L’alba ed i suoi raggi filtravano tra le persiane chiuse. Un giallo tepore sembrava voler dire: dormi ancora, ma Angelo si svegliò di buon mattino. Erano solo le otto, ma a lui sembrava già giorno inoltrato. Guardò l’ora aprendo un poco gli occhi e un sorriso gli si disegnò sul volto. Domenica, finalmente. Avrebbe potuto dormire fino a mezzogiorno, ma lui era sempre stato mattiniero e non aveva intenzione di perdere un solo attimo della compagnia di sua moglie. Si girò piano fino a guardare la foto che capeggiava sul margine del comodino. Jamira e lui si abbracciavano sulla spiaggia di Rio. Era lì che l’aveva conosciuta, dall’altra parte del mondo, proprio quando nella sua mente si stava prospettando il pensiero di una vita solitaria. Aveva quarantacinque anni, oramai, e non era mai stato con nessuna donna. Quando Andrea gli aveva proposto quella vacanza in Brasile, però, aveva accettato subito, quasi sentisse dentro di sé che era la volta buona, che il suo angelo mulatto era! lì ad aspettarlo. Si conobbero durante la prima serata, si frequentarono per tutti i giorni e poi arrivò il momento della partenza. Angelo si ritrovò solo nella sua casa buia, senza la compagnia di quella ragazza che lo aveva stregato in quella spiaggia brasiliana. Impiegò un mese per rendersi conto che non poteva vivere in quello stato, organizzò un secondo viaggio e chiese a Jamira di sposarlo. Lei accettò subito e si separarono ancora, ma solo per il tempo necessario ad Angelo di organizzare la cerimonia. Dopo due mesi tutto era pronto, la ragazza arrivò con il volo Rio – Malpensa e due giorni dopo si sposarono in comune. Jamira acquisì la cittadinanza e colmò quel vuoto che nell’animo di Angelo si era formato dalla morte della madre. Ora, guardando la fotografia sul comodino, notò la sua espressione, quella di un quarantacinquenne innamorato di una ragazza di venticinque anni, quella faccia da bambino felice, il sorriso ebete di un uomo che ama una donna e la vita stessa. Era cambiato molto da quando l’aveva al suo fianco: erano spariti quei periodi neri in cui tutto sembrava andare male, quei giorni in cui si sentiva sbagliato ed inutile. Lei gli aveva regalato la felicità, ecco tutto, e lui le era grato enormemente. Nella foto, però, Jamira aveva lo sguardo assente, come se stesse fissando un punto a metà tra la macchina fotografica ed il suo amore italiano, un’espressione indecifrabile. Angelo lo giudicava uno sguardo innamorato, ma non si era mai spinto ad analizzarlo fino in fondo. Legnano si stava svegliando lentamente in quella domenica mattina, le prime auto gironzolavano in centro e nel bilocale si stava spargendo l’aria fresca di marzo. Un posto come tanti altri, abbastanza vicino a Milano per essere giudicato una città, ma con la mentalità di paese che attraverso i pettegolezzi di quartiere arrivava a sapere ogni cosa di ognuno. Le comari di Legnano si erano subito sbizzarrite quando videro per la prima volta Angelo portare Jamira sottobraccio, le diedero della puttana, cosa poteva essere altrimenti? Così giovane e bella, quella pelle scura come il caffelatte, quelle curve a stento coperte dai vestitini che portava abitualmente. Angelo venne additato come un allocco e lei come un’approfittatrice. Angelo, però, non se ne curava minimamente, aveva il suo amore al fianco e tanto gli bastava per essere felice. Si limitava a saluti per le scale e cortesi cenni della testa quando per strada incrociava qualche conoscente. Respirò a pieni polmoni quell’aria frizzante, si sentì sveglio di colpo, pronto ad una nuova giornata con lei. Si girò guardandola dormire, i ricordi del loro breve fidanzamento lo assalirono facendolo quasi piangere dalla contentezza. La spiaggia, le amiche che spinsero Jamira a conoscerlo, il suo subitaneo consenso al matrimonio, i baci rubati, la prima notte in cui fecero l’amore, tutto gli appariva come il più bel sogno della sua vita. Jamira respirava profondamente, addormentata da poco era tornata molto tardi. Aveva detto ad Angelo di non aspettarla alzato, sarebbe uscita con una sua amica, anche lei brasiliana trapiantata, e sarebbe tornata tardi. Non la volle svegliare, ma la tentazione di toccare quel corpo seminudo e perfetto fu troppo forte. Allungò una mano fino ad accarezzarle un fianco, scese lentamente fino al gluteo sodo sentendola mugugnare qualcosa nel dormiveglia. – Cosa fai? Che cazzo di ore sono? – appena sveglia era sempre un po’ scorbutica. Angelo non rispose, continuò la sua carezza, cercando di svegliarla nel modo più dolce possibile. – Smettila! – esclamò lei con la voce roca della notte. – Devo dormire. Non rompere coglioni! – quell’accento lo faceva impazzire. Era in Italia da quattro mesi e già aveva imparato la sua lingua, soprattutto le parolacce, ma va beh, si sa che sono le prime cose che si imparano di una lingua straniera. – Sono le otto, amore. Vuoi che ti prepari la colazione? – domandò sussurrando all’orecchio scuro e morbido. – No, devo dormire. Vai fuori. Non voglio essere svegliata. – intimò senza girarsi a guardarlo. Angelo, con ancora il sorriso sulle labbra, si alzò e andò in cucina. Il caffè bollente lo avrebbe risvegliato, avrebbe voluto anche accendere la televisione, ma aveva troppa paura che avrebbe svegliato il suo amore e così rimase nel silenzio assoluto con la tazza in mano. Aspettò per due ore che la moglie si svegliasse, poi decise che era meglio uscire, vedere un po’ di gente lo avrebbe distratto e aiutato a far passare il tempo. Si vestì nel silenzio più assoluto e dopo pochi minuti uscì di casa silenzioso come un gatto. La gente riempiva le strade, Legnano di domenica mattina diventava un piccolo centro di ritrovo. I ragazzi con i loro motorini scorrazzavano per le vie scambiandosi saluti urlati, qualche doppiopetto si affrettava per la messa, le donne truccate e ben vestite si ritrovavano in piazza San Magno per scambiarsi gli ultimi pettegolezzi. Angelo camminava in mezzo ! a tutta quella gente sentendosi forte nell’amore che provava per sua moglie, più guardava il resto del mondo e più apprezzava Jamira in tutta la sua bellezza. Quanti di quei bei signori distinti potevano vantare una moglie così splendida? Nessuno, si diceva mentre camminava verso il giornalaio in centro. Arrivò all’edicola e si soffermò a guardare le copertine delle riviste. Fu attratto da un angolino in cui si accatastavano centinaia di giornali porno. Un ricordo di quando era costretto a soddisfare le sue voglie con quelle immagini sconce e pervertite. Ora aveva qualcuno con cui condividere il letto e non c’era più bisogno di masturbarsi. Con l’aria orgogliosa prese una copia della classica Gazzetta e pagò senza guardare l’edicolante. Sulla strada di casa pensò che forse Jamira si era già svegliata e magari gli stava preparando qualcosa di speciale per pranzo, doveva ritenersi un uomo proprio fortunato, pensò accelerando involontariamente il passo. Salì le scale che lo portarono al suo bilocale di via Liguria e quando fu davanti alla porta aprì piano la serratura per non svegliarla nel caso fosse ancora a letto. Entrò silenziosamente e venne investito dalla luce del sole che invadeva la casa attraverso le finestre aperte a cambiare aria. Sentì la voce della moglie in salotto, si fermò sulla soglia e la vide mentre parlava al telefono. Era bellissima nella sua misera camicia da notte. La luce del sole traspariva attraverso il tessuto, disegnando le forme di un corpo praticamente perfetto. – Certo che mi ha promesso di uscire ancora. – diceva rivolta forse alla sua amica – Cosa credi, non gli ho dato tutto subito. – Angelo si avvicinò alle sue spalle per farle una sorpresa, ma si fermò dietro di lei cercando di capire chi fosse dall’altra parte del ricevitore. – No, non lo abbiamo ancora fatto, ma chissà, magari se la prossima volta sarà generoso forse un pom… – si interruppe bruscamente sentendo una presenza dietro di sé. Si girò di scatto e vide Angelo che la guardava inebetito. – Ti chiamo dopo. Ciao – disse attaccando il telefono con aria stizzita. – Che cazzo fai adesso? – quasi urlò piena di rabbia – Ti metti ad ascoltare mentre parlo che le mie amiche? – Angelo rimase basito qualche istante, perché c’era tutta quella rabbia nella sua voce? Non se ne dava una risposta, come non riusciva a capire di cosa stesse parlando con la sua amica. – Scusa amore – sussurrò chinando il capo – Non volevo, è solo che.. – – Scusa un cazzo! – fece subito lei tornando a passi nervosi verso la camera da letto. Tornò dopo un minuto, coperta dalla solita tuta da ginnastica che usava in casa. Angelo rimase un poco deluso vedendola infagottata in quella maniera, si aspettava di guardare il suo corpo, annusare il profumo di sesso che emanava. – Non capisco perché non ti vesti come ieri sera anche per me – buttò lì cercando di non farla innervosire. Jamira si fermò a mezzo metro da lui, squadrandolo dalla testa ai piedi. – Perché?! Mi chiedi perché! Perché tu sei solo un operaio e io ho pochi vestiti, se li uso con te, cosa mi metto quando esco con le mie amiche? – la voce era ancora carica di rabbia. Angelo rimase in silenzio, la spiegazione era stata soddisfacente e abbassò nuovamente lo sguardo verso il giornale. La ragazza andò in cucina e dopo poco Angelo la sentì armeggiare. – Cosa mi prepari di buono per pranzo? – domandò allegro da una stanza all’altra. Subito i passi svelti della donna arrivarono al divano dove Angelo ancora leggeva. Si fermò nella stessa posizione severa, gli occhi ancora si illuminarono di quella luce colma di rancore. – Cosa cazzo vuoi ancora? Se hai fame preparati qualcosa da solo! – esclamò sedendosi pesantemente sulla poltrona poco distante da lui. – Io non ho fame e poi sto ancora male da ieri sera. – – Hai di nuovo bevuto? – chiese con voce dolce e zuccherosa – Mi fa piacere quando esci con le tue amiche, ti fa bene vedere qualcuno che viene dal tuo paese, ma non per questo sono contento quando condividi i loro vizi. Ti capita sempre più spesso di rientrare molto tardi e ubriaca. – Jamira alzò per un istante gli occhi incrociandoli con quelli del marito. – Ma falla finita. Non rompere i coglioni – disse ritornando a guardarsi i piedi. Angelo rimase di sasso a quella esclamazione. Forse aveva solo bisogno di un po’ di sonno, forse aveva bisogno di compagnie diverse. Da tempo oramai notava che da quando aveva conosciuto Maria, la ragazza con cui usciva quasi tutti i sabati, era diventata ancora più brusca e malvolentieri sopportava le sue parole. Di colpo gli venne in mente quando l’aveva salutata sulla soglia di casa la sera precedente. Era vestita da gran signora. Una minigonna bianca per far risaltare le cosce quasi del tutto scoperte e ben affusolate, una camicia sbottonata per far vedere i ricami del reggiseno che lui stesso le aveva regalato, ed un paio di sandali aperti che parevano un po’ troppo estivi per quel marzo incerto. Era stata una visione sublime, poche altre volte l’aveva vista così eccitante e dura. Difatti si era avvicinato prima di salutarla, toccandole un poco le gambe, ma fu subito scacciato in malomodo, non poteva certo rovinarle il trucco ed i vestiti per i suoi pruriti sessuali. Avrebbero fatto l’amore al suo ritorno, pensò, ma inevitabilmente si ritrovò a dormire solo nel letto fino alle cinque di mattina, ora in cui la sentì tornare a casa barcollando. Ovviamente non le accennò delle sue voglie sessuali, lasciò semplicemente che si addormentasse e poi la svestì, eccitandosi togliendole un indumento dopo l’altro, ma alla fine dovette metterle la camicia da notte invece che adagiarsi su di lei. La guardò a lungo, fissa sul divano, quasi preda del sonno, poi decise di preparare qualcosa da mangiare. – Vado a preparare un po’ di pasta. Farebbe bene anche a te mangiare qualcosa – sussurrò per non disturbarla. Lei si limitò ad alzare un braccio, scacciandolo con un gesto brusco della mano. Angelo si chiuse in cucine e mise una pentola sul fuoco, avrebbe mangiato anche lei, se lo sentiva. Jamira non mangiò, né volle la compagnia di Angelo. Si limitò a tornare a letto a riposare. Angelo rimase in salotto per buona parte del pomeriggio, attendendo che la moglie si svegliasse e gli tenesse compagnia. Guardò ogni tipo di trasmissione che gli passava davanti agli occhi, niente riusciva a distoglierlo da un nuovo pensiero: qualcosa non andava. Tutto il mondo che si era costruito con fatica negli ultimi mesi scricchiolava minacciando di cedere da un momento all’altro. Il comportamento di Jamira era strano, troppo strano. Ultimamente, poi, sembrava vivere solamente per le serate che passava con la sua amica Maria, era come se quella casa si fosse divisa a metà e Angelo non riuscisse ad avvicinare sua moglie neanche per un momento. Decise di andare in camera con lei, anche se stava dormendo la sua compagnia gli avrebbe sicuramente giovato. Si adagiò lentamente sul letto accanto a Jamira che dormiva profondamente. Si sistemò a pochi centimetri da lei e, come era successo nella mattinata, si ritrovò a guardarla in tutto il suo splendore. Il corpo sinuoso era coperto solamente dal lenzuolo bianco che faceva risaltare il colore scuro della pelle. Mosse una mano furtiva verso i suoi fianchi andando a sfiorarla impercettibilmente. Jamira si girò di scatto dalla sua parte, forse stava sognando. Angelo rimase qualche istante con la mano a mezz’aria a fissare i lineamenti dolci del viso. La mano ancora scese verso di lei, questa volta andando a posarsi sul seno. Le mammelle erano quasi totalmente fuori dalla camicia da notte, e così schiacciate una sull’altra parevano ancora più grosse. Angelo iniziò ad accarezzarle piano, facendo in modo di non svegliare il suo amore. La foga che lo prese, però, gli fece aumentare la forza, dimenticando che stava dormendo. Jamira si svegliò quasi subito e senza neanche scomporsi guardò negli occhi il marito. – Cosa stai facendo adesso? – chiese mentre Angelo ritraeva la mano colpevole – Ti ecciti anche se dormo? – – Certo – assicurò lui in preda ad una voglia folle – Ti prego, facciamo l’amore – Gli occhi di Angelo si fecero più supplichevoli del solito. La ragazza venne presa da un leggero senso di colpa e non volle distruggere del tutto le aspettative del marito. Mentre ancora Angelo la guardava con quegli occhi dolci, Jamira allungò la mano fredda verso il suo membro e lo impugnò senza neanche abbassare le mutande. Il cazzo si gonfiò in un istante e Angelo abbassò immediatamente gli slip, liberandosi dall’impaccio. Jamira chiuse gli occhi e iniziò ad agitarlo velocemente, sperando che venisse il più presto possibile. Così fu, Angelo riuscì a malapena a parare il getto con un fazzoletto di carta, mentre veniva alzando gli occhi al cielo. – Grazie amore – disse appena finì di pulirsi. – Mmm. – rispose mugolando Jamira girandosi dall’altra parte. Si riaddormentò quasi subito, mentre Angelo! rimase sdraiato accanto a lei a pensare. Era stato un orgasmo bellissimo, ma da quanto tempo oramai non lo faceva scopare? Troppo per essere una novella sposa. Angelo sapeva benissimo di non essere un adone, era quasi calvo, la pancia c’era e oramai si vedeva benissimo, le rughe iniziavano a solcare il viso, un quarantacinquenne non troppo in forma, dopo tutto, ma pur sempre un uomo. Sdraiato a fissare il soffitto aspettò che la moglie si svegliasse per affrontare con lei il problema a quattrocchi. La cosa difficile sarebbe stata trovare il coraggio di dirle quello che pensava, come si sentiva, di come lo stava trascurando. Si sarebbe arrabbiata, se lo sentiva, conosceva troppo bene le reazioni di Jamira alle sue lamentele, urli, grida, qualche insulto e poi tutto finiva con lei che si chiudeva in cucina maledicendo il loro matrimonio. Angelo era però deciso a risolvere la crisi che li stava dividendo, avrebbe trovato il modo. Alle quattro di pomeriggio Jamira si svegliò fresca e riposata come se avesse dormito un mese intero. Non degnò il marito di uno sguardo e si vestì per uscire. Angelo aveva già in bocca il discorso, le parole giuste per non innervosirla, ma quando la vide indossare la minigonna ed i sandali, capì che stava uscendo e lui non era invitato. – Dove vai? – chiese quasi scusandosi della domanda. – Ho un appuntamento con Maria – rispose lei laconica. – E dove vai? – la curiosità lo stava uccidendo. – Ho un appuntamento e basta. Che cazzo ne so dove vado! Staremo in giro. – era tornata brusca e burbera, la sua mano che si muoveva sul cazzo era solo un ricordo. Angelo la stette a guardare mentre si abbottonava la camicia, lasciando quasi scoperto il seno, mentre si allacciava i sandali e si truccava un po’ troppo pesantemente. Non riusciva a stare zitto, voleva dirle ancora una volta che l’amava, che non voleva che lei uscisse con nessun altro se non con lui. Senza dire un’altra parola, però, la salutò sulla soglia come si saluta pe! r un addio. La tristezza lo prese subito, spense e riaccese la televisione decine di volte, ritornò a leggere il giornale, ma niente lo poteva distrarre dalla gelosia che lo stava divorando. Angelo lasciò trascorrere qualche minuto, teso e con le lacrime agli occhi lasciò che Jamira si allontanasse, poi, in preda a quell’ardire che solo la gelosia sa donare, si alzò di scatto e corse a prepararsi. Dopo qualche minuto si ritrovò per strada ad inseguire la scia della moglie. Non sapeva esattamente cosa ci facesse lì, se Jamira avesse saputo di quel pedinamento sarebbe andata su tutte le furie; non voleva essere controllata ed ogni forma di gelosia nei suoi confronti la inasprivano fino alla rabbia. Angelo sapeva in quale bar era l’appuntamento, più d’una volta aveva accompagnato la moglie, ed ora si chiedeva in quali braccia l’aveva sempre lasciata. Le strade di Legnano erano ancora piene di gente in quella domenica che ad Angelo sembrava sempre più triste e opprimente. In pochi minuti arrivò al Bar Vox, sbirciò dal vetro e scorse Jamira che parlava, sorridendo, con la sua amica Maria. Entrambe reggevano in mano dei bicchieri colorati e a ogni frase le loro bocche andavano a bagnarsi di quel liquido quasi sicuramente alcolico. Senza accorgersene Angelo si era spinto fino alla porta e, per vedere meglio, occupava l’ingresso del locale. Sentì una manata brusca su un fianco e una voce scorbutica di un uomo che voleva passare. – Permesso! – esclamò senza neanche guardarlo. Angelo si scansò e osservò l’uomo mentre varcava la soglia. Poteva avere la sua stessa età, un viso duro reso ancora più cupo dalla barba lasciata incolta. Vestiva in modo impeccabile un completo grigio, era distinto nel portamento e nei gesti. Sicuramente è ricco, pensò Angelo seguendolo con lo sguardo proprio mentre si avvicinava a Jamira e Maria. Incredibilmente vide sua moglie mentre si allungava sulla punta dei piedi per baciarlo sulla bocca, cosa che fece subito dopo la sua ami! ca. L’uomo si posizionò in mezzo alle due ragazze che avevano catalizzato su di lui la loro attenzione. Soprattutto Jamira sembrava contenta di vederlo, gli si era avvicinata a tal punto che le sue gambe toccavano quelle dell’uomo che non si sottraeva certo a quello sfregamento con la pelle color caffelatte della ragazza. Maria, dall’altra parte, parlava animatamente accarezzandogli le spalle e producendosi in tutte quelle effusioni di cui una donna è capace. Angelo sentì il sangue gelarsi nelle vene, stava immobile attaccato al vetro, mentre le sue paure si trasformavano in tragica realtà. D’un tratto Angelo non poté non vedere Jamira che si chinava su quell’uomo e gli sfiorava le labbra in quello che poteva essere un candido bacio oppure una sottile arma di seduzione. Le labbra si toccarono solo un istante ma ad Angelo sembrò un’eternità. Anche le lingue, forse, si intrecciarono un poco, ma dalla sua postazione fu difficile vedere. In un istante il suo mondo gli crollò addosso. Il mondo che si era costruito con tanta fatica, quella piccola oasi felice che era diventata la sua vita, con quel bacio si frantumò rivelandosi in tutta la sua nera disperazione. Il tradimento gli aveva aperto gli occhi, non un tradimento dettato da un altro amore, non un’inevitabile scappatella dopo anni di matrimonio, ma uno sporco e sensuale tradimento, carico di tutto il sesso che quel misero bacio aveva trasmesso. Gli tornò alla mente la sua povera madre, le sue parole, le sue raccomandazioni: “ Trovati un’anima gentile, una donna che ti tratti come un re. Avrai bisogno di una donna al tuo fianco quando io non ci sarò più”. Ora quelle parole gli tuonavano in testa come le immagini di quello che stava vedendo. Il viso era sempre più schiacciato contro il vetro, quasi volesse entrare dentro al locale senza passare dalla porta. Il bisogno di vedere, di conferme che quello spettacolo era solo il frutto della sua mente gelosa lo prese e parve divorarlo. Le mani premevano! sulla vetrina, mentre Jamira continuava a strusciare le sue gambe contro quelle dell’uomo che non poteva dimenticare le attenzioni rivoltegli da Maria. L’altra ragazza, infatti, quasi per gioco, si sentì tradita da quel bacio e volle subito recuperare, schioccando su quelle labbra secche le sue dolci e carnose per un tempo infinitamente più lungo del bacio dell’amica. Era cominciata una gara di seduzione a cui Angelo era costretto ad assistere. Le gambe delle due ragazze si intrecciarono presto su quelle dell’uomo, facendo salire le gonne fino ad un livello che rasentava l’osceno. Il locale era praticamente deserto, fatta eccezione per il barista che sbadigliava dietro al bancone occupato a guardare la televisione. Jamira giocò un’altra carta e si posizionò davanti all’uomo, offrendogli lo spettacolo del suo splendido culo quasi appoggiato allo sgabello dove ora l’uomo stentava a stare fermo. Il culo si appoggiò delicatamente sul pene, agitandosi un poco e facendolo gonfiare! in un istante. Angelo guardava ancora disperato e incredulo quella scena patetica, mentre sua moglie si agitava sempre più selvaggiamente su quello sconosciuto. Le mani di Maria si mossero all’ombra del locale dirigendosi furtivamente sul pacco gonfio dell’uomo. Evidentemente le due donne non disprezzavano il sesso a tre, e gli occhi di Jamira si illuminarono quando si sentì toccare dietro dal membro teso che Maria aveva estratto dai pantaloni. Ora Angelo poteva vedere distintamente il cazzo all’aria dell’uomo puntare direttamente tra le chiappe di sua moglie. Un formicolio strano gli prese le gambe, arrivando fino al cervello. Capì subito che si stava eccitando, forse molto più di quell’uomo a cui erano riservate quelle attenzioni che lui non aveva mai avuto. Le due ragazze si scambiarono qualche parola sussurrata all’orecchio, dopodiché scoppiarono in una grassa risata alla quale si unì subito anche il loro amante. Jamira si comportava normalmente, non si curava troppo deg! li sguardi che potevano sorprenderla con quel cazzo appoggiato sulle chiappe. Maria si avvicinò di nuovo all’amica, ma questa volta non parlò, la baciò sulla bocca e le due lingue si toccarono davanti agli occhi eccitati del loro amico che iniziò a muovere il cazzo sulla schiena di Jamira evidentemente eccitato da quello spettacolo. Maria e Jamira continuarono ad amoreggiare, scambiandosi carezze e baci come se fossero due amanti nascosti all’ombra di qualche albero. Quel locale sembrava fuori da ogni tempo e da ogni luogo, le due ragazze che si baciavano, il cazzo dell’uomo che sfregava sulla pelle scura di Jamira, le mani di Maria che lo agitavano per indurirlo ancora di più, erano uno spettacolo insopportabile per Angelo che però non riusciva a togliere gli occhi dal vetro. In uno spasimo, il marito tradito, sentì il cazzo gonfiarsi e venire subito dopo. La macchia di sperma si allargò lentamente sui pantaloni senza che lui se ne accorgesse, era troppo occupato a seguire ! lo spettacolo. L’altro uomo, oramai in preda alla voglia, si chinò fino ad incrociare la sua lingua con quella delle due ragazze che continuavano a baciarsi, leccò avidamente la saliva che stava colando sui menti delle due femmine fino a riempirsi la bocca. Il barista, intanto, si era completamente dimenticato di loro e fissava la televisione accesa su qualche insulso spettacolo domenicale. Angelo prese coscienza lentamente, ma alla fine, arrivò a capire che quella situazione non poteva continuare. Se non fosse intervenuto, prima o poi, si sarebbero allontanati da lui per andare a scopare in qualche camera d’albergo oppure in auto. Doveva intervenire e farli smettere assolutamente. Con ancora la chiazza di sperma che gli inzaccherava i pantaloni, prese tutto il coraggio che possedeva e lo strinse nei pugni, e in due passi fu davanti alla porta. L’aprì e camminò svelto e con gli occhi bassi verso Jamira che non si era nemmeno accorta che qualcuno era entrato nel locale. Si fermò a due passi da quel gruppetto orgiastico ed attese che la voce salisse dai polmoni. L’uomo di fronte a lui si accorse della sua tenue presenza e tolse la sua bocca da quella delle ragazze. Un colpo di tosse scrollò anche Maria e Jamira che si guardarono intorno per capire cosa fosse successo. Jamira lo vide e, appena si rese conto della sua posizione, si alzò in piedi ricomponendosi e guardò il marito in cagnesco. – Cosa cazzo ci fai qui! – urlò tanto da svegliare il barista. Angelo non aveva ancora la forza di reagire, avrebbe voluto portarla via, ma gli occhi di quell’uomo che lo fissavano dall’alto in basso lo riempivano di remore e paure. – Allora – fece ancora la moglie – Si può sapere perché mi hai seguita? – – S.. Scusa, amore. Ma ti ho vista mentre… – le parole a volte sono le cose più difficili da trovare. Come spiegarle che l’aveva vista mentre quell’uomo stava cercando di approfittare di lei? Cosa avrebbe potuto dire a sua discolpa? Dopotutto non avrebbe dovuto seguirla, lei poteva stare con i suoi amici quanto voleva, ma quell’uomo con quegli occhi di ghiaccio gli faceva troppa paura e desiderava solo portarla via da quel bastardo. – Scusa un cazzo! – esclamò lei sempre più adirata. Angelo rimase ancora senza parole e poi si sciolse in un pianto caldo e disperato. Jamira lo guardò in viso proprio mentre la prima lacrima stava solcandogli la guancia. Un bambino, pensò. Un povero bambino idiota. Rimasero a guardarlo per qualche secondo, poi, quando Jamira iniziò a vergognarsi di lui gli intimò di andarsene. – Tornatene a casa – ordinò – io sto qui con i miei amici. Ci vediamo per cena – e con un eloquente gesto della mano gli indicò l’uscita. Angelo si girò sui tacchi senza dire una parola e senza rendersene conto si ritrovò piangente sulla strada di casa. Passo dopo passo suonarono ancora nella sua mente le parole della madre: “ Trovati un’anima gentile, una donna che ti tratti come un re. Avrai bisogno di una donna al tuo fianco quando io non ci sarò più”. La voce di sua madre era più forte del chiasso delle auto, più del vociare dei passanti, più di ogni altra cosa. Rimbombava nella testa come un ammonimento e ad ogni parola si sentiva sempre più perso e solo. Sua madre aveva sempre avuto una risposta per tutto, sua madre lo coccolava anche se oramai aveva quarant’anni, sua madre era il centro caldo del suo mondo. – Mamma, dove sei? – si ritrovò ad urlare in mezzo alla strada mentre gli altri passanti si girarono di scatto a guardarlo. Si zittì in un istante e ritornò a camminare a passi svelti verso casa. Aprì la porta e come una liberazione scoppiò in un pianto ancora più disperato, si gettò sul letto e cercò di tapparsi la bocca con il cuscino, ma sentire l’odore della sua Jamira lo fece stare ancora peggio. Il pianto durò a lungo, tanto da finire le lacrime, ma alla fine si sentì quasi meglio. Ora aveva gli occhi lucidi ma aperti, ora aveva chiara la situazione: quel porco stava cercando di portarsi! a letto la sua Jamira e lui non poteva permetterglielo. Non che sua moglie potesse cascare nella trappola di quello sconosciuto, ma lui doveva fare l’uomo di casa, per una volta, salvando Jamira ed il loro matrimonio. Quando era oramai sul punto di addormentarsi sentì dei passi salire le scale e una mano che armeggiava con la serratura. Dopo pochi istanti Jamira era lì in piedi davanti a lui che lo fissava. Si sentì piccolo ed indifeso davanti a quella figura imponente di donna. La gonna era quasi all’inguine, la maglietta stropicciata e macchiata, il trucco sbavato, soprattutto il rossetto. Stettero in silenzio per qualche istante dopodiché la donna si decise a parlare. – Adesso mi devi dire come ti sei permesso di seguirmi! – il tono era sempre duro. – Scusa amore – la solita frase quella che la mandava su tutte le furie. – Io sono libera di vedermi con chi voglio e quando voglio, hai capito? – non era una domanda era più un’affermazione di comando. – Sì amore, ma io ti ho! vista insieme a quell’uomo e mi sono preoccupato per te. Mi è subito sembrato un poco di buono e non volevo che ti facesse del male. – cercò di giustificarsi alzandosi scompostamente dal letto. – Chi mi avrebbe fatto del male? Mario? Non sai quanto bene mi fa quell’uomo. Altro che una mezza tacca come te. Lui sa come si trattano le donne. – sbottò lei dirigendosi verso il bagno. Angelo la seguì, ma dovette fermarsi quando Jamira si chiuse dentro al bagno. Sentiva sua moglie che si spogliava, vedeva attraverso il vetro opaco il corpo sinuoso di quella venere scura muoversi e ondeggiare, uno spettacolo mozzafiato. La vide mentre si sedeva sul water, non aspettò oltre, l’eccitazione che lo aveva preso davanti alla vetrina del bar si impadronì nuovamente di lui. Cercò di aprire la maledetta porta, picchiò sul vetro fino quasi a frantumarlo. – Apri, ti voglio! – urlò in preda oramai solo ai sensi. Sentì lo scrosciare dell’urina rispondergli da dentro, Jamira non apriva bocca, sentiva solamente il suo bisogno fisiologico consumarsi quasi per ricordargli cosa lui rappresentasse per quella donna. – Apri – gridò ancora più disperato. – ho voglia di fare l’amore con te. – Una risata fragorosa e beffarda lo investì subito. Jamira si stava prendendo gioco di lui e dei suoi sentimenti. Sbirciò dall’intercapedine tra porta e stipite e vide il corpo nudo della moglie contorcersi sul water. – Sapessi quanti soldi ha – gli disse mentre lui notava che una mano era scesa ad accarezzarsi la fica. – Cosa? – fece lui incredulo. – Sì, hai capito benissimo. Io me lo scopo e anche Maria, anzi, lo facciamo insieme e sapessi come è bello. – la voce di Jamira era rotta dall’eccitazione. Il dito si spingeva sempre più in profondità fino a farla gemere di piacere. Angelo si bloccò ancora una volta, non riusciva a credere a quello che vedeva: sua moglie si stava masturbando pensando ad un altro uomo e glielo stava dicendo. Sentì il cazzo puntare ancora di più attraverso i pantaloni macchiati. – Ha un cazzo enorme! – esclamò al culmine del piacere. – Non come te. Ah ah ah! – quella risata risuonò fragorosa mentre Angelo si impugnava il cazzo ed iniziava a menarselo. – Cosa dici, amore! – la voce di Jamira batteva nel cervello di Angelo come un desiderio e come una condanna. Non voleva realmente che smettesse di eccitarlo, ma la parte più razionale di lui lo costringeva ad urlare di finirla. – Sì, coglione, ha un cazzo duro ed enorme e quando scopiamo con Maria facciamo a turno a prenderlo. È la cosa più bella del mondo. – Jamira stava venendo, il suo tono di voce era assente e flebile. Angelo venne copiosamente sulla porta, sporcandosi ancora i pantaloni ed il pavimento dove lo sperma stava colando formando una piccola pozzanghera biancastra. La vergogna per quello che aveva fatto lo avvolse in un attimo. Si era eccitato alle parole di Jamira e non avrebbe mai dovuto farlo. Lui doveva salvarla da quell’uomo, non eccitarsi al racconto delle sue avventure. Sentì un forte rimorso stringergli il cuore e, con le lacrime agli occhi, senza neanche pulirsi, si spogliò buttando i pantaloni a terra e si ficcò sotto alle coperte. Jamira uscì poco dopo dal bagno e non si fermò neanche un istante in camera, buttò solo uno sguardo di sfuggita al corpo del marito che sembrava dormire, dopodiché si sedette sul divano in salotto ed impugnò il telefono. – Pronto, ciao amore, sono Jamira, ti manco? –
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