Vado in palestra, devo andare in palestra, ho bisogno di esercizio e di sano movimento.Sono fuori forma, non amo correre ne fare sforzi particolarmente faticosi.Per farla breve non mi va di fare un cazzo, e questo si ripercuote sullo stato di salute, del sano esercizio non potrà che farmi del bene.Genitori anziani che guardano al dottore come ad un oracolo, sguardi di supplica ed allora, diritto nella palestra che ritengo la migliore, poiché lontana da casa mia e dai commenti di chi non sa esimersi dal dispensare consigli.La prima settimana è un incubo. Scheda personale, dolori atroci, difficoltà ad adeguarsi ai tempi giusti ed a dividere le macchine, che per quanto numerose non bastano mai.E poi la visione di quei corpi scolpiti in blocchi d’acciaio che sembrano deridere di continuo ogni eventuale impegno. Me escluso, perché nella più semplice delle ipotesi predicavo bene e razzolavo male, ero particolarmente interessato all’estetica del corpo, ed ammirare fisici possenti mi dava una certa gratificazione.C’erano i soliti abitudinari, ed in genere erano loro a fare il bello ed il cattivo tempo.A parte i due istruttori, sempre disponibile e comunque mai indisponenti, tra i pesi massimi c’erano un certo Alberto, mio coetaneo, forse un anno più vecchio ed un signore che poi venni a saperlo aveva 47 anni. Marco.Tutti e quattro se la battevano alla pari con quei fisici da copertina che si trovano nelle edicole, anche se uno degli istruttori, aveva un’american style particolarmente simpatico, e Marco un’aria da marine evidenziata dalle tenute militari e dai capelli brizzolati cortissimi.Erano uomini discretamente piacenti da quel che mi era parso di vedere, anche se tra le mura della palestra, chiacchiere a parte non si vedeva nulla.Una sera, dopo l’allenamento e la doccia, Marco che sembrava il più socievole, prese a sfottermi per un mio presunto pudore. Non ero molto propenso a farmi vedere nudo certo, tuttavia non mi sembrava di comportarmi con una verginella, così come lui mi aveva definito.La sua mole non era quella dell’uomo che accetta repliche senza battere ciglio, tuttavia spinto dall’atteggiamento scherzoso e dalla voglia di non beccare sopranomi gli risposi per le rime, domandandogli il perché di tanto interesse a vedermi nudo.Ovviamente feci una grande allusione alla sua presunta omosessualità.La risposta seria e compita mi fece riflettere, anche perché durò per circa dieci minuti, riformulando teorie sulla sessualità comune.Alla fine non ce la feci più e mi alzai per rivestirmi. Lui mi sfilò l’asciugamano e fece altrettanto con il suo, sventolandoli per la stanza.Guardai il suo cazzo istintivamente. Sembrava il mio, con la semplice eccezione che il mio era così grosso solo in erezione, mentre il suo penzolava allegramente.Si accorse che lo guardava e mi schernì ancora-Lo vedi che ti piace allora-Mi sbrigai a vestirmi ridendo in maniera stupida e lo salutai con fare superiore.Più che alle metafore sessuali di quello sporcaccione, mi attiravano le forme muscolose di una trentenne dedita all’esercizio, che ovviamente legava con il gruppo dei super maschi.Marco si accorse di ciò ma non me ne parlò mai. Di sera, sotto la doccia parlammo ancora, ma quel tizio proprio non riusciva ad essere serio, e questo andava bene perché tanto io finivo sempre per dirgli di farsi i cazzi suoi, mentre lui mi dava del finocchio selvatico.Due mesi dopo, arrivarono un paio di amici di Marco, due panciuti signori molto volgari e fracassoni ridotti veramente male, ma stranamente sicuri nel modo di fare.Quei due volevano provare di tutto, e appena saltava fuori che c’era una disciplina nuova oppure un attrezzo diverso si tuffavano pronti a sperimentare.Un giorno, fui sfidato da uno di loro, che con la solita arroganza mi propose un incontro di lotta sui tappeti.A malincuore, spinto dalle pressioni continue accettai, e il povero signore contrariamente alle sue aspettative ebbe bisogno di una borsa piena di ghiaccio.La settimana dopo riprovammo, e lui sempre molto convinto, basava la sua forza su alcune mosse, che Marco gli aveva insegnato.Stracciai lui ed anche il suo amico.Due giorni dopo commisi un errore fatale, quello di lottare con lo stesso Marco. Le vittorie galvanizzanti mi fecero incappare in un grave errore di valutazione oggettiva.Mi rivoltò a suo piacimento, mi toccò e mi palpeggiò divertendosi a trattarmi con uno straccio.Io mi lamentavo e gli urlavo frasacce di continuo, fino a che mi ritrovai ventre per terra, con lui sdraiato sopra in una posa che mi aveva immobilizzato del tutto.Sentire quel peso addosso mi piaceva, ed anche se avvertivo il suo pene nel solco tra le mie chiappe, alla fine il piacere che mi dava il mio schiacciato al suolo mi rilassava abbastanza.Visto che non protestai se ne accorse, e fece finta di pomparmi mimando delle flessioni.Mi divincolai a fatica e lo mandai a fanculo per la milionesima volta infastidito dalla situazione.A quel punto gli dissi che il finocchio doveva per forza essere lui e lo lasciai a contorcersi dalle risate.Lui però non mi dava l’idea del gay che si diverte e provocare, ed anzi credevo fosse pieno di donne, adeguandomi a delle storie che circolavano in palestra. Quell’uomo maestoso poteva essere importante nell’economia dell’esercizio, perché era un esperto e perché lì metteva tutti in riga. Stando dalla sua parte tecnicamente mi sarei guadagnato una tranquillità meritata.Solo basandomi su quelle convinzioni, accettai di andare a vedere casa sua su invito, e non prima di aver alluso mille volte alla mia eterosessualità.In macchina allungava continuamente le mani per tastarmi le cosce e tormentarmi. Arrivati a casa sua feci un giro così tanto per vedere come viveva.Era un villino in ottimo stato, costruito di recente mi disse, e lui ci viveva da solo e da poco tempo.Marco era appassionato di oggettistica militare come potei constatare ammirando un stanza piena do oggetti come piastrine ed elmetti, coltelli, bandiere divise. Era tutto ben disposto, secondo un ordine che sembrava più personale che non rigorosamente tecnico.Il resto della casa non presentava l’impronta tipica del culturista che mi aspettavo di trovare ovunque.Tanta pulizia, e forse un pizzico di banalità fatta di quotidiano.Alla fine tutto si risolse in una tranquilla oretta di chiacchiere e senza indugiare oltre, prima che l’atmosfera si trasformasse diventando troppo intima, decisi che era di andare.Mi alzai e salutando Marco mossi il primo passo, lui mi fermò dicendomi.-Ma come non mi fai neanche un pompino?-.Mi paralizzai, dovetti trovare coraggio per guardalo in faccia. Era tremendamente serio.Alzai il pugno-Non scherzare-Serio.-Guarda fai poco lo stronzo-.Sbottò in una risata talmente fragorosa da spaccarmi i timpani. Che grossa testa di cazzo che era, proprio un cretino patentato.Non contento, mentre anche io cercavo di prenderla a ridere, si aprì la patta e mi caricò gettandomi sulla poltrona.La lotta fu breve e finalmente potei prendere la via della porta.-Sai, scherzi a parte credo che potremmo salutarci meglio, tanto lo so che ti và, è facile capirlo-Le sue mani simili a quelle di un polipo si allungarono a tastarmi. Non sapevo più che fare, anche perché la mia sicurezza veniva meno ad ogni palpeggiamento. Il giochino un po’ mi divertiva e gli avevo dato corda, diciamo che la mia difesa non era stata molto ostinata, ma ben più simile a quelle delle donnicciole che desiderano essere toccate, pur urlando l’opposto.-Cosa vuoi fare?-domandò.-Voglio uscire!-disse e stavolta ero serio.-Dai, buona idea lo facciamo in giardino-annuii tanto per tenerlo buono, più che palparmi tanto non avrebbe fatto, alla fine era semplice rendersi conto che si trattava di chiacchiere.Uscimmo e sul pianerottolo, mi disse di togliermi la maglietta e di dargliela.Sbuffai cominciando ad incazzarmi. Quanto era stato stronzo a non troncare quella situazione subito non lo sapevo, ma era certo che dovevo uscirne gradualmente, anche perché proprio non mi veniva di dare un taglio netto alla cosa.Mi sfilai la maglietta e gliela lanciai con arroganza, dopodiché uscito annusai a pieni polmoni l’aria fresca.Il giardinetto era recintato, c’erano alberi e piante, nessuno avrebbe visto le moine di quel matto ed io almeno non ci avrei fatto una figura di merda.Mentre pensavo a tutto questo, Marco a sorpresa mi bacio.I miei riflessi appannati gli dettero un secondo buono. Sputai a terra e lo spintonai, poi presi a correre. Due metri e venni cinto dalla sua stretta.Tentai di divincolarmi ma non riuscivo a far nulla, le sue mani erano come due morse attorno ai miei polsi.Mi strinse e mi tirò a se mettendomi su un fianco, con la spalla sinistra che premeva sul suo torace di granito.Avvertivo la patta sulla coscia e le sue mani avide che mi cingevano ora con forza.Smisi di opporre resistenza inutile e mi limitai a tenere la testa a distanza, intenzionato a fare chiarezza. Ma non c’era molto da verificare.Mi baciò, con trasporto aprendo appena la bocca.Sentivo le sue labbra umide sulle mie e mi feci indietro come schifato, con una smorfia che non lo indispettì affatto.Mentre con una mano continuava a cingermi il costato, con l’altra mi afferrò la nuca tirandomi a se.Mi baciò ancora, e pian piano la mia bocca si allargò lasciando che la sua lingua mi frugasse il palato. La pressione era troppo forte, inoltre la sensazione di quel bacio mi piaceva abbastanza.Senza perdere troppo tempo ricambiai, e le nostre lingue si incrociarono.Strinse e mi strusciò ancora la patta sulla coscia.-Toccami il cazzo!- disse.Io non feci nulla, ma quando mi ritrovai in procinto di avere una costola incrinata cedetti e con la mano stretta tra il mio fianco ed il suo ventre, cominciai un massaggio alla patta dei pantaloni, leggero e senza particolare ritmo.Lui parve accontentarsi, se non altro non mi stritolò.In bocca però, continuavo a sentire la sua lingua che non accennava a fermarsi, mi lasciò andare ma io non mi allontanavo, allora mi palpò il culo e sorrise.Mi ripresi di colpo rammentando che non ero un finocchio o almeno lo speravo.-Sei contento stronzo?-Lui mi guardò con divertita ferocia.Si tolse la canottiera in un lampo, eravamo entrambi a petto nudo, poi mi strinse alla base della tuta, e mi calò pantaloni e mutande in colpo solo.Avevo il pene in erezione, praticamente duro come un bastone e quella visione provocò in lui una grandissima ilarità.-Adesso sono contento, tutti quei discorsi e ti viene così duro solo per qualche effusione!-Feci per tirarmi su i pantaloni, ma venni afferrato per un braccio e costretto a sorbirmi l’immagine del suo di pene.Rapido come sempre lasciò cadere alle sue caviglie i pantaloni militari, e poi con gioco di gambe li sfilò calciandoli via.Rimase solo con gli anfibi, ed ancora una volta potetti godere della vista di quel corpo stupendo e massiccio.Non mi ero sbagliato, in erezione potevo avercelo due o tre centimetri più lungo del suo, che ancora penzolava tranquillamente.Si guardò l’uccello, poi il mio e notando che stavo con gli occhi inchiodati sul suo, mi disse:Guarda un po’ chi il finocchietto!.Io trasalii. Era vero mi piaceva quel cazzo, ma farmi chiamare in quella maniera proprio no, senza contare che il gioco era arrivato al limite.-Ok adesso basta però, non esageriamo, e poi cazzo siamo all’aria aperta-.Anche se nel suo giardino, ed al coperto un rischio c’era sempre.Mi tiro e maneggiandomi come una bambola di plastica mi fece togliere del tutto i pantaloni.Eravamo lì tutti e due nudi e con sole le scarpe indosso, una bella scenetta senza dubbio.Mi abbracciò e riprese a baciarmi. Il suo intento principale era certamente quello di strusciare i corpi privi di vestiti, ed i nostri cazzi.Data la differenza d’altezza, il suo glande sbatteva dall’alto contro il mio.Cominciava a piacermi e troppo. Timidamente gli carezzai i fianchi e lui strizzandomi l’occhio mi indicò una parte decisamente più stuzzicante.Dal basso verso l’alto gli tirai una sega, sino a che il cazzo non gli diventò abbastanza duro da essere maneggiato normalmente.Che pisello incredibile pensai, meglio troncare qui.Mi staccai da lui che aveva allentato le difese e me ne andai verso la macchina, in prossimità della quale erano finiti i miei indumenti.Mi caricò da dietro spingendomi sino alla vettura, ponendomi 90 gradi sul sedile posteriore.Pensai si essere fottuto in tutti sensi, ma tutto ciò che fece, fu schiaffeggiarmi il culo con il suo pisellone mezzo moscio, passando da una chiappa all’altra come giocherellando.-Lo vuoi nel culo?–No-dissi a voce alta-Lascia stare dai-.-Voltati-Obbedii senza fiatare, anche perché mi conveniva uscire da quella situazione e presto.-Siediti-.Seduto sul sedile con il cazzo quasi all’altezza della faccia pensavo di essermi comunque cavato dall’impaccio peggiore.-Seduto per terra!–Ma cazzo sono nudo-protestaiMi convinse sventolandomi il pene all’altezza del naso.Sedetti per terra, a culo nudo sul vialetto del suo villino, con la testa e parte della schiena poggiata contro il bordo del sedile posteriore.Lo stronzo galvanizzato dalla mia remissività, pose con delicatezza, la suola dello scarpone sul mio pene, schiacciandolo contro lo stomaco.Mi opposi afferrandogli le caviglie ma era inutile, troppa pressione.Usando il tacco prese a masturbarmi, aveva un gran controllo sulla sua forza, ed il dolore sopportabile a quel punto fu l’ultimo dei miei pensieri.Mi massaggiava rapidamente, e ci vollero solo dieci secondi per convincermi ad assecondare il ritmo ed apprezzare la situazione di quello scarpone che mi schiacciava il cazzo.Venni, e parecchio, sporcando la punta della scarpa e la pancia.Lui rise sempre più divertito mettendomi la punta della scarpa sotto il naso.-Che mi diresti se ti chiedessi di pulire-Stanco dall’orgasmo e frastornato, con le poche forse residue gli mollai un calcetto debole e senza storia.Mi sollevò senza smettere di ridere e mi bacio tenendomi in braccio. In tutto quel periodo, il suo pisello era rimasto come lo avevo lasciato.Gli avvolsi le gambe attorno alla vita, tastadogli il culo con i palmi dei piedi.Era duro come il marmo per davvero, altro che metafore.Con le mani mi poggiai sulle spalle larghe, carezzandole, cinque minuti di quel petting ed i nostri uccelli crebbero.Il mio tornò duro ancora sporco di sperma, il suo mi toccò le palle.In quella posizione ero troppo vulnerabile e me ne accorsi quando per sfottermi, diede dei piccoli colpetti di glande attorno al mio buco.Mi piaceva , ma tremai ugualmente.Non tentò di incularmi, mi fece smontare e mi disse di fargli una sega con le ascelle.-Ma che stronzata-impossibile mettere in atto una pratica del genere pensai, inoltre quel suo fare sicuro ed allegro mi dava ai nervi.Mi feci guidare per la vita alla macchina, lui sedette per primo sventolando un pisello che andava parecchio oltre i venti centimetri.Mi repelleva l’idea di prenderlo in bocca, ma non aveva quello in mente.Mi fece accomodare su di lui fuori dalla macchina, seduto sugli addominali, ed era come star seduto su una sedia di duro legno.Per circa due minuti lasciò che il suo cazzo mi strusciasse tra le cosce, stringendomele di tanto in tanto per mimare una penetrazione.Mi liberò da quella pericolosa posa e mi invitò a sdraiarmi.-Facciamo così, tu ti metti a pancia in su sdraiato sul sedile, con la testa appena fuori, io finisco quello che devo e poi sei libero-Capivo ovviamente che voleva godere e probabilmente usare me come bersaglio. -No voltati dall’altra parte-Mi rivoltò letteralmente posizionandomi come voleva.-Devi accettare il rischio-Infilandomi la lingua in bocca mi costrinse a succhiarla, leccandomi poi le labbra avidamente.Mi toccai sfiorando ancora l’orgasmo.Quando era pronto, si allontanò di circa settanta centimetri, e a testa in giù lo ammirai segarsi.Venne dopo molto, stimolato credo dal mio corpo nudo che giaceva alla sua mercè.Gli schizzi centrarono in sedile, la mia spalla, ed in minima parte il mio viso.Lo stronzo mi ringraziò e si congedò con un cenno.-Oppure vuoi che ti dia un passaggio?-.Io che cercavo di pulirmi alla meglio, ringraziai sarcastico.Rivestito, presi la strada di casa, parecchio incazzato ma anche decisamente appagato, lottando con gli istinti che non mi davano pace.Era lunga la strada per quelle nuove esperienze.

