Mi accorsi di essere incinta dopo un mese dalla violenza subita in riva al fiume.* Chi è stato? Chi? – fu la prima cosa che mi urlò mamma, non appena le confessai il mio stato. Eravamo in cucina, io stavo seduta e lei mi si era piazzata di fronte tenendosi le mani alle tempie: aveva il viso stravolto e per un attimo credo che fu tentata di picchiarmi, poi dovette pensare al mio stato e riuscì a frenarsi.* Chi è stato? – tornò a chiedermi, a voce più bassa, quasi piangendo.Pensai a quello che mi aveva detto Giorgio nella Mercedes, e serrai la bocca decisa a non fare il suo nome.A che sarebbe servito? Quel figlio di puttana apparteneva a una famiglia abbastanza potente, mentre io ero solo una poveraccia senza padre e Pietro, l’uomo che ne aveva preso il posto nel letto di mamma, era semplicemente un meccanico con una stazione di servizio.* Parla, mio Dio, parla Lisa! – esclamò mamma. – Non capisci che possiamo costringerlo a sposarti… -* Sono stata violentata… – mormorai guardando un punto indefinito alle sue spalle, sfuggendo il suo sguardo.* L’uomo era un camionista al quale avevo chiesto un passaggio. Non so come si chiami, da dove venisse o dove andasse… – aggiunsi.Lei cadde su una sedia e nascose il viso tra le mani, appoggiandosi al tavolo.Non provavo alcun rimorso nel darle quel dolore perchè sapevo che lei se n’era sempre altamente sbattuta della ” sua Lisa “. Il suo amore per me era secondario: in realtà per lei esisteva solo Pietro.In quel momento odiai anche mia madre perchè improvvisamente la giudicai per quello che era: una femmina perennemente in calore, sempre pronta a farsi fottere dal suo uomo. In quel momento pensai che Pietro frequentava casa nostra anche prima che papà morisse e ricordai certi particolari, improvvisamente, che facevano parte della mia infanzia e che li riguardavano.* Che vergogna… che vergogna… – disse mamma.Pietro veniva spesso a casa nostra, quando ero bambina. Io venivo mandata fuori a giocare: papà non c’era, e Pietro se la svignava sempre una mezz’ora prima che tornasse. Ecco quel che mi passava per la mente!* Che diranno in paese? E gli amici, i parenti? – piagnucolava intanto lei. Avrei voluto urlarle sul muso che non ero molto diversa da lei, solo meno fortunata e meno furba: mamma aveva saputo giocare le sue carte con intelligenza ed aveva regolarizzato davanti al giudice le sue voglie di giovane vedova con la fica sempre in fiamme.* Che succede qua dentro, donne? – la voce di Pietro ci fece sussultare. Era entrato senza che ce ne accorgessimo e lo accogliemmo con un teso silenzio.* Allora? – fece lui guardando ora me ora mamma.* E’… è incinta… – balbettò lei.La reazione di Pietro mi colse alla sprovvista: mi fu sopra in due falcate e il suo ceffone mi arrivò in pieno viso.* Puttana!… Brutta stronza d’una troietta… L’hai data via a Giorgio Manfredi, vero? – gridò afferrandomi per i capelli.* No… No!… – urlai, ricordando che il giorno in cui ero stata stuprata, lui sapeva che ero con Giorgio.* Dice che è stata violentata…. – gemette la mamma. – Violentata da un camionista… -* Ma che camionista del cazzo! Questa puttana è andata a fottere con il ragazzo dei Manfredi!… – urlò Pietro, al colmo del furore, coprendomi di violenti ceffoni.* Non è vero!… Non è vero! – tentai di difendermi terrorizzata.* E’ vero, invece… e mi confesserai la verità, dovessi toglierti la pelle di dosso… – minacciò, trascinandomi per i capelli. Mamma tentò di difendermi, gridando che nel mio stato poteva farmi male, ma non ci fu niente da fare: Pietro era scatenato, oltrechè furioso come una belva.Mi trascinò in camera mia, sempre tenendomi per i capelli, chiuse la porta a chiave e mi gettò sul letto.Lo guardai terrorizzata, mentre si sfilava la cintura, tenendo gli occhi sbarrati. La sua faccia stralunata mi faceva paura.* Cosa… Cosa vuoi farmi? – chiesi, spaventata.* Ti darò cinghiate fin quando non confesserai… tuo padre avrebbe fatto lo stesso… – disse incerto, avvicinandosi piano.Lo guardai tremando. Stavo poggiata sui gomiti, le gambe che pendevano oltre la sponda del letto. La mini si era rialzata e avevo le cosce nude fin quasi alle mutandine. Non capivo la sua furia e la sua presenza mi turbava, oltre a spaventarmi. Era grande e grosso, massiccio, un maschio poderoso e infuriato. E c’era qualcosa in lui che mi sconvolgeva e che non riuscivo a capire.* No… ti prego, Pietro, no… – balbettai.Non ci fu verso. Appena mi fu vicino, prese a battermi con furia e la cinghia mi sferzò violentemente le cosce nude, più volte. Picchiava con rabbia, sconvolto, e nonostante il dolore atroce e la visione delle strisce rossastre che mi deturparono subito la carne bianca, notai sbalordita che aveva le labbra tirate, tremanti, e della schiuma bianca agli angoli della bocca. Un tic gli deformava una guancia.* Puttana… Vacca… Troia… è stato quel Giorgio, vero?… Dillo che è stato lui, dillo… – sibilava mulinando il braccio armato.Fu per difendermi, per impedirgli di colpirmi ancora sulle cosce, che mi chinai in avanti e mi abbracciai le ginocchia, alzando un po’ il viso per vedere da che parte arrivassero i colpi. Fu così che, senza volerlo, i miei occhi caddero sul suo inguine. Lo aveva talmente teso che i pantaloni di tela della tuta sembravano essersi trasformati in una capanna indiana. Rimasi talmente sbalordita da quella rivelazione che a malapena sentii le ultime due cinghiate che mi colpirono ai fianchi. In una frazione di secondo mi resi conto di cosa lo rodeva e del motivo di tanta furia e nello stesso istante smisi di aver paura di lui. Smisi anche di proteggermi e mi gettai a spalle in giù sul letto guardandolo bene in faccia e sopportando altre cinghiate piene di livore che vennero a colpirmi crudelmente sul ventre, sui fianchi e ancora sulle cosce.* Parla… parla… – disse ansimando.* Se la smetti di fare l’idiota, Pietro, parlerò… – dissi guardandolo seriamente.Improvvisamente, dentro, mi sentii vecchia, molto più dei miei diciotto anni e mezzo, mi sentii vecchia di cent’anni.Lui parve sgonfiarsi e rimase impalato dinanzi a me, la mano armata di cinghia che pendeva lungo il corpo.Sulle cosce bruciavo, e il calore terribile delle frustate si irradiava piacevolmente verso l’alto, invadendomi il sesso e l’interno dei glutei contratti e sudati.* Io so perchè te la prendi tanto, Pietro… L’ho sempre saputo… – dissi mentendo e muovendomi sorridendo sul letto. Feci anche una pausa, ma lui non ne approfittò. Ebbi l’impressione di aver davanti un uomo distrutto.* Volevi essere tu a fottermi per primo! Hai aspettato tanto tempo, sbavando, e ora scopri che qualcuno ti ha preceduto e muori dalla voglia di scoprire chi è il fortunato che devi odiare… – Mi interruppi ancora.Più parlavo e più mi erano chiare certe sue attenzioni del passato, certe scuse infantili per entrare nella mia stanza quando ero nuda, per vedere come stava crescendo la ragazzina che aveva deciso di sbattersi appena fosse venuta l’occasione buona. Ignobile porco! Chi era più bastardo, lui o Giorgio? Il mio patrigno, che aspettava con pazienza che crescessi, per deflorarmi, o il ragazzo che fingendo di amarmi mi aveva portato romanticamente al fiume per stuprarmi e divertirsi col mio corpo? E il bello fu che lessi sul suo viso, attraverso le espressioni che gli vidi assumere mentre parlavo, come le mie parole fossero rispondenti alla verità e come avessi indovinato.Comunque non approfittò neppure della seconda pausa: rimase muto, a guardarmi le cosce striate dalle sue cinghiate. Posai le mani sulla mini e sorrisi ancora.* E’ stato quel camionista… Giuro, Pietro. E’ la verità. Mi ha violentata ed io ho pianto per la disperazione di non donare a te ciò che quel bastardo mi ha rubato… L’avevo capito, sai? Di te, intendo… E mi piaceva… Mi piace… -Le ultime parole le sussurrai mentre le mie dita artigliavano la mini e cominciavano a farla salire verso il ventre, in modo da mostrare l’inguine.Ero meravigliata io stessa della facilità con cui stavo mentendo e della sfacciataggine con cui mi comportavo davanti a colui che, dopotutto, era l’uomo di mia madre.* Puoi… puoi farlo ancora… Sono stata con quel porco una sola volta e tu… tu saresti il secondo… – dissi tutto d’un fiato, con la voce rauca. Ero eccitata in modo vago e il mio cervello si pasceva di immagini lubriche, di scene piene di lussuria in cui corpi di donne e uomini allacciati tra loro la facevano da padroni. Era quello forse che mi mandava in tilt e non la presenza di Pietro.Mi cadde davanti in ginocchio con rauco gemito e con le mani venne a rovistarmi la pelle martirizzata delle cosce. Infine affondò il viso in avanti con un gemito e con i denti mi afferrò le mutandine di cotone. Ebbi un brivido lungo la spina dorsale quando lo sentii succhiare il tessuto bagnato dalle gocce di urina che mi erano sfuggite mentre mi frustava. Mi annusò, anche, profondamente, beandosi dell’odore acre di sesso che doveva avvertire tra le mie cosce leggermente aperte, poi, finalmente, mi strappò via con i denti gli slip, tirandoli come un cane infoiato. Sentii scivolare l’indumento lungo le gambe e mi inarcai per favorirlo. Sapevo che mi avrebbe leccato perchè ansimava in preda ad una sorta di follia silenziosa, che lo faceva tremare.* Fallo, Pietro… Ti prego… Si, si, lo voglio adesso, non perdere tempo… Fallo, fallo, fallo… – Stentai a riconoscere la mia voce.Si gettò sulla mia femminilità bagnata di umori, scostando i peli con la lingua eccitata. Scostò anche i lembi della mia carne, spalancò la mia ferita piena di fremiti con un colpo secco delle labbra avide e io gli cercai la testa con le dita, per aggrapparmi ai suoi capelli ed impedirgli così di scostarsi.* Oddio, Pietro, oddio… – mi fece gemere baciandomi.I suoi baci erano rabbiosi, continui, solenni, pieni di una furia che non era certo da paragonarsi con la foia bruta di Giorgio, quando mi aveva violentata. Lui era bravissimo: leccava con un’abilità che mi sconvolse. In realtà sognavo che fosse un uomo innamorato a farlo, ma il piacere mi si ingigantiva dentro ugualmente, anche se ero consapevole che fosse lui, il mio patrigno, il maschio di mia madre.Appena irrigidì la lingua e me la ficcò dentro, dura e legnosa come un cazzo, serrai istintivamente le pareti della vagina. Una cosa simile non me la immaginavo neppure. Mugolai e mi rattrappii premendogli con maggior forza il viso tra le cosce.Fui solo vagamente consapevole del fatto che mamma ci stava chiamando. Avvertii la sua voce oltre la porta chiusa e sussultai, godendo di un orgasmo lungo e felice: il saperla nella stanza accanto mi turbava.* Perchè state zitti, perchè? – la sentii domandare disperata. * Cosa sta succedendo? Cosa fate, Pietro, Lisa? Che succede la dentro? – chiamò, acuta e improvvisamente disperata.La sua voce mi eccitò maggiormente, ma quando si mise a picchiare con i pugni sulla porta, ebbi l’impressione che quei colpi fossero dati al mio cuore.* Falla smettere, Pietro… Falla smettere… – mugolai.* Piantala! – urlò lui, sollevando la bocca dalla mia fica infradiciata, ma restando con il viso tra le mie cosce.Lei smise, naturalmente, ed io ebbi l’impressione di udire un lungo gemito, soffocato dall’uscio, poi una serie di singhiozzi. E per un istante mi chiesi se mamma avesse capito cosa stava accadendo tra me e suo marito. * Voglio leccarti anch’io… Voglio vederti nudo… – mormorai piano prima che lui chinasse ancora la sua bocca avida su di me.Pietro si rizzò, grande e grosso, possente: mi sovrastava.Mi guardava fisso, aveva gli occhi sbarrati. Sulla sua bocca c’era l’umidore che mi aveva rubato dalla vagina bagnata e ad un angolo delle labbra gli vidi anche uno dei miei peli neri, appiccicato alla pelle umida.* Sei una puttana… vedi che avevo ragione? – disse eccitato, iniziando a spogliarsi. Io mi tolsi la t-shirt e gli offrii le tette, con orgoglio: erano turgide ed erette, con le areole molto grandi e i capezzoli mi facevano male, tanto erano tesi e raggrinziti. Mi sbottonai anche la mini e me la sfilai dalla testa, mostrandogli il mio corpo interamente nudo tranne che per i calzini bianchi e le scarpette da tennis. Vidi che mi erano rimasti dei segni rossi anche sul busto, sul ventre e i fianchi.* Ti piaccio vero?… Sei pazzo di me… – ansimai.Ero felice di vederlo così sconvolto per il mio corpo e poi vidi il membro più spettacoloso che mi fossi aspettata di vedergli tra le gambe.Puntava su di me, teso, lucido e gonfio di vene, con il grosso glande completamente scoperto e purpureo, quasi volesse spaccarmi. Quando mi sollevai per afferrarlo ed avvicinarmelo alle labbra, ero tornata lucida e calma. Non ero più eccitata, ero solo curiosa, ma in ogni caso fredda. Stabilii sbigottita che lo aveva grosso come il mio polso e lungo quasi venti centimetri. Mi divertii a solleticarlo giocherellando con le dita sotto la grossa borsa circondata di peli neri ed ispidi, e sentii nel palmo la presenza di suoi testicoli, che mi parvero immensi e che tastai incuriosita.Li aveva più grossi di due uova sode e il suo affare s’imbizzarriva ogni volta che glieli strizzavo.* Leccami… Hai detto che volevi farlo, piccola troietta… Dai… dai… – mugolò.Mi chinai in avanti e lo tastai con la punta della lingua: aveva un sapore acre, selvaggio.* Così… Così… – mugolò irrigidendosi.Spalancai la bocca più che potei e ricevetti il grosso glande che sbocciava oltre la pelle tesa.* Sei brava… Una puttanella di classe… – s’interruppe perchè avevo cominciato a succhiarlo facendo frullare la lingua e subito mi mise le mani sulla nuca. Io ero seduta sul letto e lui ormai mi giganteggiava dinanzi.* Sei più calda di tua madre!… E sei anche più brava di lei… Di più, piccola mia… Di più tesoro… – mi esortò.Mossi la testa furiosamente e lui mi costrinse ad accentuare l’andirivieni con la pressione delle sue mani sporche e callose con cui imprigionava la testa. Ebbi paura di soffocare, ero sicura che se lo avesse spinto ancora mi sarebbe entrato nell’esofago. Tossii e sterili conati di vomito mi salirono dallo stomaco contratto.* Poi ti leccherò io, ancora… Ti ficcherò la lingua dentro… Forza, troietta… Forza… – continuava intanto. Poi s’interruppe perchè si era accorto che si era spinto troppo in fondo alla mia gola, rischiando di soffocarmi, e lo tirò fuori. Boccheggiavo, con gli occhi fuori dalle orbite, tentando di riprendere fiato. Quando mi fui calmata ripresi a mordicchiarlo teneramente, lungo tutto il cazzo.* Sei fantastica… fantastica… Godoo!!! – urlò senza ritegno, fottendosene bellamente che mamma potesse sentirlo.Succhiai e succhiai, come ubriaca, incapace di controllarmi, sbavando e torcendomi tutta in lunghi e nuovi brividi.Non ero eccitata perchè avevo quel palo nelle mani, nè perchè lo stavo baciando no: mi faceva godere il pensiero di vederlo piantato tra le cosce di Amelia, la mia amica, per esempio, oppure tra le chiappe bianche di Giorgio. Lo omaggiavo a quel modo perchè sognavo che fosse mio, nel senso cioè che mi appartenesse, che fosse saldato alla mia carne, tra le mie cosce, al posto del clitoride, e che io, con quel bastone potente e feroce, potessi aggredire un sesso di donna, o un culo maschile.* Basta… Basta!… – mugolò Pietro afferrandomi per i capelli e strappandomi letteralmente dal suo glande.* Non voglio godere così… Ora ti faccio… Ora ti chiavo… -* Ti prego… ti prego… – balbettai spaventata.Improvvisamente provavo ribrezzo a farmi possedere da lui, non volevo più.Solo che Pietro era infuriato come un montone e mi si gettò sopra prima che riuscissi a serrare le cosce.Mi sentii impalare e gridai, mentre quella sorta di randello incredibile mi si piantava nella carne procurandomi una fitta lancinante. Mi fece un male incredibile entrando, più di quanto me ne aveva fatto Giorgio, quando mi aveva stuprata.Poi cominciò a stantuffare furiosamente, la bocca incollata alla mia, la lingua che mi devastava, esplorandomi il palato e frugandomi profondamente in gola.Lo sentivo dilatarmi l’utero in profondità e ad ogni colpo che vibrava, appena si trovava indietro, sembrava che volesse sfuggire dalla mia vagina, arretrando fino al glande e quindi picchiando ancora fino in fondo, dopo aver raccolto le forze e il respiro.Allora tornava a sprofondare con un ansito lungo, svuotando i polmoni dell’aria e piantandosi sempre più a fondo, sempre più violentemente e dolorosamente.Quando smise di baciarmi, piangevo: lo morsi e lo graffia sulla schiena, piantandogli le unghie sulle scapole possenti e pelose.* Godi vero?… Pietro ti fa impazzire, brutta porchetta!… Tieni… Tieni… – mugolò felice.I colpi che mi vibrava erano talmente feroci che, per attutirli, fui costretta a sollevare le cosce e a serrarlo alla vita incrociando le caviglie sulle sue reni.Così mi sentii squassare meno e, in un certo senso, partecipai all’amplesso, cominciando a sciogliermi in un piacere che sembrava nascermi lontano e che quasi non mi apparteneva.Piansi anche, lacrime cocenti, perchè fui finalmente cosciente di non essere come le altre donne e di aver subìto forse qualcosa d’irreparabile durante quel pomeriggio di violenza al fiume.Era come se il ghiaccio mi si riproducesse in continuazione nel sesso, benchè sciolto da un godimento lento e difficile da realizzare.Stavo imprecando contro me stessa, il mondo, il cielo, gli uomini e gli dei, quando Pietro mi si sfilò dalla fica.Si sciolse dal mio abbraccio, lasciandomi sfinita e con le ossa rotte. Non avevo goduto e non avevo più forze. E pure lui non aveva ancora sborrato dentro di me: non avevo avvertito infatti quella scudisciata calda e liquida che avevo imparato a conoscere con Giorgio.Lo guardai stupita e lo vidi ancora eretto e potente, con il membro umido e lucido, fradicio degli umori che la mia vagina aveva emesso sotto le sue spinte continue, per lubrificare il nostro amplesso selvaggio.* Voglio baciarti dietro, piccola… Girati! – disse, rauco.* Cosa vuoi farmi? – chiesi, spaventata.Intuivo qualcosa di oscuro e minaccioso nelle sue parole e fui colta da una fifa terribile al pensiero di quello che sarebbe accaduto al mio povero culetto, se Pietro mi avesse ficcato nelle natiche quel suo palo terribile.Mi irrigidii come un pezzo di legno quando lui mi afferrò con forza per rigirarmi sul letto a pancia sotto, ma fu inutile. Quell’animale possedeva una forza terribile e dopo qualche istante di inutile lotta, mi ritrovai a mordere le lenzuola digrignando per il terrore. Folle di paura, tentavo di sottrarmi al suo insano e osceno desiderio di possesso, e quando incollò il viso tra i miei glutei io non me l’aspettavo, perchè ero convinta che volesse spaccarmi il culo e stavo contratta, con le unghie piantate nelle lenzuola a piangere come una scema.Invece mantenne la parola. La sua bocca mi rovistò costringendomi ad ammorbidirmi, spalancandomi sotto i rapidi colpi di lingua. Alla fine mi aveva afferrato i glutei, spalancandoli e ficcandomi i pollici nel solco sudato e mi baciava gemendo, spingendo la lingua nel buchetto e procurandomi sensazioni nuove e anche una sorta di dolcissimo rilassamento.Quel bacio mi piacque e mi fece godere. Mi sentii sconvolta, in preda a qualcosa di nuovo che non mi aspettavo. Restò in ginocchio dietro di me, sfibrandomi, ed io a un certo punto arrivai a insinuare le mani sotto di me, tra le cosce, per cercarmi la fica e masturbarmi.Quando lo fece, perciò, non me l’aspettavo e mi colse a tradimento.Smise di baciarmi dietro e la sua mano si insinuò tra le mie cosce, come se volesse toccarmi il clitoride con le dita, invece afferrò il mio polso costringendomi in una posizione assurda, che non mi permetteva la minima difesa. Tirò con forza e mi sentii piegare in due, quasi sollevare, quindi avvertii la presenza del suo glande là dove mi aveva baciata fino a un attimo prima. Grondavo della sua saliva ed ero ancora illanguidita dai tocchi abili della sua lingua. Capii troppo tardi quel che stava per farmi e quindi non potei impedirglielo.Quando mi inarcai per contrarre lo sfintere lui era già con il grosso glande dentro di me procurandomi un dolore terribile, inimmaginabile, che mi fece urlare a pieni polmoni.Sentii mamma che tornava a battere i pugni contro la porta chiusa e piansi disperata e sconfitta, maledicendolo ad alta voce, mentre il suo pene mostruoso si faceva strada dentro di me sempre più dolorosamente, fino a quando la sua sacca scrotale non venne a battermi contro le natiche.Diede un ultimo terribile colpo per sistemarlo bene in fondo e io per il dolore svenni.Non so quanto tempo rimasi fuori conoscenza, ma credo soltanto pochi minuti. Mi svegliò il dolore lancinante che sentivo tra le natiche, mentre qualcosa di umido mi solleticava un’orecchio. Lui aveva abbandonato il mio polso per afferrarmi alla vita e, tenendomi così ben serrata contro il suo corpo, si era chinato su di me leccandomi un orecchio e sussurrando parole incoerenti.* Ecco… – disse piano. – Avevi ragione, Lisa… Volevo farti… Ho sempre sognato che tu diventassi presto adulta per poterti sverginare, ma qualche bastardo mi ha tolto questo piacere. E allora… allora, mia cara, piccola puttana, ho ancora questa verginità da prenderti!… Tieni, piccola… Tieni!… – ansimò.Si scosse violentemente, riempiendomi i glutei di fitte violente. Si mosse dietro di me con una furia che neppure sospettavo e lo sentii raschiare nel mio budello.Non provavo piacere, non provavo che odio, dolore e rabbia. Mi sentivo umiliata, infangata, e morsi il lenzuolo mentre i colpi feroci che lui mi vibrava nella carne mi sospingevano sempre più in avanti, facendomi scivolare sul letto, prona, con il viso che strusciava le lenzuola.Il dolore si fece martellante, urlai a squarciagola e tentai di scattare in avanti, nel tentativo di sfuggirgli, ma Pietro mi seguì con uno scatto e mi rimase dentro, stendendosi poi sulla mia schiena e insinuando le mani sotto di me, sino a quando non riuscì ad afferrarmi i seni, strizzandoli tra le dita.Mi diede anche dolorosi baci sulla nuca, tra i capelli, mordendomi ed azzannandomi, mentre i suoi colpi mi straziavano l’ano dilaniato e il retto bruciante.* Maledetto!… Porco fottuto!!… – dissi tra le lacrime.* E’ sublime!… E’ stupendo, Lisa… Cristo, come sto godendo!… Hai un buco strettissimo… – esclamò lui, in estasi.Mi salirono dei conati, violenti, e vomitai sul lenzuolo avendo schifo di me stessa… ancora conati dolorosi, ancora vomito e ancora schifo. Ero arrivata ormai al limite della pazzia, quando infine mi fiottò con violenza nella carne deflorata ed io ebbi l’impressione di ricevere del fuoco liquido, da tanto che mi sentii bruciare dietro.Quando smise, ero insensibile, dolorante, in ogni caso distrutta, ma soprattutto non avevo provato nulla che potesse avvicinarsi anche lontanamente all’orgasmo.Rimasi semisvenuta e lui se ne andò. L’odore del sesso che aleggiava nella stanza e quello del vomito vicino alla mia faccia, mi facevano salire altri conati.La voce di mia madre provvide a risvegliarmi.* Bastarda… bastarda… bastarda… -Mi rivoltai sul letto e rimasi a spalle in giù, il sesso offerto ai suoi sguardi carichi di odio, le chiappe, sotto, che mi pulsavano e lo sperma di Pietro che mi usciva lentamente dallo sfintere dilatato, che non riuscivo a contrarre senza fitte acute che mi strappavano le lacrime.Guardando mamma, mi meravigliai di scoprire che me ne fottevo di ciò che pensava: era diventata come un’estranea, per me.* Dov’è?… Lui, quel lurido sacco di merda, dov’è? – domandai stupita del mio linguaggio incredibile.Per mamma, sentirmi parlare fu come ricevere un pugno in pieno ventre.* E’… E’ andato fuori… Non mi ha degnato neppure di uno sguardo e se n’è andato… – mi rispose con le mani sulle guance.* Forse è andato ad ubriacarsi!… A festeggiare la grande impresa di essersi fatto la figlia di sua moglie… Di averle rotto il culo! – gridai rabbiosamente.* Mio Dio… – mormorò lei.* No dire che non lo sapevi… che non te ne se stata con un occhio appiccicato al buco della serratura per goderti lo spettacolo! Non temere, mamma… più tardi tornerà ubriaco fradicio e pieno di voglia di fare ancora l’amore e allora sarà il tuo momento e dovrai metterti in ginocchio davanti a lui a leccargli devotamente il cazzo, o per prenderlo nella fica o nel culo, come me… -Parlavo piena di livore, con un linguaggio da troia. Ciò che mi era accaduto in quell’ultimo mese mi aveva cambiata e invecchiata. Era un’altra Lisa quella che, nuda e piena di sperma, con il culo lacerato, stava insultando la propria madre, offrendole l’oscena visione del suo corpo dissacrato.Fu forse questa constatazione che la sconvolse: sta di fatto che si scatenò perdendo il lume della ragione, mettendosi a picchiarmi selvaggiamente, fuori di sè.Mi dava pugni e sberle e quando, per tentare di difendermi, visto che non potevo sfuggirle in quanto l’amplesso doloroso con Pietro mi aveva irrigidito la parte superiore delle cosce, scivolai dal letto tentando di raggomitolarmi, mi prese a calci, urlando come una tigre ferita.* Puttana… Puttana!… – Quando smise fu solo capace di ripetere quella parola, ossessivamente.Io rimasi accartocciata, con un dolore violento che mi prendeva a martellate rapide poco più su del sesso, al basso ventre. Infine avvertii una contrazione improvvisa là dove sapevo di aver ricevuto la punta della sua pesante scarpa da lavoro.* Mamma… – bisbigliai. – Oh, mamma… mi hai rotto qualcosa dentro… mi hai ucciso… -Lei impallidì e si chinò per aiutarmi: aveva visto che facevo di tutto per rimettermi in piedi. Si spaventò a morte e divenne pallida come un lenzuolo appena lavato. Mi alzai, aiutata da lei, che di colpo era tornata ad essere mia madre e, con le gambe rigide come pezzi di legno, tenendo le cosce serrate, mi lasciai condurre in bagno.Ebbi appena il tempo di sedermi sulla tazza e poi la contrazione al ventre si sciolse e sentii sfuggirmi qualcosa dalla vagina. Un fiotto lunghissimo e caldo mi percorse l’utero ed avvertii chiaramente, prima di svenire, lo schiaffo del sangue contro la porcellana del gabinetto. Infine mi abbandonai esanime tra le braccia di mia madre.Mi svegliai stesa sul mio letto: finestra chiusa e tenda tirata. Avevo perso il figlio che portavo nel ventre.Fu una sensazione psicologica precisa e terribile, che mi fece piangere a lungo, senza singhiozzi.Mi scaricai di tutta la mia disperazione.Poi, finalmente, mi calmai e mi misi a riflettere. Ben presto giunsi a una conclusione dolorosa ma inevitabile.Non potevo più restare in quella casa. Non potevo più restare in quel paese.Dovevo andarmene da ******, non appena fossi stata in grado di farlo.Andarmene per sempre, voglio dire.
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