Nina di venire oltre oceano con me.” “Ma certo, tesoro mio, e farò di più. Le raddoppierò il salario e, se si sposerà col tuo consenso e la tua approvazione, ti concederò di farle la dote. Intanto, puoi ordinare tutti gli abiti di cui hai bisogno per il viaggio.” Impossibile descrivere la risposta che diedi a quelle gentili parole. Mi afferrai a lui, lo strinsi tra le braccia quasi con disperazione, e la mia fica si serrava sul suo membro, letteralmente lo mordeva, lo succhiava, lo masturbava. E papà non resistette, e mi venne dentro, esclamando: “Oh, Kate, Kate, Kate, gioia mia!” Nina fu più che felice che mai quando seppe che avrebbe potuto visitare il mondo accompagandomi e lasciare il lavoro, e che sarebbe venuta in Inghilterra in qualità di mia domestica quasi sorella. Di lì a un mese, Nina e io prendevamo il volo Britishairway 249 per l’Inghilterra. Non ne ero proprio certa, ma temevo e insieme speravo che il seme di mio padre avesse generato dentro di me una nuova vita.

